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Autore: MollyTheMole    26/10/2023    0 recensioni
La sostanza artificiale che assorbe il maggior spettro di luce - il 99,995% di tutta la radiazione luminosa - è la cosiddetta Blackest Black. Composta da nanotubi di carbonio, è stata progettata al MIT nel 2019 e ad oggi rappresenta il nero più nero che l’uomo abbia mai creato.
Ecco, qualche anno prima che fosse inventato la giovane agente speciale Jodie Starling si sentiva come se fosse sdraiata su quel famoso composto di nanotubi di carbonio.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jodie Starling, Shuichi Akai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Oblivious narcissist

 

Se avesse potuto scavare una buca e seppellircisi dentro per sparire alla vista di tutti i suoi colleghi dopo la disavventura nell’oceano, Jodie l’avrebbe fatto volentieri. Purtroppo, però, non era un’opzione praticabile, ed era stata costretta a sorbirsi le continue domande e i nemmeno troppo celati commenti ironici e maliziosi degli altri agenti, soprattutto dei suoi colleghi uomini.

“Sì, sì, bravo, adesso vai a fare il figo da un’altra parte” era stato solo uno dei caustici commenti di Jenny all’ennesima domanda banale o al centesimo sorriso sornione. 

Per quanto riguardava invece la giovane agente, ne aveva già le tasche abbondantemente piene di Punalu’u. Il loro soggiorno era servito a nient’altro che a procurarle la fama di assoluta incapace. Nemmeno la cena le aveva dato la necessaria soddisfazione. L’albergo in cui alloggiavano, a pochi metri dalla spiaggia, era molto caratteristico e dotato di tutti i comfort. C’erano bungalow e piccole case in muratura nascoste nel verde, e lei e Jenny condividevano una di queste all’estremo margine est del residence. Inoltre, i titolari avevano aperto un’attività di ristorazione all’interno dei locali del sito alberghiero, ed era un’attività di tutto rispetto che si era guadagnata un posto persino sulle guide turistiche internazionali. Aveva una bellissima terrazza circondata da tende bianche, hibiscus colorati e fiori di ogni tipo, con una straordinaria copertura in legno, sotto alla quale servivano degli splendidi cocktail e del buonissimo cibo locale, contaminato dalle vicine cucine orientali e con qualche tocco di cucina stellata. Jenny era stata categorica e l’aveva costretta a provare il gelato, dicendo che “lo congelano in un modo stranissimo, fattelo spiegare dal cuoco, ma dobbiamo assolutamente assaggiarlo”.

Se fosse stata di umore diverso, probabilmente Jodie avrebbe anche apprezzato la singolare bellezza del luogo e il curioso sapore del gelato, ma aveva un’arrabbiatura tale da voler soltanto andarsene a letto.

Così, al mattino dopo, se ne uscì dalla sua stanza con una faccia da funerale quasi pari a quella del giorno precedente per il solo pensiero di dover fare colazione di nuovo sotto quella splendida tettoia, circondata da un numero indefinito di agenti boriosi.

Gli stessi agenti che - almeno in teoria - lei e Jenny avrebbero dovuto conquistare con le loro competenze. 

- Dai, sono sicura che non se lo ricorderanno più.- 

- Sì, hanno la memoria di un pesce rosso.-

- No, di meno. Il cervello di un pesce rosso può mantenere la concentrazione per otto secondi, quello umano per molto meno. Sei stata tu a dirmelo!-

Jodie sospirò, consapevole di essersi fregata con le proprie mani.

Tuttavia, era decisa a vendere cara la pelle. Era convinta che un comportamento propositivo potesse far rivalutare l’opinione che gli altri avevano di chi li interfacciava ed era decisa a non gettare la spugna. 

Così si sedette al bancone, sfogliò il giornale del mattino, ordinò un succo di frutta e qualcosa da mangiare. Rivalutò il cibo alla luce di un umore decisamente migliore. Quel giorno si erano alzate presto e il sole non era ancora alto nel cielo. Una bella brezza fresca muoveva le foglie della vegetazione. 

Non c’era quasi nessuno, il che la metteva particolarmente di buon umore.

Ben presto, però, il locale si riempì di agenti. Jodie era felice che tutti si stessero facendo gli affari propri, ma preferì comunque svignarsela il prima possibile. Pagò il conto e lei e Jenny fecero per andarsene quando un grosso tipo le placcò al bancone, tagliando loro la strada e vanificando ogni sogni di libertà della giovane agente. 

Le bastarono cinque secondi per comprendere che ormai la frittata era fatta.

Esistono diversi tipi di narcisismo. Gli specialisti del settore sono giunti a dividere tali individui tra narcisisti overt e covert: esibizionismo, arroganza ed evidente superiorità per i primi, malcelato senso di impotenza e inferiorità nei secondi. Ai tempi dell’università, però, Jodie aveva apprezzato particolarmente la distinzione tra narcisista inconsapevole (oblivious narcissist) e ipervigile (hypervigilant narcisisst).

Gli inconsapevoli sembrano  impermeabili ad ogni critica, invulnerabili, perché escludono le reazioni degli altri dalla propria consapevolezza di sé. Vanagloriosi, arroganti e concentrati soltanto su loro stessi, usano gli altri come spettatori del grande spettacolo teatrale che è la loro vita. 

Un’armatura che serve loro per proteggersi dal dolore e dalla fragilità. 

Gli ipervigili, invece, sono l’esatto opposto. Fin troppo sensibili agli impulsi esterni e alle reazioni altrui, cercano di ritrarsi da contesti in cui subire ferite è altamente probabile. Il loro senso di grandezza è più silenzioso, poiché credono di avere diritto ad essere trattati in un modo molto speciale rispetto al resto dell’umanità. 

- Oh, scusate, signorine. Andate da qualche parte?-

Jodie e Jenny si guardarono.

Inconsapevole, decisamente. Almeno a giudicare dalla massa muscolare che si intravedeva da sotto la maglietta aderente. Fin troppo aderente.

- Beh, ecco…-

- Avete già fatto colazione? Permettete che vi offra qualcosa.- fece, sfoderando un sorriso bianco ottico, sul quale mancava solo l’artificiale effetto brillante delle peggiori pubblicità del dentifricio. 

- Grazie, ma abbiamo appena finito di mangiare. Adesso se non le dispiace…-

- Come vi chiamate, signore belle? Io sono Williamson, Antiterrorismo.-

Jodie e Jenny si guardarono di nuovo.

- Jenny Kinnear, Traffico d’arte. Jodie Starling, Affari Interni, forse.-

- Ah!- gli occhi del colosso dell’Antiterrorismo si fecero volpini. - Affari interni, eh?-

Jodie sentì la colazione tornarle su per l’esofago. Chiaramente si era già dimenticato di Jenny e questo voleva dire una cosa soltanto.

- Mia cara, per gli Affari Interni è necessario anche saper nuotare, sai.-

- Io so nuotare.-

- Non mi è sembrato.-

- Sono finita in una corrente. Mi ha trascinata a fondo. Sono rimasta a galla.-

- Non sei stata ripescata, dunque?-

- Lui, chiunque fosse, è stato cortese ad aiutarmi, ma no, non mi ha ripescata. Avrei potuto cavarmela benissimo da sola.-

- Non ne dubito.-

- Ne sono lieta. Adesso, se non le dispiace…-

- Siete nuove di qui.-

No, non voleva proprio saperne di demordere.

Decisamente inconsapevole.

- E’ la prima volta che veniamo alle Hawaii.-

Jenny, però, non capì il doppio senso.

- Oh, sì, ci hanno assunto quest’anno!-

Sul volto del narcisista si dipinse il solito sorriso tra il meschino e il patetico.

- Ah, ecco perché. Mancate di esperienza. Non preoccuparti, biondina, un paio di anni di lavoro con un agente che ti insegni il mestiere e vedrai che non affonderai più come un sasso!-

- Dì un po’ - proruppe Jodie, la pazienza che era ormai espatriata in un altro continente. - Vi servite tutti dallo stesso ghost writer? No, perché fate tutti quanti le stesse battute. Almeno variate un po’, vi fa sembrare intelligenti…- 

Un forte boato scosse la tettoia e fece tremare i bicchieri dietro al bancone. Uno stormo di uccelli si alzò in volo e un paio di colibrì sfrecciarono via a tutta birra. Il rombo era stato così forte da coprire anche la risposta piccata di Jodie - per fortuna o meno, non avrebbe saputo dirlo - che non raggiunse mai le orecchie dell’agente Williamson, il colosso dal sorriso di marmo, i cui occhi adesso saettavano a destra e a manca alla ricerca della fonte di quel rumore.

Nel ristorante calò un profondo silenzio di tomba.

- Che accidenti è stato?-

- E’ un’esplosione!-

- Da dove veniva?-

- Non saprei.-

Jodie e Jenny si guardarono in giro a loro volta. Con la coda dell’occhio, la giovane agente vide il barman lanciarsi di corsa verso una porta di servizio che dava sul retro, e d’istinto Jodie mise le gambe in spalla e gli andò dietro.

- Per la miseria, Jodie, aspettami!-

Scivolò tra i suppellettili della cucina e schivò abilmente un paio di cuochi frastornati, imboccò un’altro paio di porte e giunse finalmente sul retro, ad un piazzale in terra battuta, dove trovò uno spettacolo davvero curioso.

Un grosso bidone dell’immondizia, di colore blu, giaceva in pezzi fumanti tutt’attorno. Sul riquadro di terra battuta c’era acqua, acqua dovunque, e nell’aria si percepiva uno strano odore di ammoniaca. 

Consapevole di avere pochi secondi a disposizione, Jodie si avvicinò a ciò che restava del telaio del bidone: un paio di ruote crepate e un basamento di plastica accartocciato. Lo toccò con la mano e lo sentì freddo.

Poi si avvicinò ad uno dei pezzi fumanti poco lontano. Il materiale era appena più caldo.

Non c’era fumo nell’aria, o odore di bruciato, eppure era evidente che a causare quel disastro fosse stata un’esplosione, e anche forte, a giudicare dal fracasso che aveva fatto pochi minuti prima.

Potè percepire un rumoroso scalpiccio di piedi e fece per farsi da parte quando la grossa mano del tipo dell’Antiterrorismo la spinse via.

- Con tutto il rispetto, biondina, adesso lascia fare ai professionisti.-  

- Non mi chiamo biondina. Il mio nome è Jodie Starling.-

- Va bene, matricola…-

- Sono un agente. Agente speciale, per la precisione.-

Williamson ascoltò con un orecchio e la ignorò con l’altro.

- Adesso lascia fare a noi.-

Consapevole di non poter ottenere nulla di più, Jodie si ritirò fumante di rabbia nelle retrovie.

- Che fai, molli così?- le fece Jenny, avvicinandosi a lei con aria indignata. - Guarda che quello è un pallone gonfiato! Se vuoi lo sgonfio io! Deve aver preso talmente tante pillole per essere così grosso che, ne sono convinta, dovessi bucarlo con uno spillo sfreccerebbe sul soffitto come un palloncino, con tanto di pernacchia!-

- Non è sconfitta, è strategia. Andiamo Jenny, ci sono altri posti dove indagare.-

 

Il titolare le sembrava in linea di massima un tipo a posto.

Lo individuò immediatamente tra la folla, la pelle olivastra e gli occhi a mandorla tipici dei locali, ben vestito nel suo completo di eccellente fattura - forse di una grande firma - nello stile casual elegante che andava di moda in quei tempi: sgargiante camicia hawaiana, giacca di lino color crema e pantaloni abbinati, scarpe che dovevano valere al paio quanto lo stipendio mensile da medico di Jodie. 

L’uomo scuoteva la testa, l’aria delusa. Jodie ne aveva approfittato per chiacchierare con lui per qualche tempo da sola dopo avergli mostrato il distintivo lucente, fresco di scatolina appena ricevuta.

- Le va di fare due chiacchiere?-

Così si erano seduti ad uno dei tavoli lasciati vuoti, Jodie accigliata, Jenny spaesata e l’uomo afflosciato dentro i propri vestiti.

- Ha l’aria afflitta. Ci sono stati altri episodi di questo tipo?-

- Oh, no, fortunatamente no.- disse, sforzandosi di essere affabile. - Abbiamo soltanto ricevuto qualche lettera minatoria, una roba da niente. Qua attorno ci sono alcuni che dicono che stiamo profanando la natura, sa come sono gli ambientalisti…-

- Avete avuto problemi con loro?-

- Non lo sappiamo di preciso, abbiamo soltanto ricevuto delle lettere strane, qualche piccolo animale morto, insomma… Oh, ecco che arriva Mark! E’ l’altro titolare, siamo in due a gestire questo posto. Mark! Vieni qui! Le signorine vogliono sapere della lettera minatoria!-

L’uomo di nome Mark spuntò dal retrobottega. A differenza del suo compare, era chiaramente americano ed occidentale, dall’incarnato abbronzato e gli occhi chiari. A giudicare dall’estrema confidenza intercorrente tra i due, la ragazza immaginò che fossero amici di lunga data o addirittura una coppia.

Sfilò rapido dietro al bancone e raggiunse il terzetto al tavolo senza spiccicare parola, mentre si rimboccava le maniche della camicia.

- Le due signorine sono agenti dell’FBI…- 

- Non ne dubitavo. Sono tutti qua in ritiro.-

Tese loro la mano. Jodie e Jenny mostrarono di nuovo i rispettivi distintivi.

- Abbiamo ricevuto delle lettere minatorie. Ecco, le ho portate.- disse, tendendo loro una cartellina di cartone rosso.- Roba amatoriale. Forse qualche ambientalista o qualche indigeno che rivuole la sua terra. Oppure qualcuno che pensa che esista un disegno divino nell’eruzione vulcanica che ha fatto nascere Punalu’u. La gente è strana, crede a qualsiasi cosa.-

- Non avete mai capito chi potrebbe esserci dietro?-

- Non ne ho idea, ma un botto così deve averlo fatto per forza qualcuno che ce l’ha con noi, non trova?-

- Questo me lo dica lei. Avete qualcosa nel ristorante che potrebbe esplodere, soprattutto se buttato via o lasciato incustodito?-

-  Abbiamo diverse bombole del gas e altre sostanze che potrebbero esplodere, certo. Non le buttiamo nei bidoni, mica siamo matti.-

- Non vorrei che fosse qualcosa di peggio.- borbottò il socio dai tratti indigeni, torcendosi le dita.- Questa non è stata una banale molotov. Sinceramente non capisco nemmeno come abbiano fatto a far esplodere il bidone in quel modo. Voglio dire, l’hanno fatto a pezzi. Chi è che ci vuole far chiudere?-

Jenny guardo Jodie e Jodie guardò Jenny.

In effetti le lettere minatorie non lasciavano molto spazio all’immaginazione. 

 

Se non chiudete immediatamente vi faremo chiudere noi.

 

Pagherete caro ciò che state facendo alla nostra natura.

 

Questo non è il posto per i ricchi. Andate via e ridateci la nostra terra!

 

Create con dei ritagli di giornale, probabilmente di stampa locale - Jodie riconobbe alcuni caratteri simili a quelli del quotidiano che aveva letto a colazione - sembravano uscite da un fumetto retrò a tema giallo. Se non fosse stato per l’esplosione così strana, avrebbe optato immediatamente per il profilo di un soggetto semplice, povero di conoscenze, che imita ciò che vede alla televisione e si ingegna con quello che ha a disposizione senza sapere di star seminando tracce dovunque.

In tutta quella storia, però, c’era qualcosa che stonava.

- Come spiegate ciò che abbiamo visto? Intendo l’acqua, l’odore di ammoniaca…- 

- Sicuramente la donna delle pulizie ha svuotato il secchio stamattina presto. Le abbiamo detto molte volte di non disperdere il contenuto nell’ambiente, i detersivi fanno male all’ecosistema.-

- La vostra dunque è una struttura green.-

- Assolutamente, siamo progettati per il turismo sostenibile.- 

- Capisco. La polizia sa che siete stati minacciati?-

- No. Abbiamo sottovalutato la cosa. Pensavamo che fosse qualche svitato, e invece… Vero Mark?-

- Sì, giusto Simon.-

Jodie si accigliò.

Sì, c’era più di un dettaglio che non tornava in tutta quella storia.

- Che cosa le è successo?-

L’uomo di nome Mark scosse la testa, perplesso.

- Come, prego?-

- Che le è successo? E’ arrivato tardi, no?-

- Oh, quello.-  fece, e si stampò in faccia un sorriso bianco da far invidia a Mister Muscolo dell’Antiterrorismo, ancora nel cortile sul retro. - Niente, ho dormito troppo. Scusa Simon.-

Jodie lanciò uno sguardo ai suoi vestiti. Erano tutti di buona fattura come quelli del suo socio, ma avevano qualcosa di diverso. Il pantalone non si abbinava alla camicia. La giacca mancava e le maniche erano rimboccate fino al gomito. Forse non aveva avuto nemmeno tempo per lavarsi, eppure non aveva nemmeno una traccia di terriccio, fango, nulla di nulla neppure sulle scarpe.

L’uomo di nome Mark dovette accorgersi che Jodie stava ponderando diversi elementi dentro la sua testolina bionda, perché il suo sorriso si trasformò pian piano in una paresi, mentre il compare di nome Simon non accennava a sollevare le spalle, lo sguardo fisso su un gambo di tavolino.

- Vorrei scattare delle foto alle lettere che avete prodotto.-

- Prego, faccia pure.-

Mentre Jodie scattava le foto, una collega con la pelle color dell’ebano arrivò di corsa dalla spiaggia. La conosceva di vista, si chiamava Nia ed aveva origini etiopi, un vero e proprio genio dei software. La ragazza si mise a confabulare fitto fitto con altri agenti, poi all’improvviso si fecero tutti seri e si mossero in gruppo verso la spiaggia. 

- Ehi, Nia, che è successo?- 

La donna si voltò a guardarla, gli occhi scuri da gazzella tra un mare di trecce nere.

- Hanno trovato un corpo in riva al mare.-

I due titolari si guardarono, l’aria di chi non sapeva trovare un limite al peggio.

Jodie, dal canto suo, si congedò da loro e si diresse a rotta di collo verso la spiaggia mentre Jenny le trotterellava dietro.

- Nia, vi serve un medico?-

- Ah, sarebbe perfetto, anche se non credo che ci sia molto da fare, ormai.-

Mentre la spiaggia nera crepitava sotto le loro ciabattine, Jenny riuscì ad avvicinarsi a Jodie.

- Insomma, che ti prende?-

- Come avevi detto, facciamo sfoggio delle nostre qualità.-

- Sì, ma io l’avevo detto così, per dire. Poveraccio, quello è pure morto…-

- Mi dispiace moltissimo per lui ed è proprio per questo che non ho intenzione di restarmene con le mani in mano. Ho tutta l’intenzione di venire a capo di questo mistero e di farlo nel più breve tempo possibile. Anche perché non ne abbiamo molto a disposizione prima che il nostro soggiorno finisca.-

- Ci toccherà lasciare tutto in mano a quell’imbecille di Williamson.-

Gli occhi blu di Jodie si fecero torvi.

Il senso di giustizia premeva sull’acceleratore dentro al suo cervello tanto quanto quello di rivalsa.

- E’ per questo che, puoi star certa, risolverò questo caso prima di quel pallone gonfiato.-

 

I titolari riconobbero l’uomo come Leilani Mitchell, di padre americano e madre nativa. Era stato assunto presso la struttura come cameriere, ma ben presto aveva dimostrato grande flessibilità e competenza ed era diventato una specie di tuttofare. Spesso serviva ai tavoli, ma sapeva essere un ottimo barman all’occorrenza e talvolta aiutava anche in cucina. Jodie alzò un sopracciglio, suggerendo che forse non era legale affidare al dipendente mansioni fuori contratto, e i due titolari tornarono zitti zitti a guardarsi le scarpe.

- Ieri era in turno?-

- No, ha staccato la notte precedente e ieri era di riposo. Sarebbe dovuto rientrare stamattina, ma non si è presentato. Era un ragazzo d’oro.-

Alla fine, lo sfruttamento del povero Leilani era il male minore, considerata la fine che aveva fatto.

Williamson ovviamente era già sulla scena ed aveva decretato che il poveretto era morto annegato.

Jodie roteò gli occhi al cielo.

Niente di più falso.

Già a colpo d’occhio Jodie comprese che l’annegamento non era stata la causa della morte.

Quando lo disse, l’energumeno trattenne un sorriso.

- Mi dispiace, ragazzo mio, ma questo è il mio campo.- commentò, chinandosi vicino al corpo.

- L’ora della morte è impossibile da stabilire. L’acqua e le variazioni di temperatura non mi permettono di fare una stima certa. A giudicare però dallo stadio di rigidità del corpo, posso supporre che, salvo alterazioni, quest’uomo sia morto da qualche ora al massimo. E no, non è annegato.-

Si vedeva anche bene. Niente colorito alterato, niente segni di fauna marina, niente schiuma alla bocca, nulla di nulla. Indossava abiti comodi analoghi a quelli che aveva visto indosso agli altri camerieri, ma non aveva la camicia. Indossava solo una canotta di cotone. 

Ed aveva ancora indosso le scarpe.

Quel corpo non era stato restituito dal mare, assolutamente.

In più, c’era qualcosa di molto strano nella sua posizione. 

Jodie si chinò sul corpo e percepì distintamente un vago odore di ammoniaca.

Ammoniaca sul cadavere, ammoniaca nel retro del locale. Non poteva essere una coincidenza.

Inoltre, si trovava esattamente sulla rima della risacca. Se fosse morto in mare, la corrente lo avrebbe fatto arenare non appena avesse toccato la sabbia, invece il corpo si trovava decisamente più in alto, dove l’acqua lo lambiva appena fino alla vita. 

Eppure il corpo era tutto zuppo, nonostante l’acqua non potesse arrivare fino ai capelli. 

Mosse piano il collo e sentì chiaramente dell’umidità sospetta sotto le dita assieme ai capelli e a del tessuto molle. Sfilò le dita da sotto il capo e le scoprì coperte di una sostanza rosso vivo mescolato a sabbia nera e materia cerebrale.

- Il colpo letale è stato inferto alla nuca. Non è un suicidio, signori. Quest’uomo è stato ucciso.-

Tra i colleghi si diffuse un brusio come il ronzare di api.

 

Jodie osservava assorta la polizia locale che cercava di gestire la situazione. Non era facile, doveva ammetterlo. L’FBI non aveva giurisdizione in proposito, eppure faceva di tutto per impicciarsi. Gli agenti di polizia, dal canto loro, stavano facendo di tutto per far rispettare i ruoli e mettere in sicurezza l’area, ma mancavano di determinazione ed esperienza. Erano giovani, nuovi del posto e non avevano chiaramente idea di come gestire un crimine così grave. Il tasso di criminalità in quell’angolo di arcipelago doveva essere davvero molto basso.

Li ascoltò rispondere con dei vaghi “sissignore”, “nossignore”, “non saprei, signore” alle ficcanti domande dei suoi colleghi e le dispiacque per loro.

L’inesperienza della polizia locale, tuttavia, poteva giocare a suo favore. 

Si avvicinò quando anche finalmente l’ultimo dei suoi colleghi dell’FBI se ne fu andato, pregando che nessuno tra essi avesse avuto la folle idea che aveva avuto lei, fregandole una grandissima opportunità.

- Scusate…-

- No, agente, mi spiace, ma abbiamo appena finito di spiegare ai vostri  colleghi che non potete assolutamente intromettervi nell’indagine. E’ la nostra giurisdizione, non la vostra.-

La ragazza alzò un sopracciglio. Ripensò al narcisismo e ci provò.

- Avete paura che vi soffiamo il caso? Non vi preoccupate, non ne abbiamo intenzione. Anzi, io non ne ho intenzione. Non so che cosa vi abbiano detto i miei colleghi, ma per quanto mi riguarda, io sono in vacanza e vorrei restarci. Il caso è vostro e lo risolverete voi. Io voglio solo… Come posso dire? Togliermi uno sfizio personale.-

I poliziotti si scambiarono uno sguardo perplesso.

- Sarebbe?-

Jodie calò l’asso.

- Vi serve per caso qualcuno che si intenda di scienza forense?-

  
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