Writober, Giorno 30, prompt Domino
Le dita di Yayoi si muovevano rapide e delicate sulla tastiera del pianoforte, mentre eseguiva uno dei suoi brani preferiti di Chopin e si perdeva nella musica.
La signora Aoba la osservava, non vista, dalla porta della stanza: dei suoi tre figli, Yayoi era l’unica che aveva ereditato il suo amore per il pianoforte, Jack non era mai stato nemmeno sfiorato dall’idea di suonare e Miyuki, dopo qualche tentativo, aveva presto dirottato il suo interesse verso la danza classica. Del resto lei aveva lasciato massima libertà ai figli nel scegliere i loro interessi.
L’ultimo accordo si spense nell’aria.
“Hai sempre avuto un ottimo tocco.”
Yayoi sobbalzò:
“Mamma! Non ti avevo sentita arrivare!”
“Lo so. È così anche per me quando sono con il pianoforte.”
La signora Aoba si accomodò sullo sgabello ed iniziò a suonare uno dei suoi cavalli di battaglia. Come un effetto domino, le due donne si alternarono nell’eseguire i loro brani preferiti, per finire con un pezzo a quattro mani: era un modo di comunicare tutto loro.
“Mi manca tanto suonare sul pianoforte. A Dublino ho una buona tastiera elettronica, ma non è la stessa cosa. Perfino il vecchio pianoforte mezzo scordato della locanda della zia è tutta un’altra storia.”
“Signorina, non offendere lo strumento su cui tua madre ha iniziato a suonare!”
La donna assunse un finto tono severo, sapeva che la figlia apprezzava il vecchio pianoforte verticale, difatti, Yayoi ribatté pronta:
“Non oserei mai.”
La figlia si alzò e camminò per la stanza, fermandosi alla parete dove erano appese le sue foto e quelle dei fratelli, una specie di riassunto illustrato delle loro vite. Indugiò su quella che la ritraeva il giorno del suo diploma in pianoforte, accanto a lei la mamma.
“Ti dispiace che non ne abbia fatto una professione, come te?”
“Assolutamente no, quella era la mia strada, tu devi seguire la tua, ovunque ti porterà.”
Yayoi annuì.
La signora Aoba si avvicinò a quella figlia che spesso era come un suo specchio, in cui rivedeva le sue stesse scelte:
“Sai Yayoi, io vedo molto di me, della me più giovane, in te e capisco meglio di quanto tu creda le tue scelte, perché sono mosse dalle stesse motivazioni che a suo tempo avevano guidato me.”
Yayoi sentì una lacrima scivolare su una guancia.
“Facciamo un altro quattro mani, mamma?”
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Le dita di Yayoi si muovevano rapide e delicate sulla tastiera del pianoforte, mentre eseguiva uno dei suoi brani preferiti di Chopin e si perdeva nella musica.
La signora Aoba la osservava, non vista, dalla porta della stanza: dei suoi tre figli, Yayoi era l’unica che aveva ereditato il suo amore per il pianoforte, Jack non era mai stato nemmeno sfiorato dall’idea di suonare e Miyuki, dopo qualche tentativo, aveva presto dirottato il suo interesse verso la danza classica. Del resto lei aveva lasciato massima libertà ai figli nel scegliere i loro interessi.
L’ultimo accordo si spense nell’aria.
“Hai sempre avuto un ottimo tocco.”
Yayoi sobbalzò:
“Mamma! Non ti avevo sentita arrivare!”
“Lo so. È così anche per me quando sono con il pianoforte.”
La signora Aoba si accomodò sullo sgabello ed iniziò a suonare uno dei suoi cavalli di battaglia. Come un effetto domino, le due donne si alternarono nell’eseguire i loro brani preferiti, per finire con un pezzo a quattro mani: era un modo di comunicare tutto loro.
“Mi manca tanto suonare sul pianoforte. A Dublino ho una buona tastiera elettronica, ma non è la stessa cosa. Perfino il vecchio pianoforte mezzo scordato della locanda della zia è tutta un’altra storia.”
“Signorina, non offendere lo strumento su cui tua madre ha iniziato a suonare!”
La donna assunse un finto tono severo, sapeva che la figlia apprezzava il vecchio pianoforte verticale, difatti, Yayoi ribatté pronta:
“Non oserei mai.”
La figlia si alzò e camminò per la stanza, fermandosi alla parete dove erano appese le sue foto e quelle dei fratelli, una specie di riassunto illustrato delle loro vite. Indugiò su quella che la ritraeva il giorno del suo diploma in pianoforte, accanto a lei la mamma.
“Ti dispiace che non ne abbia fatto una professione, come te?”
“Assolutamente no, quella era la mia strada, tu devi seguire la tua, ovunque ti porterà.”
Yayoi annuì.
La signora Aoba si avvicinò a quella figlia che spesso era come un suo specchio, in cui rivedeva le sue stesse scelte:
“Sai Yayoi, io vedo molto di me, della me più giovane, in te e capisco meglio di quanto tu creda le tue scelte, perché sono mosse dalle stesse motivazioni che a suo tempo avevano guidato me.”
Yayoi sentì una lacrima scivolare su una guancia.
“Facciamo un altro quattro mani, mamma?”
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La mamma di Yayoi era l'unico genitore che non avevavmo ancora visto da vicino e la vediamo in un dialogo mediato dalla musica, dal loro linguaggio: non hanno bisogno di tante parole, come accaduto in altri momenti genitore-figlio, sono le note e la musica a parlare per loro.