Il giogo
della paura
Il mondo lo reclama a gran voce mentre la minaccia di Gellert avanza, condensandosi in nubi di pece sempre più prossime, sempre più soffocanti.
Ma l'unica voce che Albus ascolta
davvero è quella di Ariana che grida e piange in ogni suo
incubo –
è stata colpa tua, solo colpa tua – mentre
le lacrime bruciano nelle cavità nere dei suoi occhi e i
vermi
strisciano sulla sua pelle di cera.
Ogni
esitazione è una concessione al diavolo che continua a
tenerlo
ingabbiato tra le sue fauci, l'ennesima scelta sbagliata, una
vigliaccheria che si accumula seppellendo sempre più a fondo
l'onore.
Fino
alla notte in cui Ariana, stanca di tormentarlo, si presenta da lui
con la pelle florida che splende al sole di agosto, gli occhi che
bruciano di nera pece e la voce che striscia nell'aria in un sussurro
sporco di rabbia – non più voce di bambina, ma di
donna che non è
mai stata e non sarà mai.
Vendicami.
Albus si risveglia con le dita già
strette intorno all'impugnatura della bacchetta, finalmente libero
dal giogo della vergogna e dalla paura; sua sorella gli ha restituito
il coraggio e ora tocca a lui restituirle giustizia.