Era tornato a
casa puntuale
come sempre, ma Lisanne si era accorta subito che c’era
qualcosa di diverso dal
solito.
Aveva salutato,
si era
tolto le scarpe, lei aveva appena fatto in tempo a dargli una sbirciata
dalla
cucina e lo aveva visto pallido, bianco come un
lenzuolo.
«Genzo, va tutto
bene?»
Aveva annuito,
gli occhi
bassi.
«Sì.
Sì, tutto bene.»
«Mi sembri un
po’ smorto…»
Lui si era
stretto nelle
spalle, l’espressione seria e imperturbabile.
«Sto bene. Devo
fare un sacco di compiti, vado in camera mia...»
E
così dicendo si era
dileguato.
Lisanne era
rimasta sulla
soglia, lo aveva guardato allontanarsi con la testa china.
Era palese che
non
andasse tutto bene, così come era palese che lui non avesse
voglia di parlarne
con lei, non in quel momento.
Sospirò,
e poi tornò al
lavoro.
L’impasto
dei Franzbrötchen
era lievitato ormai per tre ore, era arrivato il momento di finire la
preparazione. Prese matterello e carta da forno, un po’ di
farina, e stese
l’impasto fino a formare un rettangolo che poi
spennellò con il burro fuso. Una
generosa spolverata di zucchero e cannella, poi lo arrotolò
e per finire lo
tagliò in quindici parti uguali alle quali diede la tipica
forma delle brioche
amburghesi. Soddisfatta, le trasferì nel forno
già caldo e impostò il timer per
la cottura, dopo pochi minuti un delizioso profumino invase la casa.
Lisanne quel
pomeriggio
era di buonumore, terminò di riassettare la cucina
canticchiando qualche
melodia natalizia. Mentre si asciugava le mani in uno strofinaccio
decise di
fare un altro tentativo con il ragazzo. Non voleva forzarlo a
confidarsi, ma le
dispiaceva vederlo così turbato. Si era affezionata a lui
fin dal primo
momento, quando il signor Mikami l’aveva presentato a lei e a
suo marito, ormai
qualche mese prima, e le veniva spontaneo trattarlo come un secondo
figlio.
Decise che
avrebbe
provato a prenderlo per la gola, dopotutto lui mangiava
sempre volentieri
ciò che lei preparava e sembrava apprezzare sul
serio la cucina tedesca,
sebbene così diversa da quella a cui era abituato da
bambino. Sorrise fra sé,
era parecchio orgogliosa delle sue abilità culinarie, e i
Franzbrötchen erano
uno dei suoi piatti forti per quanto riguardava i dolci.
Le brioche erano
pronte,
aprì di poco lo sportello del forno per farle raffreddare e,
lasciando
spalancata la porta della cucina, andò a bussare alla camera
di Genzo.
Le rispose una
voce
piuttosto cupa.
«Avanti.»
Lisanne si
limitò a infilare la testa nella
stanza. La scrivania era letteralmente coperta di libri e quaderni, in
un
angolo notò il dizionario, aperto.
«Non
vorrei disturbarti, ma magari hai fame…»
Lui fece una
smorfia, si stropicciò la faccia
con la mano.
«Un
po’… Però devo finire geometria, e
studiare storia. E non ho ancora finito di correggere un tema di
tedesco.»
«Fare
una pausa ti farà bene. Ho preparato i Franzbrötchen…»
«I
Franzbrötchen…»
«Sì.» gli
fece
l’occhiolino, poi sussurrò con aria complice
«Un po’ di zucchero ti darà una
mano!»
Genzo fece un
sorriso incerto ma posò la penna
e allontanò la sedia dalla scrivania.
«Ok.»
annuì «Sì, faccio una pausa.»
«Bene!
Ti aspetto in cucina. Ho fatto anche un
po’ di tè, ti va una tazza?»
La raggiunse
dopo pochi
minuti e prese posto di fronte a lei.
I
Franzbrötchen avevano
un aspetto davvero invitante, dorati e gonfi, Lisanne li aveva disposti
su un
vassoio in mezzo al tavolo.
Gli
versò una tazza di
tè, poi si servì a sua volta. Lo
osservò allungare la mano e afferrare una
brioche per poi portarsela alla bocca. In quattro bocconi
l’aveva finita, si
ripulì le labbra con il tovagliolo.
«Buonissimi,
Lisanne, come sempre.»
«Sono felice che
ti piacciano…
Senti, stavo pensando
che tra pochi giorni sarà il tuo compleanno, hai pensato se
c’è qualche torta
in particolare che ti piacerebbe preparassi?»
«Oh, no, non so
se sia il caso… Posso comprarla io in una
pasticceria.»
«Ma no, non
è necessario! Lo faccio con piacere, le preparo
anche per Jürgen e
Gustav… E lo faccio volentieri anche per te, Genzo,
sei parte della nostra famiglia anche tu.»
Lui non
ribatté, lei
proseguì.
«Sempre se la
cosa ti vada bene e faccia piacere anche a te,
beninteso!»
«Sì,
certo. Certo che mi farebbe piacere.»
«Ok! Io sono solo
contenta se posso fare qualcosa di gentile
anche nei tuoi confronti, lo sai.»
Genzo
inspirò, un po’ a
disagio. Capiva che lei gli stava offrendo la possibilità di
confidarsi e
parlarle di ciò che lo preoccupava, ma gli sembrava
tremendamente difficile
dare voce ai suoi pensieri. Era imbarazzato, e deluso da sé
stesso. Prese a
muovere ritmicamente la gamba destra, lei notò che stava
sussultando.
La
guardò negli occhi,
per distogliere lo sguardo subito dopo.
Afferrò
un’altra brioche,
il profumo di cannella gli riempì le narici. Era delizioso.
Si disse che
metterla al
corrente era la decisione migliore, anche perché non avrebbe
potuto tenerla per
sempre all’oscuro della faccenda. Tanto valeva confessare,
subito, il momento
era perfetto. Erano da soli, Gustav non sarebbe tornato prima di due
ore, e lo
stesso il signor Draxler. Con Lisanne sembrava facile parlare, sembrava
una
mamma.
Ora o mai
più,
ripeté fra sé.
Prese un bel
respiro, e
poi si fece coraggio.
«Ho preso un
brutto voto nel tema. Una brutta insufficienza.»
Lisanne non
ribatté.
Genzo
sollevò lo sguardo,
intimorito. Temeva che l’avrebbe giudicato male, era certo
che sul viso della
donna avrebbe letto tutto il suo biasimo, ma si sbagliava.
Stava annuendo.
«Con la
professoressa Richter, giusto?»
«Sì…»
«Lei
è molto esigente… È stata la
professoressa di tedesco di Gustav, puoi chiedere conferma anche a lui.
Ma è un
bene, ti darà un’ottima preparazione. E i brutti
voti si possono recuperare,
non buttarti giù.»
Genzo fece una
smorfia,
Lisanne appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse verso di
lui.
«Mi faresti dare
un’occhiata al tema? Magari ci sono alcune
cose che posso spiegarti anch’io. Ho visto che stavi
consultando il dizionario…»
«Ho
fatto dei pasticci con alcuni verbi… Ho un
po’ di confusione sui modali. E poi ho fatto diversi errori
di ortografia.»
sbuffò «Mi ha chiesto di riscriverlo corretto e
consegnarglielo per domani
mattina. E di riempire un foglio scrivendo venti volte ogni parola che
ho
storpiato.»
«Sì,
ripetere può aiutarti a memorizzare… E sui
modali ti aiuto io, li possiamo riguardare insieme.»
«Davvero?»
«Certo.»
«Grazie…»
«Figurati!»
Terminò
di mangiare la seconda brioche, poi
bevve qualche altro sorso di tè.
«È
stato umiliante, non mi era mai successo
prima di toppare così…»
Lisanne
sospirò.
«Genzo,
Genzo… Capita a tutti di inciampare! Tu
sei giudizioso e prendi le cose molto sul serio, ma la lingua tedesca
è
difficile! Soprattutto per un ragazzino di tredici anni che arriva dal
Giappone…»
fece un sorrisino «Ma poi, te la immagini la Richter a
imparare il giapponese?
Io non sono sicura che sarebbe tanto brava quanto te con il
tedesco...»
Gli
strappò una risatina.
«Dovresti
essere fiero di te stesso, guarda
quanta strada hai fatto fino a questo punto! Certo, ce
n’è ancora da fare, ed è
giusto che lei non ti regali voti alti e ti faccia notare le mancanze,
se ci
sono…»
Lui
annuì, tutto ad un tratto rincuorato, lei
gli strinse una mano.
La
guardò negli occhi, questa volta sostenendo
lo sguardo. Sapeva non l’avrebbe messo sotto esame.
«Quello
che devi sempre ricordare è che non
sei solo. Ci siamo noi a darti una mano, ogni volta che ne avrai
bisogno, e a
fare il tifo per te. Per te ci siamo sempre, siamo una
famiglia.»
Le sorrise, e
proprio in quel momento si
accorse che quel tremendo peso che avvertiva sullo stomaco se ne era
andato.
Era scomparso, e aveva lasciato il posto a una piacevole sensazione di
calore.
Di casa, premure e accoglienza. Di amore, al profumo di cannella.
Nota
I
Franzbrötchen sono un dolce tipico della città di
Amburgo, delle
brioche dalla forma caratteristica farcite con burro e cannella. Se
qualcuno
fosse curioso, online si possono trovare diverse ricette, io
proverò questa:
https://blog.giallozafferano.it/donaelesuedelizie/franzbrotchen/