Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lina Lee    09/12/2023    0 recensioni
Storia partecipante al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna.
One shot ambientata dopo la fine della guerra, quando ancora i sopravvissuti vivono nelle tende.
Delle semplici ciambelle portano la mente di Jean indietro nel tempo, a un ricordo lontano legato a Marco.
[coppie JeanRei - JeanMarco][post fine anime/manga, possibilità di spoiler per chi non ha visto l'ultimo episodio o non ha concluso il manga]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Reiner Braun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Another life, another chance'
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Prompt giorno 9 Dicembre: Ricordo


È iniziata una nuova giornata da quando la marcia dei Colossali è stata arrestata, da quando Eren è morto. Jean esce dalla tenda che condivide con Reiner, si è preparato per primo e ora si volta a osservare le file di tende, i sopravvissuti che lentamente incominciano una nuova giornata.
Il Capitano Levi si è alzato ancor prima di lui e, come ogni giorno da quando stanno ricevendo gli aiuti da Hizuru, raccoglie accanto a sé i bambini sopravvissuti per donare loro dei dolcetti e delle caramelle, per alleviare il carico di sofferenza che la guerra ormai conclusa ha lasciato sulle loro fragili spalle.
È un attimo.
Jean vede alcune ciambelle nelle mani dei bambini e la sua mente si inceppa, il suo cuore perde un battito, e la memoria gli gioca un brutto scherzo ricordandogli il passato, ricordandogli qualcosa che pensava fosse sopito.
Marco.


 
Era stata un'impresa ardua rubare delle ciambelle dall'ufficio dell'istruttore capo Shadis, ma grazie all'aiuto provvidenziale di Bertholdt e Reiner, Jean vi era riuscito. Lasciate due ciambelle ai compagni di addestramento per ringraziarli dell'aiuto, il castano era letteralmente scappato via; aveva bisogno di quei dolci per fare pace con Marco, e ora che li aveva ottenuti non poteva perdere altro tempo prezioso.
Jean corse fuori dal caseggiato che ospitava le reclute, fermandosi solo qualche istante nel momento in cui l'aria frizzantina della sera lo raggiunse, arruffandogli i capelli e facendolo rabbrividire. L'arrivo dell'Autunno aveva accorciato le giornate, l'oscurità della sera li raggiungeva molto prima, e l'aria non era più calda e piacevole come in Estate.
Sospirando Jean si diresse a passo svelto verso le scuderie, Marco aveva l'abitudine di rintanarsi lì quando aveva bisogno di starsene da solo. Il castano era l'unico che lo sapesse, ed era anche l'unico che potesse raggiungerlo in qualsiasi momento, foss'anche per chiedergli scusa, come quella sera.
Jean svoltò l'angolo della struttura adibita ai cavalli, la scatola con le ciambelle stretta tra le mani, e se lo trovò davanti, seduto per terra, la schiena e la testa poggiate al muro della scuderia, gli occhi chiusi. Il castano era sicuro che l'altro lo avesse sentito arrivare, il rumore delle foglie secche che aveva calpestato nella foga di raggiungerlo avrebbero potuto attirare l'attenzione di chiunque. Sapeva però altrettanto bene che finché non si fossero chiariti Marco avrebbe ostinatamente fatto finta di nulla, e in un angolo recondito della sua mente Jean sapeva quanto avesse ragione. Era stato lui a sbagliare, era lui che doveva rimediare e parlare per primo.
Lentamente Jean gli si avvicinò e si sedette accanto al moro, la scatola tenuta momentaneamente in grembo, lo sguardo rivolto davanti a sé.
«Mi dispiace» esordì, non senza che il suo orgoglio lo pungolasse in maniera fastidiosa.
Marco rimase ancora in silenzio, apparentemente addormentato.
Jean sbuffò a quell'assenza di reazione e si voltò di scatto, poggiandogli, forse con un po' troppa forza, la scatola sulle gambe, cosa che fece sobbalzare il poveretto.
«Ti chiedo scusa, ho sbagliato, lo ammetto, ma smettila di non parlarmi, questa cosa mi fa star male» ammise, la voce dapprima fin troppo alta, ma poi progressivamente ridotta a un sussurro.
Marco, lasciando momentaneamente perdere la scatola che si era ritrovato sulle gambe, si voltò verso il suo interlocutore, sollevando una mano e carezzandogli una guancia.
«Quante volte ti ho detto di lasciar perdere Eren? Quante volte ti ho detto di evitare discussioni inutili?» chiese, in quelle che apparivano a tutti gli effetti delle domande retoriche.
Jean socchiuse gli occhi, godendosi la carezza nemmeno fosse un micio a cui stessero facendo le coccole.
«Lo sai, ha visto morire la madre davanti ai suoi occhi, si è salvato per miracolo, è normale che abbia tutta quella rabbia in corpo» proseguì Marco, mentre il compagno sospirava.
«Tanta è la rabbia dentro di lui, tanta è la paura dentro di te» gli fece notare ancora, portando Jean a mordersi un labbro infastidito.
«Quel suo modo di fare, quella sua rabbia, mi fanno impazzire... A volte credo che mi facciano più paura le sue reazioni degli stessi Giganti!» ribatté il castano, e questa volta fu il turno di Marco di sospirare.
«Ognuno ha il suo modo di reagire alle avversità della vita e di sopravvivere, non dimenticarlo, intesi?» lo ammonì il moro, pizzicandogli la guancia, ma col sorriso.
«Quindi sono perdonato?» chiese Jean speranzoso, mentre Marco scuoteva il capo fintamente sconsolato.
«Tu riuscirai sempre a trovare un modo per farti perdonare, mentre io non sarò mai in grado di rimanere davvero adirato con te per troppo tempo» ammise, per poi spostare l'attenzione sulla scatola.
«Cosa contiene?» chiese, e subito il viso di Jean si illuminò di soddisfazione.
«Delle ciambelle per rendere più dolci le mie scuse» rispose il castano, un sorriso fiero sulle labbra.
«Le ho gentilmente recuperate dall'ufficio di Shadis con l'aiuto di Reiner e Bertholdt, a cui-»
«Cosa?? Lo sai che se vi scopre saranno guai?» lo interruppe Marco, la voce improvvisamente troppo alta, mentre l'altro sembrava fin troppo tranquillo.
«Non preoccuparti, non ci scoprirà, vedrai» lo rassicurò, per poi aprire la scatola dove si trovavano quattro ciambelle dall'aspetto delizioso.
«Erano sei, ma due le ho lasciate a Reiner e Bertholdt, mi sembrava il minimo visto che mi hanno aiutato» spiegò, mentre Marco prendeva a dividere a metà ogni ciambella.
«Sembrano di quattro gusti diversi, in questo modo possiamo assaggiarle tutte entrambi» spiegò a Jean, che lo stava osservando senza capire, e che dopo quelle parole sorrise e poggiò un braccio sulle spalle del moro, attirandolo a sé e lasciandogli un bacio casto sulle labbra.
«Grazie per l'aiuto che mi dai, per la pazienza che hai con me e per il fatto che mi stai sempre accanto» gli sussurrò Jean, le guance arrossate per l'imbarazzo, mentre permetteva a Marco di sedersi tra le sue gambe in maniera da rimanere più vicini e scaldarsi a vicenda.
Il moro sorrise con dolcezza, avvicinando metà ciambella alle labbra del compagno, godendosi il dolce e la compagnia, il vento frizzante e le coccole che, sapeva, facevano star bene entrambi.




Quel ricordo lo sta facendo impazzire, il suo corpo trema e Jean ha l'impulso di portarsi le mani alle orecchie, come ogni volta che panico e dolore lo invadono, ma qualcuno lo precede.
Reiner sta uscendo dalla tenda quando si ritrova Jean davanti agli occhi, lo vede tremare e capisce subito che c'è qualcosa che non va, per quanto non sappia cosa. Si muove immediatamente, prima che sia troppo tardi, e porta le proprie mani sulle orecchie del più piccolo, un gesto che gli ha visto fare da quando hanno deciso di combattere fianco a fianco contro Eren, un gesto che prima, quando erano cadetti, non era mai esistito.
«Jean, cerca di stare calmo, va tutto bene». Reiner gli parla rimanendogli alle spalle, il tono di voce basso e pacato perché non vuole che qualcuno lo senta, ma soprattutto non vuole che qualcuno veda Jean in quelle condizioni.
Il più piccolo gli artiglia le mani, le graffia ma non le allontana. Reiner non dice nulla, accetta tutto e attende con pazienza.
Quando, dopo lunghissimi minuti, finalmente Jean lascia le mani del biondo, ha recuperato buona parte del controllo su se stesso; il più grande lo sa e a sua volta allontana le proprie mani.
«Sto bene» si limita a dire Jean, e lentamente si allontana dalla tenda per dedicarsi ai compiti che lo attendono durante quella giornata.
Reiner lo osserva allontanarsi, sembra stare bene ma sa che non è del tutto vero, il suo modo di camminare non è sicuro come sempre. Vorrebbe tenerlo d'occhio ma non può, quel giorno hanno compiti separati e probabilmente si rivedranno solo la sera.
Voltandosi nella direzione opposta Reiner spera che qualsiasi cosa abbia turbato la mente di Jean, quest'ultimo sia abbastanza forte da sopportare e andare avanti, come ha sempre fatto, proprio come allora.
  
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