Ogni mattina

Sono trascorsi tre anni, forse non sono tanti, ma hanno comunque un loro peso. Sono gli anni che si possono contare da quando sono andati a convivere, poi, oltre a questi, ci sono anche i sette da quando si sono conosciuti durante il suo primo anno nella palestra del Fukurōdani. 
Akaashi Keiji ricorda quel giorno come se fosse stato solo ieri: Bokuto gli era corso incontro con fare minaccioso nel bel mezzo dell’allenamento, subito dopo aver battuto una sua alzata. Al vederlo avvicinarsi così all’improvviso, il battito di Keiji era accelerato. Era il primo giorno e aveva appena fatto arrabbiare un senpai, e non un senpai qualunque, ma colui che molto probabilmente sarebbe stato il prossimo capitano. Quando Bokuto gli fu a pochi centimetri chiuse gli occhi, aspettandosi un urlo. Effettivamente un urlo arrivò, ma non aveva i torni che aveva previsto. Fu un urlo pieno di stupore ed entusiasmo. Ciò che vide quando aprì gli occhi fu il proprio riflesso nelle enormi iridi dorate di Bokuto che brillavano mentre lo guardavano. Il cuore di Keiji, se possibile, accelerò ancora di più, ma non più per la paura.

Anche oggi, a dieci anni da quell’episodio che ha dato inizio alla loro storia, quegli occhi lo guardano ancora pieni di adorazione. In realtà non hanno mai smesso, nemmeno per un singolo momento, nonostante quella palestra che li ha visti giocare insieme sia ormai un lontano ricordo.
Ogni mattina, Akaashi si sveglia e la prima cosa che vede sono due grandi pozze dorate che lo guardano meravigliati. Il suo cuore ogni tanto batte ancora all’impazzata come quel pomeriggio in palestra, perché, anche se ha imparato a controllarsi - e ce n’è voluto di tempo perché ci riuscisse -, Bokuto non smette mai di sorprenderlo: lo ama davvero così tanto. Eppure Akaashi fatica ancora a crederci. Passano gli anni e ancora non riesce ad abituarsi al fatto che questa sia la sua quotidianità. Com’è possibile che esista qualcuno che lo ami in modo così incondizionato e genuino? È davvero possibile provare un sentimento così? Bokuto ogni giorno gli dimostra che, sì, è possibile e che non è per niente difficile, anzi, è la cosa più semplice al mondo.

Ciò che è difficile ora per Akaashi è vivere senza Bokuto, perché amandolo egli gli ha creato una certa dipendenza. Non ne può più fare a meno. Quando non c’è, perché impegnato con una partita che sia in una città vicina o dall’altra parte del mondo, Akaashi trova più difficile svegliarsi la mattina. Non c’è nessuno a contemplarlo, a cui dire “smettila” mentre arrossendo si porta le lenzuola fin sopra la testa per non farsi vedere, ma del tutto inutilmente, perché anche così continua a sentire quello sguardo incredulo su di sé. L’unica cosa che vorrebbe fare è tornare a dormire, per incontrare Bokuto nei suoi sogni, con il vuoto della stanza e della casa che rimangono fuori e non possono raggiungerlo. Il fatto è che l’assenza di Bokuto Kōtarō si percepisce più della sua presenza. Mancano la gioia e la spontaneità in grado di contagiare chiunque e irradiare il mondo che tace e diventa grigio. 
La notte è senza stelle.

Akaashi si addormenta nel suo lato del letto, con i suoi abiti addosso e la tv che proietta una sua vecchia partita. È così che lo trova Bokuto quando torna a casa, rannicchiato tra le coperte con i suoi vestiti che gli vanno larghi e lo lasciano scoperto. L’espressione rilassata. Che cosa starà sognando? 

Passano gli anni e Akaashi ancora non si abitua alla sua nuova vita, a vivere con Bokuto e a vivere Bokuto. Non sa, però, che per Bokuto è lo stesso. Ogni mattina quando apre gli occhi si meraviglia della fortuna che ha ad avere Akaashi al suo fianco. Ogni notte, prima di addormentarsi, l’ultimo pensiero è rivolto alla mattina successiva, non vede l’ora di svegliarsi e iniziare una nuova giornata insieme e, finché ci sarà un’altra mattina, un altro giorno, sarà sempre così.