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Autore: mercury_witch    14/12/2023    0 recensioni
«Ad ogni modo, benvenuto in Europa, Matthew»
Gilbert sollevò il bicchiere ed il ragazzo fece lo stesso, come se la sua voce lo avesse fatto uscire da un’ipnosi.
«Grazie, monsieur»
«Per te è Gilbert»
Il prussiano fece l’occhiolino, colpendo lievemente il bicchiere di Matthew, il quale si affrettò a vuotarne il contenuto per nascondere il proprio imbarazzo.
[Prussia x Canada AU!Storica]
Genere: Malinconico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Canada/Matthew Williams, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mentre la carrozza viaggiava lungo le strade sterrate della campagna francese, Matthew si godeva la vista attorno a sé: enormi campi colorati, villette dalla piacevole architettura intricata, contadini che sonnecchiavano sotto agli alberi e piccole nuvole che si spostavano lente nel vasto azzurro del cielo, il tutto accarezzato da un pigro venticello primaverile.
Matthew si stava già assopendo, cullato dal dolce movimento della carrozza, quando il rumore degli zoccoli cessò e le ruote si fermarono. Ad accoglierlo, davanti al portone azzurro della villa si trovava suo zio Francis, il quale, vedendolo arrivare, non riuscì a trattenere un largo sorriso.
«Matthew! Quanto sono felice di vederti»
«Lo sono anche io, zio»
Lo zio gli baciò entrambe le guance invitandolo ad entrare, mentre la servitù accorreva per scaricare i bagagli del nuovo arrivato.
«Da quando ho ricevuto la lettera della mia cara sorella non faccio altro che aspettarti. Spero che il viaggio non sia stato troppo tedioso»
«È stato lungo ma piacevole»
Mentì il ragazzo che per giungere nel Vecchio Mondo dal Canada aveva dovuto passare un infinito mese sul mare.
«L’ultima volta che ti ho visto eri un bambino con le guance rosse e i riccioli dorati. Io lo dicevo a tua madre che il freddo del Canada non faceva bene, ma lei è sempre stata testarda»
«Il freddo non è così terribile, e la neve è quasi romantica quando ricopre le strade e i tetti delle case»
«Effettivamente è un luogo incantevole, sono passati troppi anni dalla mia ultima visita. Ma dimmi, cosa ne pensi della Francia?»
«È una terra meravigliosa, la immaginavo diversa, inoltre non vedo l’ora di andare a Parigi»
Francis gli rivolse un sorriso soddisfatto, conducendolo nel giardino posteriore.
«Spero tu non sia troppo stanco, stavo per bere qualcosa prima di cena»
Matthew guardò meravigliato il lungo tavolo sulla quale si trovavano vino, frutta, formaggi e altre leccornie, mentre delle colonne in marmo sorreggevano una struttura in ferro dipinta di bianco, sulla quale si avvolgeva l’edera.
Francis fece segno a Matthew di seguirlo, mentre una cameriera dalla cuffia bianca si affrettava a riempire i loro calici di vino.
«Desideravo accoglierti come si deve»
«Non dovevate disturbarvi tanto»
«Via, quale disturbo! Il mio unico nipote attraversa il mondo intero per venire a trovarmi, è magnifico! In verità la governante mi ha dissuaso dal dare una grande festa»
Sospirò leggermente l’uomo. Matthew arrossì; non era abituato ad essere al centro dell’attenzione. Fin da piccolo era stato cresciuto con la rigida mentalità anglosassone del padre, il quale riteneva lavoro, studio e dedizione i capisaldi della società, mentre sua madre, nata in Francia, era più incline all’arte, l’affetto e lo svago. Matthew crebbe attingendo da entrambi i genitori, i quali si rivelarono sorpresi quand’egli confessò loro il desiderio di voler studiare giurisprudenza a Parigi. Così contattarono il fratello di lei, un proprietario terriero la cui famiglia era riuscita a mantenere la nobile testa attaccata al collo, ed egli rispose che sarebbe stato entusiasta di avere Matthew come suo ospite, offrendosi inoltre volontario per pagare l’affitto di un piccolo appartamento a Parigi. 
«Ma non credere che sia finita qui, prima che tu inizi gli studi intendo portarti a teatro, in barca, nei musei, ai ricevimenti e in qualsiasi luogo tu possa respirare appieno la vitalità francese»
«Ne sarei molto contento»
L’entusiasmo dello zio era travolgente, e per ogni risposta che gli dava il giovane canadese lui proponeva un brindisi; così facendo, prima di cena avevano già brindato all’inizio degli studi di Matthew, all’arrivo dell’estate, alla Francia, al Canada, al vino e a quel delizioso formaggio il cui odore ancora sconcertava Matthew. I due non si alzarono dal tavolo fino a quando il sole non lasciò il posto al buio serale e le cameriere non ebbero portato via anche i piatti vuoti rimasti dalla cena. 
«Siete troppo gentile con me»
Disse Matthew con un sorriso accentuato dal vino, mentre rifiutava l’ennesimo dessert proposto dal francese.
«Suvvia, lasciati viziare un po’! Non ho figli e le canaglie che vengono a trovarmi sono tutti amici di vecchia data, mentre tu, caro Matthew, sei sangue del mio sangue! Giovane e affascinante, proprio come me alla tua età»
Annuì Francis facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi, mentre Matthew ridacchiava.
«Ascolta i miei consigli e qui diventerai re»
Continuò l’uomo con fare solenne.
«Forse è meglio di no, i re ultimamente non se la passano bene da queste parti»
Il canadese scoppiò a ridere e qualche tempo dopo, stanco dal viaggio e con la pancia piena, si congedò, ritirandosi nella camera che la servitù aveva appositamente sistemato per lui. Mentre si svestiva, Matthew guardò fuori dalla finestra i campi venir nascosti dalla notte ed il cielo cospargersi di stelle. Una parte di sé provava una sconfinata malinconia verso la sua casa in Canada e i suoi genitori, ma sentiva che doveva studiare in Francia, come se un lato di lui bramasse le origini di sua madre, attraendolo come un magnete verso un’incognita familiare. 
Matthew tolse gli occhiali e si infilò nel letto. Non fece neanche in tempo a rimuginare sulla giornata che i suoi occhi si chiusero per la stanchezza.

Dopo maggio arrivò giugno e poi luglio e Matthew passava le giornate con il suo instancabile zio, il quale, mantenendo la parola data, lo aveva portato a teatro, in barca, nei musei e ai ricevimenti, presentandolo alla piccola nobiltà e alla ricca borghesia come una sorta di figlio prodigio. 
Il ragazzo si era sentito rivolgere domande assurde su di lui, sulla sua famiglia e soprattutto sulla sua terra: «Ho sentito dire che le terre del Canada non sono altro che un’enorme distesa di ghiaccio e neve, è vero?» «Monsieur è vero che nei boschi canadesi vivono creature straordinarie, umane di giorno e animali di notte?» «Non oso immaginare come facciate a sopravvivere in quelle case fatte di ghiaccio: capisco perché abbiate deciso di trasferirvi in Francia» a nessuno, tranne Francis, il quale non cessava di vantarsi a gran voce del nipote, interessava del fatto che Matthew fosse stato ammesso all’università con il massimo dei voti, che conoscesse perfettamente l’inglese o che nel tempo libero si dilettava scrivendo poesie. Così, per quanto adorasse passare il tempo con lo zio, sopportava a fatica di venir trascinato agli eventi di gala nel cuore di Parigi.

Una sera, Francis lo stava portando -di nuovo- ad una serata elegante, a casa di una qualche dama ricca, colta e di buona famiglia, come tutte, del resto. 
«Vedrai Matthew, questa serata sarà speciale»
«Certamente, zio»
Disse il ragazzo, sforzandosi di sorridere.
«Finalmente ti presenterò uno dei miei più cari amici, un prussiano»
Matthew non riuscì a trattenere un sospiro: da quando viveva a casa dello zio, egli era riuscito a presentargli un numero incredibile di persone, confermando che ognuno di loro fosse un suo carissimo amico, e dal modo in cui Francis abbracciava, baciava e chiacchierava affabilmente con chiunque, Matthew aveva quasi creduto che fossero veramente suoi amici.
«Suvvia, non fare quella faccia Mattie! Io e Gilbert ci conosciamo da tutta la vita, siamo quasi fratelli»
«È un nobile?»
«In un certo senso sì, la sua famiglia ha origini nobiliari, ma lui ha l’animo del guerriero»
Matthew provò ad immaginare che aspetto potesse avere l’amico dello zio, ma almeno non sembrava appartenere alla categoria dei pomposi incipriati che faticava a sopportare. 

Finalmente la carrozza si fermò e nipote e zio vennero accolti dalla padrona di casa. Matthew sembrò fare colpo piuttosto in fretta sulla signora, ponendole domande intelligenti e meravigliandola con i suoi modi gentili e un po’ timidi.
«Francis vostro nipote è incantevole! E un tale bel giovanotto.
Siete fidanzato?»
«No, madame»
«Sapete, ho una nipote in Borgogna che sta cercando marito, una fanciulla splendida e intelligente»
Matthew sorrise ascoltando gentilmente le parole della signora, mentre dentro di sé avrebbe voluto scappare: parlare di ragazze e di matrimonio lo aveva sempre messo a disagio, ed in parte si era convinto di non essere tipo da corteggiamento e vita coniugale. 
«Madame, sono certo che Mattie non vede l’ora di conoscere la vostra adorabile nipote»
Esordì Francis, stringendo affettuosamente le spalle del canadese.
«Ma ritengo sia meglio parlarne con la ragazza presente, magari dinanzi ad una tavola imbandita e dell’ottimo vino»
«Certamente monsieur, ogni cosa a suo tempo. Voi, intanto, cercate di non fidanzarvi troppo presto»
I tre risero e la padrona di casa li abbandonò, scusandosi, poiché un qualche signore importante chiedeva di lei.
«Non so se riuscirò ad arrivare alla fine della serata»
Mormorò Matthew approfittando di essere solo con lo zio.
«Sciocchezze! Vedrai che...»
«Francis!»
Una voce rauca, dal forte accento tedesco riecheggiò nel salone e un uomo, senza troppe cerimonie, corse ad abbracciare il francese tra gli sguardi attoniti degli invitati.
«Gilbert!»
Esclamò Francis, cingendo in un abbraccio l’uomo, ignorando completamente qualsiasi tipo di etichette da rispettare ad una festa dell’alta società.
«Meno male che sei arrivato, iniziavo ad annoiarmi in mezzo a tutti questi damerini incipriati»
Matthew non riuscì a nascondere una piccola risata.
«E tu saresti?»
«Matthew Williams»
«È mio nipote, venuto a trovarmi dal Canada. In autunno inizierà a studiare legge a Parigi»
Disse eccitato Francis, il quale non vedeva l’ora di presentare Matthew.
«Legge uh? Niente male. Il mio nome è Gilbert Beilschmidt, direttamente dalla magnifica Prussia»
I due si strinsero la mano e Matthew si rese conto di stare fissando il prussiano, obbligandosi ad abbassare lo sguardo. L’uomo aveva corti capelli biondi, così chiari da sembrare bianchi, occhi di un intenso color cremisi, mai visto prima, mentre la stretta di mano fu vigorosa, in contrasto con la sua pelle chiara dall’aria delicata. Nonostante si trovasse ad una festa elegante, i suoi abiti erano molto semplici: la giacca nera, abbottonata stretta sulla vita, lasciava intravedere una camicia bianca semplice, senza sbuffi in stoffa come invece portavano gli altri. I pantaloni lunghi erano infilati in spessi stivali scuri e il prussiano pareva pronto più per una parata militare che per un ricevimento, come sembravano indicare le medaglie al valore accuratamente impuntate al petto.
I suoi lineamenti erano duri, la mascella squadrata, le labbra fini ed il naso, che doveva essere stato rotto diversi anni fa, lo rendevano difficile da non osservare. 
In mezzo ai due uomini, Matthew si sentì ancora un bambino: i suoi diciotto anni non erano stati sufficienti per rendergli le guance meno soffici e lo sguardo più adulto.
«È un piacere, monsieur Beilschmidt»
«Chiamami pure Gilbert, ragazzo»
Disse il tedesco sorridendo e Matthew, improvvisamente, si sentì nervoso e impacciato davanti a quella dura bellezza teutonica. 
«Oh! Ma quella è mademoiselle Lambert! Signori, vogliate scusarmi per un istante; vado a salutare un’amica. Gilbert, ti affido il mio Mattie»
Detto questo, Francis si dileguò in direzione di una giovane donna che sembrava entusiasta di vederlo. “Ottimo” pensò Matthew “come se non mi sentissi abbastanza in imbarazzo”.
«Allora, che te ne pare di questo posto?»
«La Francia è splendida, il cibo ottimo e le persone cordiali»
«Persone cordiali? Sicuro che stiamo parlando dello stesso paese?»
Sghignazzò Gilbert gettando un’occhiata verso Francis, come ad assicurarsi che non lo avesse udito. 
«Questo è un covo di serpi pronte ad azzannarti appena abbassi le difese»
Matthew non riuscì a capire cosa intendesse, inoltre non riusciva a smettere di fissare quegli occhi scarlatti.
«Temo di non comprendere»
«Vedi tutte queste signorine incipriate? Sono deliziose, gentili e sorridenti, ma un loro semplice scambio di pettegolezzi può rovinare la carriera del burocrate, far arrestare un gendarme e screditare un giudice. Mentre gli uomini sono qui solo per dare un senso alle proprie giornate»
Gilbert scosse la testa con disappunto.
«Poveri noi, nessuno sa più come divertirsi ormai»
«Voi lo sapete?»
«Che cosa?»
Matthew si pentì di aver parlato, sentendo il cuore iniziare a battergli improvvisamente forte nel petto. 
Lo sguardo di fuoco dell’albino era puntato su di lui, il quale non era sicuro di riuscire a reggerne l’attenzione.
«Se sapete...come divertirvi»
«Certo che lo so!»
Rispose Gilbert scoppiando in una tonante risata.
«In Prussia non abbiamo bisogno di tutti questi inutili fronzoli. Vieni con me, hai tanto da imparare sulla cultura europea, ma per fortuna sei nelle mani migliori di tutte: le mie»
Detto questo il prussiano lo prese a braccetto e lo trascinò dall’altra parte del salone. Matthew dovette saltellare per riuscire a tenere il passo veloce e sicuro dell’altro, e in un qualche modo si sentiva piuttosto in imbarazzo per essere così vicino a lui.
«Tsk...questi damerini francesi bevono solo champagne e vino, neanche un po’ di birra»
Gilbert lasciò il braccio del ragazzo, iniziando a cercare con lo sguardo qualcosa in mezzo alla tavola piena di calici, e Matthew non ebbe il tempo di respirare che l’altro gli aveva già piazzato un bicchiere in mano.
«Andiamo via da qui»
Mormorò improvvisamente l’albino al suo orecchio, facendogli provare un brivido lungo la schiena che rischiò di fargli cadere il bicchiere di mano. La sensazione del suo alito caldo sull’orecchio e del suo viso tanto vicino gli avevano scaturito emozioni nuove, mai provate, a cui Matthew non era in grado di dare un nome. 
Probabilmente il canadese sarebbe rimasto immobile in quel punto per tutta la notte se Gilbert non lo avesse ripreso sotto braccio, trascinandolo fuori dalla sala. Dopo aver imboccato un corridoio e poi una stanza, Matthew tirò un sospiro di sollievo quando la fresca aria notturna gli accarezzò il viso e i due si ritrovarono in balcone. 
«Questo, ricorda, è il luogo più importante di una casa»
«Come mai?»
«Francis ti direbbe perché qui puoi portare il tuo partner senza essere visto»
Il canadese sgranò gli occhi arrossendo vistosamente, e quella reazione fece ridere il prussiano.
«Non preoccuparti, ti ho portato qui perché è un luogo tranquillo, lontano dagli occhi infidi della nobiltà. Francis ti ha lanciato nella mischia per farti abituare a questa gente, ma tu vieni da lontano, è meglio se non diventi come loro»
I due si guardarono per un attimo in silenzio e Matthew si sentii strano davanti a quei lineamenti tanto belli quanto austeri, come se qualsiasi cosa avesse detto o fatto non sarebbe stata in grado di pareggiare il livello dell’altro. Ma Gilbert era gentile, e i suoi sorrisi addolcivano il suo sguardo di fuoco e facevano sembrare al canadese che il cuore gli si fosse raddoppiato nel petto, tanto batteva forte. 
«Ad ogni modo, benvenuto in Europa, Matthew»
Gilbert sollevò il bicchiere ed il ragazzo fece lo stesso, come se la sua voce lo avesse fatto uscire da un’ipnosi.
«Grazie, monsieur»
«Per te è Gilbert»
Il prussiano fece l’occhiolino, colpendo lievemente il bicchiere di Matthew, il quale si affrettò a vuotarne il contenuto per nascondere il proprio imbarazzo.

«...era una trota di queste dimensioni, dico sul serio! Bahm! In piena faccia»
Gilbert si piegò in avanti dal ridere, portandosi una mano sullo stomaco. Matthew non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a raccontare le proprie storie di pesca ad un evento di gala, eppure eccolo lì, perfettamente a proprio agio senza sentirsi costretto ad intavolare discorsi su politica, filosofia o letteratura. Gilbert era un uomo colto ma semplice, rideva tanto e lo pregava di raccontargli altre storie, sgranando gli occhi come un bambino.
«Mein Gott, erano secoli che non mi divertivo tanto ad una festa pomposa»
Disse l’albino asciugandosi una lacrima al bordo dell’occhio.
I due avevano passato la serata insieme sul balcone; Gilbert era estremamente curioso e continuava a fare domande all’altro sul Canada, gonfiandosi poi di orgoglio quando era Matthew a chiedergli del paesaggio o del cibo tedesco, ma soprattutto avevano riso molto, e Matthew, da quando aveva messo piede in Francia, non si era mai divertito tanto.
«A tal proposito, una volta...»
Ma Gilbert venne interrotto da un leggero colpo di tosse. I due si voltarono e trovarono Francis, braccia incrociate, che li osservava con un’espressione che Matthew non gli aveva mai visto.
«Dunque eravate qui. Non è molto cortese sparire in questo modo, vi stavo cercando»
«Suvvia Francis, dai un po’ di tregua al ragazzo, e a me»
Disse Gilbert, raggiungendolo per mettergli un braccio attorno alle spalle. Quel gesto provocò uno strano fastidio allo stomaco di Matthew, come se non avesse voluto condividere le attenzioni del prussiano con nessun altro.
«Almeno avvertitemi la prossima volta»
Aggiunse Francis, guardando prima uno e poi l’altro.
«Torniamo a casa, domani abbiamo ospiti per pranzo»
Matthew annuì, facendo qualche passo verso Gilbert.
«È stato un piacere»
«Figurati, sei un tipo interessante»
Sorrise il prussiano stringendogli la mano. Matthew trattenne il fiato, come se quel contatto lo avesse fulminato. La mano pallida dell’albino era fredda e sicura,  mentre quella del canadese pareva piccola e fragile a suo confronto.
«È stata una serata piacevole»
Borbottò Matthew sistemandosi gli occhiali sul naso senza guardarlo, mentre suo zio si congedava a sua volta. 
Per la prima volta da quando Francis aveva iniziato a trascinarlo a questo genere di serata, Matthew non aveva voglia di tornare a casa. 
Guardò la villetta allontanarsi sempre di più dal finestrino della carrozza, mentre Francis gli raccontava svariati pettegolezzi sugli invitati.
«Ti senti bene, Mattie?»
«Sì, credo di essere solo un po’ stanco»
Rispose con tono tranquillo il canadese, lasciando tornare lo zio al suo fiume di chiacchiere, non potendo fare a meno di chiudere gli occhi.

Matthew scese la lunga scalinata in marmo, trovando un uomo ad attenderlo alla fine: Gilbert indossava la divisa da parata, con i bottoni in argento lucidati alla perfezione, gli stivali puliti ed il tricorno sotto il braccio. 
Si avvicinò al ragazzo, porgendogli la mano.
«Ti stavo aspettando, Matthew»
Quanto suonava bene il suo nome pronunciato con l’accento tedesco di Gilbert.
«Siamo in leggero ritardo»
«Ritardo? Ritardo per cosa?»
Matthew si lasciò aiutare a scendere gli ultimi gradini, cercando di capire cosa stesse succedendo.
«Sciocco, hai già dimenticato della nostra passeggiata?»
Improvvisamente il tedesco lo afferrò per la vita, tirando il corpo del canadese contro il suo.
«G-Gilbert...»
Balbettò Matthew posando le mani sul petto dell’altro, cercando di allontanare il viso dal suo. 
«Penso di essere inciampato»
Matthew cercò di giustificare la situazione, provando un brivido lungo la schiena quando l’albino gli prese il mento tra le dita.
«No, nessun errore. È qui che devi stare»
Mormorò Gilbert, mentre le loro labbra si stavano per sfiorare.

Matthew spalancò gli occhi, mettendosi a sedere nel letto. Il sole estivo penetrava pigramente nella stanza, illuminandone i mobili, e il ragazzo impiegò qualche istante per distinguere sogno e realtà. Inforcò gli occhiali e mentre si preparava per la colazione decise che avrebbe seppellito quel sogno nei meandri della propria memoria, tanta era stata la vergogna provata al risveglio. 

«Bonjour Mattie»
Lo salutò allegramente lo zio, ancora seduto a tavola con un libro in una mano e una tazza nell’altra. 
«Bonjour zio Francis»
«Hai dormito poco? Cielo! Non starò esagerando portandoti a tutti questi ricevimenti?»
«Non preoccupatevi, ho solo fatto un brutto sogno»
Matthew sorrise allo zio, cercando di tranquillizzarlo, mentre una domestica gli riempiva la tazza di tè.
Il canadese iniziò a sgranocchiare un croissant con aria assente.
In passato, come a tutti i giovani uomini, gli era capitato di sognare scene poco caste, ma mai in vita sua con un uomo, soprattutto un buon amico di suo zio. Forse Matthew doveva andare in chiesa? Confessarsi avrebbe alleviato il peso dal cuore del ragazzo? 
«Oggi non posso venire in paese»
La voce di Francis fece tornare Matthew alla realtà.
«Avevo detto che ti avrei accompagnato a comperare i libri per scuola, ma purtroppo un impegno urgente necessita della mia presenza altrove, spero non ti dispiaccia»
A giudicare dallo sguardo di Francis dispiaceva più a lui che al canadese, il quale rivolse un sorriso gentile allo zio.
«Vi siete preso cura di me fin’ora, non sarà un problema andare in paese da solo»
«Per farmi perdonare farò preparare qualcosa di delizioso al tuo ritorno»
I due si scambiarono un sorriso; la convivenza con lo zio era stata piacevole e Matthew provava un sincero affetto per quell’uomo e il suo buon cuore, ma al tempo stesso non vedeva l’ora di trasferirsi a Parigi.

Il paese più vicino alla villa di Francis non era particolarmente grande, ma aveva tutto ciò che serviva, tra cui una libreria ben fornita. Matthew rimase piacevolmente sorpreso nel trovare tutti i libri necessari per la scuola; temeva già di dover spendere gli ultimi giorni d’estate facendo avanti e indietro da Parigi. Matthew si stava incamminando verso la carrozza, quando una pesante mano gli calò sulla spalla.
«Buongiorno ragazzo, cosa ci fai qui?»
Per poco la borsa con i libri non scivolò dalle mani del canadese. Quelle parole e quell’accento tedesco lo colpirono come un martello. 
«Francis non è con te?»
«Bonjour monsieur Gilbert»
Matthew si girò velocemente, cercando di sorridere in modo naturale all’albino che torreggiava su di lui. I suoi abiti erano puliti e ordinati, eppure tanto semplici da non rendere giustizia al rango sociale del prussiano, i cui occhi di fuoco sembravano incenerire quelli azzurri di Matthew. 
«Mio zio ha avuto un impegno e non ha potuto accompagnarmi ad acquistare i libri per la scuola»
Matthew si sentì un bambino a pronunciare quelle parole, e probabilmente Gilbert condivideva il pensiero poiché gli rivolse un sorriso divertito.
«Cosa ci fate voi qui?»
«Tuo zio non te l’ha detto? Mi fermerò da lui per qualche giorno, ho appena restituito le chiavi alla locandiera»
Per poco le ginocchia di Matthew non cedettero.
«Vi…vi fermerete da mio zio…?»
«Esatto! Con la scusa che non ci vediamo mai il vecchio Francis mi ha convinto a rimanere per un po’ da lui. Ovviamente si tratta di pochi giorni; provo già nostalgia per la mia terra»
Matthew sapeva di essersi lasciato condizionare dal suo strano sogno, per questo motivo si sentiva nervoso in presenza di Gilbert, eppure egli non gli aveva fatto alcun male, anzi, finalmente aveva conosciuto qualcuno con cui aveva passato genuinamente una bella serata che non fosse suo zio.
«Ti senti bene ragazzo? Mi sembri un tantino pallido»
«Sto bene, grazie. Devo essere un po’ stanco dopo aver fatto acquisti, tutto qui»
«Allora permettimi di invitarti a pranzo! Mettere un boccone sotto ai denti può solo farti del bene»
Il ragazzo avrebbe voluto strappare le redini al cocchiere e guidare di corsa la carrozza fino a casa, ma non poteva rifiutare l’invito di Gilbert. Dannazione! Lasciarsi tormentare in quel modo da un sogno era deplorevole e Matthew gli stava decisamente dando troppa importanza. Passare del tempo insieme al tedesco lo avrebbe aiutato a placare le sue ansie, di questo ne era certo, ma una parte di sé continuava a ripetergli che sogni come quello hanno un significato che non è possibile ignorare, e ciò lo spaventava.

I due finirono per pranzare in una tavernetta semplice ma accogliente. I gusti di Gilbert erano molto spartani; se la carne fosse stata buona probabilmente l’avrebbe mangiata anche seduto sul pavimento. Era difficile per Matthew immaginare cosa potessero avere in comune uno come lui e suo zio, ma era ovvio quanto i due uomini fossero affezionati l’uno all’altro.
Durante il pranzo Matthew si rese conto di come, una volta superata l’ansia iniziale, fosse semplice parlare con Gilbert, e i due conversarono come se stessero riprendendo il discorso interrotto al ricevimento. 
«Dunque si avvicina il primo giorno di scuola»
Matthew annuì pulendosi la bocca con il pesante tovagliolo di stoffa.
«Immagino tu sia eccitato. Ricordo il mio primo giorno all’accademia militare come se fosse ieri»
«Come mai avete scelto l’accademia militare?»
Gilbert spalancò gli occhi cremisi, sporgendosi avanti con il busto.
«Scelto?»
Domandò, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
«Ragazzo mio, si vede che provieni da oltre il mare. Io non ho scelto proprio un bel niente. Mio padre mi ha spedito all’accademia militare»
«Perché?»
«Diceva che non ero bravo in nulla, ma che almeno, diventando un soldato, sarei stato utile al paese»
Matthew provò del dispiacere nei confronti di Gilbert: non riusciva ad immaginare come dovesse essere stato venir mandato nell’esercito da un padre così poco considerevole.
«Via ragazzo! Non guardarmi così. Mio padre aveva ragione! Ho fatto carriera e sto servendo la Prussia meglio di tanti altri. Sono negato per la musica, leggere mi annoia e studiare non è mai stato il mio forte, non avrei superato l’esame di ammissione per l’università più semplice»
Matthew sentiva che quelle parole appartenevano più al padre di Gilbert che a lui, ma che con il passare del tempo aveva finito anch’egli per crederci. 
«In cosa siete bravo?»
«Mi considero un ottimo stratega, sia nelle campagne militari che negli scacchi. Cavalco bene e mi destreggio nella scherma»
«E cosa vi piace fare nel tempo libero?»
«Apprezzo molto il teatro, la caccia e le gite in barca»
Al ragazzo sfuggì un sorriso immaginando Gilbert con i calzoni arrotolati fino alle ginocchia, la camicia un po’ stropicciata e un cappello di paglia, intento a remare in una barchetta sul lago. 
«A cosa stai pensando?»
«Mi piacerebbe visitare la Prussia»
Gilbert gonfiò il petto, pieno di orgoglio.
«Se dipendesse da me ti direi di partire all’indomani, ma ahimè dovrò attendere il permesso di tuo zio per poterti portare via»
Il tedesco gli rivolse un sorrisetto divertito e Matthew dovette bere un sorso d’acqua per nascondere il rossore sulle guance. 

I due rimasero nella taverna a parlare fino a quando non si fece pomeriggio. Con il tedesco il tempo pareva volare, proprio come alla sera del ricevimento avevano discorso di qualsiasi argomento, si erano scambiati domande e curiosità e a Matthew era sembrato che a qualcuno interessasse veramente conoscerlo: Gilbert non era solo curioso della sua terra, ma dei suoi interessi, dei suoi sogni, di ciò che lo faceva stare bene, di condividere esperienze. Il ragazzo non ricordava l’ultima volta in cui aveva parlato così tanto di sé. 
«Si sta facendo tardi, è il caso che io torni dallo zio Francis»
«Hai ragione, prendo la carrozza con te. Scommetto che sarà entusiasta nel vederci tornare insieme»
Gilbert aveva ragione: Francis fu molto contento della sorpresa.
«Non mi aspettavo che arrivassi fino a domani! Amico mio come sono contento di passare un giorno in più in tua compagnia» 
Subito Francis fece preparare la stanza per il prussiano, e i tre passarono insieme pomeriggio e cena, chiacchierando e condividendo aneddoti. 

Dopo cena Matthew era stanco, inoltre i due uomini discutevano di politica e di rapporti internazionali, per cui l’interesse del ragazzo verso la conversazione era notevolmente calato.
«Vado a dormire»
Annunciò timidamente, quasi dispiaciuto per aver interrotto il discorso. I due gli augurarono dolcemente la buonanotte e Matthew si ritirò nella propria stanza.
Non gli pareva vero di ritrovarsi finalmente da solo con i propri pensieri; sia Gilbert che Francis erano stati in grado di farlo parlare per ore, cosa a cui non era assolutamente abituato.
Chiuse gli occhi coricandosi a letto, lasciandosi avvolgere dal fresco abbraccio delle lenzuola, eppure, nonostante la stanchezza, la sua mente sembrò rifiutarsi di lasciarlo dormire, continuando a riproporgli le immagini del bel viso di Gilbert accarezzato dai pochi raggi del sole penetrati attraverso la finestra della locanda. Nella sua memoria erano impresse le piccole rughe che gli si formavano attorno alla bocca quando rideva, il modo in cui spalancava o strizzava quei rubini che aveva al posto degli occhi,  come passava la mano tra i corti capelli chiari quando cercava di ricordare qualcosa…
«Perché?»
Sibilò frustrato il ragazzo rigirandosi nervosamente nel letto. Provava pentimento per essersi ritirato in camera, come se avesse perso del tempo prezioso che invece avrebbe potuto passare in compagnia del tedesco. 
Sentiva il viso caldo e il cuore battergli all’impazzata nel petto, che avesse la febbre? 
Dopo essersi rigirato parecchie volte tra le coperte, esasperato, Matthew decise di alzarsi. Infilò occhiali, vestaglia e scarpe e scese silenziosamente al piano di sotto. Senza fare alcun rumore uscì in giardino, respirando a pieni polmoni l’aria fresca della notte.
Il giardino di Francis era grande e ben tenuto, con le aiuole ordinate, cespugli in fiore colorati e alberi da frutto che creavano una sorta di labirinto. La luce della luna e delle stelle si posava dolcemente su foglie, petali e ciuffi d’erba, rendendo il giardino quasi magico, come se le tinte bluastre e il luccichio della rugiada invitassero Matthew a restare fuori con loro. Il ragazzo fece qualche passo verso il cuore del giardino, quando una voce lo fece trasalire.
«Che cosa stai facendo qua fuori?»
Matthew si voltò, e in piedi, appena fuori dalla porta, con le braccia incrociate, si ergeva Gilbert, l’espressione del volto nascosta dal buio. I suoi capelli chiari brillavano del loro pallore inconfondibile, accarezzati dalla luna. 
«Non riuscivo a dormire, volevo prendere un po’ d’aria»
«Entra, ti preparo del tè»

Matthew sorseggiò il suo tè, seduto sulla poltrona accanto a Gilbert, illuminati dalla pallida fiamma di qualche candela. Il ragazzo sbirciò l’altro da sopra la tazza: pareva tranquillo, eppure non gli aveva rivolto la parola da quando erano tornati in casa. 
«Non stavo andando da nessuna parte»
Provò a giustificarsi Matthew, sentendosi improvvisamente colpevole di crimini indicibili. 
«Lo so, sei un bravo ragazzo»
Gilbert gli sorrise dolcemente, come per tranquillizzarlo. 
«Non riuscivo a dormire»
«Matthew, ti capisco»
Improvvisamente la mano del tedesco stringeva la spalla di Matthew, come fa un padre affettuoso per rassicurare il figlio.
«Sei molto lontano da casa e dai tuoi genitori, questo luogo è sicuramente diverso da ciò a cui sei abituato, inoltre tra poco inizierai gli studi e andrai ad abitare da solo a Parigi. È normale essere un po’ agitati»
Matthew non disse nulla, limitandosi ad abbassare lo sguardo; la sua testa era stata così occupata dal prussiano negli ultimi giorni da avere quasi dimenticato Parigi e l’università, e ciò lo fece vergognare di se stesso. Con quale coraggio si ritrovava a pensare certi pensieri e a sognare certi sogni quando Gilbert era sempre stato buono con lui. Si sentiva come se gli avesse mancato di rispetto per tutto questo tempo, come se intimamente ne avesse infangato il buon nome.
«È meglio se torno nelle mie stanze. Grazie mille per il tè. Scusatemi per avervi fatto preoccupare»
Prima che il tedesco potesse dire qualcosa Matthew si alzò in piedi e corse nella propria camera. 
Si addormentò tra silenziosi singhiozzi, chiedendosi che cosa avesse fatto di male per provare emozioni tanto impure, tanto sbagliate nei confronti di un uomo così gentile.
   
 
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