Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Ainely    11/09/2023    0 recensioni
"Hong Kong, piena di luci, traffico e gente di tutto il mondo. Una città che non dorme mai, non ché il posto ideale per chiunque abbia abbastanza soldi nel proprio conto in banca da non dover chiedere mai nulla. Il posto ideale per chi deve andare il più lontano possibile."
Intrighi, sensualità, mistero e sangue si celano in questa città ma l'arrivo di un vampiro e della sua valigetta potranno cambiare le sorti del mondo di Tenebra tanto è prezioso il suo contenuto.
Genere: Dark, Erotico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Bondage, Gender Bender, Incompiuta
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Senza sapore

Eddie aveva avuto una vita mortale davvero per nulla semplice. Era nato negli Stati Uniti d’America in una famiglia decisamente incapace di potersi mantenere, altamente disfunzionale e disastrata al punto da sembrare la sceneggiatura di una serie tv drammatica.
Sua madre aveva partorito quattro figli, tutti da padri diversi, tutti uomini violenti, abusivi e delinquenti. Ma che poteva farci lei? Si innamorava troppo velocemente e in modo eccessivamente puerile e finiva per pagarne tutte le conseguenze. Eddie era stato il “primo incidente” e aveva visto il degradarsi della sua vita e della sua famiglia in modo inesorabile, incapace di poter trovare un modo per fuggire.
Non aveva mai avuto granché interesse nella scuola o nello studio, voleva semplicemente trovare un lavoro ed un modo per andarsene da quella casa, portare via con sé i suoi fratelli e ricominciare tutto.

Ovviamente nulla era andato come si era immaginato.
Aveva lasciato la scuola a quindici anni per cercarsi un lavoro ma era caduto nella trappola dello spaccio di New York, così si ritrovava a far girare soldi e bustine nei peggio quartieri, tra una scazzottata e l’altra, tra notti passate in cella e costanti visite ai riformatori o ai lavori socialmente utili per “raddrizzarlo”. Poi venne un periodo della sua vita in cui aveva provato davvero a rimettersi sulla giusta via. Si era innamorato.
Aveva perso la testa per una ragazza che sembrava così fuori dalla sua portata, ma voleva dimostrarle che poteva valere qualcosa e perciò riuscì a trovarsi un lavoretto in un minuscolo ristorante dove lavava piatti su piatti fino alle tre di notte. In quel periodo era stanco ma felice, poteva esserci speranza anche per lui, si diceva. Ed era anche riuscito a uscire con Janila, così si chiamava il suo bellissimo amore. Una serata davvero indimenticabile, poi però le cose erano precipitate così velocemente che nemmeno aveva avuto il tempo di capire che gli era caduto il mondo addosso.
Suo fratello, Johnny, era stato ucciso. Due colpi alla testa. Un'esecuzione in piena regola.
La madre era uscita di senno alla morte del figlio, tutto già andava a rotoli e in quel momento era diventato anche peggio, Eddie si era visto costretto a farsi carico di ogni cosa e specialmente sentiva il peso di farsi giustizia ogni giorno che passava.
Sapeva che il fratellino, appena diciassettenne, era entrato in un brutto giro, sapeva perfettamente come funzionavano certe cose e soprattutto quali fossero le regole di quel mondo. Doveva assolutamente trovare il bastardo che aveva premuto il grilletto e doveva ucciderlo. Cominciò a non darsi pace, si dimenticò perfino di Janila e del suo lavoro, tanto era preso da quella sete di vendetta e ritornò ancora una volta su quel sentiero oscuro, alla ricerca di tutto quello che fosse necessario per portare a termine quel suo desiderio smanioso, condito da abbondante alcol e droga che lo avevano estraniato dalla realtà.
Una notte si ritrovò nella cantina puzzolente di un uomo che gli era stato detto che avrebbe potuto aiutarlo col giusto compenso o con il giusto “favore”.

Il luogo dell’appuntamento era fatiscente, assolutamente eccentrico con tutti gli oggetti più scombinati e disparati che si poteva accattare in giro per la città o nelle discariche abusive. Tra neon sfarfallanti, segnali stradali e vecchi mobili, Eddie trovò l’uomo che si faceva chiamare Crazy Junk. Questo assurdo tizio era alto, magro fino all’inverosimile, con una folta chioma di capelli neri tutti crespi e spettinati e un paio di occhi color ghiaccio che trapassavano l’anima. L’aria dello scantinato puzzava di muffa e di qualche topo morto ma Eddie non aveva assolutamente capito che quella fosse la tana di un mostro, l’istinto gli diceva che quel tizio era pericoloso, certo, ma era ciò che gli serviva per la sua causa.

Quella notte parlò a lungo con Crazy Junk, gli raccontò la sua storia, gli raccontò chi fosse veramente e soprattutto parlò del fratello ucciso e della sua vendetta, lo aveva quasi supplicato di aiutarlo in qualche modo, che tutti gli avevano detto che poteva farlo.

Quel tipo assurdo sembrò essere divertito e piacevolmente coinvolto dalla storia di Eddie e volle veramente essergli d’aiuto. Non gli avrebbe dato armi e non gli avrebbe chiesto soldi per fare il lavoro, gli aveva semplicemente chiesto di dargli la sua amicizia e qualche oggettino da aggiungere alla sua collezione nello scantinato.

Il piano venne presto delineato e stabilito: entro la fine della settimana si sarebbero presentati ad uno dei punti di incontro della gang che aveva giustiziato il fratello di Eddie e li avrebbero fatti ballare come topi sui carboni ardenti. Avrebbe dovuto fidarsi del buon vecchio Crazy Junk.
Quella notte arrivò e fu davvero un macello, così lo avrebbe descritto Eddie se mai qualcuno glielo avesse mai chiesto. Crazy Junk si era guadagnato quel soprannome non a caso e quella notte ne fu la dimostrazione: non aveva idea di come ci fosse riuscito ma tutti quei figli di puttana parevano avere delle allucinazioni talmente forti da cominciare a spararsi o accoltellarsi a vicenda mentre Crazy Junk si divertiva come un cattivo dei film a vederli uccidersi tra loro per mettersi poi a ballare come un pazzo in mezzo a quel putiferio.

Il problema? Uno dei colpi aveva colpito il buon vecchio Eddie alla bocca dello stomaco. Se ne era accorto in ritardo da quanta adrenalina aveva in corpo e quando cadde sulle ginocchia riuscì solamente a gorgogliare qualcosa a Crazy.

Sorprendentemente riaprì gli occhi e si accorse di non essere all’inferno, bensì nel puzzolente scantinato dell’amico. C’era qualcosa di diverso, si sentiva decisamente diverso e soprattutto affamato. Vedeva tutti quei cartelli prendere forme diverse, le luci cambiare e assumere profili terrificanti, ma ciò che lo spaventò da morire era che non si sentiva più vivo.

Cominciò a ridere, come se tutto fosse semplicemente uno scherzo, una barzelletta e finalmente aprì gli occhi: era il protagonista di una sitcom anni ‘90 dove tutto si risolve con le risate finte di un pubblico inesistente.

Arrivò però il momento della verità e scoprì che Crazy Junk lo aveva trasformato in qualcosa come “lui”, fu davvero ridicolo riuscire a capire che cosa fosse successo e che cosa fosse diventato, ma alla fine il copione recitava quello e lo show doveva andare avanti.
Sarebbe dovuto sparire, avrebbe dovuto lasciare la città, lo stato, andare da qualsiasi altra parte perchè gli sbirri sicuramente sarebbero riusciti a risalire a lui e poi be’, aveva ricevuto il Dono senza consenso del Principe e… sì, poteva essere un problema per entrambi, ma almeno ora poteva realizzare qualsiasi sua più grande ambizione o perversione nei secoli dei secoli!
Quella stessa notte rubò il portafoglio a un turista e partì con il primo volo su cui posò gli occhi e si ritrovò assurdamente ad Hong Kong, senza un soldo, senza un contatto, senza sapere praticamente che razza di creatura era diventato. Era da solo, insieme alle sue voci nella testa che continuavano a commentare la sua vita da serie tv scadente.

 

Quando riaprì gli occhi la luce era tornata, certo il neon scadente appeso era quasi del tutto staccato dalla sua sede e penzolava cigolante mentre tutto il resto sembrava tornare alla normalità.
Quando tutto era diventato buio e soprattutto quando aveva capito che lì le cose si sarebbero fatte pericolose, aveva avuto l’idea di nascondersi dietro a qualche cassa di merce contraffatta e restare lì, con le mani ben attaccate alla testa in attesa che quel “fade out” finisse.

Vicino ai suoi piedi c’era una mano mozzata e poco più in là uno degli scagnozzi del cinese grasso con la testa aperta a metà da un colpo di pistola sparato da troppo vicino. Gli altri corpi erano stesi a terra, in pozze di sangue, avvolti nelle loro stesse viscere e alcuni fatti a pezzi con fratture e deformità impossibili da spiegare.

Solamente tre figure erano in piedi a qualche metro da lui. Il ragazzo, il donnone incipriato e uno dei mafiosi che stavano giocando a carte. Sembrava di sentire qualcosa gorgogliare, riuscì a capire che qualcuno si stava bellamente ingozzando di sangue e rise di gusto, in modo stridulo e quasi isterico mentre vedeva il giovane dai capelli ramati sciogliere dal suo abbraccio quello che restava dell’ultimo superstite.

Non una goccia aveva sprecato di quel pasto. Eddie applaudì battendosi poi la mano sul ginocchio come se avesse assistito ad uno spettacolo di un talent show e sporgendosi un poco in avanti guardò l’altro vampiro sistemandosi degli occhiali invisibili sul naso.

 

- Eh già, non sono tipi molto ospitali, i cinesi. Hanno davvero dei pessimi modi per fare affari, fratello. Già già.-

 

Nel frattempo Vida sembrava piuttosto stizzita nell’essersi sporcata le paiette che indossava e soprattutto il suo rossetto si era sbavato sicuramente a causa di qualche cazzotto o di qualche colpo ricevuto durante quella “scaramuccia”. Ma la sua attenzione andò immediatamente al Domitor, si domandava che intenzioni avesse con quel vampiro. Era comunque ancora in allerta, a quel giro Aalim aveva decisamente dato spettacolo, quasi sicuramente perchè si annoiava oltre ogni modo abituato com’era a soddisfare i suoi desideri sadici. Tuttavia si sorprese della sua reazione.

Aalim si sistemò gli abiti e si pettinò i capelli con le dita della mano sinistra togliendosi delle ciocche ribelli dal viso. 

 

-Non credo che ora saranno più un problema.- gli disse -La vecchiaia mi ha reso piuttosto suscettibile e soprattutto impaziente. Tu lavoravi per loro, dico bene? Ascolta bene ciò che sto per dirti: sicuramente ci sono altri uomini a servizio di questo maiale, so che si allarmeranno e che vorranno cercarmi. Va benissimo. Ma voglio che tu, caro Fratello, dica che cosa è successo qui stasera. Racconta in che modo sono stati fatti a pezzi e che anche a loro spetterà forse un trattamento peggiore se avranno le palle di mettermi i bastoni tra le ruote. Perciò… forse conviene lavorare per me. Il molo è mio adesso, le regole cambieranno da ora in poi. Non voglio spaccio ai bambini o tanto meno che ci sia prostituzione minorile sotto il mio controllo.- Aalim fece una breve pausa commentando con voce innocente -Sono una persona di sani principi, io.-

 

Eddie rimase quasi estasiato, rapito da quel ragazzo che pareva dimostrare non più di una ventina di anni ma che pareva aver vissuto molti più anni e soprattutto di un certo “charme retrò” dei bei vecchi tempi dei film sui gangster degli anni ‘20.

Si mise sull’attenti con la mano sulla fronte e battendo il tacco della scarpa da ginnastica consumata e sporca rise fragorosamente.

 

-Agli ordini, boss. Si vede che ti sei scelto un galantuomo, dolcezza!- aggiunse guardando Vida con aria ammiccante -Non ci vorrà molto per far girare la voce in città. Io però ve lo dico: sicuramente ci saranno problemi. Eddie non è tipo per questi guai, eh! Eddie è un tipo alla mano, simpatico, veloce e soprattutto non di certo capace di spegnere le luci come hai fatto tu, boss.-

 

Aalim sorrise in modo stranamente divertito e soprattutto in modo spontaneo, Eddie era eccentrico, ma abbastanza gli sarebbe tornato utile qualcuno che conosceva la città e che potesse essere un gradino sopra alla semplice marmaglia di sacche di sangue e carne della città.

Gli si avvicinò e gli porse la mano come segno di amicizia, come per stringere o concludere un patto.

 

-Applicherò in modo ottimale i tuoi talenti, Eddie. Puoi giurarci. Ora lascia così questo posto, prendi le tue cose, se ne hai, dobbiamo andarcene. Torneremo domani.-

 

Senza farselo ripetere una seconda volta, il Malkavian statunitense ricambiò la stretta di Aalim e sorrise a trentadue denti. Non aveva niente con sè, Eddie aveva solo Eddie. Però si piegò verso il grasso boss cinese, che era steso a terra riverso su un fianco, con la canottiera sudata macchiata di sudore e sangue, il grasso che strabordava e pendeva da un lato. Gli osservò il volto schiacciato e tumefatto per poi prendergli dalla tasca dei pantaloni un portachiavi assolutamente inutile, un laser a pallino rosso. Se lo rigirò tra le mani e puntò la lucina in giro per la stanza fingendo di avere in mano una pistola, con tanto di effetto sonoro riuscito anche un po’ male.

Si rimise in piedi e con aria da cowboy infilò il portachiavi in tasca e offrì il braccio a Vida che, esasperata, accettò quella carineria alzando gli occhi al cielo per poi farsi accompagnare verso il corridoio di lamiera che portava verso l’unica uscita che avessero potuto vedere.

Una volta arrivata all’uscio si voltò indietro per esortare Aalim a seguirli.

 

-Lim, caro… Dobbiamo andare.-

 

Aalim era ancora in piedi accanto al cinese da cui si era nutrito e lo stava fissando mentre già aveva perso il colorito della vita. Ne osservò gli occhi vitrei con le pupille che ormai erano dilatate in una muta espressione di odio, sorpresa e consapevolezza. Stringeva ancora in mano la mela che stava mangiando. Era stato lento, troppo.

Il vampiro la raccolse e la soppesò in una mano prima di darne un morso senza però riuscire a sentirne il succo dolciastro o la croccantezza della buccia.

Notò solamente in quel momento che la sua bella camicia era stata rovinata da tre fori di proiettile, sfiorò la stoffa strappata sulla spalla destra, al fianco e poi all’altezza del cuore. Il suo volto si deformò di rabbia e scagliando con forza la mela spaccò il vetro del vecchio televisore.

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-Ti sei bevuto il cervello, Sean?!- imprecò Lin Guo mentre batteva con forza un bicchiere di cristallo sul bancone del bar. Guardò con aria furiosa il giovane scuotendo la testa stizzita. Non le andava proprio a genio tutta quella situazione e pareva non capire cosa ci vedesse Sean in quello straniero che doveva entrare in affare con Cho Yun. -Ti rendi conto di quello che dici, sì?! Dio mio, sei veramente un… un…-

 

D’altro canto Sean non aveva battuto ciglio, continuava pazientemente a gustarsi il suo drink facendo tintinnare il ghiaccio nel bicchiere mentre si scioglieva per il calore della sua mano. Sospirò alla reazione oltremodo esagerata della Brujah ma dopotutto doveva aspettarselo, quella Lin Guo era un tipo decisamente troppo sanguigno per i suoi gusti.

Fortuna che erano soli nell’elegante appartamento che Cho Yun teneva esclusivamente per incontri d’affari o per riunioni importanti e al momento erano praticamente alloggiati lì.
Le ultime settimane erano state decisamente movimentate e quel nuovo vampiro in città si era dato molto da fare per farsi notare dalle persone giuste.
Avevano saputo del molo sud, di quello che era successo e quello era palesemente il segnale di quanto era stato discusso nella notte in cui si erano incontrati proprio lì, in quella bellissima stanza con una vetrata che mostrava l’intero suggestivo panorama della città.
 

-Non scaldarti troppo, Lin… So perfettamente che la tua preoccupazione e la tua ansia sia dovuta al fatto che nessuno di noi conosce quel gruppo nuovo in città. Da quel che ho capito sono in quattro in tutto. Tieni, guarda.- le porse una sorta di cartella contenente dei documenti e la esortò con un cenno del capo ad aprirla e leggerne il contenuto. -Tutto quello che ho trovato in questi quindici giorni. Direi un potpourri affascinante.-

 

La donna si portò i capelli neri e lisci dietro le spalle e sbuffò piuttosto che dare ragione al Ghoul, tuttavia la curiosità divenne forte quando vide quel fascicolo, forse avrebbe dovuto dare un’occhiata per chiarire i pensieri e avere idea di che cosa aspettarsi da quei bianchi che nel giro di pochi giorni avevano portato letteralmente un gran casino in città.

Il primo plico di fogli pinzati da una spillatrice portava il nome di “Peter Junior Langdon”, in allegato copia dei suoi documenti, foto segnaletica, e tutti i verbali mai ricevuti in tutta la sua vita con quel nome. Un elenco piuttosto corto ma che delineava perfettamente chi fosse. Doveva essere il vecchio compagno di briganteria del vampiro anziano. Aveva esperienza in rapine, risse e aggressioni. La sua lettura venne interrotta da Sean che le indicò la foto di Peter.

 

-Angry. Lo chiamano così a quanto pare. Non mi meraviglio visto l’elenco di denunce. Deve essere il cane da guardia, quello addestrato a dovere. Non so quanto ti convenga stuzzicarlo. L’ho intravisto, sai? Grosso, sì, ma passa inosservato tutto sommato. Quelli che vedi sono ovviamente documenti falsi, molto ben fatti a mio parere. Poi lì, ecco sì, c’è l’altro Ghoul. George Brown, quando è uscito di prigione nei tardi anni ‘80 ha cambiato nome. Lui sì che è interessante. Finito in galera per spaccio di eroina, ricettazione di merce rubata e, guarda un po’, stampa di documenti falsi. E così ha anche un ricettatore, spiega come sono spariti ovunque e come siano riusciti ad arrivare qui senza problemi. Ha un piccolo appartamento in periferia di Londra, un monolocale da quattro soldi che gli ha lasciato la madre quando è andata in una struttura per anziani. Lavorava in un club come cabarettista in Drag, se te lo chiedi… di talento ma con scarso successo.- Lin guardò Sean come per dirgli che non le interessavano i pettegolezzi quanto a lui e tornò a dare un’occhiata veloce alla fedina penale di questo George. Piuttosto lunga osò dirsi mentalmente mentre guardava tutti i capi d’accusa che gli erano stati dati al momento dell’arresto e dell’incarcerazione nel 1981. -Sì, uscito per buona condotta. E poi… dopo abbiamo Camille Scott, dottoressa laureata in medicina a Londra. Ovviamente non è il suo vero nome, sono riuscito solamente a trovare poco su di lei o per meglio dire… sul suo passato. Ha usato il nome di una donna deceduta durante la Seconda Guerra. Ne ha rubato l’identità probabilmente durante uno dei bombardamenti su Londra e poi ha semplicemente cambiato dati anagrafici nel corso dei decenni anche grazie agli agganci e alle capacità di George. Però è davvero laureata in medicina, ho controllato. Ha diverse proprietà a Londra, tra cui due appartamenti nella City, una villetta in campagna e due conti correnti stellari che le sono arrivati in eredità da una certa Cornelia Morgan, possiamo supporre che sia quello il suo vero nome. Per il resto, da come anche tu avrai capito, è l’infante del nostro nuovo amico, ma ha la tendenza di farsi gli affari suoi, una bambina viziata dal paparino insomma.-

 

Sean bevve un altro sorso del suo drink e fece una lieve smorfia per l’alcol, dopodiché posò il bicchiere con delicatezza mentre lasciava che Lin Guo leggesse i vari fogli contenuti nella cartella. Poi, con un’espressione soddisfatta e allo stesso tempo divertita le indicò l’ultimo pezzo di quel quadretto famigliare.

 

-Ed eccoci al punto. Il nostro misero. Si è presentata come Elisabeth Lewis, ma non è così che si chiama. Ho trovato tanti nomi, almeno quattro identità nel corso del tempo, tutte che riportano ad un vecchio palazzetto in Whitechapel Road e ad altri bene immobili sparsi in giro per Londra. Alan Davis, Patrik Cox, William Campbell, Adrej Pavlov e Aalim Sokolòv, il nome più datato tra tutti questi. Tutti nuovi proprietari o eredi degli stessi conti bancari o proprietà a partire dal 1830. Attualmente a Londra risulta come Alan Davis, come ti dicevo è proprietario di un palazzetto d’epoca nella zona ovest di Londra, poi una co-proprietà immobiliare signorile edoardiana, un docs nella curva occidentale del Tamigi, un’altra proprietà che è attualmente in affitto come nightclub e un piccolo scantinato a Limehouse. Ah, e diversi conti correnti tutti con beneficiari e cointestatari diversi. A parte queste cose, be’ è completamente un fantasma, sicuramente è riuscito a pagare le mazzette giuste alle persone giuste per continuare i suoi affari in tutta tranquillità perchè una persona così non può che avere le mani in pasta ovunque. Tuttavia… chiedendo in giro a fonti particolari, nessun nome ha dato risultati eccetto che per l’ultimo. A quanto pare è decisamente ricercato ovunque, pare che gli stia dando la caccia direttamente un Arconte di Venezia, così mi ha detto il mio contatto.-

 

A quel punto Lin Guo ringhiò chiudendo con veemenza il fascicolo, ci mancava solo un ricercato dalla Camarilla, ma doveva aspettarselo. Stava per rispondere a Sean ma lui la anticipò come se fosse stato in grado di leggerle la mente.

 

-Ed è per questo motivo che Cho Yun vuole assolutamente che resti in anonimato, cambiando identità ancora una volta e anche faccia. Non ha alcuna intenzione di ritrovarsi qui i cani della Camarilla in città, è già certo che qualcuno verrà a sapere che qui c’è qualcosa di importante che non è più sotto custodia di Londra e vuole accoglierli e affrontarli un po’ alla volta. Al momento però siamo abbastanza distanti da rompiscatole da avere quel margine di tempo necessario per sistemare tutto. Non preoccuparti, Lin. Cho non è uno sprovveduto, lo sappiamo. Trovo che questa situazione volga a nostro favore, non capisci? Reggiamo il gioco di quella farsa che dobbiamo recitare per confondere le acque ai nostri nemici, possono essere alleati molto funzionali e se Cho Yun si fida, lo faremo anche noi.-

 

-Trovo tutto questo un azzardo, Sean. Lo sai. Cho Yun si è sentito meno solo dopo aver conosciuto quello straniero, forse perchè sente di dividere con qualcun altro il peso delle sue responsabilità, ma lui lo ha ereditato mentre questo sconosciuto no. L’ha rubato! Ho un debito enorme da ripagare a Cho, non sarò certo io a dargli le spalle, mai lo farò, ma… quel Malkavian porterà solo guai.-
 

Sean le sorrise in modo gentile mentre le posava una mano sull’avambraccio stringendo appena la presa come per farle sapere in modo silenzioso che la capiva e che comprendeva perfettamente le sue paure. Non aveva mai esplicitamente chiesto cosa fosse successo affinché Lin Guo si legasse in modo a Cho Yun, ma sapeva che diversi anni prima lui le aveva salvato la vita accogliendola come fosse la sua famiglia, dandole nuovamente uno scopo e una ragione per continuare a esistere su questa terra.
Era quel senso di inadeguatezza, di riconoscenza a spingere la Brujah a tanta fedeltà nei confronti dello Tsimisce e sarebbe stato impossibile riuscire a spezzare questo vincolo.

Continuando a tenere la mano sul suo braccio, riprese in mano il drink ormai annacquato e ne finì il contenuto in un sol sorso buttando indietro la testa. Rimase con gli occhi socchiusi a guardare il soffitto fissando lo sguardo sulle piccole luci led installate sulla controsoffittatura che emanavano una luce soffusa calda.

Ricordò quanto era successo solamente due notti prima, proprio lì.
Il suo cuore cominciò a battere poco più velocemente e gli sfuggì un sospiro quasi tra l’estasi e l’agonia mentre un misto di eccitazione e vergogna lo attanagliava alla bocca dello stomaco.
Il whisky non aveva più il suo sapore, gli ricordava solamente una cosa sola.

   
 
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