Ribadisco, questa è il primo racconto che pubblico in questo sito e a dir la verità sono un pò emozionata, non ho avuto mai il coraggio di postare una storia, un pò perchè penso non sia poi così tanto brava, personalmente ho letto storie molto più belle della mia, ed un pò perchè infondo sono molto fifona e ho paura ad essere giudicata dagli altri. Oggi però ho preso coraggio e sono pronta per sentire i vostri giudizi e le vostre correzioni, che sono sempre ben accette soprattutto perchè sicuramente mi aiuteranno a migliorare. Ho sempre amato scrivere e spero che questa storia vi piaccia e che continuiate a leggerla, anche se dal primo capitolo non e che si capisca molto, più che altro una piccola introduzione.
Buona lettura!! Grazie a tutti quelli che recensiranno, ma anche a quelli che leggeranno solamente:) :)
1.
Sole, luce, speranza.
Il sole scotta
oggi, ho voglia di sentirmelo dentro, ho voglia di farmi scaldare
da lui, forse riesco a far passare il gelo che sento. Il parco
è gremito di
gente, bimbi che giocano, mamme, baby setter impazzite che inseguono
piccole
canaglie. Sento freddo, ma non è un freddo fisico,
è un freddo che congela le emozioni, i sorrisi, le speranze,
lo sento attaccarsi all'anima, come una strana colla che non riesco a
togliere.
Mi
sdraio su una panchina, non ho voglia di sentire nessuno, ho solo
bisogno di rimanere sola e mettere apposto i pensieri. E’
fine maggio è
sembra estate inoltrata, sento il sole scottarmi la pelle, le cicale
cantare e penso che una melodia più bella di
questa non l’ho mai sentita. Le cicale mi fanno sempre uno
strano effetto, mi ricordano
quando ero ancora piccolina e d’estate dopo aver fatto
merenda mi affacciavo al
balcone per guardare il cielo e ascoltare il loro melodioso
“cri cri”, rimanevo lì ore e
ore, chissà perché non lo faccio più?
E’ che forse poi si diventa grandi, si
pensa a come riuscire ad essere più belle, a come avere un
bel voto a scuola,
si pensa a tutto tranne alle cose più belle, quelle che ti
riempiono il cuore e
che ti fanno provare la vera felicità, una
felicità lieve ma allo stesso tempo
grande, tanto grande da farti sentire veramente felice.
Alessia, è il mio nome, bello, sa di silenzio, di
pensieri lasciati scivolare tra le parole,
non so forse sarò pazza ma io ad ogni nome associo qualcosa,
qualunque cosa,
parole, cose, sentimenti, forse saranno le lettere, le vocali o il
suono del
nome o forse sono semplicemente pazza. Probabile.
Apro gli
occhi, sento anche il chiacchiericcio confuso delle persone, forse mi
guardano
male, forse si chiedono se sia normale una sdraiata su una panchina che
guarda
il cielo in una giornata di maggio mentre tutti gli altri
“ragazzi normali” sono
a scuola. Forse. Oggi sono scappata, sono
arrabbiata col mondo anzi no, con mio padre, lui che ogni volta mi
rovina le
giornate e mi ruba i sorrisi. E’ difficile essere felice con
un padre che sa
solo farti sentire inutile e sbagliata.
Squilla il
cellulare. Chi è che rompe?
"Pronto?"
"Ehi!
Ale sono Isa..ma dove sei? Che è successo? Perché
non sei venuta a scuola? E’
qualcosa di grave? Stai male? "
"Mmm..Aspetta
fammi pensare.. a quale domanda devo rispondere prima?"
"Oh!
Scusa"
"Ahah..sei
sempre la solita..comunque ho litigato con mio padre e.. ho deciso di
bigiare"
"Perché?
Sempre le solita storia vero?"
"Si,
direi di si.."
"Oh!
Sta entrando la prof. Meglio che vada, chiamami questo pomeriggio!!
Ciao e stai
attenta “pazza-combina-disastri”!"
"Si
si certo, ciao mamma!! "
"Ehi!
Portami rispetto, rimango sempre tua madre...Ciao scappoooo"
Isabella
è la mia miglire amica, non ricordo neanche dove ci siamo
conosciute la prima volta, so solo che me la sono ritrovata accanto,
sempre, come un piccolo dono che anche nei momenti più
brutti ha saputo ascoltarmi e consolarmi. Ci sono persone, come Isa, che riescono, con la
loro tenerezza e la loro voglia di vivere, a farti accartocciare il
cuore.
Spengo il
cellulare, mi alzo un po’ controvoglia dalla panchina, sarei
rimasta lì
tutto il giorno, dopo dovrò affrontare mio padre.
C’è uno
imbambolato che mi fissa, che stupido, cosa avrà da
guardare? Sono sola una
seduta su una panchina che è scappata dal mondo, anzi, che
ha bigiato a scuola. A volte si ha voglia di scappare, per lasciarsi
indietro tante cose che ci hanno fatto soffrire. Io sono una che scappa
sempre, da ogni cosa.
Io ho paura
ogni giorno, ho paura di cadere nella trappola dei ricordi, di
arrendermi ad
essi, di desiderarli troppo e dimenticare le cose veramente importanti,
quelle
del presente, quelle che ritrovo sempre, nonostante tutto. Ho paura del
dolore,
degli amori che finiscono, del pianto, delle menzogne, di non essere
mai
abbastanza per gli e soprattutto per mio padre. Eppure ogni giorno
trovo la forza di andare avanti, come tutti. Infondo
chi non ha mai paura? Chi è così impavido e
coraggioso da non temere niente
nella propria vita o nella vita delle persone a lui più
care?
Guardo il
ragazzo imbambolato e lo saluto, così, senza pensarci, forse
smette di fissarmi
. Lui mi guarda, sembra una statua, no, forse quei mimi che si mettono
in
piazza, quelli immobili che quando gli metti una monetina si muovono,
sembra
scioccato, diventa
rosso e scappa, mmm
un altro che scappa, bello scappare. Ragazzo-statua scappiamo insieme,
tanto io fuggo
sempre, almeno non siamo soli, ci facciamo compagnia. Magari poi ci si
innamora l'uno dell'altra, ci si consola insieme. Chissà.
Voglio fuggire, fuori da me stessa, dove non si soffre, dove non sento
dolore
o sensi di colpa, dove non c’è un padre che sa
solo giudicare i tuoi sbagli e mai
i suoi e una madre che sa solamente guardare e non fare niente. Scappo.
Si. Verso
l’isola che non c’è. Ho deciso. Scappo
con Peter pan. Quando ero piccola
adoravo questo cartone animato, lo vedevo forse 30 o 40 volte al
giorno, mi ero quasi
innamorata di quel piccolo bambino che non voleva crescere, che scema.
Ora , dove
è il mio Peter pan? Dov’è
l’isola che non c’è? Voglio volare
insieme a lui,
fuggire dal mondo, da mio padre, non crescere, rimanere bambina. Per
sempre.
Prendo lo
zaino e corro. Corro senza motivo, sento il vento che mi accarezza il
viso e i capelli color del grano, sembro una barbie, me lo
dicono in tanti, solo che io odio le barbie e odio quelli che
mi definiscono così, mica è colpa mia se sono
venuta fuori in questo modo, avrei preferito essere una ragazza
normale, magari mora e con dei normalissimi occhi castani, una
come tante insomma. NO. Invece disgraziatamente
mi
è toccata la sorte di essere un pò
diversa dalla massa (qui a Roma infatti non tutti hanno occhi
chiarissimi e capelli biondi, a meno che non siano turisti e io non lo
sono ahimè).
Corro verso
la fermata dell’autobus, oggi ho voglia di vedere Roma, senza
fermate, senza
meta, voglio vedere la mia città che vive, che
mi guarda in silenzio, che non mi giudica.
Entro
nell’autobus, osservo le persone fuori, mi è
sempre piaciuto osservare la
gente, cercare di capire un po’ della loro vita, allontanarmi
dalla mia, con
uno sguardo capire se sono tristi o felici,
se sono innamorati, se sono delusi. E’ strano
come con una sola occhiata
riesci a capire lo stato d'animo di una persona ed in un
solo un momento comprendere un piccolo
istante della sua vita.
Oggi Roma è
bellissima, il sole l’accende, la scalda, e scalda anche me.
Per le strade ci
sono tantissimi turisti armati di macchine fotografiche, i loro occhi
brillano
di meraviglia, Roma è davvero bella, è storia,
è presente, è passato, è futuro, lei
corre via veloce, il sole la rincorre e io voglio inseguirla, correre
veloce
con lei, per le sue stradine piccole e misteriose, per i suoi
bellissimi parchi,
tanto verdi da
scoppiare o per sua
antiche vie dove lo scorrere del tempo ha lasciato le fragili o marcate
impronte di gladiatori, imperatori, principi, cavalieri, giovani
donzelle,
forti guerrieri dall’animo duro e caparbio, illustri poeti,
persone che hanno
cercato di cambiare il mondo, di renderlo migliore, più da
sogno, da favola.
Purtroppo ci
sono giorni, come questo, dove la malinconia mi assale, il dolore e
quasi
insopportabile. Provo dolore per un padre che non
c’è, e che quando c’è mi
distrugge, a volte sembra passare, a volte invece ritorna
più forte di prima. So
di essere sola, ho una madre che non fa niente, che se ne sta zitta,
senza dire
una parola, io sola non ce la faccio, lui è forte e io sono
solo una che fugge
sempre e ha paura e piange. Lascio che Roma mi scorra davanti, dentro a
questo
autobus, dentro a questa confusione di pensieri e desideri, di gesti e
di
sorrisi che scaldano il cuore. Sembra che tutto mi stia crollando
addosso,
eppure riesco ancora a scorgere un piccola luce, una piacevole
speranza, sarà
il sole, sarà l’estate che è alle porte
e rende tutto più bello.