Scars
of the past
Ci sono mattini in cui Lavanda si
guarda allo specchio per minuti interminabili, paralizzata dal
terrore di scovare sul suo volto tracce delle cicatrici che l'hanno
sfigurata per anni.
Lunghe terapie al San Mungo, unguenti e
incantesimi hanno fatto il loro lavoro; la sua pelle è ormai
tornata
liscia e morbida, ornata del fard rosa acceso che le imbelletta le
guance e non di frammenti di ossa e carne maciullata, profumata di
crema alla vaniglia e non di sangue rappresso – la
sua pelle è
perfetta, così come la sua vita.
Eppure ci sono ancora momenti in cui
Lavanda non può fare a meno di rimanere immobile davanti al
suo
riflesso allo specchio, facendosi scorrere lentamente le dita lungo
le curve degli zigomi. Ed è lì che lo trova, il
fantasma del
passato che torna a farsi carne e sangue; deglutisce e respira a
fatica, mentre i suoi polpastrelli scandagliano sentieri ruvidi e
frastagliati e il tanfo della morte imminente impregna il bagno. Le
pareti rosa pastello si restringono sempre di più, il dolore
e la
paura le esplodono nel petto al ricordo della pelle strappata via a
forza, delle ossa sbriciolate...
Inspira, espira. Inspira, espira.
Le pareti tornano ad allargarsi pian
piano – inspira espira inspira espira non fermarti
– il
dolore si quieta lentamente – inspira espira
– e lei torna
a essere perfetta; abiti sgargianti, orecchini dorati ai lobi,
riccioli raccolti in uno chignon, profumo di vaniglia e fard rosa
acceso che dissolvono il tanfo della morte imminente.
Esce dal bagno a testa alta e sorride
nel ritrovarsi tra le braccia di Edmund, le cui labbra delicate
cercano la sua guancia senza esitazione.
“Oggi sei stupenda, Lav.”
“Stupido, così mi rovini il
trucco!”
Finge di respingerlo, per poi tornare a
rifugiarsi nel calore delle sue braccia. Ricambia con uno sguardo
divertito la smorfia disgustata del piccolo Wayne, che siede a terra
davanti al camino con un pupazzetto a forma di Ungaro Spinato tra le
mani, prima di far scorrere delicatamente le dita sui fianchi di
Edmund e baciarlo in bocca.
Già dimentica degli incubi che si è
lasciata alle spalle, è pronta a saggiare – pur
sapendo di non
poterne mai essere sazia – ogni dolce perfezione della sua
esistenza.