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Autore: Isa_Flox_47    12/09/2023    1 recensioni
‹‹Quel blu dipinto qui attorno, fra tutti questi corpi in movimento, dà il tempo e lo spazio di ragionare sulle scene. È una pausa tra un paragrafo e un’altro di questa immensa storia che tu stai dipingendo.››
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Chi va là?! Fra le pause da cui nasce l'arte

Un viaggio immaginario nel Rinascimento


 
 

Seguo il muro di questo enorme edificio fino ad una porta di legno massiccio. Deve essere una chiesa, anche se è così grande e immenso questo posto, che da qui, non sono sicura di dove mi trovo. 

Faccio pressione sulla porta con la speranza di trovare un rifugio da questa pioggia incessante e rumorosa che improvvisamente ha preso a picchiettare su ogni cosa. Il legno scivola sulle pietre ordinate perterra, provocando poi un leggero scricchiolio mentre apro ancora quel tanto in più da permettermi di passare.

Immediatamente anche il vento vuole seguirmi da prepotente, fischiando tra gli spifferi delle pareti all’interno, e interrompe il suo sibilare quando riesco a sconfiggerlo.

Un tonfo, simile ad uno dei tuoni che imperiano tra le nubi, rimbomba tra quelle mura imponenti. Poi altri di seguito più leggeri, che rimangono sordi al pavimento. E poi un fruscio, come d’ali veloci, degli uccelli che migrano per un riflesso di paura da un trave all’altro di quel torreggiante soffitto che è il loro rifugio sicuro, ed ora anche il mio.

Al di là della soglia si estende un’ambiente che rimane nella penombra. L’aria che si respira è umida e fresca, ma pesante allo stesso tempo di un certo olezzo di vernice.

Odo come dei brontolii, e poi: ‹‹Chi va là?!›› risuona una voce profonda. 

Non rispondo subito perchè rimango un momento sbigottita dal fatto che ci sia qualcun altro, non l’avevo messo in conto. Poi mi risveglio dai pensieri e mi faccio sentire. Mi avvicino, mentre gli occhi si abituano alla poca luce che si fa più viva man mano che proseguo.

Un’impalcatura a scala svetta fino al soffitto a cupola, non credo di aver mai visto in vita mia un’arcata così alta e aperta.

L’uomo comincia a scendere, più si avvicina, più noto che qualcosa non quadra. Quando tocca a terra posso spiacevolmente constatare fra me e me che, effettivamente, quest’uomo si atteggia in posture distorte ed è incapacitato a tenere le braccia diritte. 

‹‹Prova ad affrescare un soffitto per quattro anni e poi torna a farmi visita!›› Oh, forse mi sono soffermata un po’ troppo ad osservarlo.

Magari pare un po’ burbero dalle espressioni, ma questo non gli nega di essere gentile e quasi sarcastico, ha un che di affascinante.

Si china a raccogliere dei pennelli ed altri strumenti da terra, così mi accovaccio per aiutarlo. Devono essere precipitati prima, giú dall’impalcatura a causa della ripercussione della corrente.

‹‹Non posso lamentarmi però, una pausa mi voleva.››

‹‹Benvenuta! Tra queste obbligate rappresentazioni create da uno scultore!›› Grida facendo ritornare un eco. Sorride calorosamente facendomi sentire accolta sotto questo cielo di affreschi, dai più immaginari colori e con le più grandiose raffigurazioni. 

Sopra di me ogni angolo è ricoperto da immagini, sfumature, piccoli dettagli! Qui non sembra esserci niente di non cosparso di scene epiche, passaggi secolari, storie avvincenti che provengono dalle più antiche memorie.

‹‹Come l’hai pensato tutto questo? Tutto questo racconto dipinto dovunque.›› gli chiedo rapita.

‹‹Oh beh, un’osservatrice penso. Perspicacia e curiosità.

È quasi naturale comunque, poi ci sono dei canoni da rispettare certo, ma la cosa più interessante è tutto questo spazio. Tutto questo cielo perfettamente blu intenso, che da vita alle persone raffigurate.››

È una persona molto orgogliosa e precisa posso notare, anche se prima aveva fatto intendere di non sentirsi adatto a questo tipo di compito. 

‹‹Le cose meno desiderate›› ragiono, ‹‹possono stupire la maggior parte delle volte, in bellezza.›› 

‹‹Sarà anche ragazzina, ma io sono uno scultore prima di ogni cosa.›› tiene a precisare.

È così che penso allora, di rivelare la mia passione artistica: ‹‹Ecco vedi, io suono il clarinetto.››

‹‹Interessante.››

‹‹Già, e chi mi insegna, o comunque le persone che io prendo come esempio, mi hanno sempre detto che una delle cose più importanti della musica sono le pause.

Se non ci fossero le pause non ci sarebbero neanche tutte le note, tutti i ritmi, tutte quelle cose che ti fanno provare un’emozione per come sono composte e che danno vita ad un senso allegorico. Come un silenzio o un suono improvviso, o un suono da solo sottile sottile. 

Quando uno strumento tace, c’è n'è un’altro che parla e che dà espressione. Un tempo vuoto, potrebbe servire a far meglio spazio al resto e per predisporre all’ascolto di un particolare.››

‹‹Comincio a capire dove vuoi arrivare forse. Continua pure.›› mi incita.

‹‹Quel blu dipinto qui attorno, fra tutti questi corpi in movimento, dà il tempo e lo spazio di ragionare sulle scene. È una pausa tra un paragrafo e un’altro di questa immensa storia che tu stai dipingendo.›› concludo 

‹‹Sono stupito, davvero. È come con la scultura, la mia vera affine: io tolgo il marmo in eccesso, libero le figure come le pause liberano le note.››

Lo sguardo mi cade su una delle immense vetrate, e noto che non sono più rigate dalle innumerevoli gocce di pioggia. Anche lui se ne deve essere accorto, ora c’è più silenzio, più calma. Come se là fuori avesse smesso di piovere. Ma allora da quanto sono qui?! Mi domando internamente.

Il silenzio dei miei pensieri viene interrotto da quel dichiarato scultore per cui provo un’ammirazione artistica.

‹‹Si sta facendo sera, devo affrettarmi a sistemare prima che non si veda più niente, e allora dovrò accendere molte più lanterne. Ma per oggi direi che può bastare, magari possiamo anche tornare a casa senza prendere la pioggia.››

Mi metto anche io a sistemare seguendo i suoi movimenti per raggruppare un minimo i materiali, fino a che soddisfatto si avvia verso l’uscita con l’ultima lanterna in mano. La spegne e la lascia appena dietro la porta, vicino al muro laterale dove ne sono riposte anche altre su degli scaffali.

Tira la porta verso di sé ed entra una folata di vento gelido e…

Sono davvero la persona più sorpresa ed emozionata che ci possa essere, non posso credere ai miei occhi, mi sembra di essere uscita da quel sogno che conteneva tanta bellezza, e di essere entrata in un’altro altrettanto stupefacente.

Ogni tetto, ogni strada, ogni albero o qualsiasi altra superficie è ricoperta da neve. Pura e candida neve bianchissima e splendente. E ne viene giù tanta tanta dal cielo, tanti fiocchi di neve illuminati dalla luce calda dei lampioni, che si riversano ovunque attaccandosi ai miei vestiti, alla sciarpa e a tutto il resto. È veramente uno spettaccolo unico, uno di quelli che aspetto ogni anno e che ogni anno si ripresenta sempre più bello ai miei occhi.

Mi giro, anche Michelangelo è sorpreso e sorride.

Mentre ci avviamo verso il violetto principale lasciando impronte sul terreno gli faccio presente che io devo svoltare qui avanti, e così ci salutiamo. 

‹‹Torna,›› mi dice mentre lo guardò incredula. ‹‹E visto che farà molto più freddo vesti pesante. Devo insegnarti delle cose se vuoi, visto il tuo interesse. Potresti restare a guardare.››

Non so cosa pensare, mi immagino già che magari un giorno mi farà diventare la sua apprendista! Una voce nella testa mi dice di calmarmi, che come sempre le emozioni dell’arte diventano esuberanti sulla mia immaginazione.

‹‹A domani!››

Mi avvio lungo il sentierino innevato, godendomi questa neve a braccia aperte e correndo verso casa per aspettare l’indomani.
 

Isabella
   
 
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