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Autore: Leotie    08/09/2023    0 recensioni
Un bambino vittima di abusi. Un uomo dal passato oscuro. Riuscirà l'amore a smacchiare le due anime da ogni ferita e colpa?
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Lily Evans, Petunia Dursley, Severus Piton, Vernon Dursley | Coppie: Lily/Severus
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Il lembo orlato del mantello dell’uomo fu strascicato sulle pietre, rese scivolose dalla fitta nebbia che infradiciava le strade perpendicolari e parallele della città di Cokewort. Severus non si preoccupò di stringerlo a sé mentre sentiva l’umidità penetrargli le ossa stanche.

Con un passetto, salì il marciapiede, facendo attenzione a non mettere i piedi in fallo, e fissò la tenda bianca, appesa alla finestra più vicina, illuminata dalla vecchia lampada d’interno. Probabilmente, avrebbe trovato Lily addormentata sul logoro divano, con le guance chiazzate da lacrime ormai asciutte e l’aspetto stravolto, un po' come lui.

Non sentiva di avere il coraggio di entrare, ma avrebbe dovuto, per il bene di entrambi. Lily era fin troppo orgogliosa, ma ne aveva già seppellito un pezzo quando aveva deciso di perdonarlo. Ora, gli toccava.

Girò il pomello di una porta mai chiusa e avanzò, quasi inciampando quando le pagine di un libro aperto incontrarono la punta di una delle sue scarpe.
Il salotto era un disastro: le librerie erano state spogliate del loro contenuto, riverso disordinatamente sul pavimento in legno. La sedia, un tempo affianco al divano, era stata ribaltata.

Si fece avanti, calpestando alcuni frammenti di vetro di un vecchio quadro che aveva sempre detestato.

Lily non era lì. Gli guizzò in capo il pensiero che potesse essere stata rapita, ma sapeva che non era così: Lily era andata via, volontariamente, scossa da quel litigio e dal pensiero, seppur falso, che Severus l’avrebbe obbligata ad abortire, dopo che avesse parlato con Silente.

E l’ex mangiamorte si sentiva uno stupido.

Senza preoccuparsi del disordine, sedette sulla poltrona e si prese la testa tra le mani.

Davvero, come si poteva essere così stupidi?! Non avrebbe dovuto urlare contro di lei in quel modo: avrebbe dovuto saperlo meglio di così, invece, aveva preferito che vincesse la rabbia e la superbia.

In quel momento sì che avrebbe bevuto una birra o due, se ne avesse avuta qualcuna nel frigo, trasformandosi nell’egual copia di suo padre, uomo, un tempo, perennemente accasciato su quel divano, ubriaco fino al midollo, che non perdeva mai colpi quando si trattava di lanciare sentenze e bestemmie e di colpire sua moglie e il piccolo Sev.

Il solo pensiero gli fece salire la bile in gola: come avrebbe potuto crescere il bambino che Lily aveva in grembo se, con il cuore ferito, avesse reputato una bevuta come un sano passatempo cicatrizzante? Forse non era pronto per fare il padre ed era stato un bene che Lily l’avesse lasciato solo quella sera.

Lanciò un’occhiata all’orologio piazzato a muro, tra due librerie. Erano le due di notte e, nonostante potesse avere facoltà di mettersi a letto e farsi una sana dormita per schiarirsi le idee, decise di rimanere sveglio, perché sapeva non avrebbe chiuso occhio.

Così, raccolse un libro, a caso, e lo aprì. Non si preoccupò di riordinare il caos che lo circondava: era il rispecchio preciso della sua anima.

L’indomani, seduto in cucina, prese un sorso di un amaro caffè, preparato sul momento alla maniera babbana. Sobbalzò quando la lingua fu spiacevolmente colpita dal liquido bollente: che fosse fato o karma, la vita lo puniva per aver straparlato il giorno prima.

Il potente picchiettio sulla porta d’ingresso lo distolse da tossici pensieri. Che Voldemort avesse scoperto del suo tradimento? Cacciò fuori la bacchetta di betulla e, silenziosamente, si avvicinò al vano. Roteò lo spioncino e sbirciò all’esterno.

Lupin.

Invece di tirare un sospiro di sollievo, contrasse un muscolo della mandibola. Cosa diavolo ci faceva il lupo alla sua porta?

Il cuore cominciò a battergli all’impazzata, quasi tachicardico. Strinse il pomello con mano tremante, lo roteò e aprì senza troppe cerimonie la porta, ritrovando Remus Lupin a un solo metro di distanza.

- Lupin. Qual dispiacere! – esclamò, osservando attentamente l’uomo di fronte. Aveva un aspetto terribile, probabilmente dettato dalla prossima luna piena.

- Cosa vuoi? – domandò Severus, alla ricerca di monotono che fu, però, sostituito da un vocalizzo rabbioso. Era pronto a sbattergli il vano in faccia: testimone ne era la mano sul bordo del pannello in legno.

- Mi fai entrare? – ribatté Remus, tentando un passo avanti, subito bloccato dall’ex mangiamorte.

- No. Non ti lascerò entrare in casa mia. –

Sillabò ogni parola per sottolinearne il valore intrinseco.

- Peccato che Silen- -

Una mano dalle dita lunghe fu piazzata bruscamente sulla bocca di Lupin, mentre un’altra lo tirava all’interno della casa per mezzo della collottola della camicia spiegazzata. Severus chiuse la porta e girò il chiavistello, chiudendola a estranei.

Scaraventò il licantropo contro una libreria, dal momento che non aveva alcuno spazio libero sul muro, e gli ficcò la punta della bacchetta contro la gola.

- Cosa è successo nel luglio tra il nostro quinto e sesto anno a Hogwarts? –

- Sirius ti ha fatto quasi uccidere da me e James ti ha salvato la vita – pronunciò Remus, con voce strozzata.

Fu rilasciato all’istante. L’ex mangiamorte si allontanò di due metri dal suo ospite e lo scrutò con occhi di falco, senza dire una parola.

- Non c’era bisogno di soffocarmi –

Remus massaggiò la gola con un cipiglio d’irritazione diffuso.

- Sette anni! Sette anni di istruzione e ti comporti ancora come uno scolaretto del primo anno? –

- Rimango della mia idea. –

- Ah, sì, dimenticavo che, invece che studiare, passavi le tue serate con quelle altre bestie da soma –

- Non ti permettere, Severus! -

- Non chiamarmi Severus! –

Il “lupo” alzò le mani in segno di resa.

- Non c’è bisogno di scaldarsi così tanto, Piton! Come vedi, è già fatto! –

- Cosa vuole Silente? – domandò il mago dai capelli corvini, cambiando argomento.

- Riunione dell’Ordine. Mi ha chiesto di passarti a prendere –

- Non muoverti – gli ordinò, prima di recarsi in camera da letto e darsi una aggiustatina veloce. Non avrebbe voluto lasciare il licantropo solo, soprattutto perché casa sua era tendenzialmente a rischio con siffatto “animale” all’interno, ma dovette concedergli fiducia.

Pettinò i capelli neri, ma non si preoccupò di legarli, nonostante fossero d’aspetto unto, dovuto ai suffumigi dei calderoni con pozioni in ebollizione su cui stava lavorando nell’ultimo periodo. Sciacquò il volto, nel tentativo di cacciar via ogni traccia di stanchezza, inutilmente; poi, raggiunse Lupin, il quale, con gran sorpresa di Severus, era rimasto al suo posto e aveva speso il suo tempo a rimirare l’angusto salotto.

Alzò lo sguardo quando udì le scale scricchiolare sotto i passi del maestro di pozioni e si schiarì la voce, pronto a dire qualcosa che non sapeva se avesse fatto piacere o meno al suo acido interlocutore.

- Prima di zittirmi comple- -

- Dillo e basta, Lupin! –

- Vorrei… ecco… scusarmi –

Piton alzò un sopracciglio.

- Sono stato uno stupido durante i miei anni a Hogwarts. Ho sempre saputo quanto fosse sbagliato prendersela con i più deboli e- -

- Se non fosse per la riunione – lo interruppe l’ex mangiamorte, - ti avrei cacciato da questa casa all’istante! Risparmia le scuse.

- Severus… -

Remus cercò la strada dell’intraprendenza, ma l’altro mago non glielo permise.

- Non ne ho bisogno, soprattutto non da una pecora come te! – sbottò, guidato del desiderio di ferirlo.

- No, Piton! Questa volta non starò zitto come ho fatto per tutti questi anni. E le tue offese non mi faranno cambiare idea! –

Severus sospirò irritato.

- Ebbene? – esclamò.

- Ho avuto modo di riflettere sul mio comportamento durante gli anni passati: nonostante sapessi cosa si provi a esser presi costantemente di mira da bulletti gradassi, non ho mai avuto il coraggio di ribellarmi a James e Sirius, oppresso dalla paura di esser escluso da primi amici della mia vita –

- Questo non giustifica il tuo comportamento. –

- No, non lo giustifica, ne sono consapevole. Comunque, per quanto terribile, è un tentativo di scuse –

- Ovviamente –

- E – si ritrovò ad aggiungere velocemente Remus – non mi aspetto, né chiedo il tuo perdono. Solo… accettale, okay? –

L’ex mangiamorte rimase impassibile: non pronunciò una sillaba, non sorrise, non si arrabbiò, non annuì. Niente di niente. E per il licantropo era alquanto preoccupante.

- …stai bene? – gli domandò, dopo un bel po' di tempo in cui l’uomo continuava a fissarlo.

- Dopo questa enorme perdita di tempo, possiamo andare? –

Remus avrebbe voluto sferrargli un pugno in faccia.

- Serve il caminetto – si limitò a dirgli, mentre serrava i denti dal nervoso.

Severus puntò prontamente la bacchetta verso il mezzo di trasporto e vi lanciò un rapido Incendio. Le fiamme divamparono.

- Il nome del luogo? –

- Salotto di Cottage Potter –

- Ah, Cottage Potter, il paradiso dei dilettanti e degli intrusi, a quanto pare. Non c'è davvero luogo migliore dove il mio umore possa essere
ulteriormente compromesso – farfugliò, sarcasticamente, con aria funerea.

- Se non ti dispiace, vado io per primo –

- Abbi pure l’onore! –

Severus si scostò e il licantropo, gettata una manciata di polvere volante nel focolare, vi entrò e scandì la destinazione. Sparì in un millisecondo. Il maestro di pozioni lo seguì nel giro di un minuto.
 
   
 
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