Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |      
Autore: Etali    07/11/2023    2 recensioni
"Ovviamente solo se sei a tuo agio con tutta la questione."
A suo agio.
A suo agio.
Come non fossero state centinaia e centinaia di anni che il pensiero strisciava nei suoi sogni a tormentarlo. Era un demone d’altronde, probabilmente le tentazioni facevano parte del contratto.
Ma che un angelo – il suo angelo – fosse esso stesso la voce suadente che lo spingeva tra le braccia del peccato, quello sembrava ben oltre la portata di ogni demoniaco miracolo.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avrebbe potuto essere qualsiasi era del mondo, qualsiasi luogo sulla faccia della Terra e oltre, tra le stelle lontane o nel vuoto prima della loro creazione. Non ricordava ci fosse mai stato un tempo dove sedere insieme ad Aziraphale a un tavolo chissà dove, con i bicchieri tintinnanti riempiti di qualcosa che colorava loro le labbra e scaldava la gola, sarebbe potuto sembrare fuori luogo.
Né Crowley era intenzionato a sperimentare in futuro un tempo dove avrebbe potuto esserlo.
Attualmente era però piuttosto sicuro di essere sulla Terra.


- Crowley? Mi stai ascoltando?

- Certamente. – mentì il demone in modo spudorato.

Aveva totalmente perso la capacità di capire qualsiasi lingua del mondo dopo quelle parole invece.
“Vorrei provare.” Gli aveva semplicemente detto, rifuggendo al suo sguardo. E da quella manciata di sillabe Crowley non era più stato in grado di intendere o volere altro.

Le parole che uscite da quelle labbra morbide erano andate e perdersi nel vento potrebbero essere ben riassunte dal concetto che il cibo era estremamente gradevole, nonostante non fosse stato creato per gli angeli o altre creature ultraterrene.
Perciò ecco, Aziraphale aveva ponderato potesse essere plausibile che questo principio fosse applicabile anche ad altre occupazioni nelle quali gli umani si dilettavano.
Oltre al cibo.
O alle bevande, per dire.

Ad Aziraphale era stato necessario un ampio giro di parole per riuscire a esprimere l’idea che magari anche gli angeli o altre suddette creature ultraterrene potessero giovarsi di sperimentare anche altre abitudini considerate prettamente umane.
Oltre al cibo.
O alle bevande, per dire.
Ora lo guardava, seduto composto e con le labbra appena increspate, come insicuro di per quanto ancora sarebbe riuscito a non distogliere lo sguardo.


- Potresti toglierti gli occhiali? - di solito l’angelo non aveva problemi a decifrare ogni espressione, il movimento di ogni piccola ruga del viso nonostante gli occhi gialli fossero schermati dalle lenti nere. Quella sera però era particolarmente difficile.

Probabilmente neanche Crowley stesso era sicuro di cosa gli si stesse scatenando dentro il cranio. O la cassa toracica. O un po’ ovunque, a essere sinceri.
Senza una parola appoggiò piano gli occhiali sul tavolo. Nel silenzio che era andato formando il demone si decise a parlare.


- Intendi…

- Ovviamente solo se sei a tuo agio con tutta la questione. – si affrettò ad aggiungere l’angelo.

A suo agio. A suo agio. Come non fossero state centinaia e centinaia di anni che il pensiero strisciava nei suoi sogni a tormentarlo. Era un demone d’altronde, probabilmente le tentazioni facevano parte del contratto.
Ma che un angelo – il suo angelo – fosse esso stesso la voce suadente che lo spingeva tra le braccia del peccato, quello sembrava ben oltre la portata di ogni demoniaco miracolo.


- Non sono completamente sicuro tu intenda ciò che ho capito. Non sono neanche completamente sicuro che tu capisca ciò che intendi, se quello è.

- Sai, ho passato qualche migliaio di anni sulla terra anche io…

- Be’ sì… ma questo non fa parte della sfera di influenza dell’inferno?

- Assolutamente no. Di amore si tratta. – Crowley vide distintamente le guance di Aziraphale colorarsi. Sperò solo che le sue non avessero seguito, ma per quanto poco spiccato fosse il suo realismo non c’era troppo spazio lasciato all’illusione. - Chiaramente affari del paradiso.

- Amore, ma anche lussuria. Giurisdizione infernale, da definizione.

- Un po’ di paradiso, un po’ di inferno, ma decisamente umano.

-Mi suona stranamente familiare.

Sarà stato il mezzo sorriso spuntato a quel punto o la dolcezza che dirompeva leggera dalle parole di Aziraphale, a dare al demone il fegato necessario per muovere ciò che il suo angelo avrebbe citato nei tempi avvenire come la mossa del millennio.

Le narrazioni dei due su come appunto questa mossa del millennio fosse stata attuata si sarebbero poi discostate leggermente l’una dall’altra.
Crowley sarebbe stato piuttosto certo nell’affermare di essersi avvicinato seducente e avergli preso il volto tra le mani con passione.
Con la prosa incoraggiata da un sufficiente quantitativo di vino avrebbe aggiunto alla sua versione pure un languido casquè. (“Caro credo tu ti stia confondendo di almeno tre secoli, con quella volta a Venezia.” – “Sciocchezze, ricordo bene Venezia. Un ottimo vino.” “E del baccalà superbo…”)

Aziraphale invece avrebbe passato secoli a giurargli di ricordare distintamente il tremito nelle sue dita quando gli aveva accarezzato il viso, e lo sguardo fisso nei suoi occhi, come timorato mentre lentamente gli si avvicinava. Vederlo tentare di rimanere impassibile quando poteva benissimo sentire il battito del suo cuore accelerare alle sue provocazioni era uno dei tanti piaceri che Aziraphale si concedeva su questa terra.

L’unica certezza è che Crowley effettivamente trattenne il fiato mentre col passo meno sicuro degli ultimi mille anni si mosse verso di lui.
“Respira” si disse. “È quello che fanno gli umani. Respira.” I suoi polmoni, i polmoni di quell’involucro di carne che abitava e che in quel momento più che mai sentiva suo, non ne avevano bisogno. Ma non era per loro che respirava. Respirava per poterlo fare contro la pelle di Aziraphale, perché sentiva il suo accelerare e non voleva essere da meno, perché volle respirargli contro la bocca quando finalmente lo baciò.

Non era la prima volta che accadeva, né sarebbe stata di certo l’ultima. La prima volta, ormai sepolta sotto strati di sabbia di tempeste passate, era stata una sensazione strana, unire le labbra a quelle di un angelo – soffici, fresche, dolci come frutta appena colta nel giardino proibito – probabilmente come lo sarebbe stato unirle con quelle di chicchessia; ma ora aveva il sapore di una cometa che torna dopo decenni, a rischiarare il cielo notturno. Quella notte però la cometa si attardava sulle sue labbra. A Crowley si abbozzò nella mente un’analogia con un’altra cometa, carica di promesse, che doveva essere stata molto importante al tempo che era apparsa sulla volta celeste. Ma andasse pure al diavolo qualsiasi altra cometa: Aziraphale continuava a baciarlo, tenendogli il volto tra le mani, e nella sua testa che aveva visto nascere stelle e le mille ere del mondo non c’era posto per altro.

Era una sensazione strana, stringere la pelle soffice di un corpo, un involucro soltanto, che però conteneva tutto ciò che lui amava. Quel corpo camminava come il suo la Terra da millenni. Lo aveva toccato di sfuggita, con distrazione studiata, nei mille incontri che le loro strade avevano concesso, ma mai così. Mai aveva avuto il tempo, il coraggio, di accarezzargli uno zigomo, e piano spalle e braccia sopra la stoffa del cappotto, ruvida da anni di vento e pioggerella londinese.


- È così che cominciano gli umani? Carezze e qualche bacio? – Come era riduttivo porla così. Crowley sapeva delle mille sfaccettature degli umani, dei mille modi diversi in cui potevano apprestarsi a unirsi. Dai più crudeli, alla tenerezza che faceva quasi male a guardarla. Non questa però.

- Solo i migliori.

Si perdeva negli occhi del suo angelo, occhi nei quali si era specchiato fino dalla notte dei tempi, che ora lo guardavano senza fretta, accarezzando ogni suo tratto.
 
Lo sfiorava e ne assaporava la pelle, spingendosi sempre più lontano in territori inesplorati, come mai avevano potuto fare in quegli scampoli di tocchi che si erano scambiati negli anni: il calore di una mano sulla schiena, attraverso strati di tessuto, spalla contro spalla su una panchina di St. James Park, le ginocchia che si sfiorano sotto il tavolo del Ritz; coriandoli di contatto umano ai quali Crowley mai avrebbe ammesso di ripensare così spesso.

Avevano visto per millenni gli adolescenti umani girarsi attorno, come nelle strane danze degli uccelli in primavera, ma possibilmente più goffi. Ne avevano riso pure insieme di tanto in tanto, facendosi beffa di sonetti poco efficaci o amanti tormentati che altro non erano che ragazzini, quando loro per primi si rincorrevano da millenni. Erano due usignoli completamente inetti.
 

- Me la ero aspettata meno umida come faccenda. – sentì commentare Aziraphale, con le labbra lucide di saliva e sudore. – Nei romanzi non ne fanno alcun cenno.

- Se intendi Jane Austen non stento a crederlo. Jane era tanto armata di pudica compostezza nello scrivere quanto di essa sprovvista con le sue conquiste.

- Mi prendi in giro.

- Forse.

A quel punto sue labbra vennero imprigionate a dovere e ridotte al silenzio.
In mezzo ai baci lo sentiva mormorare come una litania. Per un momento Crowley ebbe il serio terrore che l’altro si fosse per qualche ancestrale ragione messo a snocciolare preghiere proprio in quel momento.


- Sei uno splendore – riuscì a distinguere nelle parole che gli uscivano flebili dalle labbra per infrangersi contro la sua pelle.

Glielo mormorava contro le palpebre, sui suoi occhi gialli celati.
Gli baciava le dita e col naso gli tracciava costellazioni sullo stomaco, come se avessero il tempo di ogni era del mondo per fare l’amore.
 
Si erano morsi le labbra come adolescenti in un vicolo di Parigi, osservati di sottecchi nel buio della Scala, sfiorati le nocche mentre intorno a loro cadevano bombe dal cielo.

E ora, i due rappresentanti di cielo e abisso, si ritrovavano a cercarsi con un istinto umano forse assimilato nei millenni sulla Terra, forse che del tutto umano non è mai stato, e a strapparsi di dosso i vestiti, come se quegli strati di tessuto dopo secoli imperturbati bruciassero nel separarli un momento di più.

Guardando uno sprazzo di stelle attraverso il cielo appannato, affondati l’uno nel corpo dell’altro, due pensieri distinti presero forma dentro le fronti appoggiate strette in un contatto di ciglia, capelli e sudore.

Primo pensiero: che col senno del poi, guardandosi indietro fino alle mura dell’Eden, pareva impossibile che nella sua ineffabile arguzia, chi li aveva piazzati l’uno accanto all’altro non avesse minimamente messo in conto questo intero risvolto.

Secondo pensiero: che in ogni caso, cadere per questo poteva davvero valerne la pena.


 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Etali