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Autore: oscar 82    06/11/2023    1 recensioni
"...Correrà nuovamente all’Isola dei Beati a fronteggiare Vita e Morte e le piegherà ancora e ancora finché non gli concederanno che il nome di Arthur venga cancellato dall’Olimpo.
Scongiurerà fino allo strenuo delle sue forze, fino a quando li costringerà ad ascoltarlo".
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Questa storia trae ispirazione dai versi intitolati "Please, let him be soft", molto famosi in rete, il cui niome dell'autore/autrice non è pubblico, ma è reperibile sul blog Tumblr...






I raggi del sole s’inclinano sui merli del castello di Camelot e rilucono sulle lame delle spade ancora sguainate dei Cavalieri.
 
Da quando è salito al trono, gli allenamenti guidati da Arthur sono ancora più lunghi ed estenuanti.
 
Lo sono per Leon, Gwaine, Percival e gli altri, malgrado siano avvezzi all’intensità delle sessioni con il Sovrano. Lo sono per i cadetti, i primi a cedere e cadere al suolo, le mani escoriate malgrado i guanti e le teste dolenti per il continuo e assordante clangore.
 
Soltanto il giovane Re appare ancora fresco e presente a se stesso, quasi si stesse preparando a affrontare un esercito a mani nude.
 

“Non posso ancora congedarvi, signori. Avanti, un ultimo sforzo! Avanti, dico a voi soprattutto, giovani reclute! Concentrati e in guardia!”

 
La voce di Arthur suona forte e cristallina, sicura. Eppure Merlin non riesce a celare una smorfia di preoccupazione.
 
Lo guarda mentre si destreggia, letale, freddo e preciso come non mai, i pugni serrati sull’elsa. Attacca con la precisione e la rapidità di una macchina, un meccanismo da guerra perfettamente congeniato in ogni sua parte. 
 
Ogni suo movimento sembra una promessa di morte. 
 
Merlin sa che Arthur è stato allevato, cresciuto, istruito per questo. 
 
È un combattente, nato e allenato per uccidere, forgiato nello stesso ferro e nello stesso fuoco con cui è stata temprata l’armatura che indossa.
 
Arthur è degno della medesima fama del terribile Achille e ne condivide il Destino. 
 
Così l’ha voluto Uther, così le Parche che filano e tessono al suo arcolaio. 
Forse lo vuole così anche questo nuovo Dio di cui parlano i Romani, che ha decretato la morte del suo medesimo figlio per il bene del mondo.
 
E forse anche Arthur - sicuramente dovrà morire, agnello espiatorio sugli altari degli Dei, in nome di Camelot e della Corona.
 
Un brivido attraversa la schiena di Merlin mentre si sforza di scacciare dalla testa l’immagine del sangue di Arthur che imbratta le are fumanti.
 
Le grida altisonanti dei compagni d’arme nell’arena lo sfiorano appena.
 
Se solo potessi parlare agli Dei, pensa Merlin. A tutti gli Dei del Cielo e della Terra, della Nuova e dell’Antica Religione.
 
In molti conoscono il destino di Arthur. Ma nessun altro - proprio nessun altro - ne conosce il cuore. 
 
Il Re lo ha nascosto, sigillato sin da bambino in una gabbia alta e spessa, le cui sbarre sono solide e impenetrabili ai più, irte e pungenti come gli aculei della stella del mattino.
 
Soltanto per il mago quella gabbia svanisce, si dissolve come il ferro alle alte temperature. Fonde liquefatta sotto il suo amorevole sguardo, capace di sondare ogni piega, ogni antro, ogni palpito dell’animo di Arthur.
 
Il cuore di Arthur è tenero, delicato, così bello che al solo pensiero gli occhi di Merlin si riempiono di lacrime.
 
Parla di sofferenza e di solitudine, di bisogno di stima e di fame d’ affetto. Si prostra all’eco del dolore della sua gente, anela al calore materno mai conosciuto - piccole braccia tese verso un fantasma biondo -, si strugge al ricordo del padre appena perso.
 
Il cuore di Arthur è un fiore esile che fa capolino dalle nevi, tra il gelo, chiedendo protezione e cura.
 
Il cuore di Arthur è la cosa più meravigliosamente fragile e pura che Merlin abbia mia visto nella sua giovane vita e qualsiasi cosa accada, non resisterà all’istinto di preservarlo a ogni costo.
 
Il cuore di Arthur gli è stato affidato e Merlin potrebbe bruciare il mondo per tenerlo al sicuro.
 
L’ululato di giubilo del Sovrano interrompe i suoi pensieri, soltanto un attimo. Il Re ha battuto tutti gli opponenti.
 
“Sono spiacente,  dovete impegnarvi di più per sconfiggermi” dice, gli occhi che brillano ancora di agone, “ma saprò ricompensarvi con una lunga rivincita domani. Domani e sempre, per amore di Camelot!
 
 
Il mago sorride, dolceamaro, tra sé.
 
Arthur è un Eroe, come tutti gli Eroi non può sfuggire alla sua Sorte. 
Il regno di Albion lo ha già preso, pretende le sue membra, la sua forza, la sua spada. 
Ha bisogno di lui e lui non si tirerà indietro perché è scritto nelle sue ossa, in ogni più piccola particella del suo splendido essere. 
 
Tutto quello che potrà dare, lo darà. Tutto quello che potrà fare, lo farà. 
E il regno gli sottrarrà tutto lasciandolo nudo, inerme e mitico.
 
Così sia, così sia, lo sente ripete. È mio dovere, sembra dire anche adesso, mentre inguaina la lama.
 
Il Fato degli Eroi è tracciato.
 
Ma Merlin non vuole che Arthur sia un Eroe. 
 
Gli Eroi soffrono e ardono tra le fiamme, si accasciano sotto pesi troppo grandi per le loro - pur robuste -  spalle, si sacrificano ergendosi a martiri. 
 
Merlin non permetterà che Arthur sia un martire. 
 
Scuote la testa, le nocche bianche per quanto stringe i pugni.
 
È furibondo con chiunque abbia scritto il suo nome nell’Olimpo, destinandolo alla storia, alle gesta memorabili, alla leggenda. 
 
Merlin desidera semplicemente che Arthur sia felice.
Che sia dolce e tenero, come il suo cuore - finalmente libero da costrizioni e doveri.

Libero di avere le mani limpide, mai più tinte di rosso.
Libero di dare e di prendere l’ amore di Gwen – non il suo,mai il suo, Merlin lo sa – alla luce del sole. 
 
Ci sono così tanti Eroi pronti a donare la vita affinché il loro ricordo divenga immortale, scritto nelle pergamene, tradotto in ogni lingua. 
Arthur non è necessario, è già esistito un Achille.
 
Il velo della notte abbraccia Camelot e i Cavalieri rientrano, ad uno ad uno. Il Re lo ha raggiunto e gli appoggia una mano sulla spalla.
 
Ne sente il calore, la vita, la lotta attraverso la stoffa leggera e la gola si chiude in un nodo.
 
La sua furia si scioglie, addolcendosi in muta e silenziosa preghiera.
 
Lasciatelo, o Dei. Lasciatecelo, lasciatemelo, implora.
 
Lasciatemi il suo cuore.
Qualsiasi cosa ci sia da fare, la farò.
 
Continuerà a pregare.
 
Supplicherà con ogni briciolo di voce – con ogni stilla del suo potere, se serve. Scenderà nell’Ade ardente o si innalzerà nei Cieli eterei, tutto – tutto, purché lo risparmino.
 
Correrà nuovamente all’Isola dei Beati a fronteggiare Vita e Morte e le piegherà ancora e ancora finché non gli concederanno che il nome di Arthur venga cancellato dall’Olimpo.
 
Scongiurerà fino allo strenuo delle sue forze, fino a quando li costringerà ad ascoltarlo.
 
Arthur resterà luminoso e soave e tenero, così come il suo cuore.
 
Lo lasceranno essere tenero, tenero e felice.
Lo lasceranno vivo, al suo fianco.
Vivo e palpitante e bello e suo -  come da sempre deve essere e come invece non sarà mai.
 
 
  
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