SENSI


Quell’insieme di odori, di sapori, lo inebriava al punto da appannargli la mente. Il tocco morbido delle sue labbra, la sua pelle che sapeva di fresco, soffice e più delicata di quanto non sembrasse. Il colore infuocato di quelle iridi dorate che lo fissavano, ammaliatrici, invitandolo ad andare avanti. Come ogni volta, Athrun pregò che il tempo si fermasse lì, mentre affondava la bocca in quella di lei e il fiato veniva meno, le dita fra i capelli sottili dell’uno e dell’altra, mani che scorrevano sulla schiena nuda, sui fianchi rotondi, sul viso innamorato. Un nostalgico brivido li percorse da capo a piedi, nell’oscurità di quella stanza animata unicamente dalle loro presenze, dalla loro gioia di vivere. Annasparono, risero al ricordo della loro inesperienza, tornarono a scambiarsi baci, giocarono a cercarsi ancora. Infine, si appisolarono abbracciati, i corpi sudati quasi incastrati. La sinuosità delle forme di lei si sposava a meraviglia con quelle asciutte di lui.
   Un unico fascio di luce penetrava dalle tende appena schiuse, andando a morire sulla pietra scura che il giovane portava al collo e riflettendosi poi su quella che la fanciulla indossava all’anulare sinistro, ricordo di una promessa non troppo remota alla quale di certo avrebbero tenuto fede il prima possibile.
   Amore.          
   Era il primo per loro, ed entrambi sapevano da anni che sarebbe stato l’unico, nonostante il destino avverso e i ripetuti errori. Non se lo erano detti in tutto quel tempo, non era stato necessario, perché nessuno dei due avrebbe mai potuto rinunciare a quell’esplosione di sensi che li avvolgeva nel fisico, devastandoli, e che rinvigoriva tuttavia i loro cuori di nuova speranza per quel futuro per cui lottavano insieme a dispetto delle guerre che li avevano fatti conoscere e che, infami, avevano cercato di dividerli.
   Invano.