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Autore: Chiara PuroLuce    27/10/2023    6 recensioni
Patty ha preso una decisione importante e non intende tornare sui suoi passi. Holly l'ha fatta troppo soffrire e l'ha delusa. Ma proprio questo dolore assoluto, la porta a rinascere proprio lì dov'era nato il loro amore, a Nankatzu, lontano da lui. E quando pensava di essere andata oltre, lui ricompare nella sua vita e...
Holly non riesce a crederci. Patty è riuscita a sconvolgerlo e ora non gli rimane che rimettere insieme i pezzi della sua vita. Come fare? Non lo sa, ma deve almeno provarci. E proprio quando crede di esserci riuscito, ecco che il destino si mette in mezzo e...
Due cuori che sembravano destinati al per sempre, sono in crisi, ma non tutto è perduto... o forse è già troppo tardi? Dicono che il tempo è la miglior medicina, ma sarà vero? Possono due anime ritrovarsi dopo essersi perdute per tanto tempo? Il dolore ha scandito le loro vite in modi diversi, ma riusciranno a superarlo e a rimettersi in... gioco? L'amore vero è davvero così potente da superare anni di silenzio e lontananza? Patty e Holly ancora non lo sanno, ma stanno per scoprirlo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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«Sublime! Dio, voglio tornare lì dentro e farmi dare la ricetta per rifarlo a casa.»

Bianca era in estasi. Mai, mai, mai aveva mangiato un gelato così buono. Amarena, Menta e Tiramisù. Cremosi al punto giusto. Un’esplosione di sapori che iniziava in bocca per poi scendere nella gola. Doveva riconoscerlo, Patty sapeva il fatto suo quando si trattava di gelato.
 
«Ah, ci rinunci. Ci ho già provato io, ma senza successo. Così mi accontento di passare da qua ogni tanto» le disse mentre affondava il cucchiaino nel cioccolato.

«Quanto ti invidio. Peccato che per me sia un pochino fuori mano» le rispose facendola ridere. «E, ti ripeto, dammi del tu.»

«Come preferisci» accettò lei. «Senti, è inutile girarci attorno. Ho voluto parlarti per un motivo ben preciso.»

E lei era curiosa di saperlo, finalmente.
 
«Avanti, spara la bomba. Sono pronta a tutto.»

«Ho bisogno che tu mi faccia da testimone d’accusa al nuovo processo per il divorzio.»

Ehhh? Questa poi. A tutto aveva pensato, ma a questo…
 
«Come, scusa?»

«Sì. Come certamente saprai in Spagna sta succedendo un casino a livello giudiziario per colpa di un finto giudice che aveva usurpato il ruolo del fratello defunto, senza averne diritto e senza avere conseguito una laurea in Giurisprudenza» affermò e lei annuì. «Bene, quel giudice, quell’Ortega, ha seguito anche il nostro divorzio che ora è stato annullato. Io non voglio – ripeto non voglio – tornare a essere la signora Hutton, né ora né mai. Voglio un nuovo processo, voglio Holly fuori dalla mia vita e voglio che tu vada in aula a testimoniare la sua infedeltà.»

Cavoli, amico, la tua lei ha gli artigli affilatissimi!, si disse pensando a Oliver.
 
«Per colpa… mia?»

«Anche. Ma principalmente per colpa sua che non ha saputo resistere al tuo fascino mettendomi platealmente le corna» le rispose lasciandola sorpresa da tanta franchezza. «Oh, andiamo, lo sai benissimo di essere sexy. Evita di fingere con me, non funziona.»

Eh? No, no, no, di male in peggio. La Missione Vero Amore stava andando a puttane e non poteva permetterlo. Gonzales non le aveva detto molto, solo che Oliver aveva bisogno d’aiuto con Patty con la quale era in crisi nera da tempo, ma a questo… no, a questo non era proprio pronta. E a peggiorare la situazione, c’era il fatto che quella ragazza meravigliosa era tremendamente seria e determinata. Lei non lo rivoleva per davvero Oliver nella sua vita. Era da ammirare e l’avrebbe aiutata molto volentieri solo per quello, ma…
 
«Non posso, mi spiace, ma proprio non posso farlo» l’informò.

«Oh, certo» le rispose lei con tono sarcastico «perché agire di nascosto è una cosa, ma rendere pubblica la vostra relazione è…»

«No, assolutamente no» la bloccò lei «hai preso un grosso abbaglio, credimi. Non posso per due motivi.»

«Due? Non uno, ma due? Ok. Non credo di volerli sapere, ma…»

«Che tu voglia o meno non mi importa proprio. Io te li dico lo stesso e poi lascio a te il giudizio, ci stai?»

«Non ho scelta» ribatté Patty con prontezza e scrollando le spalle.

Perfetto. E ora arrivava la parte difficile. Bianca si prese qualche minuto per riflettere su come fare per non sconvolgere quella ragazza e ne approfittò per finire il suo cono gelato e darsi una pulita.
Ma, prima di procedere, doveva sincerarsi che era di mentalità aperta.

 
«Patty, prima di iniziare ho una domandina da farti che mi gira in testa da un po’» e poi senza aspettare risposta continuò. «Tu credi nell’amore?»

La vide sgranare gli occhi, spiazzata. E poi esibì un sorriso triste e le rispose.
 
«Amore. Ti sembrerà strano data la richiesta che ti ho appena fatto in vista del nuovo processo, ma… sì, ci credo ancora.»

«Come puoi dirlo dopo quello che ti è successo con Oliver?» La punzecchiò.

«Proprio per quello lo dico. Grazie a lui, ho scoperto che l’amore ha varie forme. L’amore dona gioia, euforia, confusione, ma anche dolore. Ti fa crescere. Non importa verso chi lo indirizzi – donna, uomo, trans – se si è veramente coinvolti da qualcuno, totalmente, ne vale sicuramente la pena. Ci sono l’amore verso un animale e quello filiale e credo molto in entrambi, senza sarei in parte vuota. E poi c’è un tipo di amore che nessuno potrà mai eguagliare e quello, quando viene a mancare per qualsiasi motivo, ti strappa l’anima e ti fa cambiare tuo malgrado.»

C’è qualcosa che questa ragazza mi nasconde. Qualcosa di brutto. Ma di certo non posso fargliela dire. Quel suo sguardo triste, quella voce flebile e spezzata… è indice che, qualsiasi cosa intendesse dire, ci è passata in prima persona. E di certo non si riferisce a Oliver. Oh, chi se ne frega, sono troppo curiosa.
 
«Ti riferisci a qualcosa in particolare?» Le chiese.

«No!» Rispose lei troppo in fretta e con veemenza. «Parlavo così, in generale. Allora, adesso tocca a te. Mi spieghi quali sono questi due motivi che ti impediscono di aiutarmi?» Insistette infine cambiando argomento.

«Un’ultima curiosità» le disse e la vide sospirare rassegnata. «Tranquilla, non sto sviando il discorso o evitando di risponderti, ma prima devo avere ben chiare delle cose, capisci?» E quando lei annuì, continuò. «Cos’è successo con mister Edward?»

«Perché lo vuoi sapere? Non credo sia una cosa che debba interessarti questa.»

«Tu rispondimi. Poi capirai perché te lo chiedo» le rispose prontamente.

Bianca la vide farsi pensierosa e dopo qualche minuto Patty parlò.
 
«Te la faccio breve perché non mi va di parlare di quell’essere odioso.»

Ah, questo era interessante. Aveva capito che Patty provava dell’astio per l’allenatore del Barcellona, ma voleva sapere fino a che punto e perché, prima di affrontarlo al suo rientro. Annuì per darle il coraggio di continuare.
 
«Non so perché mi abbia preso in antipatia, ma il suo evidente fastidio per me è stato fulmineo. Quando mi sono presentata a lui, la prima cosa che ha fatto è salutarmi con aria di sufficienza e poi, appena Holly si è distratto per parlare con il vice allenatore, ne ha approfittato per mettermi in guardia.»

«In guardia, da cosa?» Ora era incuriosita.

«Dal distrarre l’allora mio marito dalla sua carriera. La mia presenza al suo fianco non era necessaria, sai, gli rovinavo l’immagine. Ero pur sempre una donna e in quanto tale cosa potevo capirne di calcio, meglio per me se restavo in disparte. Sport maschile, le femmine che vogliono fare parte di quel mondo – se pur stando ai margini – sono ridicole.»

«Come scusa? Te l’ha detto… lui?»

Bianca non sapeva che cosa dire, che cosa pensare… ma come si permetteva quel… quel microbo di fare certe affermazioni sessiste.
Forse, vista la sua faccia scura, Patty specificò.

 
«Sì, lui in persona. Avrei tanto voluto spaccargli il naso con un pugno, ma io odio la violenza. E poi ci eravamo appena trasferiti, non potevo neanche permettermi di rispondergli a tono, visto che mi aveva parlato in giapponese apposta perché lo capissi.»

«Bastardo schifoso» urlò lei facendola ridere. «Ok, continua pure» le disse infine.

«Comunque sia, all’inizio non gli diedi peso, anzi. I primi tempi andavo a vedere Holly allo stadio. Avevo l’abitudine di aspettarlo alla fine del tunnel una volta terminata la partita, l’ho sempre fatto anche qui e a Holly faceva piacere, ma… a lui no. Mi trattava sempre con astio e, piano piano, ho evitato di andarci fino a saltare proprio le partite. Alla fine, evitavo persino di vederle in televisione. In più faticavo molto a imparare lo spagnolo e questo mi ha esclusa totalmente dal giro perché non capivo nulla di quello che dicevano. Neanche le altre mogli e fidanzate della squadra mi hanno mai fatta sentire parte di qualcosa, di un gruppo ecco. Nessuno mi aiutava né a casa né in pubblico. Ero sola in un paese straniero. Tutto ciò non ha fatto bene alla mia autostima e…»

«E io sono stata la ciliegina sulla torta, vero? Hai creduto ai tuoi occhi e non hai chiesto spiegazioni che, sono sicura, non avresti mai neanche preso in considerazione. Sbaglio, forse?» Concluse lei al suo posto.

«No, non sbagli. Analisi perfetta» le rispose sospirando. Poi si riprese. «E adesso parla, io ti ho accontentata, Bianca, ora tocca a te.»

Giusto. Le doveva delle risposte. Sapere poi le ingiustizie che Patty aveva subìto in terra spagnola, proprio da parte della squadra… la mandava in bestia. Il mister, le altre donne che seguivano la squadra, i calciatori tra cui il marito… tutti avevano deciso che lei era un’indesiderata, un peso. Cavoli, lei, Bianca, sarebbe esplosa molto prima. C’era da crederle quando manifestava tutto il suo astio verso l’asso del Barcellona e verso tutto ciò che lo circondava in Spagna. La guardò e le sorrise mesta. Era tempo di scioccarla un po’.
 
«Hai ragione. Be’, vedi… tu sai chi sono io?»

«L’amante del mio ex marito» ribatté prontamente Patty. «Senti, capisco che per te questo potrebbe costituire un conflitto di interessi. Insomma, dai, dove si è mai sentito che un’amante denunci il suo innamorato in tribunale a favore della moglie, ma…»

«Cavoli, Patty, quel tonto di Oliver mi aveva detto che tu eri cocciuta all’ennesima potenza, ma non immaginavo che avesse ragione. L’ho anche preso in giro quando ti ha descritta così» l’informò sconvolgendola.

«Tonto? Oh, be’, che abbia il cervello al novanta per cento invaso dal calcio, è assodato; che al di fuori di quello abbia la sensibilità di un ranocchio in calore, pure, ma da qui a chiamarlo tonto…»

«Un ranocchio in calore… ahahah, bella questa, ahahah. Dopo me la spieghi perché è la prima volta che la sento, ahahhaah. Me la devo segnare, ahahah. Giusto per capire, era un insulto o…» cercò di ricomporsi lei.

«L’ho imparato su National Geographic» l’informò. «Un ranocchio, quando vuole accoppiarsi, lo fa e basta, anche se la partner prescelta si finge morta dopo vari segnali di avvertimento, insomma, dopo avergli rifilato parecchi due di picche. Lui se la spassa anche se lei non partecipa. E poi passa ad altre poveracce e ricomincia imperterrito.»

Oddio, era uno spasso. Questa era la prima volta che sentiva definire qualcuno in quel modo e Oliver di certo non se lo meritava. Lui non era affatto così.
 
«Be’, ti assicuro che hai preso un abbaglio. Conosco bene tutta la squadra e posso assicurarti che Oliver non è un traditore seriale e nemmeno occasionale. Lui è un tipo fedele e innamorato alla follia di te, posso assicurartelo. Non ti hai mai tradita, credimi. Non ha mai smesso di amarti e oggi ne ho avuta la conferma. Gelosia compresa. A proposito, ragazza, hai buon gusto. Prima Oliver, ora Santana…»

«Cosa? No, cavoli, no. Quella che si sbaglia qui sei tu e poi… ok, il brasiliano è un gran bel vedere per gli occhi e un balsamo per il cuore, ma… no!» Saltò su quella scuotendo la testa.

Bianca ridacchiò. Che se la raccontasse pure, le cose stavano così. E comunque non erano affari suoi e aveva ancora una domanda alla quale rispondere.
 
«Tornando a noi. Mi chiamo Esperanza – sì, lo so, è orribile – Bianca Cou. Dimenticati il mio primo nome e andremo d’accordo» le intimò facendola sorridere.

«Fammi indovinare, un nome di famiglia?»

«No, un padre ubriaco che voleva un secondo maschio e ha voluto vendicarsi così su mia madre, colpevole – a suo dire – di averlo deluso illudendolo e nascondendogli la notizia fino a dopo la mia nascita.»

«Che stronzo!» Esclamò Patty dopo un minuto di shock. «Scusa, è sempre tuo padre, non dovevo dirlo.»

«No, hai ragione, lo è da sempre, uno stronzo di prima categoria. In origine ero semplicemente Bianca. Lui, ha pensato bene di registrarmi con un altro nome e mettermi quello scelto da mia madre per secondo. Lei si è vendicata a sua volta usando proprio quello come nome principale e facendolo usare a tutti, tanto che è passato in secondo piano quello vero e ben pochi lo conoscono, per fortuna. Ahahah, un genio mia madre, vero? Io l’adoro. Follie paterne a parte, ti dice nulla il cognome Cou?»

Bianca vide la giapponesina pensarci su per un po’ e puoi scuotere la testa.
 
«Ebbene, è il Presidente del Barcellona. Sebastian Cou, il mio tanto amato padre. Ah, se non si fosse capito, voleva essere sarcastico. E questo, è il primo motivo per cui non posso esaudire la tua richiesta.»
 
 
 



Cosacosacosaaaaaaaa? La figlia del Presidente del Barcellona? Cavoli, Holly aveva puntato in alto quella volta.

 
«Conflitto d’interessi» le disse.

«No, lo sarebbe se io e Oliver avessimo avuto veramente una relazione e così non è. Semplicemente non mi va di dichiarare il falso davanti alla legge. Il mio cognome poi, generebbe pettegolezzi e illazioni che, francamente, preferirei evitare. Soprattutto in un momento delicato e decisivo come quello che la squadra sta per vivere. In ultimo, questo si ripercuoterebbe su Oliver e sulla sua carriera.»
Come? Che intendeva dire? Per caso che…

 
«Il Barcellona sta per fallire?» Le domandò a bruciapelo mentre finiva di pulire la sua coppa grande con il dito. Non molto signorile, ma…

«No, assolutamente» negò Bianca con fermezza. «Si capirà tutto a tempo debito, ma credo che presto ci sarà una fuga di notizie. Presto, molto presto. Chissà perché ahahah e chissà chi sarà a spifferare tutto, ahahah.»

Cazzo, quella donna a volte era inquietante. E non aveva tutte le rotelle a posto. Però non le riusciva di odiarla, dannazione.
 
«Oook. E il secondo motivo?» Le domandò con più cautela.

«Be’, vedi Patty, questa è una motivazione più personale. Devi sapere che…» biru biru biru biru «scusa, messaggio» le disse estraendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni.

Biru biru biru biru? Ma che razza di suoneria aveva quella tipa? Strana, ma simpatica come lei.
 
«Sì, amo i lumacofoni. Magari esistessero anche nella realtà e non solo in One Piece. Lo conosci, vero? Dimmi di sì.»

Patty era sconcertata, ma sapeva anche leggere nella mente per caso? Le sorrise in risposta.
 
«Oh, tranquilla, rispondi pure, magari è importante» la rassicurò poi.

«Grazie, sì, in eff… oh, ok, devo andare» l’informò dopo averlo letto. «Ti prometto che al nostro prossimo incontro saprai tutto e grazie ancora per il gelato.»

«Di nulla, ma… vorresti davvero che ci rivedessimo?» Le domandò palesemente basita.

«Sì, mi pare ovvio. Non abbiamo ancora finito di parlare noi due. Domani ti va bene?» Le propose Bianca allontanandosi lentamente camminando all’indietro.

«Domani? Ma veramente…»

«E domani sia. Ah, sì, che scema» le disse tornando da lei di corsa per prenderle la mano e scriverle qualcosa sul palmo.

E questa penna da dove è comparsa?, si domandò lei fissandola.
 
«Mandami l’indirizzo del vostro ritiro qua. Aspettami per le 10 domani mattina, ok? Mi spiace se ti ho lasciata più confusa di prima, ma sai… ho qualcosa di più importante da fare e, sinceramente, non vedo l’ora. A presto, bellissima!» La salutò mandandole un bacio volante prima di correre via.

Ehhhhh? Bellissima? L’aveva davvero chiamata così? Ma che problemi aveva quella tipa spagnola tutta stramba?
E poi, in che senso “ho qualcosa di più importante da fare”? Non lo era stato parlare con lei? Patty non sapeva più cosa pensare.
Dio mio, le aveva appena parlato male della sua squadra e dell’allenatore. Non riusciva a crederci. E lei non aveva detto nulla, anzi, l’aveva ascoltata e… compresa? Le era sembrato fosse proprio così.
Una cosa era certa, quella conversazione non era andata come aveva preventivato e ora aveva molto sui cui riflettere. Doveva crederle o meno? Le era sembrata sincera. Ma se così fosse stato, Oliver le aveva sempre detto la verità e lei era stata un’idiota totale e cieca. Dio mio, che pasticcio.
I'll never be, never be, never gonna be, never gonna be, never gonna be… Nobody's wife. Nobody, yeah, nobody, yeah, no no no, never gonna be, never gonna be…
Ma dove aveva messo questa volta quell’aggeggio odioso? Ah, sì, nella tasca dei jeans.
I'll never be, never be, never…

 
«Ho capitooo, un attimooo» guardò il numero sul display e sbuffò. «Che vuoi?» Urlò all’interlocutore una volta presa la chiamata.

«Nervosetta?» Le rispose Holly.

«Fino a poco fa, no» gli rispose sinceramente e lo sentì sospirare forte.

«Una domanda: ma dove sei finita? Ti ho cercato dappertutto, ma senza successo. Alla fine, sono rientrato. Stai bene?»

Incredibile. Se ne era dimenticato.
 
«Fino a poco fa, si» gli confessò. «Ho appena finito di gustarmi un sublime gelato con una certa spagnola. Abbiamo parlato un po’. Ci siamo divertite sai? Cavoli, è simpatica la riccona.»

«Un gelato? Ma co… ah, ti ha presa sul serio alla fine. Tipico di Bianca. Farebbe di tutto per un buon dolce» l’informò ridendo. «Riccona? E così, alla fine ti ha detto chi è. Sorpresa?»

«Diciamo che tutto avevo immaginato meno che quello. A proposito, devo farti i complimenti. Hai sedotto e conquistato niente meno che la figlia del presidente del Barcellona. Ti sei assicurato un posto in squadra a vita. Non ti facevo così calcolatore però. Una cosa del genere potevo aspettarmela da Soda, ma da te… l’aria europea ti ha proprio cambiato. In peggio, ma l’ha fatto.»

E ora perché stava zitto? In fondo aveva detto il vero.
 
«Ma… ma che cazzo ha combinato quella stupida» urlò Holly, stupendola. «Che ti ha detto di preciso, sentiamo.»

«Ciao, capitano. Tranquillizzati, rientrerò tra un paio d’ore, ho delle cose da fare prima di tornare. Cose importanti.»

«Ehi, non puoi fare quello che vuoi, cazzo. Ti ricordo che sei una delle manag…»

Clic. Ahhh, che pace e che soddisfazione. Che Holly dicesse pure quello che volesse, lei si era guadagnata un po’ di riposo.
Ancora non era pronta per dirgli che forse si era sbagliata per tutto quel tempo e per chiedergli scusa. Prima voleva concludere la sua chiacchierata con Bianca. Aveva l’impressione che, prima di ricevere quel messaggio, le stesse per dire qualcosa di importante.
Ripose il cellulare in tasca e tornò in gelateria. Eh, sì, una seconda coppa di gelato se la meritava tutta.
 
 
 



 
«Sì, amore, tra un’ora arrivo… sì, lo so, questo ritardo non era previsto, ma… eh? Ahahah, anche tu, immensamente e…»

Toc, toc, toc. Ah, era in orario. Appena rientrata in albergo, Bianca aveva fatto sapere alla reception di contattare il mister Edward e di convocarlo nella sua stanza nel giro di dieci minuti.
 
«Avanti!» Urlò al nuovo arrivato, poi gli girò le spalle appena lo vide e concluse la chiamata. «Ti devo lasciare ora, a presto amore mio. Ti amo, ciao.»

«L’ho disturbata? Vuole che torni dopo?» Le chiese l’uomo.

«No, non è necessario. Si sieda, mister Edward, noi due dobbiamo parlare!» Gli intimò con voce dura indicandogli la postazione davanti alla scrivania che aveva trovato in camera e che aveva spostato in modo strategico.

Con soddisfazione lo vide irrigidirsi, l’aria rilassata di poco prima accantonata. Bene. Nessuno poteva permettersi di prendere in giro Esmeralda Bianca Cou – e sì, questa volta ci stava usarlo per intero il suo nome – e pensare di farla franca.
Lo guardò con un cipiglio scuro tale che ebbe il potere di mettere in soggezione quell’uomo e poi parlò.
   
 
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