Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Sally0204    07/12/2023    8 recensioni
Brevissimo prequel di tutta la serie “Il colore del grano”.
Una notte di festa a Riyadh tra confidenze, alcool, sguardi rubati e qualche battuta per buttare un occhio su quello che succedeva un anno prima del famoso compleanno di Genzo. Quando Yayoi e Jun, Kojiro e Maki stavano ancora insieme. Quando Naoko non era nemmeno lontanamente nei pensieri di Taro. Quando le cicogne non avevano ancora preso il volo…
Per la lettura consiglio (ma non è necessario) di leggere o rileggere il cap. nr 12 di “Io non ho paura”.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il colore del grano'
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“Ma il più bello della nazionale, questa sera, con chi arriva?”
 
“Chi?” chiese Sanae, seguendo lo sguardo dell’amica. “Ah, parli di Genzo. Credo che sia stato raggiunto da quella barbie coi capelli rossi e gli occhi verdi che abbiamo incrociato nella hall prima, ma non credo che la sorpresa sia stata apprezzata. Almeno, così mi ha detto Taro, in confidenza.”
 
“Le cose che ti racconto io non le racconti a Misaki, vero?”
 
“Ovviamente no!” esclamò Sanae portandosi una mano sul petto all’altezza del cuore, mentre con l’altra si attorcigliava una ciocca di capelli intorno alle dita.
 
Yayoi scosse la testa, inarcando un sopracciglio.
 
“È la sua compagna ufficiale?” chiese curiosa.
 
“Ma va, Genzo non ha nessuna compagna ufficiale. Non sto nemmeno ad impararne il nome. Tanto la prossima volta che ci vediamo se lo sarà dimenticato pure lui.”
 
 
Il party di chiusura del quadrangolare era stato organizzato nel salone da ricevimento più grande dell’hotel che si affacciava sulla spiaggia. 
 
Dalla adiacente piscina, dove avevano trascorso il pomeriggio, Yayoi, Sanae e le altre compagne dei calciatori avevano osservato il lavoro incessante di camerieri e inservienti che preparavano con cura la festa, montavano gazebo bianchi sulla spiaggia, sistemavano sofà e cuscini colorati, allestivano i banconi del bar. Adesso che il sole si era tuffato nel mare e le sfumature color rosa arancio nel cielo avevano lasciato il posto al blu intenso della notte, l’intera spiaggia era illuminata da centinaia di candele che rilucevano sotto i tendoni, creando un’atmosfera magica e sofisticata.
 
Un cameriere in livrea bianca le salutò con un lieve inchino, prima di servire loro due bicchieri da cocktail colmi di un liquido rosso pallido.
 
“Vado in Italia per sei mesi.”
 
“In Italia per sei mesi?” esclamò Sanae, mentre mescolava l’intruglio colorato nel suo bicchiere con una cannuccia in vetro. “Con Misugi?”
 
“Ma no! Ci vado da sola… ho trovato un Master interessantissimo sull’analisi ingegneristica e tecnologica a Milano. O a Bologna, non lo so dove, non importa.“
 
“Da strapparsi i capelli proprio… “ squittì l’amica. “Che succede, Aoba? Sei mesi in Italia senza Misugi… devi dirmi qualcosa?”
 
Yayoi sorseggiò il suo Cosmopolitan facendo vagare lo sguardo sulla folla che piano piano stava uscendo dal salone del ricevimento. Individuò l’oggetto della loro conversazione che, in un angolo, stava chiacchierando con un gruppetto di compagni. 
 
“Non va, Sanae. È inutile girarci intorno. Non funziona più…”
 
“Pensavo fosse rientrata la crisi dell’anno scorso. Sembrate… cioè, lui sembra sempre così attento nei tuoi confronti, così premuroso, così galante…”
 
“Sì, perché lui è così. Jun è così. Lui è perfetto,” lo virgolettò con le mani. “L’appellativo di principe gli calza proprio a pennello. Mia madre non se ne farà mai una ragione. Ma io non ne posso più. Mi manca l’aria. Lui fa finta di non vedere, di non accorgersene.”
 
“Posso capirlo. Vi volete comunque bene, state comunque bene insieme…”
 
“Dai Nakazawa, quando facciamo sesso, io passo il tempo a guardare il soffitto… ti pare normale? Non riesco più a raggiungere un orgasmo degno di questo nome.”
 
“Oh” un sorso di Cosmopolitan andò di traverso alla moglie del capitano che tossicchiò, pulendosi le labbra con un tovagliolino di carta.
 
“No, se i problemi iniziano lì, non c’è verso di raddrizzare la cosa” sancì sicura.
 
“Non so se iniziano o finiscono lì. Non abbiamo ancora trent’anni, io voglio qualcosa di WOW WOW WOW… che mi tolga il fiato, voglio urlare quando faccio sesso, non pensare alla progettazione di sistemi energetici efficienti per passare il tempo!”
 
“Hai bevuto troppo, Aoba! Abbassa la voce! Se urli ancora un po’, lo sapranno anche Gamo e Mikami di cosa hai bisogno tra le lenzuola! E non credo sia un'informazione essenziale per affrontare il Bahrein il mese prossimo!”
 
Scoppiarono a ridere senza riuscire a frenarsi. Sanae si tamponò con un dito le lacrime che rischiavano di far colare il trucco, rendendola impresentabile, mentre Yayoi si nascondeva il viso tra le mani a coppa.
 
 
“Buonasera Signore!”
 
Genzo, in un impeccabile smoking scuro, si era avvicinato loro sorridendo. Appoggiò delicatamente una mano sulla schiena di Sanae, sfiorandole con le labbra una guancia.
 
“Ehilà, Wakabayashi. Pensavo mi ignorassi stasera…”
 
“Hai ragione, scusa. Tsubasa me lo ha fatto notare che se non mi sbrigavo a venire a salutarti, mi avresti tenuto il muso ad oltranza. Ed eccomi qui a salutare le ragazze più belle di tutta la festa!”
 
“Sei un paraculo. E con me non attacca. Dove l’hai lasciata Miss Mondo?”
 
Il portiere alzò gli occhi al cielo arricciando le labbra in una smorfia. Odiava partecipare a quelle feste in compagnia, odiava condividere la sua vita privata con i compagni di squadra. Christel aveva appena terminato un servizio fotografico a Dubai e si era prenotata un volo per raggiungerlo, convinta di fargli una sorpresa gradita.
Non era arrivata per la partita, ma in tempo per la festa e lui non aveva potuto fare altro che invitarla al party. Ma la stava evitando clamorosamente, dopo averla lasciata in compagnia di un brillantissimo Aoi. 
 
Si appoggiò con entrambi i gomiti al bancone del bar, cercando di richiamare l’attenzione del personale di servizio.
 
I suoi occhi caddero, contro il buon senso, contro la sua volontà in affanno, contro le ragioni della ragione, sulle gambe accavallate di Yayoi lasciate nude dallo spacco generosissimo di uno splendido vestito in satin color amaranto. Radiografò con cura il paio di sandali Opyum in vernice nera con tacco dorato che aveva ai piedi e che mettevano in risalto una caviglia perfettamente affusolata.
Deglutì a vuoto, serrò la mascella, non riuscendo ad impedire ai suoi occhi di risalire lungo quel corpo, cogliendo una serie di dettagli destinati a marchiarsi a fuoco nella sua memoria: la cinturina color oro che le avvolgeva il punto vita, la scollatura squadrata del vestito senza spalline che valorizzava il décolleté leggermente abbronzato, le spalle nude e il lungo collo che Yayoi, ridendo con Sanae, aveva buttato all’indietro esponendolo alle sue occhiate lascive.
 
Incrociò i suoi occhi. Una frazione di secondo nella quale si sentì completamente disarmato.
 
“Ciao Genzo,” lo salutò disinvolta, con un sorriso garbato. Gli occhi nocciola con qualche riflesso ambrato si erano allargati in modo quasi impercettibile, quando i loro sguardi si erano incrociati.
 
“Ciao…“ balbettò, cercando di riconnettersi con la realtà intorno a lui. “Bevete qualcosa o avete già bevuto abbastanza? Vi si sentiva ridere anche laggiù.”
 
“Ah, se solo sapessi le ragioni per le quali ridiamo…” Sanae alzò un sopracciglio con uno sguardo malizioso, lasciando intendere che l’argomento era tabù.
 
“Non credo di volerne sapere nulla…” rispose, facendole l’occhiolino. “Vi lascio alle vostre confidenze.”
 
“Posso contare su un ballo con il portiere della nazionale o rischio che la rossa mi faccia lo sgambetto?”
 
Genzo rise di gusto. “Non rischi nulla Nakazawa. Il primo ballo sarà sicuramente per te.”

Yayoi lo fissò, incapace di distogliere lo sguardo dal suo lato B scultoreo, mentre si allontanava per raggiungere Tsubasa.

“Credo di dovermi fumare una sigaretta… Sta arrivando Yoshiko, ti lascio con lei.”


Sanae si allungò verso il cameriere mostrando il pass, chiedendo che tutto venisse addebitato sulla sua camera.
 
“Tutto a posto, signora. Ci ha pensato Mister Wakabayashi."
 
***
 
Yoshiko prese posto vicino a Sanae. Con l’iPhone alla mano stava consultando il calendario del mese di dicembre.
“Ho visto che a dicembre ci sono due incontri per la nazionale, quindi rientreranno tutti in Giappone. Che ne dite del 7 dicembre?”
 
“Perfetto. È pure il compleanno di Genzo…”
 
“Ottimo! Così festeggiamo anche lui con noi.”
 
“No, per carità! Se gli diciamo questa cosa non ci viene alla festa. Dobbiamo farlo di nascosto. Tipo festa a sorpresa…  “
 
Yoshiko la fissò perplessa. 
 
“Okay,” acconsentì. ”Mi fido di te!”
 
“Nessun problema, Wakabayashi ci sarà!”
 
 
***
 
 
Kojiro stava scendendo con l’ascensore panoramico. Era salito in terrazza per trovare un angolo silenzioso per chiamare casa. Varcò la grande porta del salone raggiungendo Ken, Hikaru, Taro e altri compagni che stavano schiamazzando allegramente, passandosi di mano in mano bottiglie ormai vuote di Champagne.
 
“Rientri a Torino o vai direttamente in Giappone?”
 
Hikaru gli allungò una flûte dal gambo lungo che Kojiro rifiutò. Avrebbe preferito mille volte una lattina di coca cola al posto di quelle bollicine giallo paglierino.
 
“Torno a casa. C’è il compleanno della piccola, facciamo grande festa.”
 
Wakashimazu sbuffò.
 
“Quando smetterai di chiamarla piccola… quanti anni compie Naoko? Scommetto che se l’avessi portata a questa festa, l’unico che poteva ancora pensare che è piccola sei tu!”
 
“Diciotto. È piccola. E comunque nessuno di quelli qui presenti deve rivolgere la parola a mia sorella. Non ce n’è assolutamente bisogno. È troppo intelligente per un gruppo di maschi che corrono dietro ad un pallone!”
 
“Mamma mia… “ Hikaru intervenne con un’espressione a metà tra il basito e l’incredulo. “Quando smetterai di tenerla sotto la campana di vetro?”
 
“Mai…  ha talmente la testa tra le nuvole che se non la tengo d’occhio chissà che combina.”
 
“È un sacco che non la vedo alle nostre partite in effetti. Almeno un paio d’anni!” intervenne Misaki alle spalle di Matsuyama. “Fammi vedere una sua foto Hyuga… forse non la riconoscerei più.”
 
“La riconosceresti, è sempre uguale. E comunque non ho una sua foto.”
 
Ken, dietro di lui, scosse la testa da destra e sinistra per negare decisamente con un sorriso a trentadue denti stampato in viso.
 
"Misaki, se il tuo ricordo di Naoko risale ai tempi delle scuole medie, dimentica. Credimi, la Naoko di oggi non ha nulla a che vedere con la bambina coi codini che veniva a vedere il suo fratellone!”
 
“Viene ancora a vedere il suo fratellone…”
 
“Sì, certo, però magari le interessano i compagni di squadra di suo fratello più di suo fratello” buttò lì Hikaru prendendosi gioco di lui. La battuta gli valse uno scappellotto in testa da parte di Hyuga.
 
“Siete veramente due coglioni!”
 
 
Hyuga si allontanò raggiungendo Maki che, fasciata in un abito bianco che ne esaltava la pelle abbronzata, gironzolava intorno al buffet dei dolci. 
 
“Ce ne andiamo in camera?”
 
“La festa è appena iniziata, Kojiro… Non vedo Yoshiko, Sanae e Yayoi da un sacco! E poi voglio finire questo favoloso champagne e assaggiare tutte le cose buonissime che ci sono su quel buffet. Stanno per portare dei sorbetti al lampone e yuzu, lo sai che lo adoro!”
 
“Io non vedo l’ora di togliermi questa cravatta e la giacca. Mi sembra di soffocare, ma soprattutto…“ la voce roca e la bocca a pochi millimetri dal suo orecchio, “non vedo l’ora di toglierti quel vestito, Akamine. Il sorbetto ce lo possiamo anche portare in camera e mangiarcelo a letto. Io lo mangerei molto volentieri leccandolo dalla tua schiena…”
 
Con la mente già offuscata dal desiderio, Maki lo afferrò per il bavero della giacca, avvicinandosi al suo viso: “Dammi il tempo di salutare le ragazze…”
 
Vennero raggiunti da Wakashimazu.
 
“Maki, devi impegnarti per bene stasera per far passare la luna nera a Kojiro!” 
 
“Perché?”
 
“Hanno appena osato nominare la piccola Naoko!”
 
Maki scoppiò in una risata argentina. 
 
“Uff… quando si parla di Naoko, non c’è niente che io possa fare per risollevare il suo umore. Lo sai Ken, nessun uomo sarà mai all’altezza della sua piccolina.”
 
Kojiro brontolò qualcosa di incomprensibile alla volta della fidanzata e del portiere.
 
“Di sicuro nessuno degli uomini qui presenti…”
 
“Prima di ritirarci nella nostra camera, potremmo fare un ballo?” Maki gli passò le mani intorno al collo fissandolo con occhi languidi.
 
“Un ballo? Guarda che hai bevuto troppo… io non ballo. E nemmeno tu da quel che ricordo.”

“Potrei chiederlo a Wakabayashi di farmi ballare. Sta facendo ballare tutte le donne della nazionale e tra le sue braccia sembrano tutte delle leggiadre Miyako Yoshida. La moglie di Ozora, quella di Ishizaki, secondo me ce ne sono almeno altre dieci in lista…”
 
“Col cazzo che balli con lui. Chiedi a Jito di farti ballare. È un gran ballerino, lo sanno tutti.”
 
“Sei veramente odioso, Hyuga."
 
 
***
 
 
Genzo e la ragazza dai capelli rossi erano in mezzo alla pista. Le luci erano state abbassate e l’orchestra aveva iniziato a suonare un po’ di musica. Una gradevole melodia aleggiava nell’aria, coprendo il chiacchiericcio confuso.
 
Fingeva di ascoltare interessato il resoconto dettagliato sul servizio fotografico fatto a Dubai, ma la sua attenzione era completamente calamitata dalla coppia che, tenendosi per mano, stava raggiungendo il centro della pista. Si fermarono a pochi passi da loro. 
 
“Wakabayashi, hai passato più tempo in pista tu di tutti noi messi insieme!” 
 
Misugi aveva parlato in inglese per permettere anche alla compagna del portiere di capire. La ragazza infatti gli sorrise, sbattendo le lunghe ciglia.
 
Genzo aveva accuratamente evitato di incrociare di nuovo gli occhi di Yayoi che, grazie a dio, in quel momento gli volgeva le spalle. La mano di Jun era morbidamente appoggiata nel mezzo della sua schiena, i polpastrelli delle dita sfioravano la porzione di pelle nuda. Lo sguardo del portiere cadde sull’invisibile cerniera che chiudeva il vestito di seta, riempiendo la sua testa di pensieri inappropriati.
 
“Sono stanco di ballare. Beviamo qualcosa?”
 
Si era staccato da Christel, tentando di allentare il colletto della camicia che improvvisamente gli sembrava troppo stretto. La ragazza annuì seguendolo fuori dalla pista.
 
 
***
 
 
La superficie del mare, in prossimità della battigia, era lambita da onde luminose che sembravano riflettere le stelle del cielo. La maggior parte degli ospiti aveva lasciato la spiaggia, ormai quasi deserta, ritirandosi all’interno. La musica taceva e il silenzio era rotto solo dalle onde che si infrangevano contro gli scogli.
 
Tsubasa, Sanae, Taro e Genzo si erano riparati dalla leggera brezza notturna sotto uno dei gazebi in riva al mare.
 
“Ho il volo prestissimo domani mattina, vi saluto ora. Quindi, noi ci vediamo a Barcellona per il compleanno di Sanae, vero?” chiese il portiere.
 
“Quando?”
 
“Come quando, Tsubasa!" Taro alzò gli occhi al cielo. 
 
"Lo so quand’è il compleanno di mia moglie” si difese il capitano, guardando Anego che aveva già portato le mani sui fianchi.
 
“Volevo solo sapere quando voi due intendete venire per festeggiarlo con noi. Io ho già organizzato tutto per il nostro festeggiamento privato,” così dicendo abbracciò la moglie da dietro lasciandole una scia di piccolissimi baci sulla spalla nuda. “E sarà una serata super speciale.”
 
“Mmm… sarà vero?“ Sanae ammiccò in direzione degli amici, tentando di reprimere le risa per il solletico che le labbra di Tsubasa esercitavano sul suo collo.
 
“Ragazzi, segnate già in agenda la festa per il fidanzamento di Hikaru e Yoshiko.”
 
“Io non ci vengo” sbuffò il portiere svuotando con un lungo sorso il calice che aveva in mano. “Partecipare al matrimonio mi sembra sufficiente.”
 
“Tu ci vieni eccome!” ribatté Sanae puntandogli un dito nel petto. “A costo di venire a prenderti ad Amburgo. Vedrai, ti divertirai un mondo a quella festa e mi ringrazierai. Per sempre, Genzo.”
 
Il portiere fece una specie di ghigno, scuotendo la testa: dirle di no era impossibile per lui. Si alzò, seguito da Taro: salutarono i coniugi Ozora, dirigendosi poi verso la sala interna. 
 
 
***
 
 
Tsubasa afferrò la mano di Sanae. “Ci facciamo una passeggiata al chiaro di luna prima di salire in camera?"
 
Tenendosi per mano, si diressero verso il mare. Senza sciogliere le dita dall’intreccio con le sue, Tsubasa l’aiutò a sistemarsi sulle spalle la giacca che si era appena sfilato.  
 
“Copriti, l’aria che sale dal mare a quest'ora è fresca.”
 
“Pensi sempre a tutto, capitano, eh?”
 
Passeggiarono fino al confine della proprietà dell’hotel, senza parlare.
 
“Sanae, stavo pensando a una cosa.”
 
Sanae si fermò, girandosi verso di lui con uno sguardo interrogativo, perdendosi, come le succedeva ogni volta, nella purezza delle sfumature argentate di quegli occhi.
 
“Che succede, Tsubasa?”
 
“Non mi sono dimenticato il tuo compleanno…” asserì in leggero imbarazzo, portandosi una mano dietro la nuca.
 
“Lo so non preoccuparti, non l’ho pensato.”
 
“Genzo e Taro lo hanno pensato… loro ti difendono sempre” bofonchiò.
 
Una risata sincera le risalì la gola, riempiendo l’aria e rompendo il silenzio della notte. Tsubasa pensò che quel suono, il suono di quella voce, di quella risata fossero la colonna sonora perfetta della sua vita. 
 
“È questo che volevi dirmi, capitano?“ sciolse l'intreccio di dita, passandogli le mani dietro al collo, avvicinando la fronte a quella del marito.
 
“Che sei geloso di Genzo e Taro?” ridacchiò mordicchiandogli il mento.
 
“No, cioè sì, un po’ sono geloso di Genzo e di Taro, ma non è questo che volevo dirti” appoggiò le mani sui suoi fianchi tirandosela vicina “Sanae, facciamo un bambino?”



***
 
Era un'idea nata per il Writober, ma gli impegni lavorativi mi hanno impedito di partecipare con costanza e ho abbandonato il progetto.
Ma qualcuno mi ha detto che non si butta niente di quello che si scrive “tieni lì che magari viene buono”. E così è stato: ho rimescolato gli ingredienti e ne è uscita questa leggerissima one-shot. Che non potevo non pubblicare oggi: il giorno del compleanno di Genzo, quando tutto è iniziato.
 
Un abbraccio,
Sally!
   
 
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