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Autore: dirkfelpy89    22/09/2023    0 recensioni
Sapevo bene che la condizione di licantropo è forse la più terribile. Non sarei stato in grado di portare avanti il mio lavoro, forse nessun mestiere perché chi mai assumerebbe un lupo mannaro?
Una bestia assetata di sangue.
Chi mai vorrebbe rimanere al fianco di una persona la quale, una volta al mese, si trasforma in qualcosa capace delle peggiori malvagità?

1995. Natale al San Mungo. I Weasley e Harry visitano Arthur, appena aggredito da Nagini. Ma non sono i soli in quel reparto. C'è anche un un'uomo attaccato da un lupo mannaro.
Questa è la sua tragica storia
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo

 



"Oggi morirò.

É una frase che dovrebbe incutere paura, terrore in ogni essere umano timorato di Dio che popola questo nostro pianeta disgraziato.
Pare una dichiarazione terribile da pronunciare perché contiene di per sé una verità, una fine, che tutti abbiamo sempre cercato di allontanare dalle nostre menti. Negli angoli più oscuri dei pensieri più tristi nelle giornate più cupe.

Sin da quando nasciamo abbiamo una data di scadenza, diceva mia nonna, eppure tutti, in maniera stupida e inutile, cerchiamo affannosamente di non rendercene conto. Di rifuggere a questa certezza, continuando le nostre piccole battaglie, facendo finta di poter vivere in eterno.
Morire fa paura perché non avremo più la possibilità di completare la nostra vita, di portare avanti piani o idee, anche i più sciocchi. Ma quando ti senti vuoto e non hai più alcuna ragione per continuare ad alzarti al mattino e osservare il pallido sole londinese che ti irride… l’idea fa meno paura, appare decisamente meno aliena.
O forse temiamo più l'idea in sé, la paura dell'ignoto, di ciò che non possiamo controllare. Il fatto che non sappiamo che cosa ci attende, quando serriamo gli occhi per l’ultima volta senza avere possibilità alcuna di tornare a guardare il mondo. Ci aspetta l’inferno? Il nulla cosmico?
Ma quando qualsiasi cosa che c'è oltre quel velo, che para costantemente i nostri occhi, è più desiderabile della vita che si prova stancamente a portare avanti, allora, forse, morire può essere un sollievo.
Una pallida consolazione.

Osservo il cappio che dondola, invitante, davanti ai miei occhi, seduto su una sedia scompagnata davanti un tavolo con una gamba più corta delle altre.
Il cottage nel quale mi sono rifugiato da ormai diversi giorni è silenzioso testimone della lotta che ha dilaniato le mie carni e la coscienza (non so chiamarla in un altro nome) che mi porto appresso con sempre più stanchezza e malagrazia.
Scrivo con una piuma d'oca sfilacciata come la mia vita su un quaderno polveroso (come il futuro che mi attende) che ho trovato per terra, poco distante il mio rifugio, ieri sera; il calamaio è quasi secco, ma credo che basterà.
Quando quelli del San Mungo mi verranno a cercare, in previsione della prossima luna piena, troveranno il mio corpo appeso al cappio e vicino questo quaderno con tutte le risposte alle inevitabili domande. Perché?

Mi chiamo Ernest, ho quarant’anni, sono Mezzosangue e un Tassorosso fino al midollo.
Mia madre era una Babbana di nascita, donna tenace e silenziosa, mio padre un Mezzosangue che lavorava come riparatore di scope da corsa per la nazionale.
"Ernest sei troppo buono, questo mondo è cattivo e ti mangerà in un sol boccone se non tiri fuori le palle, di tanto in tanto!" Era la frase preferita di papà, uomo burbero ma saggio, a suo modo.
"Il mondo è cattivo, tuo padre ha ragione, ma tu sei diverso, amore mio," mia madre faceva da contraltare quando papà non ascoltava. “Non ti abbassare al suo schifo.”

E sono cresciuto così, timido e dal cuore d'oro, riservato, uno di quelli che non avrebbe mai fatto male a una mosca e sì, ho provato a fare lo stronzo quando sono diventato adolescente, ho tentato in qualche modo di cambiare la mia essenza perché gli schiaffi che stavo ricevendo erano troppi e a un certo punto uno deve pur cercare di reagire alla vita!
Ho capito che non faceva per me, avevo pochi amici, mia madre, la piccola bolla contro le cattiverie della vita. Tanto bastava.
Non avevo buoni voti, non ho mai fatto il Prefetto o giocato a qualche sport magico, nulla, ma ero tranquillo e felice con me stesso. Conscio del fatto che ero una persona timida, buona, incapace di arrecare danno agli altri.
Che inevitabilmente la vita mi avrebbe complicato le cose perché quella bastarda fa così: è debole con i forti e forte contro i deboli. Ben poche eccezioni che finivano inevitabilmente per darmi ragione.
Ma non mi interessava. La sera andavo a letto e dormivo tranquillo, con la coscienza pulita, immacolata come le mie ottanta camicie bianche ripiegate con cura nell’armadio. Perché avevo l'anima in pace e tutto procedeva in maniera onesta, lenta ma sicura.
Un lavoro onesto, due amici con i quali mi trovavano i fine settimana, un paio di relazioni dimenticabili e l'appoggio di mia madre.
Fino a quando non ho incontrato Elizabeth."

Appoggio la piuma e mi massaggio la mano. Cavolo, non scrivevo così tanto dai miei M.A.G.O.
La luce nel frattempo sta calando oltre le finestre unte: il tramonto è ormai vicino e sono tutto sommato a un buon punto.
Non voglio trascorrere l'ultima notte della mia vita senza prima una bella mangiata.

/ / / / / / /



Non appena mi materializzo nella città vicino al cottage capisco subito che ho commesso un’errore grave. Perché la luna piena è stata solo una settimana fa, percepire tutto quel sangue caldo e viscido scorrere nelle vene dei Babbani che camminano ignari per la strada… mi riempie di una sensazione di calore piuttosto sgradevole.
Quanto vorrei azzannarne uno e spolparlo.

Ma poi la parte razionale del cervello umano ha la meglio e mi sento peggio di prima perché ho permesso a un pensiero tanto alieno da me di controllarmi, anche se per solo un attimo.
Mi fermo al primo ristorante che incontro e so che incuto timore negli altri: non mi lavo da una settimana e non ho uno specchio nel mio rifugio ma immagino che il mio aspetto non sia molto rassicurante per quei Babbani.
Ordino una bistecca al sangue e un calice di vino rosso e il servizio tutto sommato si dimostra veloce (forse hanno fretta di disfarsi di un cliente così poco raccomandabile) il cibo di buona qualità.
Sento gli sguardi degli altri avventori su di me ma ormai non mi interessa, che puntino le loro dita contro di me, che si facciano una risata o raccontino, una volta a casa, di avere incontrato un tizio sporco e bisunto al ristorante, si diventino pure.
Decido di comprare la bottiglia intera, pago velocemente con gli ultimi soldi Babbani in mio possesso e poi, una volta svoltato l'angolo, mi smaterializzo per tornare nel mio rifugio.
Lontano da quella marmaglia e dai loro sguardi indagatori.

La lettera e il cappio mi attendono, non si sono mossi, ovviamente.
Apro l'unica finestra funzionante e mi godo il sole che scende oltre le bianche montagne che circondano il cottage, mentre bevo il mio vino.
Adesso che ci penso non è poi così buono ma non è questo quello che importa. Il vino serve a darmi coraggio per continuare la mia opera; è un mezzo non il fine.

"Elizabeth era la figlia del mio vicino di negozio a Diagon Alley. Io lavoravo, fino a qualche settimana fa, per uno dei pochi costruttori di calderoni dell'Inghilterra, il nostro vicino di negozio, invece, commerciava la pelle di drago.
Fu un vero e proprio colpo di fulmine, io ed Elizabeth ci innamorammo perdutamente, dopo solo qualche mese dal nostro incontro eravamo fidanzati ufficialmente e due anni fa ci siamo sposati.
Lei mi completava, aggiungeva quel pizzico di pepe alla mia vita, tutto sommato monotona, senza però avere l'ardire di sconvolgerla come altre pallide imitazioni di fidanzata che ho avuto, in passato. Rispettava chi ero, il mio essere una persona per certi versi differente dalla massa tutta omologata. Rinchiusa in se stessa.

Due opposti che si completavano perché lei era estroversa, aperta alla vita e alle sue meraviglie nascoste. Io la aiutavo ad aprire gli occhi sul mondo e sulle persone, lei a tirarmi fuori da quel bozzolo nel quale mi nascondevo con costanza.
Arrivò il momento di convivere, di sposarci, di mettere al mondo una creatura la quale sarebbe stata il risultato tangibile, palese, del nostro amore.
Ma quel risultato non arrivava.

Provammo in ogni modo possibile, ogni posizione, ogni rimedio casalingo. Fummo visitati dal san Mungo e anche da medici Babbani ma pur cambiando gli addendi il risultato non cambiava.
Per me la cosa non faceva molta differenza. Ho sempre pensato al futuro con timore, mettere al mondo un figlio e crescerlo, insegnandogli dei valori e a essere un cittadino rispettoso, non è facile ma Elizabeth, lei stava impazzendo di dolore. Era così importante per lei che alla fine commisi il più stupido degli errori.
É sciocco ma a volte prendiamo le decisioni più stupide dopo attento ragionamento mentre quelle più importanti le affrontiamo di petto e, posso dirlo, fu un grave errore: andai a Notturn Alley dove c'era una strega che, i miei vicini mi avevano detto, realizzava delle pozioni capaci di ogni cosa, ogni miracolo.

Vi ricordate cosa ho scritto prima? La vita è forte con i deboli e noi in quel momento eravamo in una condizione di estrema fragilità. Quella megera mi fece pagare 25 galeoni per una pozione che, lei giurava, avrebbe messo incinta mia moglie al primo tentativo.
Indovinate un po'? Non ebbe alcun effetto, ero stato truffato e per questo motivo, per la prima volta nella mia vita, di fronte all’ennesima crisi di depressione di Elizabeth, ebbi uno scatto di onore. Non ero stato preso in giro solo io, ma anche mia moglie e il desiderio più forte e disperato del suo animo così puro.

Tornai nel negozio di quella vecchia e sfogai contro di lei la mia rabbia, insultandola e dandole della ladra di fronte agli avventori. Oh, lei era decisamente arrabbiata, disse che me l'avrebbe fatta pagare, ma non mi interessava, mi ero fatto valere.
Che sensazione potente, l'ira dei giusti.

Due settimane più tardi, mentre tornavo a casa da una serata trascorsa insieme ai miei soliti due amici dei tempi della scuola, venni aggredito da un lupo mannaro.
Mi morse più volte ma non mi uccise, non ho le prove ma potrei giurare che è stata la vecchia a mandarlo per punirmi. L’avevo accusata di essere una truffatrice di fronte a mezza Notturn Alley…
L'ira dei giusti ebbe il solo e unico risultato di farmi svegliare, diversi giorni più tardi, al San Mungo."

Mi osservo le braccia e vedo ancora le cicatrici dei morsi di quella bestia orrenda. Se fosse stato un licantropo qualsiasi proverei quasi pietà per quella creatura, incapace di controllarsi. Eppure so che non è stata una casualità se quel lupo mi ha attaccato.
Ma è tardi, il vino sta avendo la meglio, posso la testa tra le braccia, sul tavolo, e chiudo gli occhi.

/ / / / / / /



Il risveglio è traumatico e allo stesso tempo immediato.
Alzo la testa e mi rendo conto che qualche raggio di luce inizia a filtrare tra le persiane divelte.

Non ho molto tempo, vorrei terminare questa lettera prima che il sole si alzi alto nel cielo e che una nuova giornata incominci.
Prendo la piuma, la intingo nei pochi millimetri di intenso inchiostro nero rimasto nel calamaio sbeccato e riprendo a scrivere.

"Al mio risveglio ero intontito, dolorante e pieno zeppo di bende. Non capivo dove mi trovassi o cosa mi fosse accaduto, ma sentivo che c'era qualcosa di sbagliato dentro di me.
I guaritori evitavano i miei sguardi supplichevoli di una risposta, anche misera e falsa, Elizabeth venne al mio capezzale, un paio di volte, ma ero ancora sotto il pesante effetto delle pozioni e l'unica cosa che riuscivo a capire erano le copiose lacrime che solcavano il suo bel viso.

Infine, dopo una settimana di dolori e angoscia, tre guaritori mi rivelarono la triste verità. Un lupo mannaro mi aveva aggredito mentre era trasformato, logica conseguenza fu che, a mia volta, ero diventato un licantropo.
Il mondo semplice, noioso ma allo stesso tempo a mia misura, si sgretolò all’istante.
Lupo mannaro. Licantropo.
Sì, i guaritori cercarono di tirarmi su di morale, ovviamente. Nei seminterrati dell’ospedale avevano costruito dei locali dove potersi trasformare senza arrecare danno agli altri, c’era una pozione antilupo in commercio… il prezzo era proibitivo ma in futuro, chissà.
Un uomo con incipienti calvizie tentò di alzarmi il morale, raccontandomi di un suo amico licantropo il quale sembrava conducesse una vita tranquilla. Tutte vuote parole.

Sapevo bene che la condizione di licantropo è forse la più terribile. Non sarei stato in grado di portare avanti il mio lavoro, forse nessun mestiere perché chi mai assumerebbe un lupo mannaro?
Una bestia assetata di sangue.
Chi mai vorrebbe rimanere al fianco di una persona la quale, una volta al mese, si trasforma in qualcosa capace delle peggiori malvagità?
Le visite di Elizabeth si fecero sempre più rare, ma la capivo.

‘Dovrai abituarti. Molte persone se ne andranno quando avranno scoperto la tua condizione,’ il lupo mannaro che il tipo occhialuto conosceva mi disse, la mattina di Natale. ‘Ma non odiarli. Ciò che non si conosce fa paura. E la nostra condizione non è delle migliori…’
‘Tu però non sei solo,’ borbottai, osservando il gruppetto che accompagnava Remus, questo era il suo nome.
‘Lo sono stato per tanto, tanto tempo,’ rispose, lo sguardo improvvisamente cupo. ‘Perciò, se hai bisogno, non esitare a contattarmi. Non devi rimanere solo con i tuoi pensieri, certo, ci vuole coraggio per affrontare questa situazione ma insieme…’

Lascia la frase in sospeso.
Coraggio.
Io non sono una persona coraggiosa, sono pigro, timido, buono come un boccale di Burrobirra fresco. Non coraggioso.

E, prontamente, uscito dal San Mungo ho ricevuto la visita del mio datore di lavoro il quale, contrito, mi ha riferito della sua intenzione di dare una svolta alla situazione lavorativa.
Ha versato nelle mie orecchie parole così mielose che mi sono accorto di essere stato licenziato solo quando ha chiuso la porta della mia casa alle spalle.

E due giorni più tardi sono stato convocato d’urgenza al Ministero della Magia. Avevano scoperto il corpo di una donna in un’ansa del fiume Tyne, una strega la quale, apparentemente l’aveva fatta finita. Quella donna era Elizabeth.
Stringo ancora tra le mani la breve lettera che ha scritto prima di gettarsi in quelle acque gelide e letali.
Non poteva sopportare il senso di colpa, secondo il punto di vista della mia cara Elizabeth era solo colpa sua se la mia vita era cambiata in maniera così tragica. Se non fosse stata così ossessionata dall’idea di avere un figlio io non mi sarei mai rivolto a quella megera che, tra parentesi, ho cercato di rintracciare ma senza successo. Il suo negozio era vuoto ma me l’aspettavo.
Non poteva, scrisse inoltre, continuare una vita a fianco di un licantropo ma, d’altra parte, non credeva possibile continuare a vivere senza di me.

Così sono rimasto solo. In neanche un mese sono passato da un marito felice con un buon lavoro a un disgraziato, esiliato dalla società e solo al mondo.
Mia madre è morta, papà ha già messo in chiaro il fatto che non vuole avere niente a che fare con me. Ancora una volta, non l’odio, in fondo lo comprendo.
Una settimana fa mi sono recato al San Mungo per la mia prima trasformazione… non ci tengo a ripetere l’esperienza.

Dovrei lottare, contattare quel Remus, provare ad andare avanti ma la verità è che non ci riesco e, adesso che sono solo al mondo, quella idea, farla finita, non appare così malvagia. Riabbracciare mia madre, Elizabeth… e anche se non ci fosse altro, dopo la morte, tutto è preferibile al caos e al niente che sto provando.

Ho combattuto tutta la vita per essere una persona migliore, per lottare contro la cattiveria che affligge il mondo.
Ebbene, così sarà. Questo mondo non mi renderà cattivo”

/ / / / / / /

Ho scritto questa storia qualche mese fa, mentre guardavo la serie di ZeroCalcare, appunto, “Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo” e ascoltavo, nei tempi morti e per la millesima volta, gli audiolibri di HP.
All’Ordine della Fenice, durante la visita dei Weasley ad Arthur, sono rimasto “folgorato” da quel vicino di letto di Arthur che era stato morso da un lupo mannaro.
Chi era, qual’è la sua storia?
La mia mente da fanwriter ha fatto 1+1 ed eccomi qui. É un qualcosa di abbastanza folle ma, dopo averlo riletto, ho deciso di pubblicarlo. Spero vi piaccia :>

  
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