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Autore: BlackIceCrystal    05/09/2023    1 recensioni
[IwaOi | Omegaverse | Alpha x Alpha | Top!Oikawa | Bottom!Iwaizumi]
Cosa c'è di sbagliato nel volere un alpha al proprio fianco durante il proprio calore? Hajime non vuole un omega, non ha conosciuto nessuno che lo faccia sentire anche solo minimamente così, e sicuramente non vuole neanche un qualcuno di indefinito che potrebbe o non potrebbe conoscere in futuro. Vuole lui, anche se Oikawa è un alpha e Hajime è un alpha. Cosa c'è di sbagliato in questo?
Genere: Hurt/Comfort, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo l'hurt viene il comfort. È il momento di chiarimenti!

  

In breve: Iwaizumi e Oikawa sono due idioti (innamorati, ma pur sempre idioti).

  

  

Capitolo 4 - Gusto - Di lacrime salate e foto incriminate

  

Le lacrime di Oikawa sono salate.

Hajime non dovrebbe essere sorpreso, le lacrime sono salate, è un dato di fatto. Ma si sorprende comunque perché sono le lacrime di Oikawa ad essere salate e Hajime può sentirne il sapore perché Oikawa, tra tutti, lo sta baciando.

 

Oikawa. Lo. Sta. Baciando.

 

Oikawa che non gli parla da giorni.

Dopo che Hajime gli ha urlato contro perché Oikawa gli ha spezzato il cuore.

Per la seconda volta.

 

La prima volta Hajime ci ha messo un po’ — esattamente i quattro giorni del suo primo calore — ma è riuscito a superare la sua cotta-che-non-è-solo-una-cotta-ma-si-rifiuta-di-definire-in-un-altro-modo-perché-tanto-è-stato-rifiutato.

È riuscito a farsene una ragione, a continuare a comportarsi come si è sempre comportato. Ha guardato Oikawa flirtare con omega, uscire con una di loro per un breve periodo di tempo, accettare lettere il loro ultimo giorno di scuola e non prenderne in considerazione nessuna perché tanto da lì a pochi giorni sarebbe partito per l’Argentina.

Hajime lo ha guardato allontanarsi sempre di più, non solo fisicamente ma… in ogni aspetto della loro vita.

Da quel giorno — il giorno in cui tutto è cambiato, il giorno in cui Oikawa l’ha riaccompagnato a casa — hanno continuato a scriversi per telefono, a studiare insieme per verifiche ed esami, a fare qualche palleggio nel cortile di casa come pausa ogni tanto.

Hanno continuato a fare tutto quello che facevano prima, ma in modo completamente diverso: Oikawa non si è più presentato a casa sua senza invito, non si è più presentato in camera sua senza usare soppressori o inibitori. Non gli ha mai chiesto indietro la sua felpa e Hajime non gliel’ha mai restituita. Se ne vergogna un po’, ma la usa ancora quando va in calore, nonostante ormai sia solo un pezzo di stoffa senza più alcun odore. Il solo fatto che sia appartenuta ad Oikawa una volta, che ci sia il suo numero stampato sul retro, è una fonte di conforto e allo stesso tempo di dolore.

 

Prima dell'inizio degli esami di fine anno, Oikawa è anche stato assente per diversi giorni, Hajime ha provato a contattarlo per chiedergli che fosse successo ma non ha mai ricevuto risposta. Ha scoperto solo qualche giorno dopo che era in calore e solo perché è stato Kunimi – Kunimi! – a dirglielo. Oikawa l'aveva detto a Kunimi e non a lui, Hajime, il suo presunto migliore amico.

Ma quel Giorno — il Giorno con la G maiuscola — il loro rapporto si è incrinato e Hajime non è sicuro del come o del perché. Ha il dubbio che Oikawa sappia della sua cotta (che-non-è-una-cotta), vorrebbe chiederglielo ma allo stesso tempo ne è terrorizzato. Non riesce a dimenticare il dolore del rifiuto di quel giorno. Oikawa deve aver capito cosa Hajime volesse da lui e l’unica spiegazione al suo comportamento è che lui non volesse la stessa cosa. Hajime può capirlo, ma si aspettava comunque un qualche commento da lui, anche uno di quei stupidissimi commenti in proposito al fatto di sapere perfettamente di essere irresistibile e che ovviamente neanche Hajime non poteva che cadere ai suoi piedi.

Non è che Hajime non sapesse di non avere speranze. O, almeno, così pensava. Oikawa si è sempre dimostrato interessato unicamente alle omega. Dopo quella volta, poi, era palese che era assolutamente contrario ad un rapporto tra due alpha, e Hajime se n’era fatto una ragione.

Il rifiuto bruciava, ma poteva sopportarlo e andare avanti. In fondo non puoi costringere una persona ad amare un sesso o un genere che non può amare.

 

O almeno è quello che ha pensato fino a quando Oikawa non è andato in Argentina e pochi mesi dopo essere entrato nella lega ha iniziato a frequentare uno dei suoi compagni di squadra.

Un alfa.

 

Se c’è una cosa di cui sicuramente non va orgoglioso è di come ha reagito alla notizia e probabilmente di quello che ha detto ad Oikawa qualche giorno dopo, quando si sono sentiti al telefono. Da una parte, Hajime sa di aver reagito così perché il suo calore era vicino e lui era particolarmente suscettibile; dall’altra, non è sicuro che non avrebbe reagito in ogni caso allo stesso modo.

È per questo che dopo aver passato una settimana e mezza ad affogarsi in stupidi pensieri e farsi mille paranoie, guardare lo schermo del proprio cellulare sulla schermata del contatto di Oikawa senza mai premere il pulsante per avviare la chiamata, scrivere e cancellare più e più volte un messaggio che non ha mai inviato, ha deciso di prendere il primo volo dalla California all'Argentina e di affrontare il problema di petto.

Non è mai stato il tipo da scappare dai propri problemi. Può essere una persona adulta e responsabile, ricevere finalmente e chiaramente in faccia l’orribile rifiuto che lo aspetta se questo vuol dire provare a ricucire i rapporti con Oikawa. Prima di tutto, prima di ogni altra cosa al mondo, è il suo migliore amico e non vuole in alcun modo perderlo.

 

Si era preparato un discorso, un discorso che si è ripetuto più e più volte per tutta la durata del volo. Gli avrebbe chiesto scusa, perché non aveva nessun diritto di arrabbiarsi come aveva fatto e urlargli contro quello che gli aveva urlato solo perché Oikawa aveva deciso di uscire con un alpha che non era lui. Poi gli avrebbe raccontato della sua stupida cotta, ci avrebbero riso sopra, Oikawa avrebbe fatto i suoi commenti inopportunamente inopportuni e tutto sarebbe tornato come prima.

 

Questo, almeno, era ciò a cui Hajime si era preparato.

Peccato che, quando si tratta di Oikawa, niente vada mai secondo i suoi piani.

 

Nel momento in cui il suo migliore amico ha aperto la porta con addosso una felpa che era inconfondibilmente quella di Hajime — quella di quando giocavano all’Aoba Johsai, Hajime si era chiesto effettivamente che fine avesse fatto — qualcosa in lui è scattato.

Ha dimenticato completamente il motivo per cui fosse lì, o il fatto che non si parlassero da undici giorni e che non si vedessero almeno da sette mesi. Ha dimenticato completamente che voleva scusarsi, che aveva un discorso preparato durante il viaggio da fare.

L'unica cosa che riusciva a vedere era Oikawa, solo Oikawa, il volto assonnato di chi si è appena svegliato, i capelli arruffati, la felpa leggermente larga che gli ricadeva su una spalla.

Il profumo soffuso di fiori d’arancio è arrivato alle sue narici per la prima volta dopo quella che gli è sembrata un’eternità e la diga che conteneva tutti i sentimenti che aveva tenuto racchiusi dentro di essa si è aperta, spalancata sotto la loro intensità.

 « Ti amo » sono state le prime parole che sono uscite dalla sua bocca. Non lo so che questo è un orario improponibile ma ho affrontato un volo di quattordici ore solo per venire a chiederti scusa di persona, né nulla del discorso che aveva preparato, cancellato dalla sua mente in un istante.

Solo "Ti amo".

Gli occhi di Oikawa si sono allargati dalla sorpresa, il suo odore si è fatto più intenso, « Ti amo » gli ha ripetuto Hajime, « Ti amo e— »

 

Non è mai riuscito a finire la frase.

 

Non è sicuro di cosa abbia registrato prima.

Se le mani che si sono strette alla sua t-shirt e lo hanno attirato a sé. O le labbra che si sono scaraventate con irruenza contro le sue. O le lacrime di Oikawa che gli bagnavano le guance fino ad arrivare lì dove le loro bocche si univano.

Non è sicuro che ad un certo punto non ci fossero anche le sue, di lacrime, in tutto quel miscuglio. Ma non è più sicuro di molte cose ormai. Era sicuro, sicuro, che una cosa del genere potesse accadere solo nelle sue fantasie ed invece…

 

« Dillo ancora » è già la quarta volta nel giro di pochi minuti che Oikawa glielo chiede.

« Ti amo » ripete. È liberatorio, dopo tanti mesi passati a tentare di nasconderlo perfino a se stesso, ogni volta che pronuncia quelle due semplici parole gli sembra quasi di togliersi un macigno di dosso. È come tornare a respirare dopo tanto tempo che era rimasto in apnea.

Oikawa scoppia a piangere — di nuovo — e lo bacia — di nuovo.

« Di nuovo » gli chiede un'altra volta, subito dopo, staccandosi appena da lui, le labbra che si muovono praticamente sulle sue, il fiato caldo che s'infrange sulla sua pelle ad ogni respiro.

Hanno entrambi il volto rigato dalle lacrime, ma nessuno dei due sembra aver intenzione di farci qualcosa. Oikawa ha ancora le mani strette sulla sua maglietta, mentre quelle di Hajime lo stringono a sé, quasi avesse paura che potesse dissolversi se solo allentasse la presa, come se si potesse ritrovare improvvisamente di nuovo sull’aereo e scoprire che è stato tutto un meraviglioso, bellissimo sogno da cui avrebbe preferito non svegliarsi.

Questo, però, non è un sogno.

In nessun sogno il cuore gli è mai sembrato potergli esplodere nel petto. In nessun sogno l’odore di Oikawa è mai stato così vivo, quasi tangibile. Nei suoi sogni è sempre stato sfumato, come ormai lo era diventato nella sua memoria; Hajime sapeva che doveva essere lì, ma non riusciva mai ad afferrarlo. Ora invece è talmente denso e corposo che sembra quasi di avere un’arancia matura tra le proprie mani, come se potesse addentarla e mangiarla e diamine! quanto vorrebbe mangiarla.

« Ti amo » ripete.

« Quante volte pensi di ripeterlo ancora? » gli chiede stavolta Oikawa. I suoi occhi sono ancora umidi, ma dalle sue labbra fuoriesce una risata. Hajime lo bacia ed è come baciare l’arcobaleno.

«Tutte le volte che mi chiederai di farlo » altre dieci, cento, mille volte. All’infinito.

« Non pensi che ti stancherai prima o poi? »

« Forse » no. Se Oikawa lo baciasse per ogni volta che gli dice ti amo, Hajime è sicuro che non si stancherebbe mai di ripeterglielo.

 

Rimangono fermi nella stessa posizione per un po’, stretti sull’uscio di casa alle cinque del mattino, il sole che comincia a sorgere alle loro spalle, finché Oikawa non si allontana leggermente da lui e si asciuga gli occhi e la faccia alla meglio con la manica della felpa.

« Vieni dentro? »

Hajime non se lo fa ripetere due volte.

 

C’è qualcosa di stranamente familiare in un appartamento in cui non è mai entrato, nel sedersi davanti l’isola di una cucina in cui non è mai stato mentre Oikawa prepara una colazione che non ha mai assaggiato.

Tra queste quattro mura sconosciute, con l’odore di Oikawa che permea ogni anfratto della stanza e la sua voce in sottofondo che lo culla, è tutto così inconfondibilmente di Oikawa che Hajime non può che sentirsi a casa: c’è un giacchetto abbandonato su un bracciolo del divano in soggiorno, un pallone — rigorosamente Mikasa perché Oikawa preferisce allenarsi con lo stesso tipo che usano durante le partite ufficiali — vicino all’ingresso, una divisa appesa sulla porta di quella che immagina sia la sua camera da letto. Non può fare a meno di sorridere quando vede le foto che Oikawa tiene esposte nella libreria: ce n’è una di loro due quando erano piccoli, Hajime che ride a bocca aperta, i due incisivi centrali mancanti; un’altra è del giorno in cui Oikawa è stato premiato miglior palleggiatore alle scuole medie, un’altra ancora ritrae la loro squadra delle superiori arrivata seconda ai nazionali.

 

Il suo sorriso scompare quando si posa sull’ultima foto.

 

« Che succede? » non si stupisce quando Oikawa se ne accorge immediatamente, nonostante sia ai fornelli e gli stia dando le spalle — Hajime a volte si chiede se non abbia gli occhi anche dietro la testa, ma forse è solo il suo odore che è cambiato.

Si era dimenticato di quel piccolo — enorme — particolare. Il motivo per cui la loro discussione è iniziata. Il motivo per cui— « Non possiamo stare insieme »

Forse anche Hajime ha un paio di occhi dietro la testa, perché il suo sguardo è ancora concentrato su quella dannatissima foto ma sente chiaramente Oikawa irrigidirsi dietro di sé prima di voltarsi verso di lui. « Che vorresti dire? » l’irritazione è palpabile nella sua voce, esattamente come quando hanno discusso l’ultima volta. Quella volta Hajime però era furibondo e non ha reagito nel migliore dei modi, stavolta… non sa neanche lui esattamente come si sente al momento.

« Non possiamo stare insieme se stai già con qualcun altro, no? » diavolo! Ha appena baciato una persona impegnata… più volte. E lo farebbe ancora se non fosse per quello lì. Oikawa ha appena tradito il suo partner con lui? Quanto è caduto in basso Hajime?

« Di che cosa stai parlando?! »

« Di quello lì » gli indica la foto in questione, come se non ci fossero anche altre dieci persone con lui e l'altro. È una foto della sua attuale squadra, il braccio dell’altro alpha attorno alle sue spalle. Cosa c’è più palese di così? « Perché non me l’hai detto? Ho dovuto scoprirlo da Kunimi » per la seconda volta, vorrebbe aggiungere.

Vede gli occhi di Oikawa rimbalzare tra lui e la foto, come se non riuscisse a credere a quello che sta succedendo. « Intendi Miguel? » Sì? No? Forse? Che ne sa Hajime come si chiama? Perché, c’è qualcun altro?

Oikawa scoppia a ridere — ridere! — e Hajime è sicuro che se uno sguardo potesse uccidere, il suo in questo momento sarebbe capace di farlo. Non gl’importa che abbia appena ammesso di amarlo, cosa diavolo c’è da ridere?

« Non stiamo insieme! »

Cosa?

« Cosa? » Non è possibile. Hajime ha visto la foto in cui Miguel ha taggato Oikawa qualche settimana prima. Erano solo loro due, in un pub, di sera. Oikawa aveva il volto rosso. E la descrizione… Hajime non conosce una parola di spagnolo e il traduttore aveva fatto un pessimo lavoro ma l’unica parola chiara era pulcino. Pulcino. Chi diavolo usa un soprannome del genere?! « Ma la foto su Instagram… »

« Di quale foto stai parlando? »

Nel volto di Oikawa passano diverse emozioni una dietro l'altra nel giro di pochi istanti, il suo odore cambia così repentinamente che ad Hajime vengono quasi le vertigini: confusione, sorpresa… i suoi occhi si illuminano di consapevolezza quando finalmente sembra capire di cosa stia parlando. Arrossisce. Arrossisce.

Non crede di averlo mai visto arrossire in vita sua e si conoscono da anni. Che razza di reazione è se come dice lui non stanno insieme?

« Intendi… quella foto? » non è che sia molto d’aiuto una domanda del genere, ma stanno parlando della stessa foto, no? A meno che non ce ne siano altre ancora peggiori… Ce ne sono? Non ha controllato ma forse è meglio così. « Miguel è un alpha » inizia a spiegargli esitante, come se Hajime non l’avesse già capito. Il tizio in questione — Miguel — sprizza “alpha” da ogni muscolo che ha in corpo. Ha visto alcune delle loro partite, è dura ammetterlo ma è incredibilmente bravo. Un asso in tutto e per tutto. « E sta con un altro alpha »

« Eh? »

« Ho detto che è sposato con un altro alpha! »

« Ho capito! Ma… perché ti ha definito il suo pulcino se sta con un altro? »

« Che— Non— Lui non— Aspetta!» afferra il proprio telefono da sopra il tavolo e lo vede picchiettare furiosamente sullo schermo mentre lo sente imprecare qualcosa in spagnolo contro Miguel, fino a quando non gira il telefono verso di lui e… c’è la dannatissima foto in questione. « Intendi questa? » gli chiede, ma Hajime ha appena il tempo di annuire prima che Oikawa legga ad alta voce la descrizione, in spagnolo. Come se potesse capire una sola parola di cosa sta dicendo. « Intendevi questo? Perché quello che c’è scritto qui è “Il pulcino sta crescendo”! »

« Che diavolo vorrebbe dire?! » chi diavolo tagga un proprio compagno di squadra e scrive una cosa del genere?

Oikawa reagisce facendo di nuovo quell’espressione, la stessa che aveva nella foto che adesso è nuovamente davanti ai loro occhi. La stessa di quando poco prima ha capito di cosa Hajime stesse parlando. Ha il volto rosso come una fragola matura ed il suo odore è dolciastro, non ha mai avuto un odore simile.

« Ti ricordi cosa ci ha detto l’infermiere della scuola quando sei andato in calore? »

« Che diavolo c’entra questo adesso? »

« Te lo ricordi? »

« Sì! » vagamente, ma se lo ricorda.

« Ha detto che due alpha non possono stare insieme… e quando gli ho detto che ti avrei riaccompagnato a casa… ci ha guardati in quel modo »

Hajime non ci ha pensato molto lì per lì, ma ricorda chiaramente che l'infermiera li aveva guardati con un'espressione molto simile al disgusto. Tuttavia, in quel momento, i suoi pensieri erano tutti rivolti ad altre cose, agli ormoni impazziti e alla notizia della partenza di Oikawa per l'Argentina. Non gli importava dello sguardo che l'infermiera aveva rivolto loro, e non pensava che Oikawa potesse dargli importanza.

« E… non è solo quello. Ci hanno sempre detto che ci dovevamo trovare un omega, no? » anche quello è vero. Quando erano piccoli, i loro genitori, parenti e conoscenti gli hanno sempre detto che quando sarebbero stati grandi e diventati alpha sarebbero stati dei perfetti compagni per le loro omega. E si ricorda anche di quando erano all’asilo o alle elementari, bastava che un’omega facesse un gesto carino nei suoi confronti che tutti pensavano fosse diventata improvvisamente la sua fidanzatina. Ma le omega non l’hanno mai interessato, e a dir la verità neanche gli omega maschi. Gli unici per cui ha mai avuto una qualche cotta adolescenziale erano attori o atleti che ha visto in televisione. Ed erano tutti alpha. Ha sempre saputo di essere attratto da altri alpha – principalmente, se non esclusivamente, uomini – e non ci ha mai visto nulla di male.

« Anche quando sei andato in calore » continua a raccontargli Oikawa mentre si avvicina alla libreria e prende tra le mani la loro foto con il resto del Seijoh « i nostri compagni di classe si chiedevano se avresti chiamato un omega. Alcune nostre compagne di classe si sono anche chieste se era il caso di proporsi » di questo non ne sapeva niente, ma d’altronde ha passato quei giorni in assoluta agonia, invocando a vuoto il nome di Toru. Ricorda che gli sono arrivati dei messaggi e anche delle telefonate, ma non ne ha preso in considerazione neanche una. Non aveva idea che qualcuna delle loro compagne di classe voleva proporsi, non che comunque avrebbe mai accettato.

« E quando sono andato io in calore... ho provato a chiedere ad una delle ragazze che si erano proposte di passarlo con me ma... il suo odore era terribile e ho pensato “ad Hajime non piacerebbe se avessi questo odore addosso” »  lo sente ridacchiare e allo stesso tempo tirar su con il naso, come se stesse piangendo, il suo odore si inasprisce e, quando alza lo sguardo verso di lui, i suoi occhi sono nuovamente umidi. Non è come quando erano sul ciglio di casa. Mentre Hajime lo baciava, Oikawa piangeva di felicità; adesso, invece, ha il volto contratto in una smorfia di dolore.

« Poi ho capito che l’unica cosa che volevo eri tu...  tu. Tu, Hajime »

 

Si muovono nello stesso momento, e si incontrano a metà strada. Hajime lo avvolge tra le sue braccia mentre Oikawa scoppia a piangere e con lui anche Hajime stesso. Il suo compagno — non importa cosa possano dire altri, Oikawa è il suo compagno — sta soffrendo, ed è ovvio che anche Hajime soffra insieme a lui.

Non ha idea di quanto tempo passino così, prima che Oikawa torni a parlare. Ora che ha iniziato, sembra che non riesca più a trattenere tutto quello che gli ha nascosto in questi ultimi mesi.

« Quel giorno ho scoperto che Miguel era ufficialmente sposato con un altro alpha. Gli ho chiesto della loro storia, e lui mi ha invitato a bere perché non vedeva l’ora di raccontarmi di suo marito. Era felicissimo mentre mi spiegava come si erano conosciuti, messi insieme e alla fine aver deciso di sposarsi. Gli ho detto che anche io... che anche io ero innamorato di un altro alpha, ma che a casa... che... che in Giappone sembrava considerata una cosa sbagliata… che io mi sentivo sbagliato per provare quello che provavo. Abbiamo parlato un sacco e alla fine mi ha convinto a parlarne con te ma… » ma Hajime è stato un idiota. Perché quando si sono parlati al telefono, qualche giorno dopo, invece di ascoltarlo lo ha insultato « …ma tu quella sera stessa mi hai mandato quel selfie! » finisce invece Oikawa e stavolta è il turno di Hajime di rimanere sorpreso. Di quale selfie sta parlando?

« Quel selfie! » ripete Oikawa come se Hajime potesse capire, « Quello con Ushiwaka! »

 

Oh.

 

Oh!

 

Davvero?!

 

Quanto sono idioti tutti e due?

Due idiotissimi idioti.

Due idioti davvero idioti.

 

Stavolta è lui a scoppiare a ridere, non può trattenersi.

Oikawa gonfia le guance, mette su un’espressione oltraggiata, lo colpisce ad una spalla e Hajime ride ancora di più.

Non è una reazione che avrebbe immaginato alla fine di questa conversazione. Fino a due secondi prima, se qualcuno lo avesse pugnalato al petto avrebbe probabilmente sofferto meno di quanto stava soffrendo ascoltando la storia di Oikawa, ma dopo aver menzionato quel selfie... non si sono parlati per due settimane perché Oikawa se l’è presa per il suo selfie con Ushiwaka e Hajime se l’è presa per una foto che non voleva dire niente di quello che pensava? Per davvero?!

Sono davvero due idioti.

 

« Cazzo, Toru » si copre il volto con le mani, tira un sospiro di sollievo.

Alza lo sguardo e Oikawa — Toru — ha ancora la stessa espressione profondamente offesa, ma anche leggermente sorpresa per essere stato chiamato per nome. Ed il suo odore… il suo odore si fa ancora più dolce ed invitante, come se lo stesse chiamando. Hajime gli prende il volto tra le mani, gli asciuga le guance « Ti amo » la sua voce è riverente e piena d'amore.

« Ti amo anche io, Hajime » è la prima volta che Toru glielo dice. Ha chiesto ad Hajime di ripeterglielo almeno cinque volte, ma lui non gliel’aveva ancora detto neanche una volta fino ad ora. E Hajime… Hajime si sente pervadere da una felicità sconfinata. Ora capisce perché gli ha chiesto di ripeterglielo ancora ed ancora, lui vorrebbe ascoltare Toru ripeterglielo per il resto della loro vita.

« Ti amo » gli ripete, prima che Toru gli risponda con le stesse identiche parole.

Il cuore sembra potergli uscire dal petto dalla felicità, mettere le ali e svolazzare intorno a Toru — non via, perché non potrebbe mai allontanarsi da lui.

 

Si baciano ancora e Hajime scopre nuovi sapori sulle labbra di Toru.

Il sapore del Ti amo che gli sussurra nuovamente poco dopo, di un Hajime pronunciato con un bisogno così impellente che non può far altro che stringerlo ancora più a sé, più forte, per cancellare ogni distanza che li separa. Scopre il gusto di poter finalmente e liberamente dire sei mio e sono tuo, perché è questo che sono. Scopre il gusto di parole non dette, come compagni, famiglia e casa.

 

Più tardi, quando la fame inizia a farsi sentire e si ricordano della colazione lasciata sui fornelli, si mettono a tavola e mangiano insieme. Fanno un selfie e Toru lo pubblica sul proprio profilo con sotto la dicitura “Sapevo di essere irresistibile” e un emoticon ammiccante. Hajime lo chiama stupido, ma mette comunque un “mi piace”, salva la foto sul proprio telefono e la imposta come sfondo.

 

Toru lo bacia un’altra volta ed ecco, pensa Hajime, è questo il sapore della felicità.

  
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