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Autore: Scarlett Queen    04/09/2023    2 recensioni
L'Arcipelago Maggiore, otto isole sparse nell'oceano.
La Grande Terra: un colossale arcipelago dove solo i più efferati pirati e i Cavalieri di Drago della Marina di Makrat osano avventurarsi! I primi alla ricerca di ciò che era appartenuto all'Imperatore dei Mari, i secondi per impedir loro di trovarlo.
In un mondo tanto surreale, una ragazza prende il mare, solcando acque infestate dai pirati... il suo sogno: esplorare la Grande Terra... e divnetare lei, l'Imperatore del Mare!
Cosa sarebbe successo se Le Cronache del Mondo Emerso e One Piece fossero stati una cosa sola?
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Dohor, Laio, Nihal, Parsel, Sorpresa
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Romance Dawn (Prototype)
 
[https://youtu.be/Flysqk6WfQE]
C'era una barchetta alla deriva, sotto un sole caldo. L'acqua del mare era placida, la vela spiegata pendeva flosciamente dell'unico albero e il riflesso dei raggi creava smeraldini giochi di luce sui flutti. Il fondale era scuro e pochi sprazzi di vapore scivolavano un cielo. 
Sulla panca a poppa, accanto al timone di governo, una figura se ne stava placida contro un guanciale rattoppato. Una figura singolare, con capelli blu, a corte ciocche appuntite che stavano ad incorniciare il volto gentile di una ragazza; dai ciuffi turchesi facevano capolino delle bizzarre orecchie a punta e quando sollevò le opere, gli occhi viola fissarono la volta celeste.
«Non è durata poi così tanto mh?» borbottò mettendosi seduta e grattandosi la nuca, gettando un occhio a babordo e a tribordo, alzandosi mollemente sui piedi nudi e ammainando la vela tirando la cima che regolava la distensione di quel grande quadrato di stoffa. «Tanto per quel che serve... Non fa neanche ombra» disse sedendosi a prua, lasciandosi cadere con un sospiro sulle natiche. 
«È forse chiedere troppo un alito di vento? Uno starnuto? Qualcosa?» urlò guardando il sole stringendo gli occhi «Cos'è, devo soffiare sino a che non tocco terra?» ma a parte qualche uccello che volava troppo in alto per essere catturato non si vedeva anima viva e la ragazza sprofondò il viso fra le mani, tamburellando con le dita sottili sulle tempie.
«Gran lavoro Nihal, grande davvero! Come farò a diventare Imperatore del Mare se me ne sto qui buttata? Beh, non che possa fare molto altro a ben pensarci ehehe. E poi, come dice sempre Soana, se non si ha la soluzione ha un problema, bisogna rompersi la testa pur di trovarla... Oppure no? Mmmh, mi servirebbe qualcosa per spingermi...».
Ma in quella barchetta non c'erano i remi; o, per essere sincera, i remi c'erano ma la ragazza non ne aveva controllato la resistenza e dopo un paio di vogate le si erano spezzati fra le mani. «Mmh, credo di essere diventata un po' troppo forte» asserì al nulla che la circondava. Era partita dal villaggio una settimana prima dopo dieci anni di attesa e ora che finalmente si era messa sulla strada per trovare la Grande Terra, da qualche parte in quell'immenso mondo di isole e oceani, non aveva la più pallida idea di come proseguire.
«Tanto vale dormire! Il sonno porta consiglio, lo diceva sempre Soana!» esclamò battendo il pugno destro sul palmo sinistro e tornando a stendersi sul proprio guanciale, lasciando che il lento rollio della barca la cullasse. 
 
«Neanche un alito di vento, maledetti bastardi della Marina di Makrat, con l'ultimo colpo ci hanno spezzato il timone».
Una nave scivolava estremamente lenta sui pochi lunghi remi che le erano rimasti; la polenta, un drago ringhiante dalle ali spalancate pareva sbeffeggiare la bonaccia e gli uomini ai banchi dei rematori sbuffavano e ringhiavano, gonfiando i muscoli e distendendoli, sudando dalle fronti e dalle braccia, digrignando i denti. «Vogate più forte branco di cani che non siete altro, io, il capitano Barod, vi riporterò sulla rotta di casa, quindi vogate sino a farvi scoppiare le palle! Laio, brutto ratto di sentina, ho sete!» 
Il capito mulinò la propria palla ferrata legata alla lunga catena, facendola sibilare poco sopra la testa del mozzo, un ragazzino pelle e ossa, dai corti capelli di un biondo sporco e dai vestiti laceri. «A-agli ordini capitano, vado, prendo e torno!» esclamò quello, dando le spalle al gigante e correndo sottocoperta, picchiando sugli scalini in legno con i sandali, sperando che nessuno notasse la macchia d'urina che si era allargata sulle sue braghe. «Che vadano tutti ad annegare il più presto possibile - singhiozzò scendendo nella cambusa - io volevo diventare un Cavaliere di Drago, come ci sono finito in questa situazione... Rum! Il capitano vuole del rum, se non glielo porto subito mi spella vivo mi spella!» si aggirò quindi fra gli scaffali, le botti e le casse polverose di bottiglie; era stata una fortuna che prima di riprendere il mare dal porto di Makrat avessero avuto tempo di rifornire la stiva della nave. C'erano anche interi barili di frutta per evitare di ammalarsi di scorbuto. «Rum, eccolo!» urlò prendendo una bottiglia connessa alle altre da argentei fili di ragnatele e annuendo a sé stesso corse di sopra, sventolando vittorioso il vetro sopra la testa. «Capitano! Capitano ecco...»
«Una barca! Una barca a tribordo capitano!» dalla cima dell'albero maestro La vedetta fece risuonare la campana, indicando alla sua destra, portandosi la mano sinistra alla bocca. 
«Una barca in queste acque? - Barod sia alzò del suo trono in legno, avvolgendo la catena attorno all'enorme braccio e si affacciò dalla balaustra del castello di poppa «È un guscio di noce più che una barca... Lasciatela perdere, non ci è di nessuna utilità, e tu dai qua moccioso, vuoi farmi morire di sete per caso? Ingrato bastardello!» lo colpì al petto con la gamba di legno, mandandolo a rotolare per terra e sbattere la schiena contro il timone e afferrò al volo la bottiglia, facendone saltare il tappo con i denti d'oro e se ne versò il liquore direttamente in gola, muovendo il gozzo.
«S-scusi, sarò più solerte la prossima volta, ehehe» Laio si costrinse a sorridere, chinò la testa più volte e si sporse a sua volta. Il naufrago sulla nave non sapeva che fortuna avesse, morire di stenti sarebbe stato molte volte meglio che salire a bordo di quella nave. 
«Capitano aspetti... È una ragazza! - La vedetta si affacciò dal nido in cima all'albero, sorridendo avido da un orecchio all'altro, sventolando il cannocchiale - è una bellissima ragazza capitano, sta agitando il suo gilet per segnalare la propria posizione... E che mi venga un colpo, è praticamente nuda!» a quelle parole gli uomini sul ponte accorsero al parapetto, sporgendosi sbavanti. Dopo due settimane in fuga in mare, il desiderio iniziava a farsi cocente e a Makrat non avevano avuto il tempo di spendere i propri soldi nei bordelli.
«Questo cambia tutto! - Barod si batté la mano sulla pancia prominente, ridendo sguaiatamente e facendo brillare i denti d'oro - SIA MAI CHE I PIRATI DI BAROD MAZZA DI FERRO NON AIUTINO UNA FANCIULLA INDIFESA! CALATE UNA SCIALUPPA, PORTATELA A BORDO, AR ARRR!» Laio lo guardò pallido in volto, sudando freddo, con le mani che tremavano. Non c'era molto da illudersi... Quella ragazza non sarebbe mai più scesa a terra... non sulle sue gambe.
 
«Questo sì che è un colpo di fortuna!» la ragazza stava dormendo quando i colpi della campanella della nave l'avevano fatta sobbalzare e voltandosi a babordo aveva distinto la sagoma della nave, una fregata se ricordava le lezioni al villaggio, con una vela, quella a poppa, dal taglio triangolare e le altre due quadrate, con una sola fila di cannoni. «EHI, SONO QUI! MI VEDETE VERO?» saltò sul posto, si tolse il gilet rosso che aveva indosso e, restando a seno nudo, lo agitò con forza sopra la testa, continuando a saltellare.
«Meno male, meno male mi hanno vista, mi hanno vista, mi hanno vista!» esclamò allegra vedendo la scialuppa calata dalla fiancata e che si muoveva a remi verso di lei.
Eppure, quella nave batteva la bandiera col teschio e due catene incrociate, era una nave pirata, la ragazza lo sapeva, sapeva di essere una donna sola in mezzo al mare, eppure ogni cosa sembrava non importarle affatto. Anzi, restò col gilet in mano e i seni sudati, abbronzati come tutto il resto del suo corpo per l'infanzia passate sulle imbarcazioni dell'Isola del Vento.
Gocce salate scivolavano fra il solco sul ventre e usò il gilet come straccio per asciugarsi, sorridendo a trentadue denti agli uomini, una mezza dozzina, che si stavano accostando. «Oh grazie al cielo - gridò loro, mettendosi il gilet attorno al collo, facendolo ricadere sui capezzoli - sono così contenta che non dovrò morire qua fuori, sarebbe stato davvero imbarazzante!»
«Sei salva dolcezza - urlò uno dei pirati, a petto nudo e con una sciabola al fianco sinistro, sorridendo laido davanti a quella visione gratuita, l'erezione già evidente contro le braghe - sei stata davvero fortunata di esserti imbattuta in noi, di solito in pochi bazzicano in queste acque». La ragazza balzò agilmente a bordo, mettendosi a sedere fra due degli uomini si poggiò sulle palme delle mani, facendo ondeggiare le proprie rotondità.
«Uff, fa un caldo d'inferno, spero non vi dispiaccia se a bordo mi butterò su una branda, qua fuori dubito sarei sopravvissuta ancora a lungo!»
«Niente affatto - i remi picchiarono sull'acqua ritmicamente, la scialuppa invertì la propria direzione rivolgendo la prua verso la nave e macinò velocemente la distanza che le separava - è un dovere aiutare una bella ragazza in difficoltà, è pieno di brutta gente, puoi davvero ringraziare la tua buona stella». Il sorriso era perverso e teso, gli altri uomini la fissavano con bramosia; fosse stato per loro avrebbero allungato le mani su quel corpo così invitanti e se la sarebbero spassata lì, ma sapevano benissimo che qualsiasi preda spettava prima a Barod e solo quando si fosse stancato, sarebbe toccato a loro.
Solo che la ragazza era davvero troppo bella, e gli uomini, mugugnando contrariati, si chiesto quando effettivamente il loro capo avrebbe permesso di divertirsi con lei... Non aveva gusti normali, quello e la catena che usava per la propria arma avrebbe lasciato segni indelebili sul suo corpo.
 
«Benvenuta a bordo ragazza!» Barod la accolse con un gran sorriso, aiutandola rendendole una mano e poggiandosi la mazza ferrata sulla spalla «Hai il privilegio di essere salita sulla nave di Barod Mazza di Ferro! Sarai stanca, perché non vieni in cabina a rifocillarti? Poi mi dirai cosa spinge una donna tutta sola a navigare per queste acque dimenticate dagli dèi». 
Tutti attorno a loro ghignavano, sbavavano, alcuni si toccavano apertamente da sopra le braghe tese contro la loro vitalità. Laio, nascosto dietro a tutti, aveva le lacrime agli occhi; un Cavaliere di Drago avrebbe salvato la bella fanciulla e sgominato quei criminali con una mano legata dietro la schiena, ma lui, lui cosa avrebbe potuto fare?
«Io? - chiese la ragazza indicandosi con l'indice sinistro e sorridendo a trentadue denti - io sono Nihal, e diventerò il prossimo Imperatore dei Mari!». Quelle parole erano così inaspettate, così surreali e quella spontaneità così fuori luogo in quella situazione che per un momento il ponte restò silenzioso. Laio spalancò la bocca, la mascella gli scese quasi sino al petto e se avessero potuto, i suoi occhi sarebbero schizzati fuori dalle orbite.
«Tu... Tu... - Barod la guardò incredulo ancora un poco, poi scoppiò a ridere e con lui tutti gli altri membri della ciurma, battendosi le mani sulle cosce, sul ventre, i pugni sulle assi del ponte - AR AR AR AR AR, QUESTA... QUESTA È LA COSA PIÙ RIDICOLA CHE IO ABBIA MAI SENTITO. DEVI ESSERE USCITA FUORI DI TESTA PER IL CALDO RAZZA DI MOCCIOSA... TU, IMPERATORE...». Le risate formarono una cacofonia stonata, Nihal intrecciò le braccia sotto al seno, inclinando la testa da una parte e, di nuovo, rispose nella maniera più inconsueta possibile.
«Ma io sono seria! Mi sono messa forse a ridere perché un ciccione si porta appresso una palla da demolizione? Bisogna avere rispetto delle decisioni altrui!» a quel punto Laio ebbe un mancamento, le sue ginocchia cedettero e cadde col culo per terra, tremando da capo a piedi. “È davvero pazza, non c'è altra spiegazione... Davvero non si rende conto dell'assurda situazione nella quale si trova?”
«Sai MOCCIOSA, ho cambiato idea, si! Volevo tenerti un po' per me, ma direi che farti passare una giornata nella stiva con i miei uomini ti farà passare la voglia di dire stronzate! Sai? Loro adorano picchiare le belle troiette come te!» e con un'agilità insospettabile per la sua stazza saltò all'indietro, atterrando sulla punta del piede sinistro e ridacchiò sadicamente, pregustandosi lo spettacolo.
«Forza ragazzi, ve la tengo io, fatele capire chi comanda a questo mondo!» due braccia le avvolsero le spalla, Nihal lanciò una strozzata esclamazione di sorpresa, il suo petto venne esposto alla vista degli altri membri dell'equipaggio e il primo si fece avanti sollevando il pugno destro, le gocce di bava che cadevano sulle assi del ponte. Laio urlò d'orrore, coprendosi gli occhi, tutti si tesero in avanti pronti a godersi lo spettacolo, con macchie di umori all'altezza del cavallo dei pantaloni e poi... “sdeng!”. Ci fu un attimo di silenzio, poi l'uomo che aveva schiantato le nocche contro l'ombelico della ragazza lanciò un urlo di dolore, rotolandosi a terra, stringendosi il polso con la mano sinistra, lacrimando per il dolore, con la destra che andava divenendo rossa e pulsando.
«Ma... Ma che cazzo» piagnucolò rotolandosi sulla schiena come una tartaruga. Nihal sorrise guascona, da un orecchio all'altro e con una rotazione del busto mosse le braccia, sollevando da terra i due pirati e mandandoli a sbattere contro i loro compari, facendoli finire a gambe all'aria sul ponte e scrocchiò le nocche, trasformando il sorriso in un ghigno beffardo.
«Ah, mi fa sempre ridere quando ci provano! Spiacente signori, ma contro di me queste cose non funzionano mica!»
«STAI ZITTA, STUPIDA MOCCIOSA, ORA TI UCCIDO SUL SERIO» il pirata snudò la sciabola al fianco, caricandola con un colpo portato dall'alto, volto a spaccarle il collo ma Nihal si limitò a sbadigliare; la lama si ruppe con uno schianto, la punta volteggiò sopra le loro teste, andando a conficcarsi ad un pollice dal corpo di Laio che strillò, indietreggiando come un granchio. “Ma perché tutte a me, perché devo per forza passare da un incubo all'altro!”.
Il pugno di Nihal lo raggiunse in mezzo agli occhi, spezzandogli il setto nasale, sollevandolo da terra e mandandolo fuori bordo. «Ehehe, il mio corpo è di acciaio brutti cazzoni, sono praticamente la ragazza invincibile!» Il colpo della palla ferrata giunse alla sua sinistra, si abbatté sulla tempia e la mando a volare sul ponte per tutta la sua forma assiale, sino a sfondare l'albero maestro, dove rimase bloccata, con la testa ciondoloni da un lato. 
«Ar, ar, ar, ar. Arrr! Ecco cosa succede a chi si mette contro il Capitano Barod! Laio, solleva la ragazza e buttala a mare! Se davvero così, allora non è buona neanche per scopare!»
«Io... Io...» sudava il ragazzo, sudava e deglutì a vuoto gattonando verso l'albero e singhiozzando in segreto, ma si fermò, si fermò a metà strada spalancando gli occhi e la bocca. «Ma... Ma...» la sua voce tentennò, Barod e il resto dei pirati della Mazza di Ferro si voltarono. L'urlo sdegnato si sollevò da tutte le loro bocche contemporaneamente sentendo che Nihal stava dormendo, dormendo e russando.
«Mmh? Cosa? Ah si!» scuotendo il capo, la ragazza st staccò dal legno che si piegò in avanti, abbattendosi sulla prua e l'albero di trinchetto, travolgendone il pennone e causandone il crollo. «Si si si - disse sbadigliando e gettandosi nuovamente il gilet sulle spalle - tu, ciccione... Tu mi hai davvero stancata lo sai?»
«MA TU CHI CAZZO SEI?» Barod mulinò la catena sopra la sua testa, la fece roteare con forza e la lanciò in avanti. Nihal si fece sotto, sorridendo divertita dall'intera situazione e con un fragoroso schianto, infranse la palla chiodata con una violentata testata, mandandone i pezzi a fischiare fra i membri della ciurma in fuga.
«Io? Te l'ho già detto! Mi chiamo Nihal... E diventerò l'Imperatore dei MarI!» impuntò il piede destro a terra, scavando un solco nel legno e colpì Barod in pieno stomaco, affondando nel suo ventre grasso e molle, facendogli deformare il volto in una grottesca espressione di dolore e la violenza del colpo lo mandò a infrangere il castello di poppa, la cabina del capitano e il pilastro che sorreggeva l'albero di mezzana, lasciandomi sepolto dalle macerie. «Molto bene... Ora, mi serve una scialuppa, dei remi e del cibo... Forza muovetevi!» gridò, ed aveva appena chiuso le dita che quelli strillarono, dimentichi di tutto il loro coraggio e della propria barbarie e fecero quanto ordinato, increduli che Barod, l'uomo il pirata con una taglia di dieci milioni di Dinar, fosse stato sconfitto così, con un solo colpo.
 
C'era una barchetta in mezzo al mare, l'acqua era placida, la vela ammainata e un ragazzino seduto al centro vogava sudando sotto il sole; sulla panca a poppa, accanto al remo di governo, Nihal ridacchiava ancora, mangiando una succosa mela e facendo rimbalzare il torso sul palmo della mano. «S-scusa la domanda Nihal ma... Perché mi hai fatto venire con te?» il ragazzo lo chiese balbettando, lei lo guardò con la coda dell'occhio e fece spallucce.
«Si vedeva lontano un miglio che eri come un pesce fuori d'acqua su quella nave, mi è sembrato naturale. Se penso che feccia così infanga il nome di pirati come Fen... Avrei dovuto sfondargli il cranio a quel maiale! Mettermi le mani addosso così...» e rise ancora, battendosi una mano sull'addome piatto, il seno si mosse per la forza della sua risata. Laio arrossì sino alla radice dei capelli e si grattò imbarazzato la nuca, sforzandosi di guardare altrove che in quella direzione.
«Si però... Insomma, dicevi sul serio? Vuoi raggiungere la Grande Terra e diventare Imperatore?»
«Mh? Certo, mica parlo a vanvera io! Sin da quando ero piccola, sapevi che avrei voluto fare grandi cose, dopotutto perché veniamo al mondo altrimenti? Tutti mi hanno sempre detto di restare bassa e vivere tranquillamente, ma Fen no! Lui era già un grande pirata e io, io ho promesso che un giorno ci saremmo incontrati fra i mari della Grande Terra!»
«E sei partita così?» il rumore ritmico dei remi contro l'acqua di mare sottolineava le sue parole, il sole si spostava pigramente a occidente, il cielo terso veniva increspato poco a poco da linee dorate e arancioni e il tramonto si avvicinava e le prime, pallide stelle iniziarono a farsi, timidamente, intravedere. «Nel senso, hai preso quella barchetta ed hai preso il mare? Va bene che sei molto forte, ma se Barod non ti avesse raccolta molto probabilmente saresti prima prima di toccare nuovamente terra».
«Ahaha, si è molto probabile - Nihal annuì, passandosi l'indice destro sotto al naso e prendendo una manciata di carne secca da una delle casse che aveva davanti, staccandone morsi abbondanti - ma sempre meglio morire per quello che si ama non credi anche tu? E tu a proposito? Come sei finito su quella nave? Non dirmi che ti sei arruolato». Laio arrossì e prima di rispondere diede un altro paio di colpi ai temi prima di fermarsi e scuotere mestamente il capo, portandosi una ciotola d'acqua alla bocca e beve di avidamente, facendo schioccare le labbra.
«Niente di eccezionale in realtà - spiegò tornando a remare, rapito dalla limpidezza di quegli occhi viola, così grandi e puri - mi ero imbarcato su una nave diretta all'Isola del Sole, per arruolarmi all'Accademia di Makrat, ma quella stessa notte Barod scese a terra proprio in quel porto e andai a sbattere contro di lui. Era pronto ad uccidermi, l'hai visto, è completamente pazzo e cosi, mi offrii di fare qualsiasi cosa pur di essere risparmiato. Fortunatamente ti abbiamo trovata, sono state due settimane infernali, prima la Marina e poi la bonaccia, credevo che quella sarebbe stata la mia vita per sempre».
 «Mah, hai ragione, niente di eccezionale. Su lasciami vogare e dormi, devi essere esausto» e la ragazza lo sollevò di peso senza sforzo, lo mandò a stendersi contro il proprio guanciale e si mise ai remi. «Oi, esattamente, da che parte la prossima isola?»
«Mh? Dirigiti ad occidente, c'era una mappa nella cabina del capitano - Laio sbadigliò sonoramente e affondò la nuca nel cuscino, osservando come il cielo veniva, poco alla volta, puntellato dalle stelle, sempre più luminose - ricordo bene che c'era un'isola qui vicino, una base della marina se non sbaglio» e si mise più comodo, chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo, tranquillo con non gli succedeva da quattordici, lunghi, angosciosi giorni.
 
L'isola di Laodomea faceva parte del fitto arcipelago dell'Isola dell'Acqua, definita così per via dei fiumi e dei laghi che la caratterizzavano; venature e specchi d'argento in ogni dove e la fortezza della marina svettava sull'omonima città: un massiccio torrione circondato da alti bastioni armati con cannoni puntati verso il mare. Nihal balzò a prua, levando le braccia al cielo ed urlando di gioia mentre, alle sue spalle, Laio si voltava da sopra una spalla. «Non ci posso credere... Terra finalmente!»
Avevano trascorso altri quattro giorni in mare, alternandosi ai remi, dividendosi le provviste e il ragazzo sentiva che, proprio ora che si faceva impellente il momento della separazione, fra loro stava andando nascendo un'intesa, no, una vera amicizia. Nihal dopotutto lo aveva salvato... E lui ancora non era riuscito a fare molto per sdebitarsi. «Bene, così tu potrai andare alla fortezza ad arruolarmi e diventare Cavaliere si Drago, e io cercare qualcuno interessato ad unirsi a me. Se riuscissi a radunare almeno sei o sette uomini potrebbe già rivelarsi sufficiente».
«Sai Nihal? Pensavo fossi completamente pazza, ma devo ricredermi! Grazie a te ho capito che se si desidera qualcosa, bisogna lottare con le unghie e con i denti per ottenerla!» il ragazzo sorrise da un orecchio all'altro e lei ricambiò, dandogli una pacca sulla spalla e mangiando le ultime tre mele, gettandone a mare i torsoli. Ci volle ancora del tempo tuttavia per arrivare al porto; le navi si sollevavano dal pelo dell'acqua allungando ombre sulle imbarcazioni più piccole e i pontili erano animati da una fitta attività. 
Uomini che caricavano e scaricavano la merce, soldati che ispezionavano i carichi, donne svestite che tentavano i marinai, mercanti e truffatori. Si accostarono ad una delle banchine libere, Nihal saltò a terra e allungò una cima a Laio per assicurare la barca e si rassestò il gilet, respirando a pieni polmoni il puzzo tipico di un porto brulicante di vita. «Bene, che ne dici di un ultimo pranzo assieme? Eheheh, gli uomini di Barod sono stati abbastanza educati da darci qualcosa per il viaggio» e fece tintinnare un sacchetto di monete, avviandosi verso una delle locande, passando sotto all'insegna ritraente una sirena nuda e si buttò a sedere ad uno dei tavoli, allungando le gambe dai piedi nudi sul tavolo. 
«Certo che ce n'è davvero di gente eh? - Laio prese posto davanti a lei, facendosi piccolo piccolo davanti a tutte le occhiaie che gli uomini presenti mandavano a Nihal, ma non se ne preoccupò, aveva ben compreso che la ragazza fosse più che capace di difendersi da sola - ma scusa solo una cosa, non te l'ho chiesto finora perché pensavo a salvarci la pelle ma... Come fai ad essere sì acciaio? Hai per caso... mangiato un...»
«Frutto del Diavolo? Assolutamente sì! È successo quando avevo sei anni, non lo feci apposta, ma da allora posso trasformare il mio corpo in acciaio tutte le volte che voglio! E non solo in realtà, guarda qua!» sollevò l'indice destro e sotto gli occhi sgranati di Laio, questo divenne un lucido coltello dalla lama affilata come un rasoio. «Se non sbaglio, si chiama Supa Supa no Mi, ma io lo chiamo Lama Lama, si capisce perché, no?» allargò le cinque dita, facendone altrettanti coltelli che poi tornarono normali. «È molto comodo, non sento né il freddo e neanche il caldo quando mi rendo di acciaio e posso arroventarmi e diventare una duplice arma! Ed è molto comodo quando... Insomma, sono una ragazza tutta sola per il mondo, so cosa può succedere».
Laio sbiancò, diventando pallido con un cencio: riuscì perfettamente a immaginarsi la scena di qualcuno che tentava di abusare di lei e... «OUCH» strillò portandosi le mani fra le gambe, pensando a cosa dovesse significare vederselo tranciare in quel modo. «B...beh - balbettò - questa spiega perché vai in giro così, i vestiti non devono servirti a molto».
«Infatti, è davvero una gran comodità... Si, io prendo... Di tutto!» esclamò quando si avvicinò l'oste a prendere i loro ordini e per convincerlo gli mise sulla mano una serie di piccole gemme recuperate dalla nave di Barod dai suoi stessi uomini. Per il resto della mattinata, i due compagni di sventura furono impegnati a mangiare pesce, crostacei, uccelli di mare, fritto misto, pesce affumicato e gamberi in umido. Nihal li rompeva con la punta delle dita e ne succhiava la testa, il sugo e l'olio le colava sulla florida, soda curva dei seni e ogni tanto, i capezzoli facevano capolino e lei non se ne curava, portandosi intere mancate di anelli di calamaro alla bocca, masticando rumorosa. 
«Aah, questo sì che è mangiare!» buttò giù l'ultimo boccale di birra, massaggiandosi il ventre a due mani e Laio, il cui addome premeva contro la corda che usava come cintura si chiese come fosse possibile che la pancia della ragazza restasse così distesa anche dopo essersi gettata dentro più vivo di quanti avesse mai visto mangiare al suo aguzzino... In tutte e due le settimane di navigazione in un solo pasto. «Bene, direi che questo è un addio Laio, io cerco qualcuno interessato a partire con me... Vuoi che ti accompagni alla base della Marina?» 
«Non vi conviene andarci adesso temo» l'oste raccolse il vassoio ripieno di cibo, passando come energia lo strofinaccio umido, masticando tabacco «Un paio di giorni fa hanno catturato quel folle cacciatore di Utilizzatori dei Frutti del Diavolo, è nel giardino interno della fortezza, tutta la base è un subbuglio».
«Oooh, davvero? - Nihal si sporse in avanti, premendo i seni contro l'orlo del tavolo e passò il medio sull'orlo del boccale in legno cerchiato da sottili anelli di ferro rugginoso - ed è molto forte questo cacciatore?»
«Aspetta Nihal!» Laio saltò su, facendo sussultare l'oste che fece tremare il vassoio e la pila di piatti e batté le mani sul tavolo, sgranando gli occhi «N- non puoi neanche pensare una cosa del genere! So bene di chi si sta parlando! Dicono che sia lo spadaccino più spietato di questo tratto di mare, non guarda in faccia a nessuno! Una volta che ti punta i suoi occhi gialli addosso, sei morto!»
«Si ma non io - la ragazza sorrise da un orecchio all'altro, portandosi indietro con la sedia e intrecciando le braccia dietro la nuca, inarcando la schiena e il busto, emettendo un rutto soddisfatto - lo sai, sono Invincibile!»
«Tu non capisci - la voce del mozzo tremò, di rimise a sedere, stringendo le dita fra loro, deglutendo a vuoto - il nome di questo pazzo... È Geralt di Rivia... E se lui è alla base... Nihal?» sollevando lo sguardo vide che la sedia era caduta a terra e che la ragazza era sparita nel nulla, con la porta della locanda che si stava ancora chiudendo da sola. 
 
«Devo ammettere anche ridotto così fai davvero paura, cacciatore». Il capitano della base di Laodomea, Dohor, si buttò a sedere sullo scranno che si era fatto trascinare nella corte interna sin dal proprio studio, buttandocisi a sedere. «Che sguardo feroce, ancora non hai intenzione di arrenderti? Che determinazione».
Davanti a lui, Geralt di Rivia era a torso nudo, il corpo un fascio sudato di nervi, pettorali e addominali ricoperti di cicatrici pallide e vecchie; le lunghe cuoche albine gli ricadevano attorno agli occhi ferini, simili a quelli di un lupo e alla bocca dalle labbra sottili. «Mmh» mormorò spostando appena la testa di lato, sputando per terra. Il Capitano rise di cuore, alzandosi in piedi e facendo ondeggiare l'orlo inferiore del mantello, bordato con ricami dorati.
«Beh, credo che prima o poi ti passerà quest'aria da duro Lupo - ridacchiò accendendosi un sigaro e camminando in cerchio, alle sue spalle due dozzine di uomini della marina tenevano i moschetti imbracciati, pronti ad usarli ad ogni evenienza - potevi startene per i fatti tuoi e invece no, e vedi dove sei finito?» tornò a sedersi, si fece odorare un secchio d'acqua e un po' la bevé e la maggior parte la buttò a terra, poggiando i tacchi degli stivali militari in pelle di drago sulla parte inferiore del secchio «Credi di sopravvivere? Credo che riprenderai il mare? Non farmi ridere!» urlò balzando in piedi e dandogli un pugno allo stomaco, facendogli strabuzzare gli occhi per l'improvvisa mancanza d'aria «Chiunque insulti me, insulta la Marina! E chiunque insulti la Marina, insulta la Legge! E cosa sarebbe questo mondo senza legge?»
«SOLO UN COVO DI PUTTANE E ASSASSINI, SIGNORE!» urlarono gli uomini, scattando sull'attenti. Dohor annuì; era ad un passo alla promozione, al diventare Cavaliere di Drago. Mai avrebbe permesso ad un coglioncello qualsiasi di gettare fango sulla sua gloriosa carriera. 
«Beh, fa un po' come vuoi Lupo, ormai sei bello che fottuto! Voi, con me! Rientriamo, sta scaldando troppo per i miei gusti» e si alzò in piedi, tornando sui propri passi, facendo tintinnare le medaglie appuntate sul petto. Geralt lo guardò allontanarsi disgustato e si agitò appena. Le corde gli scavavano le braccia legate alla barra trasversale della croce, la circolazione ormai era solo un ricordo e la posizione lo rendeva debole e indolenzito. “Devo resistere - pensò sudando fiumi di sudore sugli occhi - devo resistere e riprendere il mare... Non sono ancora... Abbastanza”.
Dapprincipio, quando si risvegliò, ebbe la sensazione di essere finito in uno di quei sogni assurdi portati dalla sbornia; vide una ragazza con un abbondante davanzale coperto appena da un gilet che lo guardava con la testa inclinata da una parte, a piedi nudi e le mani sui fianchi ampi, coronati da una vita stretta. 
La pelle era ambrata, colorata dal sole e si fondeva in una bizzarra armonia con i capelli blu e gli occhi viola. «E tu chi saresti? Vattene, non vedi che sono impegnato?»
«A me non sembra proprio - la ragazza sollevò il piede destro, piegandone le dita contro il suolo e guardandolo ancora, grattandosi il mento - a me sembra che tu sia con un piede nella fossa».
«Cazzo - imprecò Geralt battendo le palpebre - vattene e basta ragazzina, prima che quel gigante ottuso ti veda. Una come te se la mangia a colazione» e non solo, pensò vedendo i corti pantaloni che aderivano alle cosce tornite. Da dove poteva essere saltata fuori una bellezza del genere? Il ventre era piatto, appena incavato e il seno sodo ricadeva morbido sullo sterno. “Cazzo, sono morto e non me ne sono accorto?”.
«Quello che ti ha picchiato?» fece lei voltandosi verso la massiccia sagoma del torrione «Maah, io sono invivibile sai? Nessuno può farmi davvero male!» esclamò battendosi il palmo sinistro sul braccio destro, sul muscolo e annuendo a sé stessa. «Comunque, per rispondere alla tua domanda: mi chiamo Nihal, sarò il prossimo Imperatore dei Mari e ti voglio nella mia ciurma di pirati! Sono diretta alla Grande Terra e mi servono uomini in gamba!». Il sole allungava le ombre delle mura sul cortile di terra battuta, la polvere giallognola si agitava pigramente al soffiare del vento e lo stendardo della marina, in cima alla torre, schioccava di quando in quando, senza molta convinzione.
«Mi stai prendendo in giro? Come pensi di fare? Ti sei vista, sei pelle e ossa, persino un secondino potrebbe metterti fuori combattimento». La voce di Geralt era carica di sarcasmo e Nihal sollevò gli occhi al cielo; tutti così quelli con i quali aveva a che fare, nessuno che la prendesse sul serio, una volta tanto. 
«Beh, però non sono io quella legata giusto? Facciamo un patto... Io ti libero, e tu ti unisci a me! Ho sentito che dai la caccia a chi ha mangiato i Frutti del Diavolo... Io sono una di quelli» e sollevando il braccio sinistro, lo trasformò in una lama, il cui bagliore catturò lo sguardo di Geralt «Pensi ancora che sia così debole?»
 
«Quella è completamente pazza» Laio si era arrampicato su un albero i cui rami si allungavano oltre il muro di cinta e ora, stretto al legno, strisciava in avanti, tenendosi con forza con braccia e gambe, la corteccia che sfregava sulla pelle, arrossandola «Stare davanti così a quell'assassino, un una base della Marina... Oh Nihal, perché non ascolti quando ti parlano?» 
Quando si era accorto che Nihal si era precipitata alla base, il ragazzo si era precipitato fuori, mettendosi sulle sue tracce, correndo veloce fra le vie della cittadina, chiamando a gran voce il suo nome; era anche ruzzolato violentemente contro un intero barile di pesce e se ne era scappato, gridando a pieni polmoni quanto gli dispiacesse.
Aveva fatto appena in tempo a risalire la collina che ospitava la base e vedere Nihal superare il muro con un agile balzo per arrampicarsi poi sull'albero, strisciando sino al punto in cui stava in quel momento.
«Così quello è Geralt dell'Arcipelago Rivia... Fa davvero paura, guarda che occhi. Non mi stupisce che sia finito in questa situazione, chissà quali azioni scellerate ha commesso... Merda!» si appiattì per quanto gli fosse possibile, il cuore gli pulsava nelle orecchie e sentiva le mani sudare scivolare contro la corteccia del ramo. I capelli gli si incollavano alla fronte e aveva la bocca riarsa. «Quello deve essere il capitano... Anche lui è spaventoso».
La sagoma di Dohor giganteggiava sul cortile interno; alto oltre due metri, con spalle larghe e un ampio petto, l'uniforme aderiva ad una muscolatura in costante tensione. Si passò la mano destra sul mento glabro, guardando l'intrusa dall'alto al basso. Sulle spalline del cappotto che portava come fosse un mantello brillavano i suoi gradi in argento e la lama dell'ascia stretta nella mano destra gettava ombra sul suo proprietario. «Riesce davvero a brandire una cosa del genere? Credevo che le acque della Grande Terra fossero pericolose...ma anche questo...».
«Bene bene bene, un assassino e una sgualdrinella mezzosangue - ridacchiò fermandosi davanti ai due - ero appena rientrato e la tua intrusione mi ha costretto a trascinarmi nuovamente sotto il sole» mosse il braccio con l'ascia, piantandone la lama al suolo, penetrando in profondità nel terreno. 
«Te l'avevo detto che dovevi andartene» ringhiò Geralt agitandosi nelle corte, sentendole segnargli la pelle a sangue «Io non ho idea di chi sia questa qui - aggiunse con un'alzata delle mani - mai vista prima in vita mia».
«Bugiardo! - Nihal si voltò a guardarlo, le guance gonfie e mise i pugni sui fianchi - ci siamo appena conosciuti! Tu sei Geralt e io sono Nihal, e ti voglio nella mia ciurma!»
«Ho già detto no ragazzina - ringhiò il cacciatore - e ora siamo entrambi nella merda. Grazie davvero per l'offerta».
Dohor sentì la sua mascella schiantarsi contro il terreno; quella puttanella dalle tette grosse lo ignorava completamente e quel pazzo di un Lupo conversava con lei tranquillamente, come se niente fosse. Una vena gli si gonfiò sul collo lanciò un urlo terribile, sollevando la sua sproporzionata arma, gonfiando i muscoli del braccio.
«GIANT AXE... SMASH!» ruggì, mulinando la lama contro Nihal. Questa si voltò sorprese, la massa in ferro la colpì in pieno, sollevandola da terra, facendola piegare su un fianco e con una violenta onda d'urto il suo corpo venne mandato a sfondare la parete dell'armeria. I mattoni le caddero addosso e con uno schianto fragoroso, l'intero edificio squadrato crollò su sé stesso, seppellendola viva.
«C... Capitano - balbettò uno degli uomini, osservando la scena inorridito, stringendo tremante i pugni - non crede... Di esserci andato troppo pesante?»
«Vuoi forse fare la stessa fine?» Dohor neanche si voltò, si poggiò l'ascia in spalla e buttò fuori l'aria sia polmoni «In questa base io sono come un dio, io decido chi vive e chi muore! Io... Un momento» abbassò l'ascia all'altezza dello sguardo, la lama era pulita, niente sangue e per terra non c'erano viscere o organi... L'aveva colpita di punta, il fendente era abbastanza forte da spaccare in due la pietra. «Aspetta un fottuto momento...» ringhiò, ma le macerie vennero scagliate in aria, Geralt sgranò gli occhi e Laio sentì un intenso fiotto di sollievo invaderlo quando Nihal ne emerse battendosi il corpo con le mani, liberandosi della polvere.
[https://youtu.be/nUBWp89ATE8]
«E basta davvero però! Prima quel ciccione con la mazza ferrata e adesso tu! È la seconda volta in quattro giorni che mi schiantano contro qualcosa! Geralt, tu sarai nella mia ciurma e lui... Lui adesso lo prendo davvero a calci in culo!» 
«VUOI STARE ZITTA RAGAZZINA?! CHE CAZZO, DOVRESTI ESSERE MORTA E STRAMORTA IN QUESTO MOMENTO!»
«Io? Io non morirò certo qui - disse lei avanzando a passo deciso, facendo scrioccare la nocche - io sono Nihal e diventerò l'Imperatore dei Mari! Geralt, scappa!» si lanciò in avanti, scivolando sulle ginocchia evitando un altro fendente del capitano e con un colpo delle mani trasformate in coltelli, lacerò le corde. Il Lupo cadde in avanti, la testa gli girava e senti a le ginocchia tremargli, ma era debole. «Io gli faccio il culo, tu aspettami fuori dalla base» Nihal si voltò verso Dohor, sistemandosi il gilet e iniziò a saltellare sul posto, sulle punte dei piedi, sollevando i pugni in posizione d'attacco.
«E VOI CHE CAZZO ASPETTATE, SIETE FORSE DEI MANICHINI? ATTACCATE UOMINI!» i militari ebbero un attimo d'esitazione, poi snudarono le sciabole e si lanciarono contro Geralt. Questi però non si smosse, e anzi si sollevò adagio e li guardò con uno sguardo ferino, sollevando un angolo della bocca.
«Ragazzina, ti devo un favore - disse fronteggiando il plotone, passando in mezzo ai loro goffi fendenti, guardandolo muoversi al rallentatore e con uno scatto delle mani, ne disarmò due, stringendo le spade fra le dita e girandosi verso di loro, poggiandolo le lame ricurve alle spalle - quindi facciamo che ti seguirò, almeno per il momento»
«AHAHA, OTTIMO! ALLORA QUELLI SONO TUTTI TUOI!» esclamò lei prima di correre ancora contro Dohor, con un folle, luminoso sorriso sul bel volto di ragazza.
«BASTARDI, CON QUESTO COLPO IO VI FARÒ ENTRAMBI A PEZZI! GIANT AXE ROAR!» l'ascia calò dall'alto, la velocità fu tale che il movimento provocò come un ruggito nell'attrito con l'aria. Laio urlò un avvertimento, lanciandosi in avanti ma il ramo cadde e il mozzo precipitò nella corte della base, battendo violentemente le natiche; col cuore in gola guardò la scena tentando di rialzarsi... non importava quanto Nihal fosse resistente, quell'arma era enorme, l'avrebbe spezzata, per forza.
«LAMA LAMA... SLASH!» girò rapidamente su sé stessa, mosse la gamba contro il suolo e fece scattare la sinistra in un rapido calcio, trasformandola in una lunga lama. L'impatto l'aria esplose con violenza, il suolo si piegò sotto i duellanti formando fotte ragnatele di crepe e delle lame formate dall'onda d'urto andarono a tagliare le mura perimetrali, provocandone il crollo.
«Però, non sei affatto male lo sai? Ehi voi, il vostro avversario sono io» i militari puntarono gli occhi su Geralt, l'uomo ghignò divertito, piegandosi sulle gambe e portando le sciabole una in alto e una in basso, l'aria iniziò a crepitare attorno a lui e i capelli bianchi ondeggiarono attorno al suo volto, quasi bestiale, fiero, indomito «Wolf...BITE!» e il suo corpo scattò in avanti, gli uomini videro solo una sagoma indistinta passare attraverso le loro schiere e quando si voltarono, Geralt era alle loro spalle, le spade allargate, il suolo segnato dai suoi passi. «Siete fortunati, non sporco del buon acciaio senza una motivazione valida» disse rialzandosi, e le lame dei marine andarono in pezzi fra le loro mani, tintinnando a terra. 
«STUPIDA MOCCIOSA!! IO SONO DOHOR DELLA MARINA DI MAKRAT, LA MIA LEGGE È INCONTESTABILE!! GRAND CAPTAIN FINAL BLOW!» portò il braccio destro all'indietro, i muscoli si gonfiarono e distrussero la manica della divisa e l'aria si arroventò attorno alla lama.
Nihal rise, rise sinceramente divertita dallo scontro quando il poderoso fendente calò, si mosse rapida, sibilando come un serpente, caricando il proprio colpo «LAMA LAMA HURRICANE!». Piede a terra e colpo, piede a terra e colpo, piede a terra e colpo, piede a terra e colpo. Il movimento continuo provocò un intenso turbinare di male e quando l'ascia colpì, gli alberi si spezzarono, il torrione tremò con violenza e il terreno affondò per oltre mezzo metro. Sotto gli occhi stupiti dei marinai, dello sguardo fermo di Geralt e a bocca spalancata di Laio, la lama dell'ascia gigante venne fatta volare via, andando a conficcarsi nel torrione della fortezza.
«E ORA, LAMA LAMA CANNON!» e sfruttando lo slancio datele dall'energia cinetica, Nihal serrò la mano destra a pugno, l'acciaio si compattò al pari di una palla di cannone e lo abbatté contro lo sterno di Dohor. Questi sentì gli occhi volare fuori dalle orbite, le braccia e le gambe si piegarono in avanti e la ragazza lo spedì in alto, a fare compagnia alla sua ascia. Ci fu un altro tremore, poi con un lungo, tetro lamento, il torrione crollò su sé stesso, sollevando una fitta nube di polvere. 
«E con questo, non si rialzerà per un bel po' di tempo. EHI GERALT, ABBIAMO VINTO LA NOSTRA PRIMA BATTAGLIA COME CIURMA! AHAHAH, NON HO DUBBI, CON TE AL MIO FIANCO IO SARÒ... L'IMPERATORE DEL MARE!»
«Tu dei completamente pazza da legare lo sai vero? Credo proprio che ti seguirò. Anche sei un Utilizzatore del Frutto del Diavolo riconosco che hai stoffa... Se a voi sta bene, noi ce ne andiamo». I militari della base guardarono la torre crollata, la montagna di detriti, le mura distrutte e gli alberi che si erano abbattuti al suolo. Laio era come in stato di shock e scosse il capo per riprendersi, sollevandosi incerto sulle gambe.
«Anche volendo - disse alla fine uno dei marine, il più alto in grado dopo Morgan - dubito molto che potremmo fare qualcosa contro dei nostri come voi... E ad essere onesto, Dohor era una vergogna per l'esercito e tutta l'Accademia di Makrat. Vi daremo dodici ore di tempo prima di contattare il quartier generale».
«Finalmente qualcuno che mi prende sul serio, ehehehe! Po', vecchio, con chi ho il piacere di parlare?» Nihal gli si avvicinò, quasi ancheggiando, stiracchiando le braccia intorpidite per la violenza dei colpi e tese la mano destra «Tranquillo, non intendo mica tagliarti le dita eh!»
«Peccato che ti abbia preso questa strada ragazzina - disse l'altro, stringendole la mano - la prossima volta vedrò di metterti ai ferri. Ricorda il mio nome: vice capitano Parsel e tu .. hai detto di chiamarti Nihal?»
«Nihal, esatto! Anche tu ricordati questo nome, perché sarà di colei che diventerà il nuovo Imperatore dei Mari. Oi, Geralt, andiamo! Ho una scialuppa al porto». Il Lupo annuì in silenzio, fece un rigido cenno col mento ai militari ancora fermi al proprio posto, attoniti e si allontanò seguendo la ragazza, tenendo le sciabole intrecciate dietro la nuca, poggiate sulle forti spalle. Ma d'un tratto, la ragazza si fermò, battendosi una mano sulla fronte e si voltò.
«Ah è vero! Laio, allora che vuoi fare? Vieni con noi o resti qui? Non avevi qualcosa da chiedere?» 
Parsel si voltò verso il ragazzino, guardandolo dubbioso e questi corse verso di lei, col fiato corto e si inchinò con veemenza, premendola alla sprovvista. 
«Io... Io resto. Grazie... Grazie di tutto Nihal, non fosse stato per te .. io... Io...» iniziò a singhiozzare, lacrime di fanciullo sgorgarono dai suoi occhi. Nihal emise un sospiro esasperato e lo tirò su per la collottola, afferrandogli poi il volto fra le mani e lo baciò con forza sulla bocca, facendogli assaggiare il sapore della propria lingua. Quello arrossì sino alla radice dei capelli, i seni della ragazza premevano contro il suo petto, gonfiandosi per la pressione e poi si ritrovò nuovamente a terra. «Prendilo come un regalo e un pegno ... Diventa un Cavaliere di Drago, il migliore Laio e quando lo sarai diventato, vieni a cercarmi... Forse avrai anche il resto, ahahahaha!» e corse via, afferrando a sorpresa Geralt per una spalla e lo trascinò giù dalla collina, incurante dei suoi lamenti e delle sue imprecazioni.
«Accidenti a te ragazzino - ridacchiò Parsel battendogli una mano sulla spalla - credo davvero che tu ora non possa più tirarti in vero?» e Laio annuì, ancora intontito e si sfiorò le labbra, rosso come un peperone e deglutì a vuoti.
«ASPETTAMI NIHAL! - gridò a piedi polmoni correndo verso il muro di cinta e portandosi le mani ai lati della bocca - DIVENTERÒ IL PIÙ GRANDE CAVALIERE DI DRAGO DI TUTTI I MARI... E VERRÒ A PRENDERTI!»
 
[https://youtu.be/2UkDJpaasY8]
Una barchetta stava in mezzo al mare, il vento soffiava generoso, la vela si gonfiava e la chiglia fendeva le piccole onde che spumeggiavano. Due figure ci stavano sedute col sale sulla pelle e il vento fra i capelli. Geralt ridacchiava mentre masticava le provviste che avevano comprato prima di salpare da Laodomea mentre Nihal gli raccontava di Barod, sdraiata contro il proprio guanciale. «Avrei voluto vedere la sua faccia - disse agitando mollemente il piede sinistro poggiato sul ginocchio destro - e così ora siamo noi due eh? Allora capitano - disse, sottolineando la parola con un certo sarcasmo - dove andremo adesso?»
«Beh, ci sono, tu... Se vogliamo raggiungere la Grande Terra dovremo per forza trovarci un navigatore... Sarà meglio dirigerci verso l'Isola del Sole, tutta la conoscenza dell'Arcipelago Maggiore è custodita lì, troveremo qualche esperto di mappe che ci voglia seguire» e sorrise ancora, mangiando della carne secca e ruttando. Geralt rise sinceramente, aggrappandosi alla cima dell'albero e osservò il mare che si stendeva a perdita d'occhio.
«Io ho un obbiettivo Nihal... E credo che stare con una pazza come te mi permetterà di raggiungerlo. Sarò al tuo fianco in questa folle impresa... Chi lo sa, magari il destino mi aspetta proprio nella Grande Terra, non credi?»
«Tutto è possibile - esclamò la ragazza, saltandogli accanto e sorridendogli, passandogli un braccio attorno al collo e premendolo contro il seno, ammirando la distesa azzurra - prossima tappa, ISOLA DEL SOLE ALLORA. MONDO ASPETTAMI, IO SARÒ... L'IMPERATORE DEI MARI!» 
La piccola barchetta andava, andava verso un mondo vasto e bellissimo, crudele e spietato, un mondo di battaglie e avventure... Andava verso l'orizzonte con una ragazza e un reietto che avevano deciso di affrontare insieme i pericoli e le meraviglie che si sarebbero ritrovati davanti... Lungo la loro rotta.
 
 
 
 
 
 
   
 
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