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Autore: AnjaZiegler    14/09/2023    0 recensioni
"Lui che era il centro del suo mondo, la sua ragione di vivere, l’aria che le inondava i polmoni. Lui che altro non era che un ragazzo, con un nome, una vita e un’impronta nel mondo più che banali. L’unica azione eroica che potesse vantare era stata quella di essere stato per Vittoria un amico più di quanto lo fossero mai stati gli altri.
Ma adesso il loro percorso scolastico condiviso era giunto a un termine, e le loro strade avrebbero preso svolte diverse."
La storia di un amore non corrisposto.
La storia di un essere fragile per cui la vita è un peso, non un dono.
TW: tematiche delicate, quali autolesionismo, violenza fisica e disturbi mentali
Genere: Angst, Dark, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Prologo

Estate, sette mesi prima dell’equinozio di primavera

La stanza vuota risuonava dei suoi singhiozzi soffocati. Le imposte chiuse e l’uscio serrato impedivano a qualsiasi altro rumore di filtrare nella sua spoglia cameretta d’infanzia. Solitamente, le bastava passare in rassegna il modesto mobilio usurato per ritrovare il sorriso, riportando alla mente i numerosi episodi del passato che ancora adesso, dopo anni, custodiva con gelosia; ma quel pomeriggio nulla riusciva a farla smettere di piangere. Le sue lacrime imbevevano la federa del cuscino come pioggia battente sul terreno, e il suo viso poggiato sulla stoffa bagnata si muoveva a scatti in cerca d’aria, ma Vittoria era sdraiata su quel letto da un tempo così prolungato che giustificava la scarsità di ossigeno.

Quel giorno non c’era nessuno in casa, e lei non poté far altro che trarne sollievo, perché sapeva che, così, nessuno l’avrebbe vista dirigersi in bagno, trascinandosi a fatica sulle sue stesse gambe. Nessuno le avrebbe fatto domande nel vederla così sconvolta davanti allo specchio posto sopra l’acquaio. Nessuno l’avrebbe vista affondare le mani nella borsetta per il trucco, alla ricerca di un oggetto contundente. Quando, finalmente, percepì il metallo freddo delle pinzette contro i polpastrelli, le afferrò, e, senza esitazione, le portò all’avambraccio sinistro. Iniziò a pizzicarsi la pelle, una, due, tante volte quante bastarono a farle sentire di nuovo qualcosa. Iniziò a percepire il dolore dopo la quinta microlesione al derma che si procurò. Cinque, quanti gli anni che ci conosciamo, pensò, ma fu svelta nel scacciare quel ricordo e nel riporre nuovamente le pinzette al loro posto, ma non riuscì a trattenere le stille amare, che ricominciarono a caderle copiose sul viso. Le succedeva sempre, quando ripensava a lui.

Lui che era il centro del suo mondo, la sua ragione di vivere, l’aria che le inondava i polmoni. Lui che altro non era che un ragazzo, con un nome, una vita e un’impronta nel mondo più che banali. L’unica azione eroica che potesse vantare era stata quella di essere stato per Vittoria un amico più di quanto lo fossero mai stati gli altri. 

Ma adesso il loro percorso scolastico condiviso era giunto a un termine, e le loro strade avrebbero preso svolte diverse. 

Si erano salutati proprio quel pomeriggio, dopo l’esame orale. Vittoria gli si era avvicinata per congratularsi con lui, solo per assistere alla scena da terza incomoda, in quanto furono raggiunti simultaneamente da una ragazza a lei sconosciuta. “Grazie, Vic! E lei è la mia fidanzata, si chiama…” ma Vittoria aveva smesso di ascoltarlo. Con il cuore in gola era corsa a casa, o almeno ci aveva provato, incespicando nei suoi stessi piedi, sentendosi il petto cedere al ritmo del suo battito frenetico.

Ora, in piedi a osservare la sua opera da macellaio realizzata sulla sua pelle diafana, si riscosse dal turbine dei suoi pensieri. Il dolore andava scemando; iniziava già a sembrarle un prurito intenso, un fastidio profondo. Vittoria si decise a dimenticare, ma inconsciamente sapeva che se avesse eliminato il ricordo che aveva di lui, il castello di carte su cui aveva costruito la sua vita intera sarebbe crollato, e allora lei sì che sarebbe soffocata sotto il peso delle stesse speranze che credeva che l’avrebbero salvata.

Emerse lentamente dal bagno, imboccò il corridoio e si diresse nella sua camera, il suo luogo sicuro nel quale si rifugiava sempre scappando dal mondo esterno, ma mai da sé stessa. Rovistò nei cassetti del comò, e indossò la prima felpa che riuscì a scovare sotto gli abiti estivi, facendo attenzione a non sfregare il braccio sinistro contro la stoffa ruvida e poco rifinita all’interno delle maniche.

A cena giustificò l'abbigliamento inadatto a non patire la calura di Luglio adducendo a dei brividi anomali, probabilmente sintomo di un’insolazione. Nessuno fece ulteriori domande, nessuno si accorse di nulla.

 
   
 
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