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Autore: Hinata_Dincht     30/11/2023    2 recensioni
Dal testo:
"Tuttavia, quell’uomo, quello seduto alla vetrata, era un totale mistero. Si poteva presentare per tre giorni consecutivi o sparire per settimane; a volte si sedeva da solo, altre era in compagnia di una o due persone. Non aveva orari prediletti, poteva apparire sull’uscio in qualsiasi momento. Ordinava sempre qualcosa di diverso e non aveva un posto preferito. Una totale frustrazione per una mente metodica e organizzata come quella di Kei."
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dling dling.

Lo scampanellio della porta segnalò l’entrata di qualcuno nel locale. Chinato sulla lavastoviglie, intento ad estrarre le tazze fumanti di vapore, Kei trattenne un sospiro e salutò distrattamente con un: - Sarò subito da lei! –.

Velocemente, si asciugò le mani ed alzò gli occhi a scandagliare la caffetteria. Spingendosi gli occhiali sul naso, mise a fuoco la figura seduta al tavolo in angolo, vicino all’ampia vetrata che dava sulla piazza soleggiata. Rassettata l’uniforme, si diresse verso l’unico cliente del pigro primo pomeriggio.

- Cosa posso servirle? –

L’uomo, intento ad osservare la piazza alberata con aria rilassata, si voltò a guardarlo con un sorriso amichevole in faccia.

- Sto aspettando qualcuno. Per ora prenderò un tè verde, per favore. –

- Gyokuro? –

Il cliente gli lanciò un’occhiata in tralice, sorridendo. – Sencha, per favore. -

Kei fece un veloce inchino e si diresse senza una parola dietro al bancone. Mentre aspettava che l’acqua bollente raffreddasse fino alla temperatura ideale, tamburellava velocemente le dita sul bancone di compensato, sentendosi gli occhi del cliente piantati nella schiena.

Invece, quando si girò per portargli la tazza, l’uomo era ancora voltato con aria pensierosa verso la piazza.

- Ecco qui il suo Sencha. – e gli posò la tazza di fronte.

- Che giornata tranquilla. – disse casualmente l’altro. – Grazie. Per il tè. –

Kei fece velocemente un inchino senza rispondere e si ritirò dietro al bancone, dove sedette su uno sgabello e aprì il libro di Paleontologia sistematica. Normalmente, durante i turni tranquilli come quello, passava il tempo a studiare di nascosto, un po’ come faceva alle scuole superiori, quando lavoricchiava in biblioteca; ma, in quel momento, Kei faticava a concentrarsi. Doveva rileggere più volte la stessa frase prima di comprenderne il contenuto; dopo aver letto una riga, alzava gli occhi ad osservare furtivamente l’uomo, poi riabbassava lo sguardo e non si ricordava il punto dove aveva lasciato la lettura. Dopo un quarto d’ora di inutili tentativi, chiuse irritato il libro con un gesto secco e decise di concentrarsi sulla pulizia ossessiva dei cucchiaini.

L’uomo che tanto lo distraeva era un abituale della caffetteria. Kei, che vantava un’ottima memoria fotografica, estremamente utile nei suoi studi, aveva notato l’uomo fin dai primi giorni lavorativi. All’inizio, si era ovviamente insospettito per via del completo business casual, che spiccava come una fragola matura nel cespuglio di t-shirt e jeans degli studenti universitari; e, in seguito, si era arrovellato nel tentativo di trovare un pattern nelle sue visite, apparentemente casuali, senza riuscirci. Per intendersi, Kei sapeva bene che la squadra femminile di pallavolo si presentasse il martedì e il giovedì alle 18.30 chiedendo smoothies di frutta; o che il club universitario di lettura si riunisse tutti i mercoledì, consumando litri e litri di tè caldo. Riusciva nondimeno a ricordare, per esempio, che una tale studentessa ordinasse sempre una cioccolata calda dopo l’orario di pranzo, o lo spuntino del vecchietto che passava alla caffetteria durante la sua passeggiata pomeridiana con il cane.

Tuttavia, quell’uomo, quello seduto alla vetrata, era un totale mistero. Si poteva presentare per tre giorni consecutivi o sparire per settimane; a volte si sedeva da solo, altre era in compagnia di una o due persone. Non aveva orari prediletti, poteva apparire sull’uscio in qualsiasi momento. Ordinava sempre qualcosa di diverso e non aveva un posto preferito. Una totale frustrazione per una mente metodica e organizzata come quella di Kei.

Un altro scampanellio ed un tizio alto, con un trench lungo, comparve sulla soglia. Questi ignorò completamente l’inchino di Kei e fissò lo sguardo sull’uomo in completo, dubbioso; si rilassò in un sorriso genuino quando l’altro lo salutò con la mano e gli fece cenno di avvicinarsi. Si sedette in modo goffo e ordinò un caffè filtrato, prima di immergersi in un discorso fitto con l’uomo in completo.

Osservandoli di sottecchi, Kei annotò mentalmente come i due sembrassero non conoscersi, ma fossero comunque a proprio agio l’uno con l’altro. Di tanto in tanto, il tizio in trench si lasciava sfuggire delle esclamazioni rumorose, mentre quello in completo gli poggiava una mano sul braccio, indulgente, e aspettava che l’altro si ricomponesse. Kei, annoiato dal pomeriggio pigro, cercò di rimettersi a studiare fin quando, alle quattro, studenti usciti da corsi pomeridiani non iniziarono finalmente a fluire nella caffetteria, riempiendo l’aria di un allegro chiacchiericcio.

Fu così che il sole pian piano calò e i lampioni iniziarono ad accendersi, illuminando la piazza quasi deserta.

Kei stava servendo torta al cioccolato ad una coppia di studenti, palesemente al loro primo appuntamento, quando lo scampanellio della porta precedette un improvviso silenzio di tomba.

Il ragazzo si voltò prudentemente e cercò di mantenere un’espressione neutra alla vista delle divise bordeaux.

- Avanti, gente, questo silenzio è decisamente imbarazzante! – batté le mani il primo agente con un sorriso amichevole sul volto, mentre il suo collega scandagliava l’ambiente con aria indagatrice. Il chiacchiericcio ricominciò ad un tono molto più basso, un bisbiglio affrettato, come il graffiare delle zampe dei ratti in fuga.

Kei passò le mani sulla divisa prima di avvicinarsi al bancone, dove i due agenti si erano fermati, il primo a fissare le torte in vetrina ed il secondo a scannerizzare la clientela.

- Posso fare qualcosa per voi, agenti? –

- Un tortino al limone -, cinguettò il primo e: - Un caffè -, ordinò l’altro.

Kei si mise a preparare accuratamente il caffè, rispondendo alle domande inquisitorie dell’agente all’apparenza innocuo – è successo niente di strano ultimamente? Qualche individuo sospetto? -, mentre con la coda dell’occhio captava un movimento, uno sfarfallio, al tavolo in fondo, vicino alla vetrata, dove l’uomo in completo e quello in trench stavano discutendo a bassa voce in maniera concitata.

- No, signore. – rispose ancora Kei, tornando a concentrarsi sul filtro di carta e sulla tazza, cercando di controllare la sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco.

- Nessun anormale? – chiese il primo agente, mantenendo il sorriso amichevole.

A Kei sembrò di sprofondare. Il secondo agente lo guardava intensamente.

- No, signore, altrimenti l’avrei denunciato alle autorità. – rispose Kei, serio come non mai, fissandolo negli occhi. La tensione era ormai tangibile.

Il rumore di una sedia schiantata a terra ruppe la bolla di nervosismo, seguito da urla impaurite: un paio di enormi ali erano spiegate in mezzo alla stanza e quelle ali erano attaccate ad un essere umano.

Kei ebbe a malapena il tempo di vedere l’uomo in completo lanciarsi fuori dalla vetrata prima che il caos discendesse all’interno del locale e una fiumana di gente impaurita fluisse verso l’uscita.

- Hajime! – esclamò il primo agente, improvvisamente persa l’attitudine civettuola. L’altro agente si lanciò verso la figura alata, ma questa, presa la rincorsa con le ali chiuse, s’infilò nell’apertura della vetrata e spiccò il volo nel buio. L’agente non si arrese e, estratta la pistola, saltò fuori dal locale.

- Centrale, qui è l’agente Oikawa. Trovati un sospetto e un anormale confermato nel campus universitario. L’agente Iwaizumi è partito all’inseguimento. Richiediamo rinforzi, passo. –

Kei rimase fermo, in piedi, a guardare i vetri, le torte calpestate a terra, i cocci dei piatti e la desolazione del locale con nessun pensiero in testa, ma una brutta sensazione addosso.

***

- Mi può velocemente descrivere l’anormale confermato? Cerchi di essere il più dettagliato possibile. – l’agente tirò fuori un blocchetto per prendere appunti, illuminato ad intermittenza dalle luci blu delle volanti.

Kei sospirò e si strinse nelle spalle: - Tizio alto, forse un metro e ottanta, sui venticinque anni. Indossava un trench grigio. I capelli erano sparati in alto, grigi. Aveva occhi enormi, un naso affilato. –

L’agente Iwaizumi alzò gli occhi su di lui. – Altri dettagli che potrebbero aiutarci ad identificarlo? –

- Dice a parte l’apertura alare di quattro metri? No. –

L’agente in rosso gli lanciò un’occhiata di avvertimento e Kei si morse la lingua.

- Che mi dice del sospetto anormale? –

Kei puntò gli occhi sul blocchetto appunti. – Tizio alto, moro. Aveva un completo, giacca e pantaloni neri. –

- Altri dettagli? –

- C’era anche lei nel locale, l’ha visto anche lei. – s’infastidì Kei.

- Sì, ma lei deve avergli portato un caffè o qualcosa, deve averlo visto ben da vicino. – asserì l’agente Oikawa, spuntato dal buio.  

Kei incrociò le braccia e piccato rispose: - Non ricordo niente di particolare. Ha idea di quante persone io veda ogni giorno? –

L’improvviso chiosare poco distante li distrasse. Era il proprietario del locale, che urlava a qualche agente in rosso di lasciarlo passare.

- Ultima domanda: li aveva mai visti prima? – chiese l’agente Oikawa, sempre con quel sorrisetto fintamente amichevole stampato in faccia.

Kei lo guardò dritto negli occhi. – No, non che io ricordi. –

- Va bene. – l’agente Iwaizumi gli passò il blocco appunti e la penna. – Ci lasci il suo numero. Se ne avremo bisogno, la ricontatteremo. –

Kei finì di adempiere ai suoi doveri, aggiornò il proprietario del locale degli avvenimenti e promise di andare ad aiutarlo il giorno seguente, dopo le lezioni.

Poi, di pessimo umore, si avviò nella fredda serata autunnale con la testa piena di domande e la gola stretta dall’ansia, e senza accorgersene stava già infilando le chiavi nella porta di casa.

Mollò la tracolla e le chiavi sul tavolo, prima di sprofondare pesantemente nel divano.

Tadashi spuntò dalla sua camera, chiamando: - Tsukki? – e ottenendo un grugnito come risposta.

- Com’è andata oggi? – gli chiese pazientemente l’amico, piazzandoglisi davanti a braccia incrociate.

- Pensavo mi avessero beccato. -

***

 

Chi inizia una mini-long prima di un trasloco?

It’s-a me!

Spero che questo primo capitolo abbia solleticato la vostra curiosità! Fatemi sapere cosa ne pensate.

A presto (spero)!

  
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