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Autore: gabryTheGift    04/12/2023    0 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto procuratore]
[Imma Tataranni - Sostituto procuratore]Ambientato nella 1° stagione della serie. Calogiuri e a Roma e Imma comincia a pensare al sogno che ha avuto che vede lei, il ragazzo e una scrivania come protagonisti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Diana!! Diana!!” Non c'è mai quando c'è bisogno di lei! È diventata pure sorda!
“Dianaaaa!!”

Imma Tataranni si alzò dalla sua sedia in preda, sembrava, alla rabbia più nera.

La cancelliera non rispondeva al suo richiamo, che soave non era per niente, e quindi decise di alzarsi dalla sedia della sua scrivania e con passo spedito andare verso la porta comunicante che dava nel suo ufficio.

Dopo averla spalancata, producendo un rumore fortissimo e decisamente voluto, si rese subito conto che la donna non era alla scrivania. Chissà dove si è cacciata e con chi!

“In questa Procura sono tutti scimuniti! Mai nessuno che sia al suo posto e che faccia il suo dovere!”

Sospirando e girando lentamente i tacchi, si diresse di nuovo alla sedia della sua scrivania e mormorando non riuscì a fare a meno di dire quasi a bocca chiusa una frase che aveva da giorni sulla punta della lingua. “Se ci fosse Calogiuri avrei tutto sottomano in modo efficiente e non dovrei gridare come una pazza per farmi sentire...”

Ecco l'aveva detto alla fine, nella solitaria protezione delle 4 mura del suo ufficio aveva ammesso, in modo velato perchè era pur sempre lo sceriffo di Matera e le smancerie non poteva permettersele nemmeno quando era sola, che le mancava il suo Calogiuri.

Momento... momento... Da quando in qua Calogiuri è mio? Certo - si disse - Ho fatto un sogno diciamo colorito su di lui e su questa scrivania ma era giusto un sogno... Forse avevo mangiato pesante prima di andare a letto. Si sà che poi si fanno sempre degli incubi!

Ma ricordando quelle immagini e appoggiando completamente la schiena alla sua comoda sedia dovette ammettere a sé stessa - Beh incubo adesso è una parola grossa – e pensandolo un sorrisino non potè fare a meno di fare capolino sulle sue labbra – Ma questo non centra! - Subito si riprese come lo sceriffo che era!- Ecco, la spiegazione è questa! Non c'è altro assolutamente! Altro che “mio”! “Mio” di cosa? “Mio” di che?

Ormai senza rendersene conto si era lasciata andare ai suoi pensieri. Sentendosi sola e quindi libera di potersi vagamente analizzare, la sua mente corse a ciò che davvero la stava destabilizzando ovvero la mancanza del suo sottoposto.

Certo, era contenta che fosse a Roma per tentare il concorso da Maresciallo. Credeva nelle sue capacità, a differenza delle persone che circondavano il giovane, ed era convinta che potesse farcela.

Con un po' di sana competizione e con un po' di autostima Calogiuri può fare qualunque cosa! Era questo che pensava da sempre del ragazzo.

E proprio non si capacitava di come chi lo circondava non riuscisse a vedere il suo potenziale e non credesse in lui. - Come si fa a non credere nelle capacità del mio Calogiuri insomma!

Alt! Ferma qui! - Si disse subito - Ecco che ci risiamo Imma: Calogiuri e l'aggettivo possessivo non possono essere inseriti nella stessa frase.

La Tataranni sospirò profondamente e incrociò le braccia sulla scrivania per poi posarci il capo sopra e chiudere gli occhi.

Ripensò a Calogiuri e a quel sogno avuto – Ma ho mai fatto un sogno così su Pietro? Mah! - Si chiese ma subito scosse la testa come per non pensarci e continuò a far vagare la testa tra le sue teorie.

Nel sogno il caro Calogiuri appariva un uomo spavaldo, deciso – Che sia una premonizione di come potrebbe essere davvero questo ragazzo fuori dalle mura di questo ufficio? Oppure di come potrebbe essere se si liberasse da alcune catene che lo rendono mite ed insicuro ma deciso e sagace sulle questioni più serie? E chi lo sa?

Insomma un Calogiuri vestito di nero – una versione dark come direbbe qualcuno – che entra in ufficio e mette la mano sotto la maglietta e tocca Noooo! No e no! Ferma Imma! Calogiuri che tocca qualcosa sono delle altre parole che non possono essere accostate! Mannaggia alla miseria mannaggia! - pensò scuotendo la testa sulle sue braccia e strizzando forte gli occhi già chiusi e incrociando strette le gambe tra di loro- Mananggia a me! Mannaggia! Ma che mi è preso?

Dopo questo rimprovero verso sé stessa non riuscì a fare a meno di pensare alla fitta allo stomaco che aveva sentito quando il ragazzo le aveva detto che sarebbe andato a Roma. In quel momento si era sentita sola e spaventata.

Sì, a lei poteva confessarselo.

Istintivamente non aveva potuto fare a meno di appoggiarsi alla sua spalla e piangere. Nemmeno lei sapeva spiegarsi fino in fondo cosa le era preso e cos'era quel freddo che aveva improvvisamente sentito - Patetica sono!- Sentire dalle sue labbra che sarebbe andato via era stato il colpo finale di quella giornata. L'aveva lasciata quasi senza fiato e impaurita. Io impaurita non lo sono mai! Non ho paura di niente! Eppure le era tremata la terra sotto i piedi e non ce l'aveva fatta a resistere.

Da quando con Pietro non aveva una reazione così istintiva, così di pancia? E soprattutto l'aveva mai avuta? Se lo chiese con altrettanta paura ma con altrettanta paura decise di non darsi una risposta.

Voglio bene a Pietro! Lui è l'unico che mi ha guardata fino ad oggi. E non so nemmeno perchè l'ha fatto.

Dopo questa riflessione, si alzò lentamente dalla sua sedia e rivolse lo sguardo ai vetri della finestra del suo ufficio. I vetri riflettevano il suo volto e guardando la sua espressione triste non riuscì anche non intravedere il volto di quand'era adolescente.

Si rivide sola e goffa, china sui libri perchè amava studiare e perchè voleva diventare qualcuno. Allo stesso tempo sapeva che non aveva altro da fare se non rimanere con il viso su quelle pagine e su quei quaderni per ore e ore.

Troppo schietta e sincera, dalla lingua troppo tagliente e non portata alle smancerie, nessuno l'aveva mai accolta in un gruppo o invitata da qualche parte. Ancora adesso si chiedeva perchè Diana si fosse così tanto incaponita nel provare ad essere sua amica.

Pietro era un santo! E lei? Lei era troppo complicata da gestire. Era troppo complicata da sopportare. Troppo complicata da amare.

E poi il riflesso di quei vetri le mandava, come sempre, un immagine che non avrebbe mai voluto vedere. Capelli troppo ricci, di un rosso strano ma che non avrebbe mai cambiato per nulla al mondo. Era il suo marchio, la sua firma. Occhi troppo scuri, viso normale, nessun fascino, nessun attrattiva, nulla.

Ci credo - si disse - che quello con Calogiuri era solo un sogno! Qaundo mai un ragazzo così potrebbe notare in una stanza una come me?

“Oh cazzo!” disse ad alta volce senza riuscire ad impedirselo – E questo da dove salta fuori adesso?

Scioccata da quanto aveva pensato Imma Tataranni si impose di non pensarci più. Di non pensare più a Calogiuri, allo strano rimestamento che sentiva nello stomaco e al calore che quel sogno le aveva donato.

Basta! Basta! - disse a sé stessa - È lo stress! È solo perchè non mi aiuta mai nessuno in questa Procura e quindi penso a lui, tutto qui!

Aprì in fretta e furia il fascicolo che aveva sulla scrivania e si mise a leggerlo! Chi lo pensa a Calogiuri? Non io! Certo che no. Non ne ho motivo!

Un rumore proveniente dall'uffico accanto la distrasse e vide Diana entrare con un caffè e sedersi alla sua scrivania con in mano alcuni fascicoli e fogli protocolli.

Mentalmente ringraziò la donna e subito la chiamò: “Alla buon'ora Diana! Devo fare tutto io in questa Procura! Dammi i fasciocoli che ti ho chiesto. Veloce che ho da fare!”

Decise di non analizzare cosa la parolina “veloce” le avesse riportato ancora una volta alla mente e si mise di testa e piedi nel caso.

  
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