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Autore: Shainareth    27/10/2023    1 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Lo vide avanzare nella sua direzione e tirare fuori dalla tasca interna della giacca un paio di occhiali da sole, che le mise sul naso. «In auto ti aspetta anche un cambio d’abiti. Ti porto fuori.»
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athrun Zala, Cagalli Yula Athha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PREMURE



Quando finalmente la riunione finì era già molto tardi e il sole era tramontato da un po’. Non appena anche l’ultimo degli Emiri uscì dalla stanza insieme ai segretari e a parte delle guardie del corpo, Cagalli si concesse di rilassarsi contro il tavolo, la fronte sul legno scuro, le braccia incrociate sopra la testa. Era esausta. Ancora una volta era stata irremovibile nella sua posizione, facendo rimpiangere ai più ostinati membri del governo il fatto di averla sottovalutata quando era stata appena eletta alla guida del Paese. Non avrebbe più ceduto allo sconforto, avrebbe affrontato le avversità a muso duro e si sarebbe battuta per ciò in cui credeva, anche a costo di essere invisa a qualcuno. I danni provocati dalla guerra era troppi, l’immagine di Orb andava ricostruita insieme al Paese, il popolo aveva bisogno di un rappresentante che si facesse carico delle sue necessità. Per quanto quelle riunioni la massacrassero a livello psicologico, lei non si sarebbe tirata indietro.
   «Delegato Athha?»
   Sussultò e alzò di scatto lo sguardo. Sulla soglia si stagliava la figura di un giovane che avrebbe fatto girare la testa a molte ragazze della loro età, se non fosse stato per la sua determinazione nel seguire il proprio cuore, che lo portava immancabilmente da lei. Anche quando tutto remava loro contro, anche nel bel mezzo di una guerra. Ci erano già passati due volte e quei sentimenti erano ancora lì, inaffondabili nonostante tutte le incognite del destino.
   «Non era necessario che mi aspettassi», disse Cagalli, in tono grato e stupito a un tempo. Athrun le sorrise, ma non rispose. Non era necessario per davvero, lo sapevano entrambi. La ragazza però sapeva anche di essere imperdonabile, perché da quando lui era tornato a Orb, alla fine della guerra, non avevano ancora avuto modo di parlare davvero fra loro, di chiarire a dovere quella situazione di stallo e incertezza che si era venuta a creare. Forse, in effetti, non ce n’era neanche bisogno. Nessuno dei due dubitava dei sentimenti dell’altro, non lo avevano mai fatto. A dispetto di tutto, delle apparenze e delle illazioni di terzi, loro sapevano che potevano fidarsi di quell’amore che al momento avevano dovuto imbrigliare in attesa che i tempi maturassero, che la situazione migliorasse, che la nazione tornasse in piedi. Che il mondo fosse pronto, soprattutto - e questa era forse l’unica vera nota dolente.
   Facendo leva sulle braccia contro il ripiano del tavolo della sala riunioni, Cagalli si mise stancamente in piedi. Le guardie del corpo rimaste alle sue spalle subito si mossero, ma lei fece loro cenno di rimanere dov’erano. «Non serve, potete anche ritirarvi.»
   Pur dopo un attimo di esitazione, i due uomini obbedirono. Conoscevano Athrun, il suo nome era ormai garanzia di sicurezza, a dispetto di quanto accaduto in passato per colpa di suo padre. Associarlo a quest’ultimo era stata la prima reazione della gente, ma con le proprie azioni il giovane era riuscito da tempo a scucirsi di dosso quel pesante fardello, diventando non soltanto un valido soldato dell’esercito di Orb, quanto principalmente uomo di fiducia del Delegato Athha e del suo entourage.
   «Immagino tu non abbia cenato», osservò Athrun, quando furono soli, abbandonando così ogni formalità.
   «Non ne ho avuto il tempo», confermò Cagalli, stiracchiando pigramente le membra anchilosate per la lunga seduta. Le si era anche chiuso lo stomaco a causa di quella maledetta riunione; tuttavia il solo vedere il giovane le aveva risollevato non poco l’umore.
   Lo vide avanzare nella sua direzione e tirare fuori dalla tasca interna della giacca un paio di occhiali da sole, che le mise sul naso. «In auto ti aspetta anche un cambio d’abiti. Ti porto fuori.»
   Guardandolo da sopra le lenti con aria divertita, Cagalli domandò: «Ti sembra davvero prudente farci vedere in giro insieme? Da soli?»
   «Niente ristoranti o roba simile», specificò l’altro, rivelando così di aver pensato a tutto. «Solo un drive-through in cui potrai rimanere comodamente in macchina, lontana da sguardi indiscreti.»
   «Cibo spazzatura?»
   «Se alla Principessa non dispiace.»
   «Alla Principessa dispiace essere chiamata così», rimbeccò Cagalli, poiché Athrun sapeva bene che non amava essere definita in quel modo.
   «Andiamo?» la incitò lui, facendo orecchie da mercante.
   Davanti a quelle premure e al suo sorriso affettuoso, la ragazza sentì improvvisamente la stanchezza scivolarle via di dosso e quel confortante proposito a cui si era aggrappata nell’ultima ora, quello cioè di tornare subito a casa per buttarsi sotto la doccia e poi sul letto, venne cancellato all’istante dalla sua mente. Era tanto, troppo tempo che non facevano più qualcosa del genere. In verità, sembrava passata una vita da quando si erano concessi una serata da soli. Ne avevano bisogno, anche solo per rimanere a parlare fino a tardi come all’inizio della loro amicizia, e poi della loro relazione, o per divertirsi come bambini.
   «Guido io», stabilì Cagalli, mostrandogli il palmo della mano in attesa delle chiavi dell’auto. Athrun inarcò le sopracciglia. «Forza», insistette lei.
  «Col cavolo», fu l’insolente risposta che ricevette. Di fronte alla sua reazione indignata, il giovane le fece presente che, se fosse stata impegnata a guidare, non avrebbe avuto modo di cambiarsi e sarebbe anche stata riconosciuta più facilmente. Dovendo arrendersi all’evidenza, lei gli regalò comunque un verso esasperato che lo fece ridacchiare. «Ti prometto che guiderai al ritorno.»
   Soddisfatta per quanto ottenuto, Cagalli trotterellò fuori dalla stanza con la stessa leggerezza di quando era soltanto una bambina. Athrun la divorò con lo sguardo e lo fece ancora di più dopo, quando, ormai in auto e diretti verso la meta, lei iniziò a cambiarsi d’abito sul sedile posteriore.
   «Vuoi smetterla di guardarmi attraverso lo specchietto retrovisore?»
   «Sto solo facendo attenzione alla strada.»
   «Che bugiardo», rise la ragazza, lasciando correre. L’aveva vista in condizioni ben peggiori un’infinità di volte, ma da allora sembrava passata un’eternità. Anche lui aveva tolto la giacca dell’uniforme per indossare qualcosa di più comodo e che, soprattutto, desse meno nell’occhio, benché per Cagalli Athrun avrebbe sempre e comunque attirato l’attenzione di molte ragazze. Sebbene anche a lei non fosse mai passato inosservato il fascino del giovane, in realtà non era stato quello a conquistarla, quanto i suoi modi premurosi, il suo carattere complicato e la forza dei suoi sentimenti. L’amore che le dimostrava la travolgeva con impeto, lasciandola senza fiato e facendola sentire completa.
   Consumarono la loro cena iperproteica sul cofano dell’auto, come quand’erano ragazzini. Athrun aveva guidato fino a un posto isolato, un po’ sopraelevato, dal quale potevano guardare il mare e l’orizzonte buio. Erano stati lì altre volte, in passato, perdendosi in chiacchiere e sogni a occhi aperti su un futuro che sapevano essere fuggevole a causa dei pregiudizi della gente. All’epoca non era stato importante e, in verità, se fosse dipeso da loro, non lo sarebbe stato neanche adesso.
   «Mi scusi», disse qualcuno non distante da loro. Essendo una zona frequentata perlopiù da coppiette, non si sorpresero che qualcuno, incrociandoli, avesse comunque potuto riconoscerli. «Ma lo sa che lei assomiglia tantissimo al Delegato Athha?»
   Athrun nascose la propria espressione dietro la bibita che stava bevendo. Cagalli invece ne inalberò una stupita. «Lei dice?» domandò alla donna che l’aveva fermata, usando però un tono così frivolo e femmineo che al suo accompagnatore andò un sorso di traverso. «Magari avessi tutti i suoi soldi! Non starei certo qui a mangiare schifezze sul cofano di una macchina.»
   «In effetti non me la vedo proprio, Cagalli-sama, ad appartarsi qui con i giovanotti», convenne l’altra, che si manteneva comunque a una rispettabile distanza.
   La principessa fece spallucce. «L’avrà ingannata il gioco di ombre.»
   Sentì la donna ridere imbarazzata. «Scusi se ho interrotto il suo appuntamento galante.»
   «Si figuri, ci vorrà tempo prima di arrivare al dessert.» A furia di tossire, Athrun per poco non sputò un polmone.
   Si augurarono rispettivamente la buona serata e quando la donna si allontanò insieme all’uomo con cui era arrivata, il giovane Zala non poter fare a meno di domandare: «Da quand’è che hai imparato a fingere così bene?»
   «Da quando sono in politica», rivelò Cagalli, con una smorfia. «Dico sempre ciò che penso, ma adesso ho imparato a farlo in modo che non possano darmi addosso più di tanto.»
   Lo sguardo corrucciato e il velo di nervosismo che tornò a oscurarle il viso indussero Athrun a spingere verso di lei la propria porzione di patatine fritte. Il Delegato lo fissò con gratitudine. «Ti adoro.»
   «Lo so», fu la poco modesta risposta che si sentì dare. «Ma stasera è vietato parlare di lavoro.»
   «È buffo che a dirlo sia proprio uno stakanovista come te», gli fece notare. «Dopotutto sei qui proprio per farmi da guardia del corpo», lo prese in giro. «Anche se devi averne frainteso il significato, visto il modo in cui mi spiavi in auto.»
   «Non oso immaginare quante guardie del corpo tu abbia portato quassù nel tentativo di sedurle», ritorse il giovane, ben lontano dal negare la verità delle sue accuse.
   Piccata, lei schioccò la lingua sotto al palato. «Se avessi voluto sedurti, non avrei accettato di mettere una maglia così accollata.»
   Athrun si strinse nelle spalle. «Non volevo prendessi freddo.»
   Commossa da quell’ennesima attenzione nei suoi riguardi, la ragazza gli sorrise con amore. «Sei un disgraziato», sospirò poi, riversando su di lui la colpa di farla sentire speciale.
   «Pensa a come mi avresti definito se avessi cercato di approfittarmi della situazione...»
   Ridendo, Cagalli scivolò sul cofano dell’auto e si sporse nella sua direzione per sfiorargli le labbra con un bacio. «Grazie», disse, guardandolo negli occhi. Athrun le sorrise e le passò una carezza sulla nuca, attirandola di nuovo a sé per baciarla ancora.




 
  
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