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Autore: oscar 82    18/12/2023    1 recensioni
"Si avvicina al Sovrano per sistemare e legare i numerosi lacci della giacca di Arthur, gli occhi fissi sulle proprie dita mentre inspira profondamente prima di rompere la breve tregua.
“Si chiederanno perché è partita tua moglie e non tu. Lo sai, vero?”
Arthur si irrigidisce, come per intimargli di tornare a tacere – è solo un istante, tuttavia, oramai avvezzo al suo tormento, ai loro continui e incessanti tormenti".
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Come anticipato per "Darkness", anche questa one shot si ricollega a "Just few kisses", gli eventi proseguono volta dopo volta in maniera tale da avere un lieve filo conduttore dall' una all'altra pur permettendo a chiunque volesse farlo una lettura singola.
Grazie anticipatamente a chi leggerà!






Ricci di vapore danzanti salgono dalla grossa vasca di rame, impreziosita da rilievi aurei, regalo di nozze del regno di Essetir.
 
Una vasca larga abbastanza per due, pressoché intatta malgrado le trentasei lune trascorse dal matrimonio.
 
Arthur si abbandona al tepore dell’acqua, la testa reclinata sul bordo e gli occhi chiusi, le ciocche bionde bagnate giocano confondendosi con gli intarsi decorati dello schienale. 
 
Onhaet tha waeter”.
La formula scivola dalle labbra del mago, accompagnandosi al fulgore delle iridi che poi risalgono lungo la schiena esposta del Sovrano, carezzevoli come velluto broccato. 
 
“È perfetta”
sospira Arthur,
“cosa aspetti? Entra”.
 
Mordicchiandosi il labbro inferiore, Merlin lascia andare il telo avvolto frettolosamente intorno alla vita - intento a preparare il bagno - per immergersi, prima che il Re possa catturare le sue forme nude.
 
È consapevole di quanto sia stupido quell’ imbarazzo, specie dopo quanto appena accaduto tra loro – tra le pareti delle sue camere si cela l’ecodi ogni gemito, di suppliche e stille di sudore, di mani artigliate sulla fresca seta mentre i corpi si arcuano dissolvendosi nell’estasi.
 
Il blu cobalto negli occhi di Arthur si inspessisce di nero alla luce fioca dei candelabri.
Scende in liquido caldo sulla sua pelle diafana, arrossata là dove l’impeto ha tracciato il passaggio.
 
“Sei così delicato. Proprio come una ragazza”,
e vorrebbe suonare scherzoso come un tempo, ma Merlin trova le scuse in quel tono di beffa.
 
Sorride appena.
 
Arthur non immagina nemmeno quanto gli piaccia che il suo corpo narri dei loro amplessi. 
 
“Vieni qua”
gli fa cenno e il Re, docile, si china al richiamo del suo stregone.
Le dita si immergono nella capigliatura oro brunito e iniziano a comporre piccoli e soavi cerchi schiumosi. Merlin non ha dimenticato l’ effetto serico che il sapone alla lavanda lascia ai capelli di Arthur.
 
Il Sovrano asseconda la tenerezza del tocco.
 
“Mi è mancato questo”
inspira, quasi a combattere una sofferenza. 
 
“Anche a me”,
ammette Merlin – tante cose, strappategli via tutte e tutte insieme dalla vita nuziale, gli sono mancate.
 
Arthur non smette di agevolare i suoi movimenti mentre una mano si posa delicata su di lui. Non sembra lo stesso, è balsamo là dove prima ha bruciato.
 
“Non so cosa mi sia preso, di solito non sono così brutale. Non…”.
 
“Arthur. Ti prego”.
 
Merlin si oppone.
 Vuole che Arthur sia così, feroce e crudo, quando si amano. Vorrebbe poter incidere quei segni addosso per tutta la vita, tutto affinché possa ricordare quei momenti ancora e ancora.
 
“Non mi piace farti male”
le dita del Re restano immobili su uno dei marchi come se solo sfiorare potesse farlo sparire.
 
“Non è così che mi fai male, idiota. Mi fai male se smetti. Se non mi vuoi
e ha bisogno di voltarsi mentre parla - ha già detto troppo e non deve.
 
“Non smetterò mai di volerti. Questo… questa cosa tra noi”,
la parola amore rimane sospesa tra loro due - potrebbe ferirli fino a ucciderli -
“esiste da sempre. Da prima di tutto, anche di Gweneviere”.
 
Il nome della Regina fa tendere Merlin come il flettente di un arco. Sibila acuto, l’aria che quasi si rifiuta di entrare nei polmoni.
 
Non può cedere, non ora che Arthur è così vulnerabile.
 
“Tu la ami”,
si costringe a ricordare, come se poi fosse possibile dimenticare – una saettante scia dorata fa apparire una flanella calda, con la quale inizia a massaggiare con sapienza i nodi rigidi su collo e spalle del Re.
 
Arthur sussulta, per poi lasciar andare un sospiro che diventa un gemito represso.
 
“Sì”.
 
Un altro lampo d’oro - più intenso e folgorante -  fa rombare la stanza. L’aria intorno trema, sembra frantumarsi.
 
 
“Quindi smetterai. È inevitabile”
decreta Merlin, la stoffa che continua a scorrere sulla pelle di Arthur in un capolavoro di finta indifferenza - tradito tuttavia dal magma aureo delle iridi che non trovano tregua.
 
Si volta, ma il Re raggiunge il suo viso con una mano e lo costringe a guardarlo di nuovo.
 
“Come sempre non mi ascolti”.
 
Arthur ha una tempesta nel mare dei suoi occhi. È dolore e impotenza, disperazione e senso di colpa. Ma in mezzo alle onde altissime Merlin intravede se stesso, fermo e fisso e insondabile. Un baluardo.
 
“Vorrei che Gwen mi tradisse per lavare questa mia onta almeno in parte. Ma morirei se non ti avessi, e non solo a letto. Tu sei la ragione per cui regno, per cui sono Arthur”.
 
Gli ha afferrato entrambi i polsi, si aggrappa a lui come se stesse rovinando nel vuoto e non ci fosse null’altro a salvarlo.
 
“So che mi odi per questa situazione e davvero, non so cosa fare. Sei tu quello saggio”
e una risatina nervosa sfugge alle sue labbra. 
“Io so soltanto che non posso rinunciare a te. Sono così egoista, Merlin”.
 
Merlin non si divincola, non gli importa quanto forte lo stringa.
 
Resta immobile, il blu lotta contro l’oro caldo per riprendere il suo posto e per naufragare nel blu del suo Re, urlando senza suono. 
Un singhiozzo silenzioso, poi solo la sua bocca che cerca quella di Arthur in un bacio ruvido e rabbioso che urla sì,ti odio, ti odio e ti amo.
 
Vi odio entrambi e odio me stesso, la sua lingua depreda il calore della bocca del Re - Arthur si scioglie e risponde a quella veemenza con una dolcezza disarmante e arrendevole, così arrendevole che Merlin sente le lacrime pizzicare sotto le palpebre.
 
“Sono io il più egoista di tutti, Arthur”
soffoca tremante sulle sue labbra.
“Io ho cambiato il Fato, distruggerei il mondo per te.  Non è forse egoismo questo?”
 
Tu sei la ragione per cui sono Arthur.
 
“Sei la ragione della mia magia. Non ti lascerò mai. Non posso e non voglio”,
conclude - una sentenza ineluttabile e lapidaria.
 
L’oro risale e rinfiamma i ceppi nel camino, le fiammelle dei candelabri, l’acqua della tinozza. Riaccende le loro membra, brucia i loro cuori, persino la presa di Arthur che ancora lo sta tenendo. 
 
La magia preme dolcemente i polpastrelli del Re finché non lasciano i polsi dello stregone. 
Merlin esce dalla vasca, il suo potere così maestoso abbassa le reticenze sulla sua nudità. Non c’è disagio in lui, mentre raccoglie un telo che ha lasciato accanto al fuoco e lo dispiega.
 
“Coraggio. È ora di asciugarsi”
lo esorta, coprendolo e portandolo accanto alle fiamme. 
 
I suoi gesti sono esperti, si muove sul quel corpo amato - adorato -  leggendo una mappa di cui conosce ogni punto, tenero e devoto e carezzevole.
 Lo sguardo di Arthur corre sulla propria pelle esposta - già asciutta -  con rinnovata brama. Merlin percepisce un leggero capogiro di eccitazione.
 
“Tra meno di una clessidra dobbiamo essere in Consiglio”,
dice piano, cercando di contrastare - invano - la cascata di piccoli baci che Arthur sta facendo cadere sulle sue ciocche corvine, strappandogli un ansito.
 
Arthur finge di non acoltare. 
Le sue mani scivolano verso il basso a afferrargli le cosce per attirarlo a sé. Merlin geme piano, reclinando la testa all’indietro. 
Ma è solo un attimo di debolezza.
 
“Vostra Maestà”
lo richiama serio, il titolo ufficiale avvisa Arthur che il Sommo Stregone non ammetterà distrazioni o ritardi. 
 
Il Re allora sbuffa, un accenno del broncio giovanile gli curva le labbra. Merlin non può fare a meno di sorridere prima di cominciare a vestirsi. 
 
Si crogiolano in qualche momento di assoluto silenzio, confortevole e calmante, riempito solo dal fruscio delle stoffe che coprono i corpi. 
Merlin fa ancora fatica a ritrovarsi nell’abito ufficiale per il Consiglio Supremo, morbido velluto nero intessuto di filigrana rossa – rosso Pendragon
 
Si avvicina al Sovrano per sistemare e legare i numerosi lacci della giacca di Arthur, gli occhi fissi sulle proprie dita mentre inspira profondamente prima di rompere la breve tregua.
 
“Si chiederanno perché è partita tua moglie e non tu. Lo sai, vero?”
 
Arthur si irrigidisce, come per intimargli di tornare a tacere – è solo un istante, tuttavia, oramai avvezzo al suo tormento, ai loro continui e incessanti tormenti.
 
“Lascia che se lo chiedano. Checché ne dicano, Gweneviere è perfetta per trattare con la Sovrana di Mercia. Molto di più di quanto non fossi io con il defunto marito”
e vorrebbe chiudere lì – ma il Mago non è del medesimo parere. 
 
“Cosa accadrà quando sapranno? Perché accadrà, Arthur”
sussurra contro il suo petto prima di legare i loro occhi, zaffiro nel cobalto.
 
“Nessuno oserà mai mettere in discussione la tua autorevolezza, Merlin. Camelot ti adora” 
ed io ti adoro sembra voler aggiungere, fermo e fiero.
 
Il mago serra i pugni.
 
“Non è di me che mi preoccupo. È di te, dannazione. Mi preoccupo per te”,
sibila. 
 
Il terrore di trascinarlo nella sua profonda oscurità ritorna, ritorna sempre.
Detesta sentire che anche lui è vulnerabile.
 
 
Fa per tornare a parlare ma Arthur lo precede e gli sigilla le labbra con le proprie. È sofferto, sa di preghiera – smetti, smetti di torturarti.
 
“Non farlo”
soffia poi, lieve.
“Ho bisogno di te lì dentro. Del tuo appoggio e della tua fiducia incrollabile
e posa la fronte contro la propria.
 
Merlin muove il capo in cenno di assenso – sempre, sempre, sempre sta dicendo.
 
Si staccano e vede Arthur frugare in una delle sue tasche. Tira fuori una piccola spilla – un drago d’argento con la testa tempestata di rubini – e gliel’ appunta sulla tunica nera sotto il suo sguardo di protesta.
 
Non sa più come ripetergli che non vuole nulla.
 
Ma il Sovrano sta sfoggiando uno dei suoi sorrisi che sembrano aprire le porte al Sole e Merlin non può che capitolare.
 
È Arthur quel drago, pensa. 
L’unico che può domare un Signore dei Draghi.
 
“È splendida. Grazie”
dice soltanto, sfiorando con le dita le pietre rosse lucenti alla luce delle fiamme. 
 
“Così, tanto per mettere in chiaro la tua importanza in questo regno. Semmai ce ne fosse ancora bisogno”.
 
Merlin non risponde. 
Non gli rivela che quella spilla sarà sicuramente notata tra i membri del Consiglio e che qualcuno potrebbe riferire del prezioso regalo alla Regina, al suo rientro.
 
No, non lo farà. Arthur non é ancora pronto per ascoltare. 
 
Prende i dubbi, le paure, la colpa - tutto ciò che li rende vulnerabili -  e li comprime fino a appiattirli lasciando solo certezze nelle brillanti iridi, affinché Arthur le trovi lì per lui.
 
“Siete pronto, Vostra Maestà? Aspettano solo noi”.
 
Il Re apre la porta, per fare strada.
 
Prima di uscire si volta ancora.
 
“Non toccare nulla qui nelle tue camere”
fa, il tono di comando,
“dopo voglio tornare e riprendere da dove abbiamo lasciato”
termina in un sussurro, senza bisogno di aggiungere altro. 
 
Merlin sa già che si ritroveranno l’uno tra le braccia dell’altro – l’unico posto in cui possono crollare insieme.
 
Si ameranno ancora, ridurranno in frantumi il dolore tra le onde del piacere, tra urla e preghiere.
 
Non ci sarà null’altro che i loro corpi abbandonati a un destino che li vuole uniti – uniti sempre e per sempre anche quando il prezzo da pagare li rende così, infinitamente potenti ma dannatamente vulnerabili.
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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