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Autore: Hi Fis    16/11/2023    0 recensioni
Omaggio senza pretese a BG3, la cui trama mi ha catturato senza scampo.
La cosa davvero importante di una storia di eroi, non sono le imprese, ma i momenti nel mezzo della storia. Quelli che i menestrelli non riportano mai.
Lieve spoiler per il primo atto di Baldur's Gate 3.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Alla fine, fu Karlach che ebbe il fegato di chiederlo.
Si può sempre contare sul coraggio di un barbaro… e con il suo passato nelle Guerre di Sangue, restava molto poco in grado di far tremare la tiefling:
“Ehi, soldati, che storia c’è dietro ai tatuaggi?”
Forse, solo l’ineluttabilità della sua morte:
“Ah, dannazione.” lamentò Bercilak coprendosi metà del viso con una mano (quella metà che la sua lunga frangia lasciava scoperta).
“Mi devi un pezzo d’oro, fratello.” affermò con la consueta e gelida arroganza Nuse.
Uno spettacolo ormai diventato comune durante la strada che avevano già percorso assieme: Nuse e Bercilak, maga e warlock. Gemelli, eppure opposti in ogni senso, che si tormentavano incessantemente con vuote scommesse, esasperando con esse il loro fratello maggiore e intrattenendo il resto del gruppo durante il cammino. 
Le motivazioni degli Illithid restano insondabili anche ai più saggi, ma la loro spietatezza e crudele indifferenza verso ogni altra razza era manifesta in ogni loro azione: non sorprende che rapissero famiglie intere, quando se ne presentava l’opportunità…
Che i tre fratelli fossero tutti scampati allo schianto del Nautiloide invece, riunendo poi il resto dei superstiti, era da imputarsi più alle loro capacità che alla semplice fortuna: ognuno dei tre drow aveva avuto modo di dimostrare, e in più di un’occasione ormai, quanto potesse essere pericoloso mettersi sulla loro strada... come ciò che restava del campo goblin avrebbe potuto testimoniare, se avessero lasciato superstiti del loro passaggio.
Era stata pura fortuna per il resto del gruppo, un vero dono della sorte, che i tre fossero Seldarini, invece che fedeli all’oscena Lolth.
“Sei di scena, fratello.” disse ancora Nuse, lanciando il pezzo d’oro che Bercilak le aveva passato.
Pan lo ghermì al volo con lunghe dita da musicista, senza alzare lo sguardo dalla spada di cui stava controllando il filo: agli occhi del resto del gruppo, egli restava forse il più strano dei tre fratelli, anche se non a causa della sua natura di elfo delle profondità.
Chi mai poteva dire di aver incontrato un bardo con la morale di un chierico?
“Se le tue maniere fossero appena migliori, sorellina, ti descriverei come un phindar.” affermò dolcemente l’elfo scuro, intascando però allo stesso tempo il pezzo d’oro.
Solo quando fu soddisfatto dell’ispezione della lama, Pan alzò finalmente lo sguardo: come i suoi fratelli, possedeva anch’egli occhi di un morbido violetto, così come un fascino sensuale e misterioso, tipico di ogni drow. La prima impressione che se ne aveva, complice anche la pigra treccia disordinata che gli pendeva dalla cima della nuca, era che Pan dovesse essere una perfetta canaglia: imparando a conoscerlo però, e non con poca sorpresa, il resto del gruppo aveva dovuto accettare che il suo aspetto celava un’indole quasi opposta.
Bercilak e Nuse al contrario, avevano lineamenti molto più in sintonia con la natura del loro essere: un warlock i cui poteri provenivano da una ninfa guerriera, e un’evocatrice ricolma di gelo, fulmine e faerzress, con un’incivile (questo almeno agli occhi dell’altro mago del gruppo), gusto nell’usare spade corte in combattimento.
“Risparmiami i tuoi kaezlen! La nostra Karlach ci ha chiesto la storia dei nostri bol. Chi altri del nostro akh può meglio rispondere, se non Eilistraee bae'qeshel?”
Asanquemalla qu’ellar Biliku.”
“Ahaha! Ohh, sorella… un sava di parole con nostro fratello è streea. Perfino io lo so!”
Nessun’altro fra loro riusciva ancora a seguire del tutto le conversazioni fra i tre fratelli quando le inframezzavano con parole nella loro lingua natia, ma solo Gale odiava essere ignorato a tal punto:
“Potrei non conoscere il dialetto del sottosuolo, ma perfino io sono in grado di cogliere il nome dell’Oscura Fanciulla…” affermò il mago da sopra il tegame nel quale la loro cena stava finendo di cuocere con l’aiuto della magia.
Una frase però, che non faceva altro che rivelare quanto poco il mago avesse davvero capito del contesto in cui quel nome era stato usato:
“Arrogante Gale. Credere che in harloloth si usi un solo dialetto...” cominciò Nuse.
Harloloth: letteralmente sottoscuro, il sottosuolo che i drow chiamano patria … assieme ad altre bestie che era meglio restassero lontane dalla luce del sole.
“L’arroganza non è forse naturale in tutti i maghi?” la interruppe seccamente Lae’Zel, dalla sua posizione al fianco di Bercilak.
La githyanki si era appropriata dell’onere, che condivideva con i due fratelli drow, di controllare durante le soste al campo lo stato delle loro armi, affilandole rumorosamente con una cote secondo necessità. Così come del resto era di Karlach e Wyll la responsabilità di verificare quello delle loro armature, mentre Nuse nel frattempo, con l’aiuto della otto zampe e della seta del suo famiglio, procedeva a rammendare con precisione elfica ciò che era possibile riparare. Solo Shadowheart, seduta per quel bivacco a fianco di Pan, riposava centellinando un bicchiere di vino speziato, ma questo poiché la mezzo-elfa aveva già finito di ricucire la carne di ogni altro membro del loro gruppo con magia o pozioni.  
“…Solo in quelli di scarso talento.” aggiunse proprio la chierica.
Non per dare ragione a Lae’Zel, perché non c’era argomento su cui la mezzo-elfa e la githyanki si trovassero d’accordo, ma il loro sarcasmo attorno al fuoco (e talvolta soprattutto lontano da esso), era una delle poche cose che li aiutasse a non cedere al terrore.
A dimenticare, anche per uno solo momento, i girini che nuotavano dietro i loro occhi:
“Esisterà quindi un mago davvero talentuoso?” chiese soave Pan, provocando un’espressione di rabbia scandalizzata sul volto sia di Gale che di Nuse.
Shadowheart invece, si affrettò a seppellire nel suo calice il sorriso che quella domanda le aveva fatto germogliare sulle labbra:
“Il talento è sopravvalutato. Il più delle volte.” ribatté Nuse: “…Ti allontana da ciò importa davvero.” aggiunse, raccogliendo un minuto cenno d’assenso da parte di suo fratello maggiore.
“Stai finalmente ammettendo di essere una scarsa maga, sorella?” chiese invece Bercilak.
“Chiesto da un warlock, fratello, la domanda si nega da sola.”
“Ouch.” commentò Wyll, senza però riuscire a nascondere a sua volta un sorriso.
“…E posso concedere che Gale possegga più talento dell’umile sottoscritta.”
“Ah!” esclamò vittorioso il mago.
“…Così come più arroganza. Scarsa attitudine alla sopravvivenza, una terribile precisione nel lancio di incantesimi e un approccio completamente bizzarro al loro utilizzo, vittima com’è delle sue frivolezze, piuttosto che mirare all’efficacia.”
Aspre critiche, ma non del tutto prive di fondamento: Gale era geniale e ricolmo di talento, e questo lo si doveva ammettere. Nuse invece, pur essendogli inferiore nel dominare la Trama, possedeva un controllo sui suoi sortilegi a cui perfino l’ex amante della dea della magia aveva dovuto inchinarsi. Un controllo, che poteva essere nato solo da incessante e maniaca pratica, e che si rifletteva in ogni gesto compiuto dalla drow: non che i suoi raggiungimenti tuttavia, le impedissero di invidiare almeno un po’ l’immeritato talento di Gale…
E quell’invidia inacidiva spesso le discussioni che i due maghi avevano assieme:
“…Voglio dire, solo un… mago di eccelso talento, potrebbe trasmutare una pietra in una frazione dimensionale nell’istante precedente all’impatto con essa. Rimanendo intrappolato nella dimensione così creata, vorrei aggiungere…”
“Non smetterete mai di rinfacciarmelo, non è vero?” chiese Gale esasperato.
“Caduta di piuma è un sortilegio di primo livello che qualunque mago cerchi di fregiarsi di questo nome dovrebbe aver fatto suo.”
“Non esagerare sorellina…” intervenne Pan, solo per aggiungere subito: “…Anche un umile bardo può impararlo.”
“Un titolo che difficilmente vi descrive… Eilistraee bae'qeschel.” ribatté con falso astio Gale: “…L’ho pronunciato correttamente?”
Perché anche i talenti di Pan erano tutto fuorché comuni: le menti degli altri erano la sua orchestra, che in battaglia il bardo suonava a suo piacimento, elevando i suoi alleati… o spezzando i loro nemici.
“Quasi. È bae'qeshel.” lo corresse il bardo: “…E nel contesto usato da mia sorella, è solamente una canzonatura. Un bae'qeshel è… più un cantante, che un bardo. Lo direste membro di un coro, più che un intrattenitore da taverna.”
“In che modo differisce da un bardo comune?”
“In ogni aspetto della sostanza. Un bae'qeshel usa magia divina alimentata dalla Trama o dalla faerzress, e in questo è di conseguenza più simile ad un chierico, di cui condivide alcuni poteri taumaturgici… i poteri di un bae'qeshel tuttavia, includono anche la capacità di creare porte dimensionali con una nota, oltre a poter controllare l’attenzione e le menti di chi lo ascolta...”
“Non un talento al di fuori della portata di un bardo di grandi doti.” osservò cauto Gale.
“…Così come posseggono la capacità di scuoiare completamente una persona con una sola parola musicale.”
“Merda! Suona… molto doloroso.” esclamò la tiefling.
“Si addestrano a farlo usando le cortecce degli alberi.” aggiunse Pan.
“Concordo, Karlach. Insisto nella mia teoria però, che quella capacità specifica sia dovuta solamente al fatto che tutti i bae'qeshel cantano in onore della dea ragno, fratello.” disse Nuse.
Frase a cui Pan rispose facendo spallucce:
“È accademia, sorellina, e quindi il tuo campo: non ci è mai giunta notizia di un bae'qeshel di Eilistraee.”
“Come se le matriarche di Menzoberranzan potrebbero mai sopportarne l’esistenza. Ricordami, quante volte dei sicari delle matriarche hanno già cercato di ucciderti?”
“Sorella…” lamentò Bercilak con un largo sorriso: “…Tentare di uccidere uno degli apostati del casato di Biliku, resta una delle poche redenzioni possibili per figli maschi in disgrazia.”
“E siccome nostro fratello maggiore protegge nostra madre…” cominciò Pan.
“Non restiamo che noi come bersagli possibili.” completò Nuse roteando gli occhi, col tono di una conversazione già avuta troppe volte: in superfice, il sole illumina ogni cosa e il giorno succede alla notte.
E assassini fedeli a Lolth cercheranno sempre di ucciderti per il solo fatto di essere nato e di continuare a vivere:
“…Una penosa considerazione. Per loro.”
“Già. Anch’io avrei timore a combattermi.” scherzò Bercilak.
“Sarebbe il più noioso duello di sempre.” annuì Lae’Zel: “…Combattenti che diventano invisibili nel momento in cui ricevono il minimo graffio, solo per spostarsi sul campo di battaglia senza meta.”
“Ouch! Mastro Bercilak, i gythianki hanno le unghie...” scherzò Wyll.
“Come i warlock infernali dopo aver deluso il loro patrono, apparentemente.” rispose il diretto interessato: “…Ma le sanno usare molto meglio…”
Se l’astio tra Shadowheart e Lae’Zel condizionava ogni loro interazione, le cose tra Wyll e Bercilak erano molto più complesse: caratterialmente simili, seppur con qualche differenza, i due avrebbero potuto essere ottimi amici… non fosse che i due warlock avevano totali opposti nei loro patroni. E dato che nessuno dei due voleva rischiare di mettere il rispettivo patrono in collisione con quello dell’altro, sia Bercilak che Wyll interpretavano una puerile finzione in cui si detestavano, ma di cui non riuscivano a convincere nemmeno i membri del loro gruppo…
Non che questo impedisse a tutti di fingere di crederci, ovviamente: nessuno aveva interesse a scoprire cosa una capricciosa ninfa guerriera della corte di Sarula Iliene fosse capace… specie quando il suo appellativo era “colei dalle rosse acque”. E che un orcio pieno di acqua di fonte e del sangue di coloro che il suo warlock aveva abbattuto, fosse il medium che prediligeva per essere contattata.
No, ciò che Mizora aveva già fatto a Wyll quando questo si era rifiutato di uccidere Karlach, era più che sufficiente a dare l’idea di ciò che un patrono scontento poteva infliggere a qualcuno di cui comandava la fedeltà.
“…Per tornare alla tua domanda iniziale, Karlach, non sono esattamente… tatuaggi.” intervenne Pan, passandosi due dita sul mento, dove ciò che sembravano glifi sbiaditi scorrevano fino alla gola e sul collo, per poi arrampicarsi sulla nuca e la parte posteriore delle tempie.
Anche Bercilak e Nuse sfoggiavano qualcosa di simile, ma in uno stile molto diverso: il warlock ad esempio, nascondeva sotto la frangia che gli copriva il lato sinistro del volto quelle che a prima vista sembravano pallide volute fumose, che usando il suo occhio come origine, percorrevano tutto quel lato della testa. Nuse invece, anche se era difficile a dirsi dato che la drow aveva più capelli che faccia, e perdipiù agghindati in riccioli selvatici quanto un gatto della foresta, sfoggiava sugli zigomi, così come all’apice del naso e sotto il labbro inferiore, una fila ordinata di stelle.
Se interrogata a proposito, Lae’Zel avrebbe potuto ammettere come, almeno nel caso di Bercilak, i tatuaggi coprissero anche molto del resto della sua pelle, mantenendo l’asimmetria che già avevano sul volto, coprendogli il braccio sinistro e scendendo sulla scapola, finendo poi per attorcigliarsi sulla gamba opposta come un fiore dagli immensi petali, che aveva nel suo occhio sinistro il centro dello stelo. Poteva essere quindi ragionevole supporre, di conseguenza, che lo stesso dovesse valere anche per i tatuaggi degli altri due drow…
Ma Lae’Zel preferì rimanere in silenzio, ascoltando con tutta sé stessa: non c’era mai tempo di fare domande nelle occasioni (rare per entrambi), in cui riusciva a spogliare il “suo” elfo.
“…Sono un regalo fattoci da nostro fratello maggiore quando lasciammo la nostra casa, chiamati com’eravamo da sete di avventura, curiosità, fede… o fedeltà ad una ninfa.”
L’eterno non-argomento che i tre fratelli rifiutavano ancora di spiegare anche poco: il quarto fra loro e il primogenito della loro famiglia. Da commenti raccolti dal resto del gruppo nel corso delle loro avventure fino a quel momento, erano emersi pochi dettagli certi su Celyum del casato di Biliku: oltre il nome, solamente due in effetti. In primo luogo, era più alto di Karlach, superando di mezza testa il corno che le restava.
Un fatto che, comprensibilmente, aveva richiesto il secondo per essere davvero creduto: il primo incontro tra Bercilak e il suo patrono, era avvenuto quando la ninfa guerriera era giunta ad incontrare Celyum, e rendergli omaggio, per conto di Sarula Iliene in persona. Che Bercilak, allora bambino, fosse riuscito in quell’occasione a far ridere l’emissario della dea e fata, osservando come fosse “più bella di sua sorella”, era stato solo l’inizio del rapporto tra i due…
Una confessione a cui, comprensibilmente, il resto del gruppo avrebbe fatto seguire molte domande… ma i tre fratelli erano per il momento categorici nel loro rifiuto di divulgare maggiori informazioni, non importa quanto i quesiti potessero moltiplicarsi. E così, al resto del gruppo non restava che chiedersi: chi era davvero Celyum di Biliku, perché Sarula Iliene, e gli dei Seldarini di riflesso, lo tenessero in considerazione? O qual era la sua ambizione terribile, che lo legava agli strati più profondi del sottosuolo, dove solamente Bercilak oltre a lui si era a volte spinto per ordine del suo patrono?
Senza volerle fare un torto, le ragioni che avevano spinto Nuse, così come Pan prima di lei, verso la superficie, apparivano per confronto quasi noiose, legate com’erano all’obbligo (o alla volontà) di sfuggire alle catene che la storia del casato di Biliku tendeva ad imporre su tutti loro:
“Non sono tatuaggi?”
“No. Sono… come lo traduco, sorellina?”
“Simbionti: la metà debole di un lichene. Alghe? Ma che crescono assieme a funghi, piuttosto che in acqua.” rispose Nuse tutto d’un fiato, cominciando a riordinare la seta del suo famiglio in una spola.
Ananse in tutto quel tempo, aveva continuato pacificamente a rosicchiare un rospo, ormai gonfiatosi col suo veleno.
“Nostro fratello… voleva che sapessimo che saremmo stati sempre i benvenuti se avessimo deciso di tornare. Ma che, allo stesso tempo, capiva perché io prima, e Nuse poi, non potessimo restare...”
E gli Illithid li avevano presi proprio mentre i due fratelli accompagnavano Nuse in superficie, dove la drow aveva sperato di aumentare ulteriormente la sua padronanza e conoscenza della magia:
“…Rappresentano il nostro legame di fratelli, e la sua speranza che ovunque andassimo, non avremmo dimenticato da dove siamo venuti.”
“Quindi… i vostri tatuaggi… sono… vivi?”
“Sì. E se dovessimo mai scendere nel sottosuolo, scoprireste che sono anche lievemente luminescenti... Troppo poco perché si noti nelle notti in superficie.” aggiunse il bardo.
Cosa che Lae’Zel, di nuovo, avrebbe potuto già confermare, ma su cui, ancora una volta, preferì tacere:
“Che cosa… mitica!” esclamò Karlach.
Ma la sua allegria venne soffocata molto in fretta dalla successiva domanda di Gale:
“…Vostro fratello… pensate che potrebbe curarci?”
Richiesta che provocò un rapido gioco di sguardi tra i tre fratelli, ma non a causa della risposta da dare: Gale stesso credeva che la sua domanda fosse in effetti retorica. I tre fratelli invece, dovevano determinare quanto volessero o potessero rivelare:
“…Forse.” ammise lentamente Nuse: “…Ma si trova a tre mesi di cammino. Due dei quali dovremmo comunque passarli in harloloth, dove usare la magia di teletrasporto è quasi impossibile.”
“Dannazione… Nessuna possibilità di incontrarci a metà strada?”
“Se anche harloloth fosse pacifico abbastanza da concederci un rifugio sicuro, senza contare eventuali assassini delle matriarche lungo il cammino, non credo faremmo comunque a tempo.”
“Senza contare che harloloth è l’unica barriera a separare nostro fratello dalla fragile superficie…” intervenne Bercilak.
“…Anche quello.”
“Lo Zaith'isk ci purificherà quando avremo raggiunto la creche.” affermò con decisione Lae’Zel: “…E potremo lasciarci tutto questo alle spalle.”
“Resto cautamente pessimista.” le rispose Pan: “…non per altra ragione, che il tuo kith’rak sembrava più che felice di ignorare il protocollo, e lasciarci ad uccidere dai suoi sottoposti… Ma!” aggiunse il bardo alzando la mano, prevenendo così le proteste di Lae’Zel: “…Al momento non abbiamo molte altre alternative. E quindi tanto vale provare.”
“Chk.”
“...Le cose sarebbero comunque potute andar peggio.” aggiunse Pan con un sorriso da vera canaglia.
“Oh? E in che modo?”
“Avrei potuto schiantarmi con solo i miei fratelli come compagnia.”
“Ehi!” protestarono in coro Nuse e Bercilak, causando un lieve sorriso nel resto del gruppo.
Tranne che in Karlach, che era rimasta pensierosa dopo la rivelazione sulla natura dei tatuaggi dei tre fratelli drow:
“…Ehi soldato! Credi che tuo fratello tatuerebbe anche qualcuno di noi?”
“Karlach… se all’insediamento di mio fratello giungesse qualcuno come te? Sarebbe accolto come una regina. E saprebbe darti… ottime ragioni per non andare più via.”
“…Oh!”
“E Eilistraee sa se non sarebbe già quella una vittoria…”
“Dici bene, sorella. Confesso che se dovessi scegliere tra il vederci curati, o vedere nostro fratello prender moglie, specie qualcuno come la nostra Karlach, mi troverei in difficoltà.” disse serafico Bercilak.
“…Ah ah… che spiritosi! E io che credevo fossimo amici!”
“Oh, Karlach, puoi credermi sulla parola.” affermò Pan, fissando con uno sguardo pieno di fascino elfico la tiefling: “…Non stanno affatto scherzando. Né esagerando.”
“…Una ragione in più per restare in vita, immagino.” commentò a mezza voce Karlach, lievemente imbarazzata.
L’annuncio di Gale che la loro cena era pronta fu due volte benvenuto dalla tiefling, ma le parole spese attorno a quel bivacco sarebbero rimaste con lei molto a lungo…
Specie quando, alla fine della loro strada, i sacrifici richiesti per continuarla sarebbero diventati enormi.



BG3 mi ha completamente consumato, al punto da spingermi a provare quasi ogni possibile combinazione di classe / razza. Da questo turbine, sono emerse le 4  "possibilità" che mi hanno definitivamente conquistato.
Non so spiegare esattamente la ragione, ma  gli elfi scuri sono diventati rapidamente la mia "razza"  preferita, al punto da averne 4: un druido delle spore (Celyum), un bardo (Pan), un warlock delle fate (Bercilak) e infine un'evocatrice (Nuse).
L'idea che fossero 4 fratelli è venuta spontanea, ma non è stata questa l'origine di ciò che avete letto: semplicemente, volevo provare a caratterizzare un po' alcune delle idee che  le interazioni  degli NPC di BG3 con drow in generale mi hanno causato.
Alla prossima!
  
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