Videogiochi > Metal Gear Solid
Segui la storia  |       
Autore: La Fra    14/11/2023    0 recensioni
E se Eva non avesse combattuto per cinquant'anni per Snake, un uomo che non l'ha mai amata? Se nella sua vita avesse incontrato qualcuno di così importante da farle intraprendere una strada senza ritorno?
"Saremo io e te, Adam ed Eva, soli contro il mondo interno." Nascita e disgregazione dei Patriots dal punto di vista di EVA.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naked Snake/Big Boss, Revolver Ocelot, The Boss
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

6 Giugno 1980, Isola di Cipro,

4 anni prima del risveglio di Big Boss

 

«Bipensiero.» Eva lo ripeté solo per sentire come suonava. «Non è nemmeno una vera parola.»

 «Significa credere in qualcosa, ma allo stesso tempo non crederci affatto.»                                             

«Come lavorare per l'Unione Sovietica e intanto pugnalarla alle spalle? Oppure lavorare per Zero e progettare di distruggerlo?»
Adam fece un sorriso affilato. «Hai fatto centro.»

«Esiste già una parola per quello ed è ipocrisia

«E come chiami bere e chiacchierare con l'uomo che dicevi di odiare?»

Eva prese un sorso. «Non ricordo di aver mai detto di odiarti.»

«Bipensiero,» fece lui, sollevando il bicchiere. «Comunque, se ti ricordi “1984” sai di cosa parlo.»

Eva aggrottò le sopracciglia. Adam era sempre un passo davanti a tutti, ma gli anni ottanta erano iniziati da appena sei mesi. «Ora sei anche veggente?»

«Non io, George Orwell.» Adam prese un libro dal tavolino e glielo lanciò. «L'ha scritto nel 1948 e, se pensi a quello che sta combinando Zero… beh, le sue previsioni si stanno realizzando.»

«Sembra una noia mortale.» Eva lo sfogliò velocemente sul divano. «Non ho mai avuto molto tempo per leggere.»

«Magari ti piace, c’è anche una storia d’amore. Comunque, il bipensiero oggi è una realtà. Di questi tempi, nei quali gli alleati diventano nemici da un giorno all'altro, è l'unico modo che ci resta per non perdere la testa.»

«A volte sarebbe meglio non pensare affatto piuttosto che riempirsi la mente di stronzate.» Eva svuotò il bicchiere e il whiskey le scaldò lo stomaco.

«Per convivere con certe cose, si può solo provare a dimenticarle.» Adam sembrò rifletterci su un po’ troppo. «È a questo che serve l'autoipnosi.»

Eva si alzò in piedi e si sorprese di quanto fosse alticcia. «E quindi tu vorresti dimenticare Snake?» Girò intorno al tavolino da caffè.

«Convincermi che il Phantom e John siano la stessa persona semplificherà le cose,» disse Adam.

Eva si mise seduta sul bracciolo della seduta, con le gambe nude. «In ogni caso,» continuò lui, sistemandosi meglio sulla poltrona, «servirà solo se si dovesse svegliare.»

«Okay, ma se succedesse,» sospirò Eva, «dimenticheresti davvero Snake?»

L’appartamento era illuminato solo dalla luce della televisione e, fuori, il tramonto conferiva un colore rosato alla linea delle montagne. Eva aveva scelto quella stanza perché era abbastanza vicina all’ospedale, ma non così tanto da poterlo vedere dalla finestra. Voleva che Adam potesse staccare completamente, quando rientrava.

«Sarebbe terribile,» continuò. «Penseresti e proveresti per lui le cose che pensi e provi per Snake. O forse non riusciresti mai a mentire a te stesso e convincerti di amarlo come ami lui?»

«Non si tratta di mentire, ma omettere dei dettagli per rendere le cose più semplici per tutti.»

«Mm.» Eva finse di pensarci su e montò sulla poltrona, sistemandosi a cavalcioni sopra di lui. Adam non si mosse, ormai abituato alle sue provocazioni. «Non avrai problemi, allora. Sei bravo a omettere i dettagli, il migliore.»

Alla televisione iniziò a suonare l'inno americano. Le scritte colorate di bianco, rosso e blu si riflettevano nella finestra: era l'ultimo servizio della giornata per commemorare il D-day. Quando i filmati originali dello sbarco in Normandia iniziarono a scorrere, Adam guardò oltre le spalle di Eva. Era raro che si interessasse alle notizie, ma anche lei si girò e cercò in silenzio tra i volti sbiaditi dei soldati che sfilavano.

«Ricordo bene quel giorno, ero una bambina,» disse, cingendo le braccia intorno al collo di Adam. «Ci pensi? Eri proprio lì, “un un neonato strillante in mezzo al campo di battaglia con i proiettili che sfrecciavano in tutte le direzioni”.»

«La storia è stata decisamente arricchita di dettagli inventati,» commentò lui.

«Conservi dei ricordi di quel giorno?»

«Certo che no.»

Che domanda idiota. «Ricordi quando ci siamo conosciuti, a Groznyj Grad? Eri solo un bambino...»

«Ero un ragazzo.» 

Adam non doveva aver avuto l'infanzia perfetta, al fianco di Volgin. Forse, non ne aveva avuta nemmeno una. Eppure, era diventato un uomo talentuoso, intelligente e, Eva doveva ammetterlo, attraente. Si era irrobustito, ma il viso era rimasto affilato. Anche se si ostinava a parlare con accento americano e indossava sempre quegli stivali orribili, Adamska aveva il fascino gelido degli uomini dell'est. Con gli zigomi pronunciati e la mascella forte, era il prodotto di due realtà opposte, il figlio perfetto di un mondo diviso in due.

«Mi sono dimenticata di prenderti un regalo anche quest'anno.»

«Non c’è niente che io voglia.» La risposta delle persone più difficili da comprendere. E una bugia. C’erano tante cose che desiderava, ma nessuna che potesse avere.

Quando le mise le mani sui fianchi, solo per esortarla ad alzarsi, Eva gliele afferrò e sentì il calore pervaderla. Non era colpa dell’estate torrida di Cipro. «Potremmo festeggiare a modo mio, per una volta.»

«Abbiamo già bevuto a sufficienza.»

«No, intendo,» Eva si portò la mano destra di Adam in petto, «a modo mio.»

Adam rise, ma la sua mano rimase inerte in quella di Eva, il palmo premuto contro il suo seno. «Hai bevuto troppo.»

Eva lo spronò a fare qualche movimento circolare sul tessuto. «Se ti va, potresti non limitarti a toccarmi.»

«Cosa ti prende, tutto d'un tratto?»

«Ci penso da un po',» ammise Eva. «Credo che sia la cosa giusta.»

«Io credo di no.»

«Dai, non puoi passare la vita ad aspettare. Concediti un momento di pace, per una volta. Anche se il tuo corpo è qui, la mente può andare dove vuoi. Puoi pensare a quello che preferisci, anche a lui.»

Il respiro di Adam si fermò. La luce della televisione scavò nuovi solchi sul suo viso.

Erano cinque anni che Snake dormiva. Cinque anni che vegliavano insieme sull'ospedale. La vita di Eva si era fermata, intrappolata a fissare un letto e un uomo che per lei aveva perso ogni significato, giorno dopo giorno.

Per Adam non era la stessa cosa. Lui non aveva mai smesso di sperare, e stava ancora aspettando che Snake aprisse gli occhi.

«Scusami,» gli disse. «Non avrei dovuto dirlo.» Fece per alzarsi, ma due mani esitanti la tennero stretta sui fianchi.

«Come puoi chiedermi di pensare a qualcun altro?»

Un brivido improvviso le percorse la schiena «Io credevo...»

«La tua presenza in questa casa è così ingombrante che non riuscirei mai a ignorarti, nemmeno se ci provassi.»

Eva sentì un sorriso nascerle sul viso. «Non mi starai ancora rimproverando il disordine? Ho molte più cose di te, è vero, ma solo perché tu hai solo due pistole, qualche camicia e quei dannati stivali. Una donna invece ha delle necessità.» Eva lasciò che il doppio senso delle sue parole calasse fra loro.

«Se lo fai per farmi un regalo, lascia stare,» disse Adam, improvvisamente serio, «se invece è quello che vuoi… va bene, possiamo festeggiare.»

Eva si sentì avvampare. Non c'era nessun secondo fine dietro alle azioni di Adam, nessuna maschera... e nessuna fretta. Quella era la poltrona che si erano contesi nelle giornate fredde d'inverno e che tante volte avevano condiviso, con un bicchiere di whisky o un buon sigaro, davanti a un film. Sarebbe stata la stessa sulla quale Eva si sarebbe addormentata guardando la televisione la sera successiva. Non lo avrebbe mai ammesso, visto che si era ritrovata in grembo a Adam per una pura questione di ebrezza e astinenza, ma quando lui la avvolse in un abbraccio, sollevandosi e premendosi contro di lei, Eva si sentì a casa.

Quando lo baciò, fu diverso da tutti gli altri.

La sua lingua sapeva di alcool e tabacco, non avrebbe potuto chiedere di meglio. Le mani percorrevano il suo corpo con calma, ma in modo sorprendentemente sapiente.

Adam iniziò a sbottonarle la camicia e, non appena sollevò il bacino e spinse, Eva sentì chiara la sua eccitazione.

Gemette, un segnale per dargli il permesso di iniziare a scendere lungo la linea della mandibola, riempiendola di baci umidi. Lasciò che le dita le andassero fra i capelli di lui e chiuse gli occhi, godendosi quei baci che le scesero per il collo e raggiunsero il seno.

«Adam.»

«Ci sono, dammi un attimo.» Si portò le mani alla cintura. La slacciò in fretta e furia e si abbassò la zip abbastanza da...

«Aspetta,» disse Eva, all’improvviso.

Adam si fermò subito. Aveva il viso rosso, gli occhi lucidi e le labbra leggermente umide. I suoi occhi passarono sul corpo scoperto di Eva con desiderio e frustrazione.

«Forse abbiamo bevuto troppo.»

Anche questa era una sensazione nuova: il sesso non aveva mai avuto significati nascosti per Eva, ma quella sera aveva paura di commettere uno sbaglio, di superare una linea che avevano tacitamente tracciato in tutti quegli anni.

«Non vuoi rovinare la nostra amicizia?» scherzò Adam.

«Per piacere.» Eva si passò la lingua sulle labbra. «Voglio solo essere sicura di non approfittarmi di te.»

«Sai che sono sempre lucido, in ogni occasione.» Era una provocazione bella e buona.

Adam rise. Poi, però, divenne serio, davvero troppo in fretta. Le sue mani le scesero sulle cosce. Forse, era colpa dell'alcool, ma quando le spostò gli slip, Eva fu certa che quella fosse la scelta più giusta. Offrire un po' di amore a qualcuno che ne aveva così bisogno non poteva essere un errore. Non appena Adam fu dentro di lei, Eva provò uno sconcertante senso di sollievo. Sentì chiaramente, quando la afferrò le anche e la aiutò a scendere, che tutti e due ne avevano bisogno.

Proprio come Snake, anche Adam non era avvezzo l'intimità. Non sapeva quale fosse il modo giusto di muoversi, dove posare gli occhi o le mani. Di fronte alla dimestichezza di Eva, si era arreso in fretta e a lei non era dispiaciuto. Amava poter avere il controllo su di lui, almeno in quel frangente.

A un certo punto, mentre era abbandonato a lei, Adam la guardò dritta negli occhi ed Eva sentì di nuovo quel calore impossibile, un affetto che nasceva nel profondo. Le che tutto perdesse perse significato e che ogni pensiero che l’assillava di dissolvesse. Per un breve momento furono solo lei e lui, Adam ed Eva, da soli in un appartamento. E fuori, il mondo intero.

 

I gemiti che avevano riempito la stanza fino a poco prima erano ancora nelle sue orecchie e lì sarebbero rimasti molto a lungo.

Il sole era calato e ora, in televisione, passavano un vecchio film di quelli che avevano visto un milione di volte.

Adam aveva la testa indietro, il cuore gli pulsava ancora sul collo.

Eva lo guardò in segreto per qualche istante, fino a quando lui non aprì gli occhi.

«La nostra amicizia?»

Adam le levò una ciocca di capelli dal viso. «Credevo non fossimo amici.»

«E cosa siamo allora? Amanti?»

Tutti e due risero.

Eva dovette sforzarsi per alzarsi e allontanarsi. Si ricompose e si godette ogni istante di imbarazzo di Adam, chiaro sul suo viso.

«Mi faccio una doccia, poi prepariamo qualcosa da mangiare,» gli propose.

«No, lascia stare.» Adam si stava già riallacciando i pantaloni. «Devo andare ora.»

«Potresti fare un’eccezione, per oggi.»

«Magari un’altra volta.» Ora non la guardava nemmeno negli occhi.

«Adam.» Eva gli sfiorò il viso per fargli alzare lo sguardo. «Va bene se ci prendiamo in giro. Va bene anche se prendi per il culo Zero, l'Unione Sovietica o i cazzo di Stati Uniti d'America con il tuo bipensiero. Ho commesso un sacco di errori nella mia vita e so riconoscere l’autosabotaggio quando lo vedo. Ma una volta una donna molto saggia mi ha detto una cosa...» Gli appoggiò la mano al petto e ascoltò il battito del suo cuore, ancora veloce. «Mi ha detto che il cuore può essere il nostro più grande alleato, ma anche il nostro più grande nemico. Le emozioni non vanno portate sul campo di battaglia, ma a volte, nemmeno fuori. Non sprecare la tua vita dietro a qualcuno che non ti merita.»

«Non è come credi,» disse lui, infilandosi il cappotto. «Ho la situazione sotto controllo, lo faccio solo perché è la missione che mi ha dato Zero.»

«Non c’è più motivo di mentirmi così, so cos’è Snake per te e vedo cosa ti sta facendo.»

«Ti sbagli.» Adam sembrò valutare se aggiungere altro, poi afferrò la maniglia della porta. «Ti chiamo se ci sono sviluppi, altrimenti ci vediamo domani mattina.» Poi, se ne andò.

Eva si mise seduta sulla poltrona, ancora calda.

Non sprecare la tua vita correndo dietro a qualcuno che non ti merita, gli aveva detto. Ma da che pulpito veniva la predica.

Forse, Eva era un’ipocrita. Forse, lo erano tutti e due. O, magari, preferivano continuare a mentre a loro stessi per non dover fare i conti con la realtà. Per non perdere la testa.

Il libro sul tavolino sembrava improvvisamente attraente ed Eva lo prese fra le mani e iniziò a leggere.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Metal Gear Solid / Vai alla pagina dell'autore: La Fra