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Autore: Alis97    13/09/2023    0 recensioni
"Alle due di notte, gli spiriti camminano su questa terra e nulla di buono accade a coloro che incrociano il loro cammino. Quindi, alle due di notte, resta a letto e dormi, non uscire." Questa era una frase che Nanase Haruka sentiva spesso dire da sua nonna quando era in vita, e anche se non aveva ancora compreso il significato dietro quella strana affermazione, aveva sempre seguito il suo consiglio, almeno fino alla notte in cui il suo telefono cominciò a vibrare insistentemente, svegliandolo da un sonno profondo.
Dopo le due del mattino, non accade mai nulla di buono, ma in rare occasioni, può verificarsi anche l'opposto...
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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LE luci delle case erano spente da ore. L’oscuro mantello tempestato di luci argentee ricopriva il cielo del piccolo villaggio di pescatori, il frinire dei grilli e delle cicale – adagiati sulle foglie delle ginko biloba – cullavano gli ormai addormentati abitanti. Mancava poco meno di un minuto alle due. Nanase Haruka era già uscito dalla sua abitazione, scendendo lento e silenzioso lungo le scale che aprivano un serpeggiante e sconnesso sentiero per raggiungere la strada. Le uniche luci a illuminare i suoi passi erano quelle delle stelle e della rotonda Luna, che lo guidavano passo dopo passo verso il basso, attratto da ciò, o da chi, lo stava aspettando.

Raggiunta la metà di quel sentiero si fermò per breve, lanciando una veloce occhiata alla casa vuota e buia lasciata ormai alle spalle, che regnava sovrana su quella dolce collina. Arrivato lì, a metà tra la sua casa e ciò che lo attendeva in strada, esattamente come altre sere prima di allora, il respiro gli si spezzò in gola, i battiti accelerarono ed una sensazione di vuoto e pesantezza gli riempirono lo stomaco. Chiuse gli occhi, lo sapeva a cosa stava andando incontro e, sebbene non gli fosse consentito, il sentimento che provava non gli dispiaceva affatto. Le gambe irrigidite dalla paura di essere scoperto da qualcuno si mossero di nuovo, e scalino dopo scalino iniziò a intravedere la strada. Il respiro si regolarizzò, tutto ciò che lo bloccava e spaventava scomparve e ritornò ad essere più leggero quando vide che fuori dalla macchina c'era lui ad aspettarlo. « Rin » il ragazzo appoggiato alla macchina sorrise, lo sapeva che sarebbe venuto anche quella sera. « Haru » gli aprì lo sportello della macchina, invitandolo a salire e senza pensarci o chiedersi perché, salì a bordo del veicolo.

Quello che accadde quella sera non era per nessuno dei due una novità. Ogni mese, per una sola notte, allo scoccare delle due, quando tutti gli abitanti del villaggio dormivano, si vedevano in segreto nello stesso luogo, a bordo di una vecchia macchina comprata apposta solo per questo e nascosti dall'ombra della notte erano finalmente liberi di essere se stessi, di baciarsi sotto la volta celeste, sotto gli alberi di ciliegio in fiore o semplicemente in macchina. Si baciavano, accarezzavano i capelli, ma poi tutto terminava lì. Erano gli accordi che si erano dati, che Rin aveva proposto e Haru aveva accettato. Non voleva mettergli addosso pressioni inutili, sapeva come chiunque altro che Haru non aveva mai avuto esperienze di quel tipo, che era sotto quell'aspetto ancora innocente sebbene sapesse con chiarezza come funzionavano quelle cose. Gli stava bene aspettare, lasciare che acquistasse maggior confidenza, che fosse lui a chiedere di fare altro. Rin non gli avrebbe mai fatto nulla senza il suo permesso.

Erano passati già quattro mesi da quando avevano iniziato a vedersi di notte, ma per entrambi sembrava essere sempre passato un solo giorno, da quando in quella buia notte di marzo Rin gli aveva mandato un messaggio. Ciò che mutò fu solo il carattere di Haru, che acquistò più sicurezza, facendosi a momenti avanti per primo, a chiedere e testare nuove cose. Da prima che era rigido ora sembrava essere era più rilassato. Quello che provava era semplicemente indescrivibile, una combinazione di paura, euforia, timore, passione, lo riempivano in corpo: da una parte comprendeva che era sbagliato, ma dall'altra tutto veniva spazzato via da un solo sguardo di Rin. Quell'uomo gli stava facendo scoprire orizzonti nuovi e sconosciuti, conquistandolo con dolcezza e pazienza.

La macchina partì, lasciandosi alle spalle la dolce collina, muovendosi verso un luogo che Haru probabilmente non conosceva. Non gli domandò nemmeno dove erano diretti, consapevole che Rin non gli avrebbe risposto, ogni viaggio lo rendeva una speciale sorpresa. Adagiò la fronte sul freddo finestrino, guardando il cielo che scorreva veloce sopra di loro, ascoltando distratto le tracce del CD che faceva da colonna sonora a quell'indimenticabile viaggio. Non capiva nessuna di quelle parole, cantate in una lingua straniera, ma la voce del cantante gli piaceva e anche la musica, probabilmente gli sarebbe piaciuta anche la canzone se fosse stato in grado di capirla. Rin tamburellava le dita sul volante, ripetendo a bassa voce il ritornello di quella canzone. Il ragazzo nel sedile del passeggero sollevò la fronte dal finestrino, posando gli occhi sul guidatore. « Cosa significa? » gli domandò, riferendosi alla musica. Rin smise di cantare, sorridendo divertito, dimenticandosi a volte che il suo amico non aveva una così vasta conoscenza dell'inglese. « È una storia » gli spiegò. « La storia di tanti ricordi di quando lui e i suoi amici erano giovani » accennò una risata, in qualche modo quella canzone gli stava ricordando la vita che aveva passato lontano dai suoi amici, vivendo per anni in Australia, ricordandogli quanto desiderasse tornare a casa da vincitore. Haru annuì e non chiese più nulla, probabilmente anche lui aveva capito cosa stesse pensando Rin. La musica poi cambiò e lentamente anche l'atmosfera che si era creata in macchina. Via via che scorrevano diventavano più dolci e a tratti quasi sature di passione. Non c'era bisogno di un interprete per capire, la musica faceva il suo dovere per far comprendere anche ad Haru il significato dietro quelle parole. Era sicuro che Rin avesse pensato anche a quello, per farlo rilassare e sciogliere e, doveva ammettere, che ci stava riuscendo.

Anche Rin era teso in quelle notti che passavano a stare soli, c'erano momenti in cui nemmeno lui sapeva esattamente cosa fare per far sciogliere Haru e il ragazzo spesso non gli rendeva le cose nemmeno troppo facili, ma era una cosa che aveva messo in conto ancora prima di arrivare sotto la collina, in quel marzo di quattro mesi fa, e decidere di mandargli quel messaggio alle due di notte, consapevole che avrebbe potuto rifiutare o non sentire la vibrazione del telefono. Aveva pensato a ogni cosa da allora, anche al fatto che con Haru sarebbe dovuto andarci molto piano e se non fosse stato consapevole e certo di questo, senza ombra di dubbio ora non si troverebbero insieme ad ascoltare una musica romantica, diretti chissà dove, alle due e venti minuti di notte. Tuttavia, anche Rin in quelle notti di Luna piena, sotto la luce intensa delle stelle, provava dei sentimenti forti e contrastanti, che riusciva a far tacere solo perché aveva accanto Haru, il quale aveva acconsentito di sua spontanea volontà a uscire con lui di nascosto. Aveva acconsentito a baciarlo tutte le volte che voleva, a toccarlo non più in basso dei fianchi, a lasciargli dei piccoli segni sulla pelle. Con Haru accanto si sentiva più sereno, ma a tratti anche più teso, spaventato dal fatto che tutto quello che stavano vivendo potesse un giorno svanire e lasciare solo un vago e delicato ricordo di quelle notti di Luna piena. Il veicolo poi si fermò, fermando a metà la musica e bloccando ogni pensiero che i due si erano costruiti fino a quel momento in testa. Rin lasciò accesi solo i fari, per illuminare ciò che si stagliava davanti a loro. Haru, davanti a quello spettacolo immenso, trattenne il respiro, spalancando gli occhi colmi di meraviglia. Si strinse istintivamente nel pugno la maglia, frenando ogni desiderio di togliersela per tuffarsi in quello sconfinato oceano fatto di stelle. Rin non poté fingere di non vedere con quali occhi stesse ammirando l’oceano che era divento lo specchio del cielo: era certo di non sbagliare portandolo lì.

« Andiamo » disse, ripescandolo dal suo sogno ad occhi aperti. Haru finse di non capire, ma era chiaro ciò che voleva fare Rin e tutto in lui gli diceva che era sbagliato, sebbene ogni parte di sé fremeva per lanciarsi contro quelle onde. Senza aspettarlo Rin scese dalla macchina, avvicinandosi lento davanti a un faro dell’auto, ascoltando il sordo sciabordio delle onde, che si infrangevano sulla spiaggia e poi tornare indietro con grazia e leggerezza. Inspirò quell’aria fresca carica di sale, aspettando che anche l’altro lo raggiungesse. Non ci volle molto prima che Haru scendesse dalla macchina, i muscoli tesi e rigidi, la voglia di togliersi i vestiti cresceva a ogni passo in più che faceva. Si fermò poco più indietro di Rin, lasciandosi accarezzare dal vento, che gli andava a scompigliare i capelli, cullato dal suono della risacca che gli riempiva le orecchie. « Sono abbastanza sicuro che sia ancora calda » disse, girandosi per guardare il ragazzo con ancora tutti i vestiti addosso. Haru sospirò con pesantezza, placando ogni istinto di tuffarsi assieme a Rin. Il ragazzo sapeva di essere innocente quanto inesperto, ma era consapevole che se avesse fatto solo un altro passo verso quell’oceano gli sarebbe stato impossibile tornare indietro. Voleva togliersi i vestiti, voleva gettarsi tra le spumeggianti onde e nuotare in quella galassia che si rifletteva sulla terra, ma lo avrebbe fatto con il ragazzo che gli stava lentamente cambiando il suo mondo. Una parte di sé aveva paura di ciò che sarebbe potuto accadere dopo che si fosse buttato in quelle acque sconosciute. « Lo so che sei uscito col costume » rise Rin, riportandolo ancora una volta a galla dai suoi pensieri. Haru non aveva modo di controbattere, se non dirgli effettivamente ciò che pensava, il fatto era che non voleva dirglielo. Gli piaceva la situazione che si era creata, gli piaceva il posto, il fatto che avesse pensato di portarlo lì, di voler nuotare insieme, a spaventarlo erano solo le sue emozioni. Davanti a lui, Rin, iniziò già a spogliarsi, gettando sulla sabbia la maglia. Restavano solo le scarpe e i pantaloni, dopodiché si sarebbe tuffato con o senza Haru. Il ragazzo, rimasto indietro, lo fissava con incertezza, rievocando nella mente i mesi precedenti. Ripensò in particolare al loro primo bacio, alla frase che venne dopo a quel delicato e gentile intreccio che avevano formato solo con le labbra. Gli aveva promesso che non avrebbe fatto mai nulla senza il suo permesso, non aveva da temere niente. Rin avrebbe aspettato. Non aveva motivo di aver paura di tuffarsi in quell’oceano e poi, se non avesse accettato a tutto questo, ora non sarebbe nemmeno lì, a guardarlo mentre si toglieva le scarpe e affondare i piedi nudi nella sabbia asciutta. « Se non vuoi allora resta a guardarmi » ormai, rimasto solo con il costume, si stava stirando i muscoli delle braccia. All’improvviso qualcosa dentro di lui scattò e senza pensarci più si privò in un secondo dei suoi vestiti, facendo qualcosa per cui non aveva nemmeno avuto bisogno di riflettere, e corse verso il ragazzo che ormai era pronto a tuffarsi, afferrandolo per mano e correndo insieme in una folle e improvvisata corsa contro le onde che si infrangevano sulla spiaggia. Si tuffarono dentro quelle acque scure e tenebrose, riemergendo insieme con Rin che rideva per l’inaspettata sorpresa. « Sei pazzo » continuò a ridere con dolcezza, prendendosi a vicenda il viso tra le mani, spostandosi reciprocamente i capelli dagli occhi e dalla fronte, illuminati solo da ciò che splendeva in cielo. « Non è calda » borbottò Haru, avendo creduto seriamente che l’acqua a quell’ora potesse esserlo. Rin gli accarezzò con il dorso dell’indice una guancia, sorridendo con spontanea felicità. « Presto la sarà » gli rispose, avvicinando le sue labbra a quelle del ragazzo, andando oltre ad un semplice bacio. Le labbra e le lingue si intrecciavano tra di loro, accompagnati dalle sinuose onde che spingevano i vibranti corpi a toccarsi e poi lasciarsi. Ritornarono alla macchina solo qualche minuto dopo, quando sulle mani iniziarono formarsi delle piccole pieghe che ricordavano le onde di un mare calmo. Alle loro spalle l’oceano brillava ancora, come se il mondo in quella notte si fosse capovolto e non si riuscisse più a distinguere il cielo dall’oceano. Haru sarebbe rimasto lì, anche solo a guardare ciò che si parava davanti ai suoi occhi, ma in quel momento aveva qualcosa di meglio a cui rivolgere l’attenzione. Rin aprì il portabagagli, appoggiando in un angolo i vestiti e le scarpe che avevano lasciato sulla spiaggia. Haru notò che aveva organizzato davvero ogni cosa per quella notte, c’erano asciugamani e vestiti per cambiarsi. In un certo senso non c’era nemmeno bisogno di stupirsi, Rin faceva tutto per far stare a suo agio il ragazzo per cui aveva dichiarato di avere una cotta. Haru si sedette, lasciando che Rin gli posasse sulla testa un asciugamano. L’altro ragazzo restò invece in piedi, asciugandosi le braccia e il busto. Senza farsi notare Haru distolse lo sguardo, era un corpo che conosceva bene, in molte altre occasioni lo aveva visto e imparato anche a conoscere, eppure lo imbarazzava ancora. Quella situazione era semplicemente diversa da quando lo vedeva spogliarsi in altri momenti, che potevano essere considerati normali. Anche Rin poi si sedette sul piano del portabagagli, accanto ad Haru che abbassò istintivamente lo sguardo e concentrandosi nell’asciugarsi i capelli. Entrambi erano ancora svestiti, con le gambe bagnate: nessuno dei due aveva intenzione di togliersi il costume o almeno non di fronte all’altro. Intanto che aspettavano di asciugarsi almeno un po’, Rin recuperò un thermos che aveva preparato per ogni evenienza, anche se infondo sperava non fosse davvero necessario. Condivisero il bicchiere del thermos, bevendo a piccoli sorsi del tè tiepido, riscaldandoli da dentro dopo quella nuotata nel freddo oceano.

Appena furono abbastanza asciutti si misero addosso dei vestiti puliti e più comodi, Rin aveva pensato anche a quello portandogli dei vestiti suoi che era certo gli dovessero stare.

Restarono entrambi seduti sul piano del portabagagli, più vicini di quanto lo fossero prima, tenendosi la mano, tracciando confuse mappe sui palmi con le dita, contemplando il cielo che si apriva luminoso sopra di loro. Parlavano di ciò che poteva riservargli il futuro, dei vari sogni che avevano chiusi nel cassetto. Nei secondi di silenzio sorridevano e si guardavano con innocente imbarazzo, cancellando quel momento con un tenero e semplice bacio.

A un minuto alle tre la macchina era già sotto la collina, parcheggiata nel solito punto abbastanza distante dalle case, evitando così di poter essere visti da qualcuno che per un motivo o per un altro si era svegliato.

Anche quella notte, come quelle precedenti, era giunta al termine. Rimanevano sempre insieme per poco, condividendo tutto ciò che potevano condividere. Haru restò in macchina ancora per alcuni minuti. Solitamente a quell’ora era già sceso, salutando il ragazzo e aspettando con impazienza che arrivasse una nuova Luna piena. Quella sera però voleva restare ancora con lui, accarezzargli la mano, il viso, lasciargli altri piccoli segni sul collo, voleva che Rin facesse lo stesso con lui. Una parte di sé voleva anche molto di più. « Rin » allungò la mano verso una ciocca dei suoi capelli, tastandola e accarezzandola tra i suoi polpastrelli. Rin non si mosse, lo lasciò fare, curioso di sapere cosa gli passasse in mente. « Hai ancora i capelli bagnati » constatò, guardandolo negli occhi scuri, che riflettevano come specchi la luce intensa del cielo. Rin accennò una risata, dovendo in qualche modo aspettarsi una frase del genere. « Se per questo anche tu » gli accarezzò a sua volta i capelli corvini ancora umidi. Haru lo ignorò, abbassando la propria mano. « Vieni su ».

In macchina calò un inaspettato silenzio. Le labbra di Rin si schiusero, lasciando uscire solo un leggero sospiro. « Tu non sai proprio cosa stai dicendo » gli sfuggì una malinconica risata, lasciando scivolare la mano per stringere con forza il volante, appoggiando su di esso la fronte. « Lo so » ribatté con fermezza Haru, non allontanando neppure per un momento lo sguardo dal suo volto nascosto nell'ombra, era sicuro più che mai di quello che gli stava chiedendo. « Vieni in casa mia » glielo richiese. Rin sollevò di poco la testa, girandosi verso il viso dell'amico. « Sei sicuro? »

« Sì »

L'aria che si respirava fuori dall'auto era frizzante ed elettrica, entrambi i ragazzi vibravano di energia. Ogni passo era teso, camminavano piano verso la cima della collina, uno dietro all'altro, arrampicandosi passo dopo passo verso l'abitazione. Rin lo avrebbe capito se avesse deciso di non andare oltre, non gliene avrebbe fatta una colpa. Del resto Haru si impegnava per andare incontro alle esigenze di Rin, anche lui voleva fare tutto e di più con quel ragazzo, il problema era che a volte sia per l'impaccio di non sapersi muovere sia per l'insicurezza dettata dall'inesperienza e il bisogno di sentirsi davvero capito, non riusciva ad agire correttamente. Rin però glielo ripeteva con costanza, che per lui non c’erano problemi, che lo sapeva e l’aveva messo in conto già da molto prima. Per lui Haru non era del semplice divertimento, voleva costruire qualcosa assieme, magari qualcosa di duraturo se il tempo glielo avesse permesso. Haru gli piaceva per la persona che era, non per quello che aveva in mezzo alle gambe. Gli sarebbe continuato a piacere anche se fossero rimasti fermi solo ai baci e alle carezze.

Nella penombra Haru sorrise, pensando alla pazienza e dolcezza che custodiva Rin, era anche grazie a questo che si sentiva più sicuro, era davvero certo di quello che voleva fare con lui quella sera, meno certo era di riuscire effettivamente a dirglielo, ma sapeva che Rin avrebbe capito il suo strano modo di comunicare.

Lenti giunsero verso la cima, la casa di Haru era una tipica abitazione giapponese, come quelle che si vedevano nelle vecchie foto nei libri di scuola. Possedeva elementi grezzi, ma anche moderni. Tese la mano verso la porta, facendola scorrere di lato, entrando e facendo entrare Rin nella genkan. Entrambi si levarono le scarpe, lasciando cadere dei piccoli granelli di sabbia a terra. « Andiamo di sopra » gli disse, salendo il piccolo gradino che separava l’ingresso da tutta quanta l’abitazione, illuminata solo dalla fredda luce della Luna. « Haru » lo fermò prima che potesse andare troppo oltre, tirandolo per la mano. « Sei davvero sicuro? » glielo richiese. « Devi asciugarti i capelli » rispose, girandosi verso il ragazzo che era rimasto ancora all’ingresso. Rin sorrise, aveva capito che era un modo tutto suo per dirgli altro. Abbassò lo sguardo, accennando una risata. « E dopo che mi sarò asciugato i capelli? » domandò, accarezzandogli le dita delle mani. Non lo avrebbe toccato se non lo avesse sentito dire dalle sue labbra. Haru fissò i movimenti della sua mano, che gli accarezzavano con dolcezza le dita. Era imbarazzato, ma non voleva tornare indietro. « Dopo puoi rimanere » gli disse, distogliendo lo sguardo da lui. « Se vuoi »

«Tu lo vuoi?» Haru schiuse le labbra, voltandosi di nuovo per guardare il volto di Rin, che non era mai stato tanto serio come in quella notte. « Sì » rispose senza esitare. « Allora resto » sorrise, intrecciando le dita delle mani tra loro. Salirono uno ad uno gli scalini verso il piano superiore, tenendosi stretti per mano, il legno delle scale scricchiolava sotto il loro peso. Ancora pochi gradini e si sarebbero trovati davanti alla porta della camera.

Con un leggero e vibrante sospiro, Haru aprì quella porta, facendolo entrare, posando nell’immediato secondo le labbra sulle sue, spingendolo verso il muro. Era più chiaro che mai ciò che voleva e Rin lo avrebbe accontentato. Si baciarono a lungo su quella parete, le sue labbra scesero sul collo di Rin, che fremeva per l’eccitazione, lasciandogli piccoli segni, rimarcando quelli che già c’erano. Rin sospirò, lasciandosi fare tutto ciò che l’altro voleva. Dentro a quelle mura non era poi così innocente. Staccò dalla pelle tesa del suo collo le labbra, accarezzandogli con dolcezza le rosse guance, sfiorandogli la pelle del collo, finendo per appoggiare la mano sul suo petto. Il cuore gli batteva frenetico in petto, un sorriso gli apparve sul volto. Rin rispose a quello sguardo, appoggiando di nuovo le labbra sulle sue, le mani a toccare i fianchi e passo dopo passo lo condusse verso il letto, facendolo sedere sul materasso. Si levarono entrambi le maglie, staccandosi solo per quel momento dalle labbra dell’altro che fremevano a contatto con l’aria fresca in quella stanza. « Dimmi cosa vuoi che ti faccia » il viso di Rin gli era molto vicino, le mani appoggiate sul letto per reggersi. Haru si inumidì le labbra, non avendo però idea di ciò che poteva effettivamente fargli. Rin, vedendo la sua esitazione gli avvicinò di nuovo le labbra alla bocca, staccandole il secondo successivo. « Questo va bene? » domandò, assieme a un furbo sorriso. « Sì » gli baciò allora il collo « Anche questo? » sollevò solo di poco le labbra, quel tanto che bastava per sussurrargli quella frase. « Sì » sospirò Haru, ricevendo altri baci, alcuni più insistenti di altri. Si staccò ancora da quella pelle che profumava di salsedine, invitandolo a spostarsi più in alto e stendersi sul materasso, mentre lui gli stava perfettamente sopra. Il suo respiro accelerò, consapevole di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco più avanti. Vedendo il suo busto fremere, Rin gli prese la mano, baciandolo sul palmo. « Non farò nulla che tu non voglia » gli ricordò. « Possiamo fermarci in ogni momento » Haru annuì, dandogli il permesso di continuare. Rin riprese allora a baciarlo, chiedendogli sempre tutto, volendo sentire dalle sue labbra ciò che poteva o non poteva fare. Voleva che fosse una notte da ricordare, esattamente come le precedenti che c’erano state. Arrivò fino al suo inguine, coperto ancora degli indumenti che gli aveva prestato. « Posso? » entrambi, nascosti nell'oscurità e baciati dalla fredda luce della Luna arrossirono. Haru annuì, non riuscendo a dare voce al suo desiderio di avere le sue labbra in mezzo alle gambe. Gli abbassò i pantaloni della tuta, venendo aiutato dalle mani del ragazzo, levandosi da solo il costume che aveva tenuto addosso. Era la prima volta che lo vedeva nudo, gli baciò le labbra, inginocchiato sul letto. Haru stava leggermente alzato, con il braccio ad angolo che lo reggeva sul materasso, mentre con l'altra mano intrecciava le sue dita nei i capelli umidi del ragazzo che gli stava sopra. Spostò per un momento le labbra, avvicinandole al suo orecchio. « Spogliati » gli sussurrò, desiderando vederlo nudo. Gli occhi di Rin si illuminarono, allontanandosi da quel corpo, ed esaudendo la sua richiesta. Si abbassò i pantaloni e il costume davanti a lui, lanciandoli da qualche parte nella stanza. « Vieni qui » lo richiamò, allungandogli la mano. Rin lo accontentò, tornando sul letto e ricoprendolo ancora di baci. Lento scendeva sempre di più con le sue labbra, arrivando ben sotto l’ombelico. Con le dita gli accarezzò la pelle liscia e umida delle gambe, avvicinandosi lentamente con esse al suo membro. Il busto fremette a contatto con quelle dita sconosciute. Haru sospirò, avendo desiderato per molto tempo di essere toccato lì. Le dita esperte di Rin lo avvilupparono completamente, sollevandogli e abbassandogli la pelle morbida, fino a farla indurire. Il respiro di Haru si fece lentamente più pesante, le sue labbra tremavano sotto ad ogni movimento. Imbarazzato per ciò che sarebbe accaduto da lì a pochi istanti dopo, voltò lo sguardo, coprendosi gli occhi con il braccio. Rin, notandolo si fermò. « Guardami » gli disse dolcemente, allungandosi verso il suo volto per levargli il braccio dal viso. A contatto con i suoi occhi socchiuse le labbra, era la prima volta che vedeva quelle iridi blu e profonde come il mare essere lucide. « Haru » gli posò una mano sulla guancia, specchiandosi in quegli occhi che gli ricordavano l'oceano di quella notte, puntellato di stelle. « Continua » sussurrò debolmente e con vergogna. Rin sorrise, abbassandosi tra le sue gambe, incrociando le dita della sua mano con le proprie. Quando la pelle fu abbastanza rigida lo prese tra le labbra, guardando con malizia il ragazzo che voleva distogliere lo sguardo, ma che non poteva. Rin si fermò a metà, prima che potesse terminare tutto lì. Haru lo fissò con una domanda ben chiara sul volto: “Perché ti sei fermato?” chiedevano i suoi occhi. Rin ignorò quello sguardo, non dandogli nessuna spiegazione, solo si avvicinò al suo viso, prendendogli tra le mani il volto, accarezzandogli la guancia con il pollice. Haru si tirò allora su con il busto, rispondendo a quella sua muta richiesta di essere di nuovo baciato. Sia le labbra che le lingue ripresero ad intrecciarsi tra loro. In mezzo a quei baci Haru spostò una mano, accarezzandogli prima il petto, poi il busto teso, il fianco, l’inguine, cercandolo nel buio. Lo sfiorò prima con le dita, prendendolo dopo tra le mani. Rin sorrise sulle sue labbra, abbassando e posando la mano sopra a quella del ragazzo, aiutandolo con i movimenti e fermandolo prima che potesse raggiungere l’apice. Haru aveva iniziato a comprendere la piega che stavano prendendo gli eventi. I baci ripreso, ma entrambi erano ormai ben troppo stimolati per stare solo fermi a baciarsi e toccarsi. « Rin » gli appoggiò una mano sul petto, allontanandolo solo per qualche centimetro dalle sue labbra. « Per quanto dobbiamo ancora baciarci? » domandò, ormai stanco di aspettare. Rin rimase fermò a fissare il volto sereno e maturo di Haru. Non c’era bisogno di chiedere altro, gli stampò un veloce bacio a fior di labbra prima di scendere e recuperare i pantaloni lasciati a terra, cercando nella tasca un profilattico. Non era la sua intenzione principale, ma quando uscivano insieme era sempre bene portarsene uno nuovo dietro. Haru lo guardò con una certa curiosità mentre se lo infilava.

Fu una notte dolce e sudata, vibrante ed elettrica. Per ogni movimento troppo duro si fermava e lo baciava, stimolandolo a rilassarsi e poi continuare. Terminarono quando la luce della Luna arrivò a toccare il pavimento in legno, entrambi esausti si guardavano semplicemente negli occhi, toccandosi i lineamenti che anche senza luce riuscivano ancora a vedere. « Resta qui » gli chiese Haru, accarezzandogli la guancia arrossata. Rin gli prese la mano, baciandogli il dorso. « Non vado da nessuna parte ». Entrambi si fecero più vicini, abbracciandosi e finendo per addormentarsi insieme.

La mattina dopo Haru venne svegliato dai tiepidi raggi del sole. Nella stanchezza e leggera confusione in cui si risvegliò notò che il lato accanto a lui era vuoto. Anche i vestiti non c’erano più sul pavimento. « Rin? » lo chiamò, la voce impastata dal sonno. Sospirò debolmente, mettendosi prima seduto e poi alzandosi, sentendo un fastidioso dolore alla base della schiena, ma tutto sommato era abbastanza sopportabile. Cercò dei vestiti puliti per poi scendere al piano inferiore da cui provenivano dei sordi rumori metallici. « Rin » lo richiamò, affacciandosi alla porta della cucina, venendo avvolto da un delicato e invitante profumo. « Buongiorno » il ragazzo si voltò per pochi secondi, prima di ritornare a ciò che stava facendo. « Spero non ti dispiaccia se ho preso possesso della cucina » domandò, mentre cercava di non far bruciare le uova strapazzate. « No » rispose. « Continua pure » si mise a sedere, fissando da dietro ogni suo movimento. Non gli aveva mai chiesto se era capace di cucinare, ma da quello che vedeva era piuttosto abile. « Stamattina ho usato i tuoi prodotti in bagno, non volevo svegliarti » gli disse, versando le uova nei due piatti già ricchi e colmi di ottimo cibo. « Va bene » del resto avevano condiviso molto di più quella notte. « Ti ho messo a lavare anche i panni, devi solo stenderli » continuò a dirgli, ultimando nel frattempo i due piatti. « Okay » rispose, accennando un delicato sorriso. Da quando avevano iniziato a vedersi Rin pensava davvero a tutto, senza mai metterlo in difficoltà. Con un raggiante e soddisfatto sorriso servì in tavola i piatti, sedendosi per ammirare la reazione sul volto di Haru. « Cos’è? » lo sguardo impassibile. Trovava ciò che aveva davanti insolito, ma anche piuttosto invitante, era totalmente diverso da ciò che mangiava solitamente la mattina. Rin sorrise, lasciandosi sfuggire una delicata risata. « Qualcosa che la mia famiglia in Australia mi preparava spesso » gli spiegò. « Ma con alcuni ingredienti ho dovuto improvvisare » puntellò il gomito sul tavolo, appoggiando la mano sul viso. Voleva che il primo ad assaggiare fosse Haru, curioso di vedere anche solo un piccolo mutamento su quel viso che gli ricordava il mare calmo alla mattina. Haru guardò di nuovo il piatto, esaminando il contenuto. C’era della carne, e anche delle uova, di lato c’erano dei piccoli funghi e altre erbe tipiche del Giappone, che insieme davano colore al piatto. Sospirò e assaggiò. I suoi occhi si illuminarono, non aspettandosi un sapore così forte ma anche delicato sulle papille gustative. « È buono » gli disse, regalandogli un sorriso. Entrambi mangiarono in silenzio, accompagnati dalla cinguettante melodia degli uccelli che si riposavano sui rami delle piante.

Non ci volle poi molto a terminare quell'abbondante colazione. « Devo andare » sospirò Rin, accarezzando la tiepida mano del ragazzo. Haru non disse nulla, una parte di sé voleva che restasse ancora, ma sapeva anche che non poteva obbligarlo a rimanere. Pensava inoltre che a casa sua si potevano levare dei sospetti; sospetti che potevano venir confermati anche dalla presenza di quei piccoli lividi sul collo. Entrambi si alzarono, dirigendosi assieme verso l’uscita. A separarli c’era solo un gradino. « I vestiti? » domandò. « Li verrò a prendere la prossima volta » rispose, mentre si infilava le scarpe. Anche quelle erano state pulite. Ogni traccia di ciò che c'era stato la notte prima sembrava essere scomparsa, restavano solo le lenzuola come testimonianza che ciò non era stato solo un sogno bagnato. Rin si alzò, pronto ad uscire da quella casa. « Rin » lo fermò Haru, prendendolo per mano. « Resterai anche la prossima volta? » il ragazzo guardò quella sua mano, girandola sul suo palmo e intrecciando le dita con le sue. « Sì » gli rispose, sollevando gli occhi verso quelli azzurri e brillanti di Haru. « Resterai anche per tutto il giorno? » allontanò lentamente lo sguardo, guardando verso la parete dove c'era un piccolo altarino. « Vuoi che resti? » sorrise con sorpresa. Non aveva mai messo in conto di restare a casa del ragazzo, ma del resto non c'era mai stata l'occasione di parlare anche di questo. Haru non parlò, c'erano ancora alcune cose che non riusciva a dirgli apertamente. Rin gli baciò le dita, inspirando delicatamente l'odore sulle sue mani. « La prossima volta resterò » comparve un sorriso sul volto di Haru e, girandosi di nuovo col viso, gli posò un tenero bacio sulle labbra. Rin però si dovette staccare quasi subito, convinto che se fosse rimasto ancora gli sarebbe stato impossibile andarsene. Tutto dentro di sé gli pregava di restare ancora, di abbracciare quel corpo come aveva fatto tutta la notte, di essere baciato e desiderato. Con un malinconico sospiro sciolse anche l’intreccio che avevano formato le loro dita. Uscì dall’ingresso, rivolgendo un ultimo sguardo verso quel ragazzo che era rimasto lì a fissarlo, sperando che potesse ripensarci e restare ancora. « Ci vediamo il prossimo mese » gli sorrise un'ultima volta prima di uscire da quell’abitazione, chiudendo la porta alle spalle.
 

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Prima di lasciare definitivamente questo account volevo pubblicare qua sopra la oneshot che più mi è cara. L'ho scritta in un momento molto particolare della mia vita e avevo bisogno di percepire il calore e la comprensione che invece ho scritto qui. Spero possa esservi piaciuta :) grazie di cuore a tutte le persone che negli anni mi hanno letto, siete stati davvero tutti molto cari. Vi auguro solo il meglio dalla vita.

Un bacio,
Alis

 

   
 
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