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Autore: Carmaux_95    17/09/2023    4 recensioni
[YakuLev per Pampa ♥]
Kuroo non sapeva scegliere se Lev fosse stupido, fingesse di esserlo o fosse semplicemente masochista.
Era difficile, davvero!
E a che cavolo di sport stava giocando, per altro? Guardandolo, gli risultava quasi difficile riconoscere la sua amata pallavolo. Non che fosse mai stato un asso ma quel giorno sembrava quasi peggio del solito – il che era tutto dire – cosa che, come sempre, aveva attirato le ire di Yaku.
«Siamo messi bene…», commentò ironico quest’ultimo, al suo fianco. «Così proprio non va! Non oggi!».
Kuroo annuì: non si poteva proprio dire che la squadra fosse in forma.
E ormai l’anno accademico era giunto al termine: sarebbe stato un vero peccato concludere così.
«Io penso a Kenma; tu occupati di Lev».
Yaku non era il suo vice ma c’era un motivo se il resto della squadra li prendeva in giro chiamandoli “la mamma e il papà della squadra”. Inoltre, in quanto libero, il suo ruolo era tenere insieme i pezzi, dentro e fuori dal campo.
E, a volte, per tenere insieme le cose era necessaria una pedata ben assestata seguita dall’ordine perentorio di andare in spogliatoio a darsi una rinfrescata.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lev Haiba, Morisuke Yaku
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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HOW TO EXORCISE YOUR DEMON SENPAI
 

Per Pampa ♥
 

yakulev
 
 
Kuroo, a bordo campo e con le mani appoggiate sui fianchi, scandagliò la palestra con fare corrucciato.
Da dove cominciare?
In panchina, un terribilmente raffreddato Inuoka non faceva altro che soffiarsi il naso. Gli aveva detto di tornare a casa a riposare ma il ragazzino, mascherina sul viso, aveva preferito rimanere per aiutare Yamamoto con lo stretching: lo schiacciatore si era slogato una caviglia qualche settimana prima ma fortunatamente non si era fatto nulla che un tutore non potesse sistemare in poco tempo.
Poi Kenma. Aveva lo sguardo più stanco del solito: a che videogioco stava giocando ultimamente che lo teneva sveglio di notte?
E a che cavolo di sport stava giocando Lev, invece? Guardandolo, gli risultava quasi difficile riconoscere la sua amata pallavolo. Non che fosse mai stato un asso ma quel giorno sembrava quasi peggio del solito – il che era tutto dire – cosa che, come sempre, aveva attirato le ire di Yaku.
«Siamo messi bene…», commentò ironico quest’ultimo, al suo fianco. «Così proprio non va! Non oggi!».
Kuroo annuì: non si poteva proprio dire che la squadra fosse in forma.
E ormai l’anno accademico era giunto al termine: sarebbe stato un vero peccato concludere così.
«Io penso a Kenma; tu occupati di Lev».
Yaku non era il suo vice ma c’era un motivo se il resto della squadra li prendeva in giro chiamandoli “la mamma e il papà della squadra”. Inoltre, in quanto libero, il suo ruolo era tenere insieme i pezzi, dentro e fuori dal campo.
E, a volte, per tenere insieme le cose era necessaria una pedata ben assestata seguita dall’ordine perentorio di andare in spogliatoio a darsi una rinfrescata.

yakulev
 
Lev si sedette su una panca e Yaku gli lanciò in faccia un asciugamano perché si tamponasse i capelli, fradici dopo aver ficcato la testa nel lavandino, sotto il getto dell’acqua fredda.
«Allora, che c’è? Fai più schifo del solito».
Una scrollata di spalle.
«Se non vuoi fare nemmeno la fatica di rispondermi puoi prendere le tue cose e tornare a casa», decretò, consapevole della propria acidità.
Emise un sospiro esasperato e finse di andarsene ma, ormai sulla soglia, un rumore lo costrinse a fermarsi: Lev, la testa china e il viso nascosto, aveva goffamente tirato su con il naso.
“Ho esagerato? Non sta piangendo… vero?”
Tornò sui suoi passi e, con fare incerto, gli fece scivolare l’asciugamano sulle spalle: non stava piangendo… ma il suo sguardo era triste come mai prima d’ora.
«Cosa succede?»
Lev fissò le piastrelle del pavimento: «Oggi è l’ultimo giorno: è il nostro ultimo allenamento insieme. Dalla prossima volta non ci sarai più…»
Yaku sapeva come mettere il sale in zucca perfino al più cocciuto dei suoi compagni, sapeva come spronare e come incoraggiare ma non aveva la più pallida idea di quale fosse l’approccio da usare quando qualcuno era sull’orlo delle lacrime… per lui, per giunta.
«Sapevi che prima o poi sarebbe successo».
«Non ci avevo mai pensato. Sembrava così lontano…»
«Tu sei del primo anno, io del terzo: era inevitabile».
«Non sarà più lo stesso senza di te».
«Shibayama è un bravo libero. Gli darò istruzioni e il permesso di picchiarti ogni volta che lo riterrà opportuno».
«Non sarà lo stesso… non puoi fermarti un po’ di più?»
Yaku sorrise e, suo malgrado intenerito, decise di concedergli un regalo. Seduto com’era la sua testa era all’altezza giusta. Non l’aveva mai fatto prima: appoggiò una mano sul suo capo e gli donò una carezza rassicurante.
Lo sguardo del centrale si sollevò da terra, gli occhi scioccati ma improvvisamente ravvivati.
“Brutto spilungone mezzo russo… sei in una squadra di gatti: perché assomigli a un cagnolone scodinzolante? Dannato cucciolo troppo cresciuto”.
«Forse hai ragione. Ho cambiato idea: non dirò niente a Shibayama. Inoltre, lui è troppo buono: non ti prenderebbe mai a calci come farei io».
«Quindi sono stato un po’ speciale, per te?»
“No! Affatto!”
La mano fra i suoi capelli si fece immediatamente pesante, costringendolo a tornare a guardare il pavimento: non gli avrebbe permesso di indovinare i suoi pensieri e di vederlo arrossire.
«Beh… certo». Si schiarì la gola, cercando di dissimulare: «Certo che sei “speciale”: nessuno mi ha mai fatto incazzare tanto quanto te».
La risata di Lev era impacciata ma, in qualche modo, gli calzava a pennello e riuscì a strappargli un altro sorriso.
«Torna ad allenarti, adesso. Forza».
Sollevò la mano dalla sua testa ma prima che potesse allontanarsi Lev lo trattenne per il polso. Non capì subito il motivo di quel gesto, così come non ebbe il tempo di cogliere quella sfumatura incerta ma scalpitante nel suo sguardo.
Lev lo tirò a sé senza violenza. Gli avvolse un braccio attorno ai fianchi e, facendolo capitolare sulle sue gambe, gli stampò un veloce bacio sulle labbra.
Impietrito sul posto e con gli occhi sgranati, Yaku riuscì solo a serrare la mano libera e a caricare un pugno che, però, rimase bloccato a mezz’aria.
Forse fu perché ne rimase troppo sconvolto per assestarglielo; forse fu per il modo in cui Lev chiuse di colpo gli occhi e incassò la testa nelle spalle, intimorito dalla sua rappresaglia.
Forse fu perché, nonostante l’orgoglio, aveva provato tante volte a immaginare come sarebbe stato baciare Lev ma, ora che era successo, era stato tutto… troppo veloce. Più che arrabbiato per quel gesto improvviso, si sentì frustrato.
“Maledetto!”
Non poteva… non poteva afferrarlo e...
“E comunque come ti permetti?!”
Caricò nuovamente il pugno ma Lev schiuse gli occhi appena in tempo e, accorgendosi del pericolo, lo anticipò rubandogli un secondo bacio.
Yaku avrebbe voluto reagire, avrebbe davvero voluto sgonfiare quella sfacciataggine a suon di pugni.
Il suo corpo, invece, sopraffatto da quell’approccio così diretto, si abbandonò per un attimo, convincendolo a schiudere le labbra.
 

*
 
 
Se ne vergognò. Terribilmente.
Si vergognò del fiato corto e del battito del proprio cuore, completamente fuori controllo.
Si vergognò del disordine dei capelli ancora umidi di Lev vittime delle sue mani, prede della frenesia del momento: non si capacitava del fatto che proprio lui ne fosse il responsabile.
D’accordo, a essere onesti i capelli corti gli erano sempre piaciuti e quel grigio lucente lo aveva affascinato fin dal primo momento.
Ricordò un pomeriggio in cui, in compagnia di Yamamoto, Kai e Kenma si era lasciato scappare un commento in proposito. Era stato Yamamoto a introdurre l’argomento quando Lev, finiti gli allenamenti, era tornato a casa accompagnato dalla sorella maggiore: «Alisa-chan è sempre bellissima!».
Yaku aveva concordato e Kai, conoscendolo da più tempo, aveva indagato: «Mi pareva che preferissi le ragazze con i capelli corti».
Non aveva riflettuto, prima di rispondere: «Sì: se Alisa avesse i capelli corti sarebbe davvero perfetta!»
Era stato Kenma, a quel punto, a fargli risuonare in testa un campanello d’allarme: «Lo sai, sì?, che Lev è Alisa con i capelli corti?»
Maledetti, stupidi, morbidi e setosi capelli corti!
Erano scivolati in modo così delizioso fra le sue dita – i ciuffetti a solleticargli i palmi – che non era riuscito a trattenersi e tra un sospiro e l’altro aveva continuato a imbrigliarli e spettinarli prepotentemente fino a quando un mugolio di Lev non lo aveva riportato alla realtà.
Tra le altre cose si vergognò soprattutto del fatto che fosse stato così facile, per Lev, conquistarlo.
Lui e i suoi altrettanto stupidi occhioni verdi sempre così felici di vederlo; lui, goffo e un po’ sgraziato ma sempre così entusiasta e pronto a mettersi alla prova.
Si alzò dalle gambe di Lev e gli diede la schiena, come se avesse davvero potuto nascondere le guance paonazze e le labbra gonfie.
«Torna in palestra», borbottò cercando di ritrovare un contegno.
«Verrai a trovarmi, Yaku-san?»
«Datti una sistemata e torna in palestra».
Di nuovo, Lev gli afferrò una mano e lo costrinse a voltarsi verso di lui: non strinsero ma quelle dita lunghe intorno al suo polso sembrarono quasi bruciargli la pelle.
«Allora? Verrai?»
Deglutì: «Studio permettendo».
«Promesso?»
Non è che fosse o volesse apparire minaccioso avvicinandoglisi così tanto, al contrario. Ma Yaku era così piccolo rispetto a lui che, ad un occhio esterno, Lev sarebbe apparso come un avvoltoio curvo sulla propria preda.
Con il cuore in gola, così poco abituato a quel tumulto emotivo, annuì: «Promesso…»
Quasi non aveva finito di pronunciare quella parola che, per l’ennesima volta, si sentì trascinare contro il petto di Lev. Si vide costretto ad alzarsi sulle punte dei piedi, e le sue lamentele vennero messe a tacere dalle labbra del compagno.
Questa volta non si lasciò sopraffare e riuscì a divincolarsi: «Non lo fare mai più!», esclamò puntandogli un indice minatorio contro.
Lev lo guardò, improvvisamente confuso: «Ma… mi sembrava ti piacesse».
Yaku, finalmente, gli piantò un pugno in piena pancia facendolo piegare in due: «Tu sei grande e grosso: non puoi semplicemente afferrarmi e baciarmi senza preavviso!»
Quanto detto fu sufficiente perché gli occhi di Lev tornassero sfacciatamente felici: «D’ora in poi ti chiederò sempre il permesso!»
 

yakulev
 

Kuroo non sapeva scegliere se Lev fosse stupido, fingesse di esserlo o fosse semplicemente masochista.
Era difficile, davvero!
Aveva capito fin da subito la natura dell’interesse del gigante per Yaku… più contorta gli era sembrata la sua strategia di conquista nel corso dell’anno: non aveva ancora capito che a stargli addosso e a parlare a sproposito aumentavano esponenzialmente le probabilità di essere malmenati?
Eppure, Kuroo sapeva per certo che nessuna provocazione nascondeva cattiveria ma solo ingenua inconsapevolezza.
Per questo, in fondo, pensava che Lev fosse davvero soltanto molto stupido.
Ma poi si era accorto delle reazioni di Yaku, di quanto s’infervorasse alla più insignificante goffaggine di Lev e di quanto rapidamente le sue guance si arrossassero. Non che quegli inaspettati exploit emotivi gli precludessero di assestargli un calcio ogni qualvolta lo ritenesse necessario, comunque.
Era stato anche per quel motivo che aveva rifilato al libero il compito di rimettere in riga Lev, quel pomeriggio. Nel suo piccolo, il capitano si sentì estremamente fiero di sé: aveva fornito al suo coetaneo l’ultima occasione di ingoiare l’orgoglio ed essere sincero con sé stesso… oppure aveva firmato la condanna a morte di Lev per mano dell’entità demoniaca che, da che lo conosceva, albergava in Yaku.
I confini tra successo e fallimento di quella strana buona azione rimasero sbiaditi fino a quando Kuroo non vide i due compagni di squadra uscire, finalmente, dagli spogliatoi.
Ma a giudicare dallo stato indecoroso dei capelli di Lev e dalla carnagione di Yaku, ormai in tinta con il colore della sua maglia, le cose dovevano essere andate per il meglio.
Scosse la testa con fare bonario: forse, in fondo – molto in fondo – se era riuscito ad esorcizzare Yaku, Lev non doveva poi essere così stupido.


 
yakulev
 
 
Angolino autrice:
Buona domenica!
Questa storia nasce grazie alla cara Pampa, che mi ha commissionato una YakuLev con il prompt “Grab: un personaggio afferra l’altro e lo bacia”.
Dato che su efp shottine dedicate a questi due NON CE NE SONO, ringrazio doppiamente Pampa per avermi dato la possibilità di scrivere questa storiella! ♥ Spero che ti sia piaciuta e abbia rispecchiato le aspettative! ^^
Ringrazio come sempre chiunque vorrà dedicarmi cinque minuti del suo tempo!
Mando un grosso abbraccio e un bacione a tutti quanti!
Buona serata! ^^
Bea
  
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