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Autore: Princess of the Rose    22/11/2023    0 recensioni
Raccolta su 2pTalia.
Miscellanea 2: "Republic of Canada," disse America aprendo la scatolina e rivelando un anello dorato con sopra una decorazione a forma di maglietta di hockey, "Se vuoi farti perdonare per avermi tradito con Russia, accetta di sposarmi!"
Il turbine: Backmasking, Jouska, Rubatosis, Énouement, Chrysalism [Tabella "Il dizionario delle emozioni" di Lande di fandom]
Incontri del 2p tipo: XX.XX.20XX: per qualche motivo, si è aperto un varco interdimensionale. Visto che non si è richiuso, le due dimensioni comunicanti decidono di intraprendere relazioni diplomatiche.
Le vacanze unite: La quasi-Federazione europea va in vacanza
Romano e i gatti che non voleva: titolo esplicativo... [Maritombola 14]
Natale 1991:Il Natale del 1991 è considerato un momento di svolta per la politica mondiale...
L'UPE va alla guerra: Poco prima dell'avvento della Costituzione e il passaggio da Unione a Federazione, l'UPE avanzò delle richieste per poter aumentare il proprio livello di autonomia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: 2p!Hetalia
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Titolo: Incontri del 2p tipo Parte II

Personaggi (1p | 2p): Prussia (Gilbet Beilschmidt | Wilhelm Beilschmidt);  Nord Italia (Feliciano Vargas | Marco Vargas); Canada ( Matthew Williams | Lorenza Williams); Germania (Ludwig Beilschmidt | Georg Joseph Beilschmidt);

Genere: Commedia, Malinconico

Coppie: GerIta

Avvertimenti: Un po' meno demenzialità di prima

Note aggiuntive: Nulla mi ha ispirato per Spagna, quindi niente interazion con lui. In compenso abbiamo un Gilbert abbastanza confuso, piccolo ancielo. Spagna ce lo giochiamo per la fic Spamano, daje.
Questo sarà con ogni probabilità l'uòtimo update prima di dicembre: ho un botto di roba da fare e il tempo per scrivere è veramente poco - la fic con Olanda è in stallo quindi penso mi dedichero alla Spamano.
Ricompariranno gli 1p in futuro? Penso che ci sarà una terza parte, ma non saranno il modo con cui la raccolta si chiuderà - quel capitolo sarà dedicato ad un certo matrimonio... - del resto sono stata la prima a farsi più di una risata scrivendo queste sotrie lol. Spero strapperà una risata anche a voi.

Enjoy!



 



XX.XX.20XX 22:35
-Mood of the day: Confuso -

Caro diario,

questa storia delle dimensioni parallele mi aveva eccitato all'inizio, ma più passa il tempo più mi rendo conto che forse non è stata tutta sta gran cosa stabilire relazioni diplomatiche con questi tizi.

Il mio alter ego non è affatto magnifico, sembra abbia una scopa nel culo peggio di quel damerino di Österreich, come può il magnifico me essere un tale perdente nelle altre dimensioni?! Oh per no parlare poi del suo caratteraccio, ugh! Così timorato di Dio, così scontroso, così altezzoso, così poco magnifico! Ma devo ritenermi fortunato perché se il Preussen dell'altra dimensione fosse stato anche un minimo come l'altro West mi sarei sparato. Povero il mio bruder, che essere rozzo ha come controparte! Penso che la sua ossessione per l'altro Italien rivaleggi quella di Belarus per Russland per quanto è inquietante. E l'altro Italien, Gott come è potuto accadere?! Quel Italien è così scorbutico e insolente, tutto il contrario di quanto è carino e coccoloso il mio, di Italien. Poi cos'è questa storia del matrimonio?! Sposati in sette, quando mai si è visto, nemmeno Österreich nei suoi tempi migliori è stato bigamo, figurarsi prendersi sei consorti! E Frankreich! Come gli è venuto in mente di andare a chiedere la mano di West senza consultarmi! Non si fa così! Non che avrei approvato, sia chiaro, ma è il minimo che mi chieda il permesso, sono il suo fratello maggiore e tutore! Ho l'impressione che il Frankreich dell'altra dimensione non mi avrebbe mancato di rispetto in questo modo! Anche se è così indolente che mi fa arrabbiare. Alla fine preferisco il nostro di Frankreich, ma dovrà impegnarsi per farsi perdonare per questa storia del matrimonio, specie per come ha trattato il mio Veneziano e Romano - anche se non ho capito cosa c'entri l'altra Belgie con questa storia, ma comunque.

L'unico che mi piace fino ad adesso è quell'altro Österreich, lui si che sa stare al mondo! È sempre cortese con tutti e ascolta un sacco di musica diversa! Chi mai l'avrebbe detto che sarei riuscito ad andare d'accordo con un austriaco?

Non ho avuto modo di incontrare l'altra Ungarn, però, da quanto ho capito l'altro Russland tiene mezzo est Europa al guinzaglio. Chissà se è anche lei un maschiaccio come la mia di Ungarn. Devo poi indagare su questa storia del lancio di Poland sembra divertente ksesesese.

Ho appena riletto quanto ho scritto e mi è venuto il mal di testa. Ugh che situazione poco magnifica!








Ludwig non sopportava il suo alter ego. Avrebbe voluto poter usare termini meno forti per descrivere la relazione tra lui e Georg, ma non ce ne erano. Tra l'altro sospettava che l'antipatia fosse reciproca, specie dopo il fiasco che era stato l'incontro bilaterale tra Unione europea e la Federazione. Non credeva di aver mai conosciuto qualcuno di meno compatibile: Georg era un casinista, inopportuno, completamente ossessionato dall'Italia della sua dimensione, poco paziente, poco professionale, poco attento, poco influente e lo aveva già detto che era l'essere più caotico che avesse mai visto?

E no, Feliciano, non è vero che: "Georg sei tu da ubriaco ve", danke shon!

"Mein liebe!"

Ecco, appunto.

Con vago disgusto Ludwig osservò Marco accasciarsi sul tavolo dall'esasperazione mentre Georg gli si avvicinava con un sorriso a trentadue denti e un'espressione trasognata - Ludwig pregò che mai il suo volto avrebbe assunto quell'espressione.

"Mein liebe, amore mio, ti ho cercato dappertutto."

"Immagino," disse Marco con voce incolore, rimettendosi seduto composto.

"La tua vista mi allieta le giornate."

"Vorrei poter dire lo stesso."

Ludwig non riusciva a capire come il suo alter ego non fosse minimamente toccato da quell'atteggiamento scontroso.

"Ne hai ancora per molto?"

"Si."
"Allora ti aspetto."

"Guarda che la capa voleva parlarti."

"Può aspettare."

"Germania, vai dalla capa per favore." Ludwig vide una vena cominciare a pulsare sulla fronte di Marco quando Georg lo abbracciò da dietro e posò il mento sulla sua spalla.

"Possiamo andarci assieme dopo."

"Germania."

Che brutto effetto sentire un tono così minaccioso con la voce di Feliciano. In quel momento i suoi occhi si posarono sulla fede sulla mano sinistra di Georg e di Marco e ricacciò subito nei meandri della sua mente il ricordo di quel disgraziato giorno di San Valentino e di un cameriere omofobo.

Sussultò quando Marco si alzò improvvisamente in piedi, si liberò dalla stretta di Georg e gli mollò un pugno sulla testa con una forza inaspettata per uno così mingherlino, per poi marciare verso la macchinetta del caffè. Massaggiandosi il bernoccolo, Georg si mise seduto al post del suo amato liebe senza tuttavia perdere un centimetro del suo sorriso adorante.

"Non è bellissimo quando è arrabbiato?"

Ludwig non sapeva se fosse una domanda retorica e preferì non rispondere.

"Io e Italien stavamo discutendo di cose importanti," disse invece, infastidito da quella interruzione.

"Puoi dirle anche a me, sono suo marito dopotutto," replicò Georg mentre adocchiava i fogli con l'oggetto della loro discussione.

"Sono cose importanti che non dovrebbero essere divulgate a terzi."

L'atmosfera si fece improvvisamente gelida; il modo in cui Georg lo guardò lo fece scattare sull'attenti.

"Ah si?" chiese, prendendo uno dei fogli e leggendolo velocemente, "E sentiamo, cosa mai dovresti dire a mio marito che non posso sapere?"

"I-Io non intendevo in quel senso," si affrettò a precisare, reprimendo l'istinto che gli diceva di andarsene o prepararsi al peggio.

"Sia io che Italien siamo la Föderation, non vedo il motivo di questa segretezza."

"N-Non c'è alcuna segretezza!"

"Se non devono essere divulgate a terzi devono essere mantenute segrete," disse, ritorcendogli contro le sue stesse parole. Ludwig imprecò mentalmente, non capendo il perché di quel improvviso cambio d'umore.

"Si ma-"

"Georg!"

Un secondo pugno colpì l'altra nazione sulla testa, e di colpo quell'atmosfera tesa si dissolse.

"Smettila di fare il geloso, stavamo parlando di economia," disse Marco, posando la merendina che si era preso alle macchinette sul tavolo, "Alzati dai, prima finiamo prima possiamo andare da *** "

Georg non si mosse dalla sua posizione, continuando a massaggiarsi la testa dolorante ma trovando comunque la forza di ghignare malizioso.

"Penso di stare benissimo dove sono," disse per poi poggiarsi contro il poggia schiena e aprire le gambe, un chiaro invito ad usarle come sedia. Ludwig dovette reprime un conato di vomito.

Marco prese un profondo respirò, si avvicinò ad un altro tavolo, prese una sedia, tornò da Ludwig e Georg e piantò la sedia sopra il piede di quest'ultimo prima di sedersi, ignorando i lamenti di dolore del consorte.

"Ignoralo, tanto abbaia ma non morde," disse, per poi dare delle piccole pacche sulla testa di Georg come a consolarlo, "Dove eravamo?"







L'odore del caffè e quello dolce dello sciroppo d'acero stuzzicavano piacevolmente il suo olfatto, ma il fatto che sapeva di non essere a casa rovina un po' quella sensazione. Quella Ottawa era uguale alla sua ad una prima occhiata ma i piccoli particolari - i muri puliti, le strade ordinate, le persone più cortesi - rendevano chiaro il fatto che quella terra così familiare fosse per lui straniera. I paradossi dei viaggi interdimensionali.

"I'm sorry spero che vada a bene non avevo molto altro per la colazione," mormorò Matthew mentre si sedeva al lato opposto del tavolo, lo sguardo basso e il sorriso di cortesia tremante. Lorenz ammirava il suo cercare di mantenere un certo contegno, probabilmente al suo posto sarebbe già caduto vittima di una crisi di nervi: l'incontro bilaterale si sarebbe dovuto tenere inizialmente a Toronto, ma era stato spostato nella capitale dopo che il capo di Lorenz aveva dovuto ammettere che la loro, di Toronto, erano più di cinquant'anni che non c'era più, vittima di un esperimento nucleare durante la Terza guerra. A quel punto era sembrato indelicato iniziare il summit nella città più popolosa del Canada, e Matthew non sembrava ancora in grado di elaborare quella notizia.

A Lorenz dispiaceva, ma non era colpa sua se la sua dimensione era un tale disastro da quel punto di vista.

"No, figurati, anzi ti ringrazio per aver cucinato per me," rispose, cercando di trovare la forza di ricambiare quel debole sorriso: era ospite a casa d'altri e Matthew si era impegnato per offrigli un pasto con quanto aveva nella sua residenza di Ottawa - risiedeva a Toronto quando non lavorava, perciò non aveva molto lì a disposizione specie se c'era una bocca in più da sfamare - mostrarsi grato era il minimo che potesse fare. Non ci riuscì: non era abituato a sorridere.

"Spero che ti piaccia."

"L'odore è buono," disse, maledicendo la propria inabilità a comunicare normalmente con le persone. Che razza di risposte stava dando?!

Matthew non perse un millimetro del suo sorriso, annuendo senza risultare infastidito da quella goffaggine.

Iniziarono a mangiare in silenzio. Le frittelle dolci ricoperte di sciroppo d'acero erano deliziose e Lorenz le mangiò con la sua solita voracità, realizzando solo in un secondo momento di star probabilmente facendo figura del maleducato senza alcuna maniera a tavola. Afferrò un tovagliolo e si ripulì il viso, scusandosi con la bocca ancora piena, arrossendo quando dei pezzetti di frittella finirono sul tavolo.

"Tranquillo, vuol dire che ho cucinato bene," rispose Matthew, servendogli dell'altro caffè.

"S-Scusami."

"Non ce ne è motivo, vuoi del latte?"

"N-No thank you."

Matthew annuì, per poi guardarlo preoccupato: "Senti, ieri ho parlato con America, il mio America, Alfred. Mi ha detto una cosa che ti riguarda."

Lorenza aveva già intuito di cosa stesse parlando, e sentì la vena sul suo collo pulsare mentre la rabbia iniziava a montare: "Cioe?"

"Alfred mi ha detto che sei... Ehm, occupato," disse, per poi mordersi il labbro, "Che la European Federation ti-"

"È falso," si affrettò a dire, mangiando un'altra frittella, "Immagino che glielo abbia detto il mio America."

"Um..."

"Timothy è arrabbiato perché mi sono rifiutato di sposarlo," spiegò, ignorando il modo in cui l'altro trasalì a quella notizia, "Con France e gli altri ho un accordo commerciale, nulla di più."

"O-Oh," Matthew sembrava ancora più scosso, non aveva toccato quasi nulla del proprio cibo, "Q-Qundi-"

"I miei cittatidini e cittadini entrano senza visto nei loro territori e viceversa, e non pago sovratasse per i miei prodotti. Tutto qui," disse per poi bere un sorso di caffè, "Siccome non faccio come dice Ame- Timothy, allora sono una nazione occupata."

"C-Capisco," mormorò, stuzzicando con una forchetta la propria porzione di frittelle. L'orsetto bianco al suo fianco, vedendolo stranamente poco incline a mangiare il suo piatto preferito, iniziò a punzecchiarlo con una zampa nel tentativo di capire cosa gli passasse per la testa.

"Dimmi Kumajirou, vuoi un po' di frittelle anche tu?"

"Non stai mangiando," osservò l'orsetto.

"Ah um, n-non ho molta fame ho mangiato molto a cena ieri."

"Ma hai saltato la ce-" Matthew si affrettò a chiudere il muso di Kumajirou per poi voltarsi verso Lorenz, imbarazzato.

"N-Non fare caso a quello che dice, ogni tanto straparla," si giustificò, mantenendo salda la presa sull'animale che cercava di liberarsi.

"Anche il mio ogni tanto non sa stare zitto," disse Lorenz, osservando Kumajirou con curiosità.

"Oh hai un animale da compagnia anche tu?"

Lorenz annuì: "È... Come dire, un po' diverso dal tuo."

Diverso che piuttosto che un tenero orsacchiotto il suo Kumajirou era più simile ad un vero orso bianco, anche nell'indole. Ma era meglio che questo Matthew non lo sapesse, sembrava sconvolto ogni volta che veniva a scoprire cose nuove riguardo la sua dimensione: era la prima volta che vedeva i suoi occhi brillare in quel modo.

"Oh, mi piacerebbe conoscerlo un giorno."

Lorenz trasalì: "Um... O-Okay?"

Matthew gli sorrise e stavolta prese anche lui a mangiare le frittelle, gustandosi il suo amato sciroppo d'acero.

"Ma tu chi sei?" chiese all'improvviso Kumajirou, rovinando la lieva atmosfera.

"S-Sono Canada" rispose Matthew, mesto. Lorenz non seppe come reagire a quella scena e preferì tacere.

"T-Tu parli anche francese immagino," disse, cercando di cambiare argomento. Doveva aver scelto quello sbagliato a giudicare dall'aria ancora più triste che circondò Matthew.

"O-Oui," rispose, "S-Sono stato cresciuto da France per un po'."

Oh.

"Moi aussi," disse Lorenz, mentre sentiva un familiare groppo formarsi nella sua gola.

"Non ho ancora avuto modo di studiare la vostra storia ma so che il vostro America non è diventato indipendende nel 1776," disse Matthew, sperando di non star tirando fuori un argomento delicato per l'altra nazione.

Lorenz scosse la testa: "France aiuto England a gestire la situazione e ci amministrarono insieme per qualche anno. Poi ci fu la rivoluzione da France e io passai sotto England," spiegò, la voce piena di nostalgia per quella decade che ricordava come la più felice della sua vita.

"America ottenne l'indipendenzqa nel 1789?"

"Nel 1812," lo corresse, "Approfittò del fatto che England si era indebolito a causa di quel generale corso a capo di France e tagliò i ponti con lui."

Sia Matthew che Kumajirou ascoltarono quella valanga di informazioni a bocca aperta.

"Come ha fatto a diventare così forte? In genere una colonia rimane debole a lungo dopo l'indipendenza."

Ci erano volute decadi prima che Alfred diventasse una superpotenza,

"Timothy aveva dei privilegi che le altre colonie non avevano," spiegò, "England investì molto su di lui. Forse troppo. Lo rese molto forte, credo non pensasse che si sarebbe rivoltato un'altra volta contro di lui."

Lo sguardo di Matthew si adombrò. Si chiese se una cosa simile fosse avvenuta anche in questa dimensione.

"Capisco," disse. La fame doveva essergli passata di nuovo perché non toccò più le sue frittelle.

Lorenz non seppe che altro dire, e per evitare di peggiorare la situazione preferì mantenere quell'imabrazzante silenzio.






Quando Feliciano si era seduto vicino al suo alter ego non aveva bene in mente che cosa dire o fare. Come suo solito, aveva agito senza pensarci troppo su: lo aveva visto dondolarsi su un'altalena nel parco vicino al centro congressi e aveva deciso di fargli compagnia. Certo, l'occhiataccia che gli era stata lanciata lo aveva intimorito, ma Marco non gli aveva detto di andarsene via, pertanto lo aveva considerato un silenzioso assenso alla sua presenza.

Soltanto che poi era calato un silenzio imbarazzante: Marco non sembrava voler iniziare alcuna conversazione, e Feliciano riusciva a pensare solo ad un'unica domanda da chiedere, domanda che però poteva risultare inopportuna e Marco non gli aveva dato l'impresisone di essere un tipo molto paziente.

Dopo qualche minuto passato a sentire soltanto il rumore rugginoso dell'altalena, Feliciano non riuscì più a trattenersi: "Come avete fatto a sposarvi in sette?"
Il sopracciglio di Marco ebbe un lieve spasmo e le sue mani si strinsero a pungo. Feliciano deglutì ma ricacciò dentro l'istinto di correre via - cosa che fu particolarmente difficile quando gli occhi violetti dell'altro si fissarono nei suoi.

"Sei venuto fino a qua a fare il palo come un idiota per dieci minuti solo per farmi una domanda del cazzo?" chiese con una proprietà di linguaggio che rivaleggiava quella di Lovino.

"E-Ero solo curioso," balbettò, sentendosi messo in soggezione. Non era abituato a vedere il proprio volto così contrito e teso.

Marco lo guardò a lungo, per poi sospirare e tornare a guardare un luogo non meglio precisato davanti a sé. "Non lo abbiamo voluto noi," disse, "Hanno fatto tutto i nostri capi. Noi siamo stati informati a fatto compiuto."

Feliciano rimase stupito e un po' dispiaciuto da quella risposta. Non che si fosse aspettato una storia d'amore degna del mondo delle favole - non gli sembrava ci fosse molto amore tra le sette nazioni che componevano la Federazione - però aveva sperato che ci fosse stato almeno un comune accordo. A quanto pare le nazioni non poteva sfuggire ai capricci degli uomini neanche in altri mondi.

"Se stai per dire che ti dispiace giuro ti prendo a calci," lo minacciò Marco, ma la sua rabbia si mutò in perplessità quando vide Feliciano aggrapparsi alla catena dell'altalena, terrorizzato "Che diavolo-"

"P-Perdonami n-non farmi del male," implorò, vergognandosi un poco quando l'altro roteò gli occhi e si portò una mano alla fronte per l'esasperazione. La sua attenzione venne catturata  dall'anulare, dove capeggiavano una fede d'oro e un brillante d'argento.

"S-Sono molto belli," disse in automatico; Marco seguì il suo sguardo, e la sua espressione si indurì di nuovo.

"Grazie," sbottò, riportando la mano sul grembo e giocherellando con quei gioielli.

Feliciano, ancora una volta, non seppe resistere alla propria curiosità: "Posso vederlo?"

Marco, però, sembrava si aspettasse una richiesta simile: dopo un attimo di tentennamento si tolse la fede e gliela porse. Feliciano la prese delicatamente e se la rigirò tra le dita, ammirando la brillantezza del metallo e le sette piccole stelle incise all'interno. Ebbe l'impulso di indossarlo ma stavolta riuscì a trattenersi.

"È molto bello," commentò, sentendosi tutto d'un tratto inspiegabilmente malinconico, "Da quanto siete sposati?"

"Trentun anni," rispose l'altra nazione, guardandolo con curiosità.

Feliciano gli ridiede la fede ed indicò l'altro anello, "E quello?"

Marco si irrigidì, il suo pollice andò subito a posarsi sul brillante, "Non sono affari tuoi,"

"Ve, scusami."

L'altra nazione non rimise la fede, tenendola in mano mentre carezzava quello che ancora aveva al dito. "Non stai con nessuno tu?" chiese infine, senza guardarlo negli occhi.

Feliciano rimase sorpreso da quella domanda: "Um no, non sono mia stato... sposato," disse mentre il suo pensiero andò automaticamente a quel primo amore che tanto lo aveva segnato.

"Non intendo quello, intendo... Non hai un amante?"

Feliciano inclinò il capo, perplesso: "Intendi un essere umano?"

Marco gli lanciò un'occhiataccia che lo fece trasalire: "Mi stai prendendo per il culo per caso?"

"V-Ve io-"

"Una nazione, Feliciano, qualcun altro come noi," precisò infine.

Scosse la testa. Marco sembrò dispiaciuto da quella risposta: "Capisco."

"Ve, te l'ha regalata una nazione quell'anello?" chiese.

Marco non disse nulla, ma la risposta era ovvia e Feliciano pensava anche di sapere chi fosse suddetta nazione. Qualche giorno prima si era trovato davanti una scena che lo aveva lasciato un po' straniato: davanti ad una delle grandi finestre di un corridoio laterale da cui entrava la luce dell'inizio del tramonto Georg e Marco si stavano abbracciando in un modo particolarmente intenso; Georg se lo teneva stretto addosso con una braccio attorno alla vita e una mano sulla nuca, il volto premuto contro i suoi capelli rossi, e si stava dondolando piano come a cullare l'altra nazione, che stava con la testa poggiata contro il suo petto e gli occhi chiusi, un lieve tremore a scuotergli il corpo. Feliciano ebbe l'impressione che non avrebbe dovuto assistere a quella scena e si era quindi defilato in fretta e furia, ma non era riuscito a togliersela dalla testa. La sera l'aveva riprodotta su alcuni schizzi, cercando di ricreare il modo in cui la luce del tramonto creava un alone aranciastro attorno alle due nazioni; si era bloccato quando si era reso conto che più che le nazioni dell'altra dimensione quello che aveva disegnata sembravano più lui e Ludwig. Ludwig l'aveva abbracciato in modo simile solo due volte: quando si erano rivisti negli anni Cinquanta e quando il muro di Berlino era crollato; tuttavia, la differenza tra l'abbraccio nei suoi ricordi e quello del disegno era palpabile: quello tra lui e Ludwig era un abbraccio tra amici, due persone che si volevano bene; quella di Georg era la stretta di una persona innamorata che si fa ancora per il suo amato.

Probabilmente, se avesse chiesto avrebbe negato - anche se non ne sapeva ne comprendeva il motivo - ma Feliciano era relativamente sicuro del fatto che Marco e Georg stessero assieme al di là del loro matrimonio, poco importa quante volte Marco respingesse le avance del tedesco o si mostrasse infastidito dalla sua eccessiva gelosia.

Questo tipo di amore non aveva mai un lieto fine per esseri come loro.

Quando Marco si alzò dall'altalena si irrigidì.

"Ti aspettano," gli disse, indicanto con un movimento del capo dietro di lui. Feliciano si voltò e fu sorpreso di vedere Ludwig, in piedi davanti l'entrata del parco, che li guardava con curiosità. Quando si accorse di essere stato visto accennò un saluto con la mano.

"Ve, Germania arrivo," gli urlò saltando in piedi con rinnovato entusiasmo che si estinse come una fiamma contro il vento quando si voltò e vide come  Marco lo stava guardando: non proprio fastidio ma neanche l'esasperazione di prima, sembrava quasi... nostalgia?

"Ci vediamo domani," gli disse accennando un sorriso prima incamminarsi verso l'uscita. Quando fu vicino a Germania sorrise anche lui per poi allotanarsi. Feliciano non capiva come quel sorriso non raggiugesse mai i suoi occhi.

"Italien, tutto okay, ti ha detto qualcosa?"

Sussultò: non si era accorto che Ludwig si era avvicinato.

"N-No ve, gli ho chiesto di vedere gli anelli," disse, inclinando il capo quando un rossore si spanse sulle guance del suo amico.

"N-Non parliamo di anelli per favore," lo pregò, nascondendo l'imbarazzo in un colpo di tosse che coprì con una mano. Feliciano notò che i muscoli del braccio erano visibili anche sotto la giacca del completo che indossava, e gli venne di nuovo in mente il modo con cui le braccia di Georg, molto simili a quelle di Ludwig, avevano stretto Marco in quel corridoio.

Farsi ancora per la persona amata. Chissà quanto Marco si sentiva al sicuro tra quelle braccia. Avrebbe mai potuto ambire a sentire una simile sensazione?

"Feli, tutto okay?"

"Ve si si," Feliciano gli sorrise, ignorando lo sguardo preoccupato dell'altro, "Andiamo a cena fuori stasera?"

Ludwig fece come per dire qualcosa ma si trattenne; arrossendo, accondentì: "Offro io."

"Ve, grazie Ludi!" gli disse saltandogli addosso. Sentì un brivido lungo la schiena quando le braccia di Ludwig gli circondarono la vita per afferrarlo al volo, una stretta impacciata ma salda e sicura. E un po' si rincuorò.






Un mondo dove quel boom tanto temuto non c'era stato.

Un mondo dove non era sposato.

Un mondo dove Germania non lo stalkerava tutto il tempo dichiarando al mondo il suo amore.

Marco si rigirò l'anello che Georg gli aveva regalato tra le dita: era perfetto per il suo anulare, d'argento, con un brillante violetto con spruzzate di oro come i suoi occhi. Dentro c'era inciso '14.02.1993', il primo San Valentino da quando si erano messi assieme. Georg voleva che avesse un pegno del suo amore, un qualcosa che simboleggiasse il loro rapporto al di fuori del matrimonio, dell'essere incarnazioni di nazioni. Qualcosa che fosse solo di Marco e Georg e di nessun altro.

Era rimasto a bocca aperta quando il tedesco gli aveva mostrato la scatolina con dentro l'anello, si era sentito un po' sciocco quando aveva sentito il labbro tremare e gli occhi pizzicare, e si era chiesto se un essere umano normale si sentisse così quando era fatta una proposta di matrimonio e l'anello scivolava sul suo anulare fino alla base, col cuore che batteva all'impazzata e brividi che ricoprivano tutto il corpo e al testa leggera e la voglia di ridere e piangere assieme. Travolto da quei sentimenti contrastanti, Marco aveva nascosto il viso contro il petto nudo di Georg e lo aveva maledetto perché avevano appena finito di fare l'amore e necessitavano di una doccia e l'anello si sarebbe rovinato con l'acqua e Georg se lo era stretto contro ridendo finché non aveva finito i suoi improperi, poi lo aveva baciato e avevano fatto l'amore di nuovo senza mai lasciare la sua mano sinistra.

Ed erano durati, contro le aspettative di molti e i malauguri di Matteo - che per quanto non approvasse mai si era comunque messo in mezzo - e faceva strano vedere un mondo dove non si amavano ma rimanevano solo amici - anche se, doveva ammetterlo, Feliciano e Ludwig avevano una strana definizione di amicizia. Quando lo aveva saputo gli si era stretto lo stomaco e aveva quasi avuto una crisi delle sue e menomale Georg lo aveva subito preso da parte e se lo era stretto contro, rassicurandolo e mantenendolo lucido.

Gli capitava molte volte di perdersi nei 'se' ma mai uno di quei 'se' si era concretrizzato in quel modo.

Marco poggiò il capo contro il muro, respirando l'aria calda della doccia mentre l'acqua gli scorreva lungo il viso.,

Un mondo dove quel boom tanto temuto non c'era stato e non doveva combattere con il fallout di quella guerra era anche il mondo dove non si era mai sposato e aveva costurito con lacrime e sangue una potenza regionale. E, per quanto fosse smielato, un mondo dove Germania non lo amava non era un mondo dove lui voleva vivere.

Si sfregò la faccia, si alzò in piedi dal pavimento della doccia e chiuse l'acqua; senza asciugarsi indossò al volo una canotta di Georg e i boxer, per poi rientrare nella stanza di albergo, trovano la nazione germanica sdraiata sul letto intento a leggere un libro.

"Ci hai messo tanto," gli disse Georg quando si accorse della sua presenza; quando non ricevette risposta si mise seduto e lo guardò preoccupato, "Tutto okay liebe?"

Marco inclinò il capo. Georg aveva i capelli arruffati dal cuscino e i segni della federa sulla guancia, il pigiama gli stava troppo largo e intravedeva parte del suo petto possente dal colletto e da solo occupava la maggior parte del letto a una piazza e mezzo. Era bello, e tutto suo.

"Si, ho riflettuto su un po' di cose," disse mentre si avvicinava, poggiò la fede nunziale sul comodino, vicino a quella del tedesco, e si mise seduto accanto a lui.

"Su che?" chiese, tirandoselo contro.

"Niente di che," Marco fece spalluce, baciando via il broncio che si era formato sulle labbra dell'altro.

"Liebe, non dovresti nascondermi le cose."

"Non ho nulla da nascondere," replicò, carezzandogli al guancia segnata. Georg gli prese quella mano e pose un bacio sull'anello: "Se posso aiutarti..."

"Fai fin troppo onestamente," ammise, poggiando la fronte calda sulla sua spalla. Georg lo strinse ancora di più-

"Non è mai troppo, non per te," gli sussurrò, e Marco sorrise contro il suo collo prima lasciare una scia di baci, fino a risalire al mento e all'orecchio.

"Fai l'amore con me," disse, e rise quando Georg lo ribaltò e se lo mise sotto, spogliandolo e spogliandosi per poi fare come richiesto.

 
   
 
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