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Autore: Anchestral    17/09/2023    10 recensioni
‘Tre sono le regole che dobbiamo rispettare: uno, abbiamo dodici ore di tempo; due, ascolta le mie istruzioni e non cambiare nulla; tre, lascia al passato ciò che è passato e non fare domande sul futuro.’
Cheng Xiaoshi le conosceva bene, Lu Guang gliele ripeteva ogni volta che dovevano svolgere uno dei loro lavori. Ormai aveva imparato a non metterle più in discussione.
Ma le regole avevano ancora un senso se Lu Guang era morto?
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cheng Xiaoshi, Lu Guang
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Problema Duale'
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Disclaimer: Questa storia si svolge tra la fine della prima e della seconda stagione ed è un what if. Piccola nota per chi non conosce la trama della serie: Cheng Xiaoshi e Lu Guang gestiscono insieme un piccolo negozio di fotografia che sembra all'apparenza normale, ma in realtà i due ragazzi possono viaggiare nel tempo tramite l'uso delle foto, cercando di soddisfare le richieste dei loro clienti.

 
Immersione
 

‘Tre sono le regole che dobbiamo rispettare: uno, abbiamo dodici ore di tempo; due, ascolta le mie istruzioni e non cambiare nulla; tre, lascia al passato ciò che è passato e non fare domande sul futuro.'
Cheng Xiaoshi le conosceva bene, Lu Guang gliele ripeteva ogni volta che dovevano svolgere uno dei loro lavori. Ormai aveva imparato a non metterle più in discussione, non sapevano cosa sarebbe potuto succedere giocando con il passato e modificandolo.

Ma avevano ancora un senso se Lu Guang era collassato sul divano e annaspava immerso nel suo stesso sangue?

Il coltello insanguinato, che aveva strappato dalle mani di Qiao Ling, gli cadde tintinnando sul pavimento del loro studio fotografico. Cheng Xiaoshi si fiondò dal suo amico, inginocchiandosi sul pavimento. Gli prese la testa tra le mani avvicinandola a sé e accarezzando i capelli bianchi.
«Lu Guang! Lu Guang!»
«Cosa sta succedendo?» chiese incredula la ragazza alle sue spalle. «Perché Lu Guang sta sanguinando?»
La sua voce tremava e un urlo uscì dalle sue labbra appena si riprese completamente e vide le sue mani coperte di sangue.
Le palpebre di Lu Guang tremarono, avvicinò con incertezza una mano verso quella di Cheng Xiaoshi, gliela prese con delicatezza. Lu Guang mosse appena le labbra, sul punto di dire qualcosa, ma nessuna parola lasciò la sua bocca, anche la debole stretta sul palmo di Cheng Xiaoshi si allentò. La mano di scivolò via pesante, penzolando dal bordo del divano.
«Lu Guang, no… rimani con me.»
Le lacrime che si erano accumulate agli angoli degli occhi iniziarono a scendere, mentre tentava di risvegliarlo scuotendolo appena e stringendolo a sé.
«Lu Guang» sussurrò Qiao Ling dietro di lui, cadendo sul pavimento freddo anche lei singhiozzando.


‘Il tempo sana tutte le ferite’, era questo quello che gli avevano detto dopo il funerale, ma era passato più di un mese e nulla era migliorato, semmai il contrario. Ogni angolo del loro negozio era troppo vuoto, ogni piatto di noodles troppo insapore e il divano sempre vuoto. Il silenzio era soffocante. L’unica cosa che riusciva a fare era chiudersi nella camera oscura, perché Lu Guang non era mai appartenuto a quel posto. Se all’inizio in qualche modo riusciva a distrarsi sviluppando una o due foto, con il passare del tempo iniziò a ritrovarsi, senza saper dire come, rannicchiato sul pavimento, circondato da ricordi attaccati al muro.

Alcuni giorni dopo l’ufficiale Xiao Li andò a fargli visita con una fotografia tra le mani; gli chiese se avesse potuto immergersi un’altra volta. Era consapevole del fatto che il suo potere fosse utile, ma non rispose subito di sì. Lu Guang avrebbe soppesato accuratamente la situazione e poi avrebbe deciso, ed era ciò che avrebbe fatto anche lui. Prese la fotografia senza nemmeno guardarla e ci rifletté a lungo quel pomeriggio. Immergersi nel passato aveva davvero un senso? Ci pensò e ripensò, razionalmente non c’era alcuna ragione valida, lo aveva fatto solo quando c’era Lu Guang a guidarlo. Era fuori discussione farlo da solo.
Abbandonò la fotografia su uno scaffale.
Passarono altri giorni e anche se sembrava fosse giunto già da tempo alla sua risposta, quel pensiero era un tarlo nella sua mente, lo mangiava dentro. Si ritrovò di nuovo con la foto tra le mani a contemplarla, c’erano due ragazzi ritratti. Non ricordava cosa gli avesse detto l’ufficiale Xiao Li o cosa riguardasse quel caso, non gli interessava. L’immersione era un qualcosa che loro due facevano solo insieme, era ciò di più intimo che gli era rimasto di Lu Guang, nessuno avrebbe potuto capirlo. Poggiò la foto sul bancone e sbatté le mani tra di loro, teletrasportandosi nel passato.


Tutto riprese forma intorno a lui, era entrato nel corpo di uno dei due ragazzi.
‘Lu Guang’ lo chiamò piano nella sua mente. 
Non ci fu nessuna risposta.
Quando si immergeva non c’era spazio per i soli suoi pensieri, era un dialogo tra loro due. ‘Lu Guang’ pensò più forte.
C’era solo il silenzio nella sua mente. Un silenzio appiccicoso, disgustoso, che risaliva sul suo corpo, paralizzandolo.
«Lu Guang» disse a voce alta.
«Chi? Chi è Lu Guang?» gli chiese l’altro ragazzo con palese confusione.
Tutto intorno a lui sembrava ampliarsi e allontanarsi, isolandolo. Il petto gli faceva male per i respiri affannosi. Non riusciva più a sentire nessun suono, anche se vedeva l’altro ragazzo parlargli con preoccupazione. Cadde in ginocchio. Fu solo in quel momento che si rese conto di quanto avesse davvero perso. Lu Guang non c’era più. Era di nuovo solo.

Sbatté di nuovo le mani, ritrovandosi riverso sul pavimento gelido dello studio fotografico, annaspando tra le lacrime e con il cuore che minacciava di scoppiargli nella cassa toracica.


Corse nella camera oscura e iniziò a staccare tutte le fotografie dal muro. Negli scorsi mesi aveva passato il tempo a svilupparle, centellinandole una al giorno, pur di poter dedicare ad ognuna di essa, ad ogni dettaglio, la cura che meritava. Non aveva fatto altro, nessun altro lavoro o commissione. Le dispose poi in fila, l'una dopo l'altra sul tavolo. Non erano tante. Lu Guang non era un amante della fotocamera, spesso era Cheng Xiaoshi stesso a scattare di nascosto sotto le proteste del suo amico; forse aveva il timore che qualcuno potesse osservarlo attraverso di esse, come lui faceva con tutti gli altri. Avere poche foto non era mai stato un problema, a dire la verità quel problema Cheng Xiaoshi non se lo era nemmeno mai posto. Non avrebbe mai potuto immaginare che avrebbe avuto bisogno di così tante fotografie come in quel momento. E da quando era rimasto solo, non aveva nemmeno mai pensato di immergersi in quei ricordi, o forse non aveva mai avuto il coraggio di contemplare quella possibilità. L'essere tornato indietro nel tempo gli aveva acceso una speranza, seppur minima. Lui poteva viaggiare; poteva ritornare ai momenti in cui Lu Guang era ancora vivo.
Osservò la prima foto in fila, c'erano loro due sorridenti davanti l'insegna del Time Photo Studio. Fece un respiro profondo e batté le mani.

Il flash della fotocamera si infranse in un secondo e dalla polaroid uscì la foto. Cheng Xiaoshi la agitò piano nell'aria per farla raffreddare. Quelle erano le sue mani e il suo corpo, ma la sua mente sapeva di star vivendo per la seconda volta quel momento, come fosse un grande deja vu. Ce l'aveva fatta a tornare indietro. Indugiò qualche secondo in più sulla foto stampata. Adesso cosa avrebbe dovuto dirgli, cosa avrebbe dovuto fare? Ogni parola gli moriva nella gola, non sapeva nemmeno se sarebbe stato davvero in grado di parlargli.
«È venuta male?
» gli chiese Lu Guang avvicinandosi a lui e sbirciando la foto dalle sue spalle. La prese dalle sue mani per osservarla meglio. Cheng Xiaoshi si girò verso di lui, allarmandosi appena, per aver perso possesso di quella foto così importante.
Non lo ricordava così, non ricordava i suoi occhi così scuri e nemmeno i capelli così vivi e morbidi o come la sua faccia si contraesse in un piccolo impercettibile cipiglio quando si concentrava.

«Mi sembra sia venuta bene…» commentò, porgendogli nuovamente la foto.
Il ricordo del suo migliore amico si stava lentamente sfuocando dalla sua mente, scontornandosi, e quella consapevolezza gli provocò una profonda fitta al petto. Come poteva dopo tanti anni insieme dimenticarlo così facilmente?

«Stai bene, Cheng Xiaoshi?» Gli sventolò una mano davanti agli occhi.
Sentire il suo nome lo risvegliò dai suoi pensieri e per la prima volta, dopo tanto tempo, affrontò il suo viso e il suo sguardo.
«Sì, sì…» mentì «stavo pensando al nostro negozio.»
«Andrà bene, vedrai» gli sorrise, facendogli segno di tornare dentro insieme. Cheng Xiaoshi lo seguì chiudendosi la porta dietro le spalle. Quello era il giorno in cui avevano inaugurato il Time Photo Studio.



Consumare le foto in quel modo stava diventando un'ossessione. Non riusciva a fermarsi, cercava in tutti i modi di sfruttare al meglio le 12 ore concesse dal suo miracoloso potere. Appena usciva da un'immersione, si buttava subito in un'altra. Era chiuso da chissà quanti giorni nel salottino verde, seduto sul divano su cui lui e Lu Guang facevano partire tutte le danze. Ma adesso era così diverso; il rito si era spezzato. Lu Guang non guardava più le foto, i suoi occhi non brillavano e non diventavano più azzurri quando le ispezionava. Poteva ritenersi fortunato se, in qualcuno di quei frammenti del passato, capitasse di rivivere una loro immersione e di vederlo di nuovo all'opera.
Le foto iniziarono a scarseggiare: ne erano rimaste prima quindici e si era ripromesso di immergersi solo una volta al giorno.
Poi ne erano rimaste cinque e doveva iniziare ad accettare che presto sarebbero finite; non poteva tornare dentro a dei ricordi in cui era già stato. Ognuna di quelle cinque foto era diventata estremamente importante, di un valore incommensurabile.
Nei quattro giorni successivi si immerse e, ogni volta che tornava al suo presente, un macigno gli schiacciava il petto, le lacrime gli offuscavano la vista e la voglia di distruggere tutto ciò che c’era intorno a lui gli infiammava l'animo; fin quando non rimase solo una fotografia, il ricordo più caro.
Il quinto giorno non riuscì ad immergersi, sarebbe significato dirgli addio per sempre. Avrebbe lasciato la foto lì, pensò, e avrebbe aspettato che arrivasse il momento giusto in cui si sarebbe sentito pronto per vivere un’ultima volta con Lu Guang. L'aveva incorniciata e ogni volta che passava davanti ad essa e la fissava, sperando che quella fosse la volta giusta: non lo era mai. Eppure allo stesso tempo non riusciva più ad andare avanti e a sopportare la sua mancanza, nulla migliorava.
Capì, dopo un mese, che il momento giusto non sarebbe mai arrivato, che non sarebbe mai stato in grado di accettare di essere rimasto solo. Lasciare quella foto lì sarebbe stato solo un modo per non riuscire mai più a darsi pace. Fu così che una sera, dopo quasi tre mesi, prese la cornice tra le mani, l’appoggiò sul tavolino del salotto e si sedette sul divano. La fissò a lungo. Chiuse gli occhi e si immerse.

Era ancora seduto su quello stesso divano, ma la sua sinistra non era più vuota. Sul tavolino riposavano due bicchieri vuoti e alcune bottiglie di birra e vino; Lu Guang stringeva tra le mani un piccolo pacco regalo. Sul suo viso le guance erano leggermente arrossate e le labbra sottili si distesero in un piccolo sorriso. Rise appena quando finì di scartare il regalo. Cheng Xiaoshi, annebbiato dal poco alcool che aveva bevuto, pensò di non aver mai sentito un suono così cristallino.
«È proprio da te» disse osservando meglio il regalo: due piccoli ciondoli per il telefono, uno di gattino bianco e l’altro di un cagnolino nero.
«Ci assomigliano…» ripeté piano la frase che disse nel passato.
Non poteva cambiare nulla.

«Grazie, Cheng Xiaoshi.»
Lu Guang si girò e gli sorrise leggermente. Il cuore nel petto di Cheng Xiaoshi iniziò a battere più forte contro il costato. Lo ricordava perfettamente quel momento, come uno dei più belli che avessero mai vissuto, ma anche come uno dei suoi grandi rimpianti. Lu Guang gli si avvicinò ancora di più e gli porse la sua catenella, quella con il cane. Le loro dita si incontrarono e Lu Guang posò piano l’oggetto nella sua mano, sfiorandola lento con i polpastrelli. Ricordava e lo sentiva, come lo stesse vivendo per la prima volta: in quel momento, nel passato, aveva voluto fermare tutto. Voleva farlo anche ora che lo stava ripetendo. Voleva intrecciare le loro dita e sfiorare le sue labbra. Non ne aveva avuto il coraggio la prima volta, ma poteva dire fosse lo stesso per Cheng Xiaoshi del presente? Quello era un nodo cruciale di Lu Guang? Avrebbe cambiato il futuro?
Non lo sapeva.
In ogni caso non poteva, no, non doveva cambiare il passato. Glielo aveva promesso, erano le loro regole. Non rispettarle significava venire meno alle loro parole? Era diviso tra ciò che voleva fare e ciò che doveva fare, mentre Lu Guang stava aspettando. Se non lo avesse baciato in quel momento, non avrebbe mai potuto più farlo. Lu Guang gli aveva detto che alcune delle persone che andavano da loro lo facevano per non avere rimpianti. Quello valeva anche per lui? Poteva anche lui non averne più?
Lu Guang alla fine si allontanò, tornando ad appoggiarsi sul bracciolo del divano e Cheng Xiaoshi si fece scappare quell’occasione di nuovo e non avrebbe mai più potuto coglierla.



Tutti i ricordi erano esauriti. Pensava che così sarebbe stato più semplice: nulla era rimasto in sospeso, ma dentro di lui il turbamento non era cessato. Le regole di Lu Guang continuavano a frullargli nella mente ogni secondo: quando pensava a lui, ai ricordi rivissuti, quando si aggirava nel loro negozio ormai diventato spettrale.
‘Lascia al passato ciò che è passato e non fare domande sul futuro.’
Se lo continuava a ripetere forse per dargli una qualche parvenza di credibilità; ma le regole avevano ancora un senso se Lu Guang era morto? 
Come avrebbe dovuto fare per non pensare più al passato? Come avrebbe potuto? C’era ancora un futuro?
Nulla sembrava avere più un senso. I nodi cruciali, i momenti più di svolta nella vita delle persone, non potevano essere toccati e la morte di Lu Guang lo era certamente. Non poteva farlo, giusto? Non doveva.
Barcollò fino al bancone dell’ingresso e aprì un cassetto. Prese un telefono a cui era appeso il ciondolo di un gattino bianco. Lo accese, digitò la password e cercò la galleria. Nei mesi scorsi aveva sviluppato anche tutte le foto su quel telefono ad eccezione di una. Era mossa e Cheng Xiaoshi aveva potuto capire che ritraesse il Time Photo Studio solo dai colori. Era stata scattata il giorno in cui Lu Guang era stato accoltellato. Quella era l'unica e ultima possibilità di sistemare le cose, avrebbe riscritto il passato e cambiato il presente. Lu Guang sarebbe tornato al suo fianco. Respirò più volte profondamente per calmarsi e si immerse.

La prima cosa che vide furono le sue mani, o meglio le mani di Lu Guang; aveva preso possesso del suo corpo. La foto quindi era davvero sua, doveva averla scattata per sbaglio. Era buio. Sbloccò il telefono e vide l'ora: segnava le due di notte. Dalla camera oscura non si sentivano più rumori. Lì era da poco terminato il conflitto tra il serial killer e Cheng Xiaoshi del passato. L'uomo era stato catturato dalla polizia e portato in caserma. Lui era nel salottino, sempre sul divano, aspettando. Cheng Xiaoshi del passato in quel momento era immerso da tutt'altra parte. 
Aspettò in silenzio, immobile, mentre il suo cuore, o meglio quello di Lu Guang, gli batteva all’impazzata. 
La voce di Qiao Ling si propagò piano per i corridoi mentre chiamava i loro nomi. La ragazza arrivò sull’uscio della porta, si fermò. Aveva un piattino di mele in mano, su cui era poggiato anche un coltello.
«Lu Guang, ti ho portato qualcosa da mangiare» disse, avvicinandosi poi piano, barcollando nella sua camminata. Percepì che anche Lu Guang fosse teso, forse perché stava seguendo Cheng Xiaoshi del passato nel suo viaggio o perché anche lui aveva percepito qualcosa di sbagliato.
Attese ancora con gli occhi appena socchiusi, per non destare sospetti.

Qiao Ling poggiò il piatto sul tavolino e prese il coltello. Di lì a poco sarebbe arrivata, dritta verso il suo collo. Sentì i passi avvicinarsi. Aprì gli occhi. La ragazza fletté il braccio velocemente per colpirlo. Il volto era contorto in un inquietante sorriso. Alzò veloce la guardia, parando la sferzata col braccio.
«Quindi anche tu te la cavi» disse la ragazza ridendo. Non era più lei; il serial killer l'aveva posseduta con il suo potere, forse sin dal momento in cui aveva varcato la porta di quella stanza. Qiao Ling si buttò su di lui, per bloccarlo sul divano e fendé di nuovo il coltello sferzando l’aria. Cheng Xiaoshi le bloccò il polso. Fermò così un’altra coltellata fatale. Le girò il braccio e fece leva sulla sua spalla. Riuscì a scacciarla da sopra di sé e rimettersi in piedi. Si portò entrambe le braccia davanti al volto per difendersi, continuando a parare e deviare i suoi colpi. Ce l’avrebbe fatta, avrebbe salvato Lu Guang.
«Lu Guang! Qiao Ling!»
Il cuore di Lu Guang perse un battito, Cheng Xiaoshi riuscì a sentirlo. Gli occhi di entrambi gli interpellati sfrecciarono verso la voce: era quello il momento in cui Cheng Xiaoshi del passato era tornato nel suo presente. Qiao Ling rise e il sangue gli si gelò nelle vene. La ragazza riuscì a disingaggiare, più veloce di un fulmine, e si avvicinò a Cheng Xiaoshi del passato. Lui non poteva competere con la sua agilità, Lu Guang non era mai stato bravo a muoversi, non era per lui il combattimento, a differenza loro. Un turbinio di emozioni irruppe dentro di lui nel momento in cui il suo sguardo si incrociò con quello di Cheng Xiaoshi del passato e capì che quelle non erano le sue sensazioni. L’urgenza di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per fermare di nuovo Qiao Ling si propagò nella sua mente insieme al terrore di poter perdere Cheng Xiaoshi.

«Cheng Xiaoshi» lo chiamò, per scuoterlo, e poi si buttò verso di lui. Riuscì a spingerlo via dalla traiettoria dell’ultima coltellata, giusto in tempo. Non poteva permettere che rimanesse ferito; Lu Guang non lo avrebbe mai voluto e lui non poteva permetterlo, altrimenti non sarebbe più potuto tornare indietro per salvarlo. Quella linea temporale sarebbe terminata lì. 
Il coltello gli trafisse il costato. Il dolore iniziò a propagarsi prima simile a tanti spilli che bucavano la pelle, per poi dilagarsi con sempre più potenza, lacerandogli le carni e togliendogli il respiro. Il coltello continuava ad affondare, la lama gelida sembrava congelargli ogni punto del suo corpo con cui entrava in contatto, sempre più in fondo. Qiao Ling estrasse il coltello dal corpo; le gambe gli cedettero. Cadde a terra.
«Vedi, Cheng Xiaoshi, te l’avevo detto che sarei tornato, che te l’avrei fatta pagare!» rise nevrotica la ragazza, indicando Cheng Xiaoshi del passato col coltello gocciolante di sangue.
I suoni iniziarono ad ovattarsi. Lo sguardo vagava sperduto per la stanza, finché non si posò sugli occhi di Cheng Xiaoshi, occhi sgranati pieni di disperazione. Pieni dell’inizio di tutto ciò che avrebbe vissuto da quel momento in poi. Poi percepì la tristezza, ma di Lu Guang. La tristezza di star perdendo la persona a cui teneva di più, la tristezza di vederla così distrutta per colpa sua e la tristezza di non poter più vivere alcun giorno con lei. Ma anche un senso di lieve pace, che iniziava a diffondersi piano nel suo animo, nel sapere di essere riuscito a proteggerlo, che sarebbe stato bene.
Quelli erano i sentimenti di Lu Guang prima di morire?
Mentre tutto intorno a lui diventava freddo e opaco e perdeva conoscenza, Lu Guang si sentiva in quel modo. Lui invece lo aveva abbandonato per tutto quel tempo, senza farsi coraggio di immergersi nel passato per salvarlo. E quando lo aveva fatto, aveva fallito, di nuovo. Una lacrima solitaria, piena dei suoi pensieri e quelli di Lu Guang, sfuggì dai suoi occhi, rotolando sulla guancia e poi cadendo sul pavimento. Venne espulso via dalla foto.


 

Era in macchina, il poliziotto Bin Chen lo stava accompagnando verso l’ospedale, un’altra volta. Era lì che aveva visto il corpo di Lu Guang.
«Sai già tutto, no?» gli chiese.
«Sì…»
Fin troppo bene, era crudele fargli quella domanda, ma Bin Chen non poteva saperlo.
Era crudele anche che dovesse rivivere quel momento. Forse con la sua ultima immersione avevano cambiato linea temporale, ma il risultato era rimasto lo stesso. Il solo pensiero di dover rivivere nuovamente tutto quel tempo senza Lu Guang era disorientante, nauseante, ma almeno avrebbe potuto immergersi di nuovo nel momento della sua morte e provare un’altra a salvarlo. Ci avrebbe provato tutte le volte necessarie. Avrebbe provato ad immergersi in ricordi già usati, se necessario.
Uscirono dall’autostrada e dopo pochi minuti arrivarono alla struttura.
Cheng Xiaoshi non la guardò nemmeno, non voleva, lo portava indietro a troppi dolori, mai superati. Seguì il comandante fino ad arrivare alla porta di quella stanza.
Inspirò e si fece coraggio, sapendo che non sarebbe mai stato abbastanza per rivedere di nuovo quella scena.
«Cheng Xiaoshi!» lo chiamò contenta Qiao Ling e lui alzò lo sguardo.
Si ritrovò di fronte Lu Guang seduto dritto nel letto. Il suo cuore perse un battito quando i loro occhi si incrociarono. Le palpebre si sgranarono da sole.
«Sei… vivo?» chiese incredulo. Gli corse incontro, buttandosi piano al suo collo e abbracciandolo, bagnandolo con le sue lacrime che non riuscì a contenere in nessun modo. 
«Perché non dovrei? Sembra tu abbia visto un fantasma.»
Lu Guang lo avvicinò più a sé col braccio, ricambiando la stretta.
«Pensavo fossi morto.»
«Ma come? Il capitano Bin Chen non ti ha detto nulla?» chiese Qiao Ling.
«Aveva detto di aver capito in macchina, non potevo dire nulla di preciso. Seguivo gli ordini del comandante Xiao Li.»
Non era quello a cui Cheng Xiaoshi si riferiva, ma non aveva importanza; era riuscito a salvare la vita di Lu Guang e a farlo ritornare al suo fianco.
«Mi sei mancato così tanto» disse sussurrando al suo orecchio, stringendolo più forte a sé. Solo Lu Guang lo riuscì a sentire e rimase in silenzio per qualche istante.
«Cosa hai fatto?» gli chiese, come se avesse capito tutto.
«Nulla di importante...»
Le regole, il passato, il futuro, i nodi cruciali, tutte quelle stronzate non erano nulla in confronto.
Erano di nuovo insieme e solo quello bastava per rendere tutto il resto di poca importanza.
«Grazie, Cheng Xiaoshi...»
Quella era stata la scelta giusta.



Note dell'autrice:
Salve, welcome back. Un'altra storia da aggiungere al catalogo 'Anchestral scrive per fandom che conosce solo lei', ma questo donghua ha assorbito tutta la mia esistenza per la scorsa settimana e DOVEVO scriverci qualcosa. Però non scriverò mai più su dei viaggi nel tempo che coinvolgono più versioni dello stesso personaggio, è stato estremamente difficile e mi ha portato un mal di testa non indifferente, spero che tutte le dinamiche siano state abbastanza chiare.
Fun fact: il titolo provvisorio della storia doveva essere 'I cinque stadi' e ogni sotto sezione si sarebbe dovuta chiamare come uno degli stadi dell'elaborazione del lutto. L'idea è rimasta ma ho voluto levare quel passaggio immediato, mi chiedo se così sia rimasto nella storia questo filo conduttore, altrimenti forse cambierò il titolo e aggiungerò i sottotitoli. 
Grazie per aver letto e spero vi sia piaciuta la storia.
Alla prossima :3


EDIT:
Vorrei chiedervi un favore, mi piacerebbe rendere più funzionale la sezione di Link Click, nella speranza che più autori e lettori si avvicinino a questo bellissimo fandom, per tale motivo ho aggiunto alla richiesta dei personaggi Cheng Xiaoshi e Lu Guang. Se possibile vi chiederei di votarli per farli aggiungere ufficialmente alla sezione. Non posso aggiungere gli altri perché non li ho usati come protagonisti, ci ho provato. Grazie mille per il vostro aiuto!
   
 
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