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Autore: Ciuscream    28/10/2023    6 recensioni
Degli occhi grigi e lucenti rimane una patina liquida, iridi satinate e pupille contratte. Delle notti a frugarsi addosso la vita, rimangono ombre sbiadite di cicatrici di morte.
[Questa storia partecipa al secondo turno della Challenge "Chi l'ha Dixit?" indetta sul forum Ferisce la penna | Remus/Sirius]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Gli amori durano esattamente un momento perfetto, il resto è solo rievocazione.”
Marcello Fois, “Stirpe”


Quel che (non) resta

 

Sotto le dita, Remus sente scricchiolare le costole esposte, lo strato sottile di pelle che ancora le abbraccia. Chiude gli occhi: nella stanza disfatta in cui ormai si rifugia, c’è un silenzio capace di crepare i muri, di intasargli le vene. Morde la guancia, sente sulla lingua un sapore ferroso, consueto, che gli ricorda un attaccamento alla vita che sente venir meno, man mano.

Il suo corpo – nemico traditore maledetto – è ormai un guscio vuoto. Anzi, il contrario: è il vuoto che abbraccia il senso di sé, il nucleo centrale, un grumo di pensieri fitti e mancanze, di malinconia d’essere. 

E, per la prima volta, gli sembra che nel mondo esista un uguale: la faccia scavata di Sirius, lo sporco, il fetore, la pelle aggrappata gli zigomi. Disfatto. Disfatto e innocente, condannato ad una condanna senza colpa, proprio come lui. Vederlo, ritrovarlo, gli ha smosso i nervi, gli ha impresso sull’iride sorpresa e dolore, entrambi peggiori di qualsiasi trasformazione.

Lo amava

Lo amava? 

Non riesce a ricordarlo: non riesce a ricordare come si incastravano quei loro corpi. Se prima del loro marcire ci fosse per loro una combinazione di arti e di sangue, di pensieri e desideri, di occhi e cicatrici, labbra e salive, di loro – Remus, Sirius. Lettere finali che sfumavano simili, con lo stesso sibilo, mentre quei nomi se li ripetevano addosso, mentre si tuffavano il piacere in bocca. 

Remus.

Sirius. 

Degli occhi grigi e lucenti rimane una patina liquida, iridi satinate e pupille contratte. Delle notti a frugarsi addosso la vita, rimangono ombre sbiadite di cicatrici di morte. 

Sirius.

Remus.

Di quelle lettere che in un soffio spiegavano il mondo, resta un suono che si perde negli spifferi di vento, quelli che si insinuano sotto le persiane sbeccate, che si intrufolavano nelle notti nere di Azkaban. Del sudore delle albe che li hanno visti avvinti nella Stamberga Strillante, rimangono sentori acidi, umidità scortesi. 

Lo amava?

Lo amava.

Il tempo però sbiadisce anche le migliori storie, il dolore silenzia e azzoppa. Di loro rimane un’ombra – un lupo, un cane, un professore e un fuggiasco. Le loro parodie.
Di loro rimangono nomi detti nel buio, in un passato inquantificabile; un silenzio che li mangia.
Di loro rimane poco e nulla, briciole di eterno: 
un momento che è stato perfetto, nella terra brulla di una vita passata a strappare l’amore coi denti. Un momento che non lo sarà mai più. 
Di loro rimane questo. Nient’altro. 

Il resto è solo rievocazione. 




 



Note: del perché io ormai scriva storie tutte uguali (slash tristih e malinconiche) non so darmi una spiegazione. Ma questa challenge mi sta costringendo almeno a scrivere qualcosa, che di questi tempi è già un traguardone. La cit. di Greta poi era splendida e, quando ho paura di scrivere e del buio che ne consegue, io torno sempre da questi due, che sono più bui del buio (?) e questo si rischiara un po'.
Grazie a chi abbia speso un minutino a leggere questa cosetta.
Vi abbraccio

 
   
 
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