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Autore: 18Ginny18    17/10/2023    1 recensioni
[Sequel di 'Light and Darkness']
Primordiali: entità senzienti che diedero vita alla magia stessa. Nati più di duecento milioni di anni fa, camminano sulla terra solo tramite un ospite corporeo, un umano. Ginevra Andromeda Black è uno di quest’ultimi e quello che credeva fosse un parassita, in realtà, è proprio un Essere superiore di nome Entity.
Purtroppo il potere che Entity e Ginevra condividono è minacciato dal Signore Oscuro, il quale vuole impossessarsene più di ogni altra cosa. Impedirglielo non sarà un’impresa facile.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ted/Andromeda
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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ATTENZIONE!
Questa storia può trattare tematiche sessuali o violente. Alcune scene potrebbero soffermarsi un po’ sui
particolari e urtare la sensibilità di alcuni lettori.


Capitolo 1 Come tutto ebbe inizio

Marcus Darcy, o meglio dire l’ospite all’interno del suo corpo, un Essere superiore, stava correndo come un folle per le strade di Londra, tentando di sfuggire ai suoi carcerieri: i Mangiamorte, che non avevano alcun riguardo per le persone che intralciavano il loro cammino durante l’inseguimento; qualsiasi babbano, mago, strega e bambino moriva sotto le loro bacchette.
Non importava chi fossero. Non provavano nemmeno un minimo di compassione. Erano d’intralcio, dunque dovevano morire.
Marcus non poteva tollerare tanta crudeltà, ma nonostante cercasse di avvertire le persone che trovava sul suo cammino di scappare e nascondersi, quelle lo guardavano ad occhi sbarrati come se fosse pazzo e il più delle volte lo ignoravano e basta. Grosso errore. Marcus non faceva nemmeno in tempo ad avvertirli che li vedeva morire ai suoi piedi dopo che un lampo di luce verde li colpiva in pieno.
Quei maghi erano davvero spietati.
Entrò in molti edifici senza mai smettere di correre.
Zigzagava di qua e di là pur di seminarli, ma senza successo; loro erano sempre lì. Ovunque si girasse trovava sempre un Mangiamorte dietro l’angolo, pronto ad assalirlo.
Lo trovavano sempre.
Marcus non poteva usare i suoi poteri o avrebbe esaurito le ultime energie che gli rimanevano. Per non parlare delle ferite che aveva il suo involucro umano, che non gli davano nemmeno la possibilità di smaterializzarsi.
Trovare una soluzione in quel marasma di disgrazie sembrava impossibile, ma lui era un tipo tenace e di certo non si sarebbe lasciato catturare una seconda volta. Doveva solo escogitare un piano.
Nella foga della sua corsa sbatté contro una porta di un vicolo, che lo condusse lungo un corridoio stretto e buio nel quale zoppicò fino a raggiungere una grande sala da teatro; era poco illuminata e, per sua fortuna, sembrava vuota quindi non ci sarebbero state altre vittime innocenti.
Mentre correva in quella sala la sua mente lo riportò al passato, un passato che non era suo, ma del suo ospite, il vero Marcus: un passato fatto di balli, salotti, corteggiamenti, presentazioni in società e serate a teatro. Era la cosa bella degli umani: trovavano sempre il modo di far sentire gli Esseri superiori come lui coinvolti. Era inevitabile.
Non poteva però lasciarsi sopraffare da quei ricordi improvvisi, per quanto fossero belli.
I Mangiamorte lo raggiunsero in meno di qualche secondo. Gli stavano alle costole come un’ombra, senza dargli un attimo di fiato.
Gli lanciavano un incantesimo dopo l’altro, con l’intento di stordirlo o incatenarlo, e lui ne schivava il più possibile, lottando con il dolore lanciante delle sue ferite: costole incrinate, che gli provocavano dolore a ogni movimento; il braccio e la gamba destra erano fratturate e, probabilmente, aveva anche una leggera commozione cerebrale. Ma non poteva permettersi di riposare. Doveva seminarli.
La sua corsa, però, sembrò avere vita breve quando raggiunse uno dei corridoi della platea, vicino all’uscita d’emergenza. Qualcuno si era materializzato davanti a lui, sbarrandogli la strada.
Incespicò e perse l’equilibrio, cadendo all’indietro per l’improvvisa apparizione di Lord Voldemort in persona.
Marcus lo aveva riconosciuto all’istante. Era impossibile per lui dimenticare un viso, soprattutto quello del mago Oscuro che gli stava davanti: era certo che un tempo fosse completamente diverso, forse era persino un bell’uomo, ma i sortilegi oscuri al quale si era sottoposto per ottenere maggior potere lo avevano tramutato in mostro.
Non aveva paura di lui. Niente e nessuno poteva spaventare un Essere superiore, ciononostante, una volta rimesso in piedi, Marcus si ritrovò ad arretrare, lentamente.
Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che i Mangiamorte erano dietro di lui, con le bacchette puntate dritte alla sua schiena. Li percepiva.
Era in trappola.
Gli occhi rosso sangue di Voldemort erano fissi su di lui, guardandolo dall’alto in basso con un luccichio di trionfo, mentre sul suo volto deformato spuntava un agghiacciante sorriso.
- Perché tanta fretta? - gli domandò l’Oscuro con voce bassa, simile a un sibilo. - Dammi ciò che voglio e sarai libero…
Avanzò di un solo passo e Marcus arretrò di uno. Divertito, Voldemort avanzò ancora, ancora e ancora, trasformando i loro movimenti in una strana danza.
Marcus lanciò occhiate discrete in quella stanza, in cerca di vie di fuga, trovando solo un’uscita d’emergenza proprio alle spalle del mago Oscuro. Era impossibile da raggiungere.
Il suo destino era ormai segnato… o quasi.
Dentro di lui vi era ancora una piccola fiammella di speranza che riuscì a dargli la forza necessaria. Anche se non poteva combattere, poteva sempre correre.
Non ci pensò due volte a scattare verso l’uscita d’emergenza e riprendere la sua folle e inutile corsa. Una volta spalancata la porta, sgusciò fuori inseguito dalla risata sommessa e beffarda di Lord Voldemort.
- Dove credi di andare?
Lo seguiva con passo tranquillo, senza alcuna fatica, lanciandogli qualche incantesimo di tanto in tanto, ma senza colpirlo. Stava giocando con lui, non aveva alcuna intenzione di ferirlo. Non ancora, almeno.
Voldemort lo aveva torturato, tenuto prigioniero per giorni e portato al limite. Ormai la vita di Marcus si stava accorciando sempre di più e non riusciva a difendersi come poteva, questo Voldemort lo sapeva benissimo e quindi gioiva nel vederlo al limite.
Dopo aver attraversato un lungo corridoio, entrarono in un’altra sala un po’ più piccola della precedente, ma che per fortuna era anch'essa deserta.
Marcus passava da un sedile all’altro cercando di raggiungere la porta al di là della sala e Voldemort, alle sue spalle, non riusciva a trattenersi dal ridere di gusto. Era inequivocabilmente divertito.
- Non puoi scappare ancora per molto – gli urlava dietro, ma Marcus non fermò la sua corsa, anzi, quando vide che la via d’uscita era vicina riuscì ad attingere a un briciolo del suo potere per aumentare la velocità, riuscendo così ad evadere da quel teatro.
Si nascose in un vicolo, dietro dei cassonetti.
Si guardò alle spalle, Voldemort non si vedeva. Non era uscito da quella porta, ma sapeva che era lì anche lui e che lo stava osservando. Lo sentiva.
Marcus era indeciso se riprendere a correre o smaterializzarsi. In ogni caso non si sarebbe fatto catturare. Nemmeno da morto.
Chiuse gli occhi e inspirò a pieni polmoni. Espirò.
Era ormai allo stremo.
Avvertì i battiti del proprio cuore diminuire ad ogni respiro: ormai mancava poco. Nonostante camminasse su quella terra da quasi centonovantacinque anni, il suo involucro stava cedendo prima del suo tempo.
Mancavano solo pochi granelli nella sua clessidra. Lo sentiva.
Le ferite erano troppe per porvi rimedio senza attingere ad ogni briciola del proprio potere.
No. Non poteva sprecarlo.
Quando riaprì gli occhi non provò il minimo stupore quando vide gli occhi di Voldemort che lo fissavano da pochi passi di distanza dal suo volto. Quel mago era in grado di fare magie al di là dell’immaginazione di qualunque mortale… ma non sarebbe mai stato forte come lo era un Essere superiore e nemmeno altrettanto furbo.
- Ti arrendi così facilmente? Mi deludi – pronunciò in un sibilo il mago Oscuro. - Credevo che la tua razza combattesse davanti al pericolo… non che fuggisse come uno stupido coniglio. Ma devo ammettere che è stato divertente inseguirti... Adesso, però, sei in trappola, mio caro amico. Consegnami ciò che voglio...
Marcus non si guardò nemmeno attorno. Sapeva che i Mangiamorte lo avevano accerchiato come un branco di iene assetate di sangue davanti alla preda. Lo percepiva con ogni fibra del suo essere.
Si portò una mano al petto, avvertendo una fitta di dolore.
Voldemort inclinò la testa di lato e sorrise: - Manca poco ormai. Consegna a me il tuo fardello e sarai libero dal dolore.
Marcus sbuffò un sorriso. - Credi di essere il primo? Credi che io non abbia avuto altri folli come te alle calcagna? Mi dispiace tanto per te se credi che io sia così stupido da darti un potere simile.
- Ma sei tu che deciderai chi sarà il prossimo ospite prima della tua dipartita o sbaglio? - disse Voldemort, avanzando lentamente verso di lui. - Quindi, se io ti obbligassi a scegliermi…
- Non lo farò mai!
- Tu lo farai, invece – ribatté Voldemort. - Altrimenti tutti gli innocenti che passeggiano ignare della nostra esistenza per le vie di questa città… moriranno.
- Li ucciderai comunque.
Sì, ne era più che certo.
Voldemort sospirò, rigirandosi la bacchetta tra le dita. - A quanto pare non lo sapremo mai – la puntò contro di lui. - Crucio! - sibilò.
Marcus cominciò a contorcersi, in preda al dolore. Era un dolore immaginabile, come mille lame incandescenti che lo traversavano da parte a parte.
Non urlò.
Non avrebbe dato alcuna soddisfazione a quel mostro.
Il dolore cessò solo per un’istante. - Dammi ciò che voglio – sibilò Voldemort, chinandosi su di lui.
Marcus gli sorrise, divertito. - Dovrai… uccidermi – biascicò, trattenendo il dolore che permeava ancora il suo corpo.
- Oh, vorrei farlo… Ma sappiamo entrambi cosa succederà...
La voce di Voldemort era poco più che un sussurro, inquietante e agghiacciante come sempre, ma tradendo una nota di fastidio. - Non appena ti ucciderò, tu scomparirai... e se scomparirai non potrai scegliere il prossimo ospite – sospirò, contrariato. Marcus lo stava facendo arrabbiare. - Vedi? È un vero problema se non ti decidi a collaborare…
Marcus si tirò su, poggiando la schiena su quel sudicio cassonetto dell’immondizia e fissò i suoi occhi su quelli rossi del mago Oscuro. - Non otterrai mai ciò che desideri. Non lo permetterò.
Un sibilo minaccioso fuoriuscì dalle labbra di Voldemort. - Crucio! - ringhiò, furioso. - Crucio!
Il corpo di Marcus sembrava avvolto dalle fiamme tanto era il dolore e il bruciore di quella Maledizione. Le sue gambe, però, non cedettero.
Restò in piedi, subendo i colpi del mago Oscuro senza emettere un solo grido di dolore.
Era forte.
Poteva resistere ancora un po’.
Voldemort fece scattare la bacchetta ancora e ancora, provocandogli tanto di quel dolore da fargli desiderare di esplodere all’istante. Poi allontanò la bacchetta e avanzò di un passo, arrivando quasi a sfiorare il volto di Marcus con il suo.
I suoi occhi si ridussero a due fessure. - Hai solo un’opzione – disse. - Scegli me come ospite per la prossima entità Primordiale o te ne farò pentire amaramente.
Quella minaccia non sortiva l’effetto che sperava.
Anche se a fatica, Marcus trovò il modo di sorridere. Le forze cominciavano a venir meno, ma aveva ancora una carta da giocare.
- Mai – disse in un sussurro appena udibile, dopodiché si concentrò su quel poco di magia che gli restava al quale era costretto ad attingere.
Voldemort sembrò capire le sue intenzioni, ma non poté fare nulla per impedire ciò che stava per accadere.
Prima di chiudere gli occhi Marcus vide quel volto inumano contorcersi in un’espressione furiosa prima di urlare la sua furia.
Accadde tutto in meno di un secondo.
Riuscì a scappare dalle grinfie del Mago Oscuro smaterializzandosi dall’altra parte della città. Quel vantaggio gli aveva fatto guadagnare del tempo prezioso. Avrebbero impiegato ore prima di rintracciarlo nuovamente.
Arrancò, con una mano poggiata al fianco dolorante, fino all’ingresso del San Mungo. Era l’unico luogo che gli era venuto in mente, probabilmente perché quel corpo aveva amato una dolce infermiera secoli prima e, inconsapevolmente, aveva cercato di tornare alle origini.
Vedendolo arrivare al banco informazioni un’infermiera chiamò subito aiuto e Marcus venne scortato d’urgenza in una stanza dove lui vedeva solo immagini sfocate e prive di senso. Le voci intorno a lui erano talmente basse da sembrare lontane. Quasi un sussurro.
Ad un tratto il dolore diminuì, dandogli un leggero sollievo.
- Il paziente è stabile per adesso – diceva il Medimago alle sue infermiere, - ma non passerà la notte. Manca poco ormai, non possiamo fare più niente per lui.
L’Essere superiore lo sapeva già. Trovava un po’ ironico che nonostante quei dottori non fossero a conoscenza della sua vera natura, avessero trovato il modo di dargli aiuto e di fare una diagnosi tanto accurata.
In quel mondo non c’era solo del male, dopotutto. Meritava di continuare a prosperare ed essere protetto, insieme a tutto quel bene che esso conteneva.
Ringraziò comunque quei maghi che lo avevano aiutato ad attenuare un po’ il dolore e, con quel poco di forze che gli rimanevano, il Primordiale si mise in piedi, pronto per concludere la sua missione: trovare l’ospite per la prossima entità che avrebbe preso il suo posto.
Sapeva che quell’orribile mago Oscuro l’avrebbe perseguitata, ma lui poteva aiutarla ponendo tutti gli incantesimi di protezione necessari sul corpo di quell’ospite per tenerla al sicuro il tempo necessario.
Nonostante il tempo stesso fosse contro di lui, doveva scegliere bene.
Nel suo vagare indisturbato per i corridoi dell’ospedale, si trovò a passare davanti al reparto nascite dove un coro di vagiti accoglieva il suo arrivo.
Si fermò ad osservarli con un sorriso spontaneo sulle labbra. I neonati erano tutti paffuti e in buona salute.
Trovarsi lì era un po’ surreale se si pensava a ciò che Marcus aveva vissuto fino a qualche attimo prima, soprattutto in quel momento in cui la sua vita era quasi giunta alla fine.
Era il cerchio della vita: una stava per spegnersi mentre altre vi si affacciavano.
Marcus aveva sempre amato quelle creaturine. Gli ricordavano la nascita di un nuovo Primordiale. Erano tutti puri, innocenti… ignari di ciò che li aspettava in futuro.
Un’infermiera aveva appena messo nella culla un fagottino tutto rosa che coccolava con attenzione e tenerezza.
Il Primordiale guardò la donna, per poi rimanere affascinato da quel fagottino dal quale fuoriusciva una zazzera di capelli neri dalla coperta insieme al faccino imbronciato di una bambina.
- È quella? - chiedeva un ragazzo poco distante da lui.
Si voltò a guardarlo, colto da un’irrefrenabile curiosità: era alto, magro e di bell’aspetto, nonostante il suo viso fosse pieno di graffi. Sfoggiava un sorriso, però, carico di euforia che Marcus non riuscì a trattenersi dall’imitare.
I bambini facevano quell’effetto.
- Esatto, Lunastorta! - confermò un ragazzo occhialuto con un gran sorriso stampato sulla faccia. Gli mise un braccio attorno alle spalle e indicò la neonata tra le braccia dell’infermiera. - Quella è la piccola Ginevra.
- Sembra una bambolina – pigolò un ragazzo più piccolino degli altri due e un po’ grassottello.
- Mi viene voglia di stringerla e sbaciucchiarla dalla testa ai piedi. È troppo carina! - esclamò quello dal nome bizzarro. Marcus lo trovava un tipo interessante.
Magari quel Lunastorta poteva essere un nuovo ospite...
- Sembra una piccola patata – si esaltò invece il ragazzo occhialuto, rendendo la sua voce sempre più acuta ad ogni parola che pronunciava. - Sarà la mia dolce patata.
Ognuno di quei ragazzi aveva una frase buffa e piena di dolcezza da dedicare a quella piccola infante, ma vi era un quarto ragazzo tra loro che era rimasto in silenzio tutto il tempo. Marcus si meravigliò per non averlo notato prima, ma solo un po’. Dopotutto stava perdendo colpi ogni secondo che passava e se gli sfuggiva un dettaglio era più che plausibile.
Quel ragazzo era quasi incollato al vetro che lo separava da quei bambini e teneva gli occhi fissi sulla piccolina di cui gli altri tre parlavano.
- Wow, Felpato è diventato papà… è chi lo avrebbe mai detto? - esclamò il ragazzo panciuto, con fare adorante.
Felpato.
Quello era di certo un altro nome strambo per un essere umano, ma il Primordiale lo trovò comunque molto affascinante.
Fu allora, quando vide il sorriso di quel ragazzo di nome Felpato, che lui capì quale fosse la scelta più adatta. Quel ragazzo guardava la bambina con occhi pieni d’amore, più degli altri tre alle sue spalle. Aveva l’aria di essere l’uomo più felice della terra anche se non mostrava la sua gioia come gli altri. Sembrava incapace di esternare quel sentimento che stava provando, come se in realtà dentro di sé fosse sul punto di esplodere per la felicità.
I suoi occhi erano pieni di commozione e brillavano di una luce nuova, una scintilla. E le sue labbra erano tese in un sorriso meraviglioso.
Sì. Aveva fatto la sua scelta.
L’Essere superiore si avvicinò al ragazzo silenzioso, senza smettere di guardare i piccoli umani al di là del vetro con un sorriso divertito. - Che gran chiacchieroni ci sono qui – scherzò, dissimulando la fitta di dolore al petto con un colpo di tosse. - Qual è il suo? - domandò poi, fingendo di non saperlo.
Il ragazzo sorrise, felice di rispondere. Nei suoi occhi l’entità vide ancora quella scintilla che andava oltre la felicità. Era amore puro.
- È quella lì – indicò la bambina con il dito. - Quella piccolina dai capelli neri.
- Be’, congratulazioni, figliolo… è davvero una bella bambina.
- Sì – mormorò il ragazzo, adorante. - È così piccola… Sento che potrei morire per lei. In questo momento sento che potrei fare qualsiasi cosa per lei.
- La proteggeresti da qualsiasi cosa? - domandò l’Essere superiore iniziando a formulare l’incantesimo silenziosamente.
Il ragazzo era talmente incantato dalla sua bambina che non lo notò nemmeno.
Sorrise alla piccola e rispose senza remore: - Qualsiasi cosa.
Il Primordiale annuì, suggellando l’incantesimo. Lanciò un’ultima occhiata alla bambina, dopodiché si allontanò raggiungendo il corridoio più vicino e lasciarsi morire.
Il suo corpo iniziò a sgretolarsi diventando una piccola nube fioca, per poi dissolversi subito dopo, senza lasciare traccia.
In quel preciso istante, sul lettino della piccola, apparve una luce luminosa che si insinuò nel suo piccolo corpicino. Felpato la vide, ma solo per un secondo, quel tanto da fargli credere di aver avuto un’allucinazione.
I suoi amici sembravano non aver notato nulla, erano troppo impegnati a litigarsi il titolo come miglior zio, (o meglio l’occhialuto litigava, Lunastorta alzava gli occhi al cielo e il più basso tra loro alternava lo sguardo da uno all’altro senza saper cosa dire).
Felpato guardò alla sua sinistra e l’uomo misterioso con cui aveva parlato era sparito. Si era volatilizzato.
Non poteva sapere che quell’uomo, che in quei centonovantacinque anni non aveva mai smesso di farsi chiamare Marcus, aveva lasciato quel mondo. E non poteva nemmeno sapere che la strana luce che aveva visto sulla sua bambina era la nascita di un nuovo Essere supremo, un Primordiale, che si assopiva dentro di lei in silenziosa attesa.
Infatti, a differenza dei suoi predecessori che prendevano il controllo nell’esatto istante in cui s’insinuavano nel nuovo corpo, quell’Essere era caduto in un sonno profondo. Prima di lasciarsi andare, la vecchia entità Primordiale aveva posto un veto che si sarebbe sciolto col tempo, in modo tale che la bambina che ospitava il suo simile rimanesse al sicuro e crescesse in salute fino al momento in cui l’entità potesse prendere il controllo.
Era un piano perfetto e Lord Voldemort non avrebbe mai vinto.



ANGOLO AUTRICE: 
Eccomi! Come vi avevo promesso sono tornata con un nuovo "libro" della serie.
Vi mancavo, non è vero?
Ovviamente la domanda è puramente ironica. Non siete obbligati a rispondere.
Ringrazio tutti i lettori che hanno deciso di intraprendere questa nuova storia: nuovi o affezionati che siano, li ringrazio dal profondo del cuore. Spero tanto che quello che leggerete da oggi in poi sarà di vostro gradimento. 
Sono consapevole che questo inizio è un po'... "strano", ma ci ho lavorato molto e spero di aver dato l'effetto che speravo. Il famigerato M. Darcy, che era già apparso nel capitolo 36 di "Light and Darkness", ha finalmente trovato il suo spazio nella storia e in futuro sentiremo ancora parlare di lui.
 Nel mio DREAMCAST questo personaggio ha il volto di Jeremy Irons e spero tanto che la mia scelta vi piaccia e che riuscirete ad immaginarlo con il suo volto anche in futuro.
Detto questo vi lascio una sua foto qua sotto e vi do appuntamento alla prossima settimana con il capitolo 2! 
Un bacio,
18Ginny18
18Ginny18
  
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