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Autore: Placebogirl_Black Stones    28/10/2023    0 recensioni
Aveva trascorso i primi giorni di quell’apatia sul divano di casa sua a fissare un punto indefinito con la mente svuotata e incapace di reagire. Shuichi e Camel non l’avevano lasciata sola un attimo, ma lei a malapena ci aveva fatto caso. Erano lì, ma lei non li vedeva. Le parlavano, ma lei non li sentiva.
James era morto e lei era morta insieme a lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jodie Starling, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUELLO CHE MUORE DENTRO DI NOI
 
 
“Someone once said that death is not the greatest loss in life. The greatest loss is what dies inside of us while we live. I could tell you who said it, but who the hell really cares.
 
 
Teneva il proiettile tra il pollice e l’indice, fissandolo con lo sguardo vuoto, priva di qualsiasi emozione. Lo rigirava quasi impercettibilmente, facendolo brillare alla luce artificiale del lampadario. Si chiedeva come un oggetto così piccolo e insignificante avesse potuto portarle via prima suo padre e ora James, l’altro suo padre acquisito. A quanto pare il destino dei suoi padri era quello di cadere come mosche con dei buchi in corpo.
Erano passate due settimane da quando James era morto, ucciso da quel bastardo che sosteneva di avere un conto in sospeso con lui e di essere tornato per pareggiare i conti. In quei quattordici, lunghi giorni aveva attraversato diverse fasi: si era disperata, aveva pianto, si era arrabbiata, aveva cercato delle risposte alle sue domande che alla fine non aveva trovato, si era arresa e poi si era spenta. Il dolore, la rabbia, la voglia di fare giustizia erano svaniti. Non provava più nulla, non riusciva più a sentirsi viva. Si era trasformata in un automa.
Aveva trascorso i primi giorni di quell’apatia sul divano di casa sua a fissare un punto indefinito con la mente svuotata e incapace di reagire. Shuichi e Camel non l’avevano lasciata sola un attimo, ma lei a malapena ci aveva fatto caso. Erano lì, ma lei non li vedeva. Le parlavano, ma lei non li sentiva.
James era morto e lei era morta insieme a lui.
Dopo quei giorni in stato vegetativo, una notte aveva avvertito l’esigenza di recarsi sul luogo del delitto. Si era svegliata di colpo e una voce nella sua testa l’aveva spinta a vestirsi e camminare per le buie strade di New York come un fantasma, fino a quando non aveva raggiunto quel pezzo di asfalto dove vi era ancora tracciata la sagoma del corpo, dove l’alone del sangue si era seccato ma non era scomparso, dove tutt’intorno vi erano ancora i nastri gialli con la scritta “crime scene do not cross”.
Era rimasta lì per un tempo indefinito a fissare tutto ciò, senza pensare a niente, fino a quando non aveva sentito la voce di Shuichi alle sue spalle che con grande pacatezza l’aveva invitata a tornare a casa con lui.
Il giorno dopo aveva sentito l’esigenza di tornare nuovamente in quel posto. Il suo non era masochismo, ma un disperato tentativo di sentirsi viva, di provare emozioni umane come un tempo.
Di nuovo era rimasta a fissare la sagoma che delineava il corpo di James, in quella posizione così innaturale, fino a quando Shuichi non era tornato per riportarla a casa.
Anche quella sera non sarebbe stato diverso. Si alzò lentamente dal divano stringendo in mano quel proiettile e camminò fino alla porta. Uscì in strada e guidata da qualche strana forza di attrazione inspiegabile raggiunse la scena del crimine. Aprì il palmo della mano e riprese a fissare quel proiettile, cercando di immaginare come si potesse essere sentito James quando quel pezzetto di metallo aveva penetrato la sua carne, distruggendo tessuti e vasi sanguigni, raggiungendo infine il cuore. Doveva aver provato un dolore lancinante, quel tipo di sofferenza che ti causa persino lacrime. Cercò di provare quello stesso dolore, mettersi nei panni di James durante i suoi ultimi istanti di vita. Non ci riuscì. Doveva essere arrabbiata, ma non lo era. Qualcosa dentro di lei si era spento e non trovava il bottone per riattivarlo.
Restò a fissare ancora un po’ il proiettile fino a quando non udì dei passi che si avvicinavano. Non si voltò né provò paura: sapeva esattamente chi fosse ormai. Probabilmente la teneva d’occhio e la seguiva, preoccupato che potesse succederle qualcosa. Accorreva sempre a salvarla, quell’uomo che amava così tanto da scaldarle il cuore. Eppure in quel momento non riusciva più a sentire nemmeno quel vecchio amore. Lo aveva sempre accusato di essere un tipo troppo freddo e ora lei era diventata anche peggio di lui.
Shuichi l’affiancò, guardò con dispiacere quella scena che doveva essere dolorosa anche per uno come lui e le prese delicatamente il proiettile dalla mano, mettendoselo nella tasca della giacca. Poi le cinse le spalle con un braccio e la invitò a seguirlo.
 
- Coraggio, Jodie. Andiamo a casa-
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Perdonatemi per questa storia così tetra ma il mio mood di ieri (quando l’ho scritta) mi ha spinta a scegliere di scrivere proprio questa fra le tante che ho in sospeso nella mia cartella delle fanfiction.
L’idea è presa dalla frase iniziale, che è una citazione presa da One Tree Hill (ormai sapete che ho una malattia per quel telefilm). Ho voluto descrivere Jodie che cade nell’apatia dopo la morte di James, troppo dolorosa da sopportare.
Anche se straziante spero possa piacervi lo stesso.
Grazie a tutti quelli che leggeranno.
   
 
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