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Autore: Fiore di Giada    15/12/2023    0 recensioni
[Partecipante alla challenge "500themes_ita" con il prompt 491. Io ho scelto la traccia "Tesori nascosti"]
Il titolo di questa storia fa riferimento ad una leggenda indiana, secondo cui nei serpenti si possono trovare rubini.
Ho immaginato Sirius solo, nella sua vecchia residenza, che entra nella camera del fratello. Come avrebbe reagito, se avesse scoperto la verità su di lui?
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Cauto, Sirius posò la mano sulla maniglia della porta.
Un sorriso amaro sollevò le sue labbra sottili e l'uomo si appoggiò al muro. Che senso aveva tanta circospezione, in quel luogo popolato di ombre?
Nessuno avrebbe tormentato le sue ore di prigioniero.
Non avrebbe più sentito i vacui lamenti dei Dissennatori.
Spinse l'uscio e, a passo lento, entrò nella camera.
Una violenta zaffata di polvere, si sollevò dal pavimento e investì l'uomo.
Sirius, d'istinto, strinse gli occhi, mentre violenti accessi di tosse scuotevano il suo corpo.
A poco a poco, i conati si calmarono e l'uomo oltrepassò la soglia.
Frugò nella tasca della sua giacca e prese la bacchetta.
− Lumos! − scandì.
A quelle parole, la sottile asta gialleggiò e una forte luce illuminò un ambiente assai ampio, di forma rettangolare.
Le pareti erano ricoperte di carta da parati verde e argento e, a destra, era appoggiato un gigantesco letto, coperto da lenzuola impolverate.
Sulla parete di fondo, si apriva un'ampia finestra, coperta di tende, mentre il pavimento era ricoperto di tappeti verde giada, sbrindellati e macchiati.
A poca distanza dalla finestra, era collocata una scrivania, ingombra di fogli, penne e calamai e, al centro, vi era posato un libro di medie dimensioni, la copertina verde smeraldo, incrostata di opali argentei, dal taglio rotondo.
Accanto alla scrivania, c’era una cassapanca e, alla destra del letto, era posizionato un enorme armadio di legno di quercia.
Sirius, come stralunato, vagò nella stanza. Tutto, in quel momento, parlava di Regulus.
Ma di lui non era rimasto nulla.
L’uomo si avvicinò al tavolo e il suo sguardo si posò sul quaderno.
Lo fissò, lo sguardo stralunato, poi lo prese tra le mani, come un archeologo stringe un reperto appena trovato. Quel blocco aveva visto Regulus vivo.
Cosa avrebbe potuto dire?
Cauto, lo aprì e i suoi occhi si posarono su pagine intonse, come se fossero state appena unite.
Sirius aggrottò le sopracciglia, perplesso. Non aveva senso un quaderno nuovo tra tanti fogli scritti.
Come un direttore d’orchestra, mosse la bacchetta e un debole flusso magico sprizzò dalla punta, posandosi sulla pelle di pecora.
‒ Si apra il sipario. ‒ scandì.
Poco dopo, decine di caratteri neri, fitti, si materializzarono sulle pagine.
Il primogenito Black, cauto, iniziò a scorrere i fogli, come se stesse analizzando una rara cinquecentina.
Quante cose non sapevo di te, Regulus., si disse. Quelle parole, ora pacate, ora vibranti, rivelavano un aspetto insolito di suo fratello.
Non era solo il figlio perfetto, plasmato dalle stupide ideologie della sua famiglia.
 
L’ultima pagina, ad un tratto, attirò la sua attenzione.
Decine di macchie d’umidità sporcavano il foglio, creando sbavature nell’inchiostro.
Un brivido gelido attraversò la schiena di Sirius. Che senso aveva un simile cambiamento?
Le pagine precedenti erano ben tenute e l’inchiostro era leggibile.
Sbatté le palpebre e riprese la lettura.
 
 
Il momento è giunto.
Presto, dovrò congedarmi dalla mia casa, dai miei familiari, dalla mia vita.
E ho appena compiuto diciassette anni!
Mentre scrivo questa verità, la mia mano trema. Il mio corpo, evidentemente, si aggrappa ad una vita che non è più mia.
I miei sogni resteranno fantasie irrealizzabili.
Cerco di allontanare la tristezza, anche se è difficile. Ma non posso permettermi il lusso delle lacrime.
Non si piange sulla propria stupidità.
Noi, cultori della purezza del sangue, abbiamo seguito un condottiero idiota, che si compiace di violenze insensate.
E chi ci dice che non si accanisca su di noi?
Per fortuna, so quello che devo fare.
Voldemort, ebbro della sua superbia, ha messo nelle mie mani la chiave della sua sconfitta.
Per mantenere la sua immortalità, ha creato sette Horcrux e vi ha celato frammenti della sua anima.
Rabbrividisco, mentre scrivo queste parole. Come si può rinunciare alla propria umanità, senza alcun pensiero?
Devo allontanare la paura. Presto, grazie a me, sarà un po' meno potente.
Ho creato un falso Horcrux e lo collocherò al posto di quello vero.
Ma non permetterò a Kreacher - o a chiunque altro - di morire in questa impresa.
Io ho sbagliato ad aderire alle idee dei miei familiari e devo rimediare ai miei errori.
In questo momento, mi manca la presenza di mio fratello.
Vorrei sentire il suo sguardo premuroso su di me.
Sirius, cosa penseresti di me, se mi vedessi ora?
Mi lasceresti partire per il mio ultimo viaggio?
Ma a che serve porsi simili domande?
Nessuno - soprattutto tu, fratello mio - conoscerà mai la mia decisione.
Io solo pagherò il peso dei miei errori.
 
 
Con un lungo grido, simile al lamento di una belva ferita, Sirius si lasciò cadere sul pavimento, il quaderno stretto al petto.
Si morse le labbra, mentre le sue mani tremavano. Suo fratello, da lui ritenuto un debole, aveva saputo andare oltre i pregiudizi della loro famiglia.
Sono uno stupido., si disse. Anche lui, che pure si riteneva migliore dei suoi parenti, era stato cieco.
La rabbia gli aveva impedito di guardare il suo vero volto.
Eppure, Regulus era cresciuto e aveva cercato di porre un freno alla superbia di Voldemort.
Aveva combattuto da solo una battaglia impari ed era morto solo.
A fatica, si alzò, poi chiuse il diario e lo appoggiò sulla scrivania. Non poteva restare lontano dalla battaglia, rinchiuso in quel mausoleo impolverato.
Eppure, il suo corpo rimaneva immobile, mentre le lacrime scendevano sulle sue guance.
Strinse il pugno e lo abbatté sul tavolo ligneo. Il peso degli errori, in quel momento, implacabile, si abbatteva sulle sue spalle.
E non era sicuro di riuscire a sollevarsi da quella dolorosa, dilaniante scoperta.
‒ Perdonami, Regulus… Ma io non sono forte quanto te… ‒ mormorò, mentre la luce della luna filtrava dalla finestra e illuminava l’ambiente di un debole chiarore argenteo.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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