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Autore: robyzn7d    23/12/2023    2 recensioni
“Non rannicchiato, non accovacciato, non indifeso, ma seduto nella sua solita posizione di un custode, guardia, angelo protettore. Lo sguardo mai perso, ma inquieto, chiuso in una gozzoviglia di pensieri scuri che quella sera non volevano proprio lasciarlo andare. Lui lo sa, e se lo ripete, che “le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza”. Perciò, non deve farsi logorare dalla paura di soffrire, né farsi dominare da alcun timore, e per nulla al mondo farsi sovrastare da uno sciocco e balordo batticuore.”
(…)
“Ma quella storia, la storia di quell’uomo, le aveva anche insegnato che le storie personali di ognuno sono fondamentali per capirne in profondità l’anima. Forse non per forza necessarie per voler bene, ma significative per imparare. “
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Avviso importante: SPOILER.
FF ispirata agli ultimi capitoli usciti del manga sulla saga di Egghead. Si tratta per lo più del Flashback di un personaggio importante.
Perciò, se non volete rovinarvi qualche piccola ma interessante rivelazione, consiglio di non leggere.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Nico Robin, Orso Bartholomew, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Lo spaventoso, straordinario e stridente potere di una storia 
- Se potessi fare un viaggio, dove ti piacerebbe andare? - 
 
Parte II
 
 
 
 
 
 
 
 
Quella notte, ormai impregnata di angoscia, era diventata anche imprevedibile. Non che questo elemento mancasse in altre serate, ma era più una descrizione confacente ai pericoli del mare, della pirateria, e non a quelli del cuore. 
Zoro sapeva che era rimasto soggiogato da un potere molto più forte tra quelli che era solito combattere, e sentiva quella consapevolezza che lo metteva in allarme, che lo avvertiva inderogabilmente di ricordarsi di non possedere la capacità di difendersi da esso. Non si era mai creato troppi problemi a cedere agli istinti, certi istinti. Anche perché lui aveva sempre affrontato ogni cosa estranea con l’istinto; ma solo quando si trattava, appunto, di situazioni che in qualche modo avevano a che fare con la sua indole da guerriero, specie se minacciose. Ma in quel momento non erano più in balia di nessuna minaccia, perciò avrebbe dovuto controllarsi, domare quell’impulsività che stava smanettando di fuoriuscire dal suo corpo in una dose decisamente abbondante per qualcosa in cui invece avrebbe dovuto vincere la disciplina. 
E qualunque dannata paura gli avesse instaurato quella storia, non era così che sarebbe dovuta andare con Nami. Cose assai pericolose sarebbero potute accadere permettendo ai timori, al panico, ai presentimenti, di comandare – o meglio, di comandarlo. Si ripeteva che non era quella la serata giusta per approfondire quel legame con lei, che forse, in un’altra vita avrebbe anche voluto ciò accadesse, senza però mai ammetterlo apertamente a sé stesso. E continuava a ripeterselo più e più volte, mentre la osservava di profilo, ancora persa dentro qualcosa di così lontano da tutto, ma che lui poteva lo stesso sentire vicino.
 
Sapeva benissimo che il motore di tutto era quella strana cosa che solitamente cercava di evitare: la paura. Se quella storia non gli fosse mai arrivata alle orecchie, e se non avesse trovato appiglio fertile in lui, non avrebbe certamente mosso nessun passo e non si sarebbe logorato per un contatto urgente con Nami. Avrebbe continuato ad adempiere ai suoi compiti nella ciurma, e come compagno, e lei l’avrebbe sempre avuta vicina a modo suo. E questo gli sarebbe bastato, sarebbe stato più che sufficiente per uno come lui. Ma vivere all’improvviso quella consapevolezza della perdita, della morte, in un modo tanto diverso da come l'aveva sempre abbracciata prima, aveva sortito l’effetto di un’esplosione. Un’esplosione che continuava a trattenere dentro, con così tanta determinazione da fargli un male cane. 
Non sapeva cosa stesse chiedendo alla vita in quel momento, o se davvero avesse voluto ottenere qualcosa di preciso, ma sapeva il perché era andato sul ponte. Stava perdendo quella lucidità che lo aveva sempre contraddistinto anche nelle situazioni più sensibili, in cui da sempre, con la sua conquistata fermezza, riusciva ad essere la roccia che riportava tutti gli altri sulla terra ferma. Ma adesso, e quanto gli sembrava ridicolo questo dettaglio, sembrava essere proprio lui quello bisognoso di essere fermato, di essere riportato alla realtà. Ma, forse, invece era proprio quella la realtà. 
 
 
Il ponte deserto ospitava ancora quella figura longilinea dai capelli color mandarino che ogni tanto svolazzavano, come unico movimento, unico segnale di vitalità. Era rimasta lì anche da sola, poiché Usop, che prima le aveva fatto un po’ di compagnia, si era addormentato sul pavimento freddo e bagnato senza nemmeno rendersene conto. E a Zoro non era sfuggito nulla, l’aveva vista, qualche ora prima, adagiare una coperta addosso al corpo infreddolito del cecchino, poiché preoccupata per il suo stato emotivo, e, scavalcandolo nel suo tragitto fino a lei, aveva scosso la testa contrariato dal modo di frignare che aveva avuto anche lui quella sera. Ma, lasciando perdere per un attimo la sensibilità di Usop, si riscopriva stupito da quel gesto caldo, che Nami solitamente a loro non dedicava mai, soffermandosi forse un po’ troppo su quel pensiero, distraendosi così dalle sue azioni. 

“Zoro!” 

La voce sempre troppo alta di lei che lo chiamava per sgridarlo lo aveva immediatamente destato da quella gentilezza ormai lontana.
“Mi hai spaventata!” 

Nonostante il suo essere completamente assuefatta da quell’estraniamento momentaneo, aveva sentito dei passi arrivare, o forse era stato il rumore delle spade legate al fianco di lui, mentre risuonavano in quel silenzio tombale, che era riuscito a risvegliarla. 
Nami si era voltata di pochi gradi verso di lui, respirando piano, come per non far sentire quanto era stato forte come una scossa di terremoto in lei quel suo abitudinario rumore. 
“Guarda che non sono arrivato in agguato”, lo aveva costretto fin da subito al doversi difendere “sei tu che sei distratta!”
Allora lei tornò a scrutare l’orizzonte alla ricerca di qualcosa, forse per cercare di capire dove cavolo era stata fino a quel momento, ma tutto quello che riusciva a scorgere era solo acqua, tanta acqua scura. 
“Come mai non stai dormendo come tuo solito?”
aveva subito chiesto, in realtà poco interessata alla risposta. La sua domanda più che un interesse celava un’intento, come prendere del tempo per cercare di ricordarsi della realtà.
“Quella luce..."
si trovò successivamente a farfugliare, indicando come la luna si riflettesse sull’acqua in un abbaglio bianco immortale e surreale, ritrovando quel briciolo di lucidità che cercava
“é troppo forte anche per te?” 

Forse voleva davvero dargli a bere veramente che stava lì da sola in quello stato catatonico a causa della luce della luna che le impediva di dormire, prendendo tempo in una domanda sciocca poiché sapeva benissimo che lui era capace di addormentarsi sul ponte anche sotto al sole cocente. 

Voltandosi del tutto, Nami aveva poggiato le spalle al parapetto, bagnandosi un pochino la stoffa del vestito dall’umidità caduta sopra il legno; e, asciugandosi con il dito un rimasuglio di qualcosa di umido anche da sotto l’occhio, si stava rendendo conto di quante ore fosse rimasta lì sotto, al freddo, a guardare il nulla. Era tutto ovattato e confuso. Come se si stesse risvegliando da un sogno, come avesse dormito senza chiudere mai gli occhi per un tempo indefinito. 

“Stai ancora piangendo?”

Zoro lo aveva chiesto senza pensarci, era venuta fuori da sola quella domanda, forse con un iniziale pretesto di criticarla, nonostante sapesse che fosse inutile; il tutto mentre con le mani in tasca dello yukata verde spostava lo sguardo momentaneamente altrove; ma aveva notato ogni dettaglio, di quel viso provato.
Nami scosse la testa, non tanto per negarlo quanto per non apparire troppo eccessiva a suoi occhi, cercando di dimostrare che stesse bene, coscienziosa che non tutte le lacrime avrebbero dovuto essere per forza un male.
Sono solo commossa 
Non tutti abbiamo la tua insensibilità.”
Non avrebbe voluto dirlo, ma aveva bisogno di avere una sorta di presa su di lui. Di dimostrare che non era lei ad essere eccessiva, ma lui ad avere una mancanza. Ma Zoro aveva continuato a guardare altrove, su quella distesa di mare nero, con in superficie il riflesso della luce lunare che creava un riverbero sfocato. Avrebbe voluto risponderle che si sbagliava, ma invece era rimasto in silenzio. 
 
“Non ho nessun fastidio nel dormire”
aveva poi elargito una risposta, anche se in ritardo, mantenendo sempre la stessa posizione, e ignorando quindi quella di lei ultima puntualizzazione,
“potrei riuscirci se volessi.” 
“Ma certo. Ed io che mi preoccupo pure quando non c’è motivo.” 
Nami aveva sbuffato, nel suo fare d’attrice, sapendo bene che non si era preoccupata affatto del sonno di lui, talmente era stata distratta da altro, ma continuando a prendere del tempo atto a calmare qualcosa che si muoveva incauta in lei ma che non riusciva a capire ancora bene cosa fosse. 
“Come no!” Zoro aveva allora replicato con fare ironico in una morsa infastidita, conoscendola bene nelle sue movenze, sentendola quasi a disagio, come se fosse stata scoperta di qualcosa, qualcosa che nemmeno lui potrebbe riconoscere. Forse, era il fatto di averla trovata ancora in balia dalle sue emozioni - era abbastanza sicuro che si trattasse di questo - a farla reagire in quel modo. 
 
“Zoro”,
lo chiamava d’improvviso, con una tonalità di voce bassa e profonda, come se prima non stessero davvero parlando, almeno, non così seriamente, 
“nemmeno una storia d’amore come questa ha sortito alcun effetto su di te?” 

Anche su di lei vigeva l’istinto, fatto di impulsività che non sempre era capace di gestire. Non era più così lontano da lei questo bisogno di lasciare andare e condividere certe emozioni difficili. Qualcosa che era cambiata considerevolmente nel tempo.
Nami lo guardava, mentre si asciugava ancora una lacrima con la mano sull’occhio sinistro; ma non sentiva nessuna risposta arrivare alle sue orecchie, e non vedeva nessuna reazione in quel viso austero e quasi sempre impenetrabile. 

“Sei una pietra.”

Non sapeva perché lo aveva detto; o meglio, non sapeva perché quella puntualizzazione era impregnata di rancore e rabbia. Era uscita dalla sua bocca insieme al fiato, al respiro, e non era più potuta rientrare. Si era allora morsa appena il labbro, cercando di reagire a quella sua stessa reazione smettendo di farlo immediatamente. 
Si sentiva così strana. 
Non sapeva spiegarsi perché pensare a Zoro che non reagiva a quella storia le aveva fatto provare dei sentimenti contraddittori. Lo conosceva, sapeva che il fatto di non essere espansivo in fatto di sentimenti ed emozioni di un certo tipo non lo rendeva immune al dolore, ma per una volta, una soltanto, avrebbe voluto vederlo emozionarsi, reagire, sentirlo crogiolarsi in quella sofferenza. Rendendosi immediatamente conto, però, di aver avuto un pensiero stupido e indelicato: perché mai avrebbe voluto vederlo soffrire!?
Lei in realtà lo sapeva che lui aveva una buona capacità di sentire tutto. Fuori sapeva essere una pietra, ma niente lo faceva bruciare dentro come un’ingiustizia. 
Sospirava rassegnata. 
Quella era l’ennesima volta da quando lo conosceva che lo incolpava di essere insensibile, e, per la prima volta, si era sentita quasi in colpa, forse, avendo capito di non voler puntigliare con lui su questo suo lato di sé. Perciò, era riuscita a trovare la forza deviando di pochi centigradi il discorso.  
“Che stupida sono” si sbatteva una mano sulla fronte, ancora in quel fare teatrale “scommetto che nemmeno l’avevi capito che si é trattato di una storia d’amore.” 
“Lo so, invece!”
Lui la fissava in volto, forse aspettandosi una reazione in lei, anche rimanendo sconcertato, come se avesse quasi ammesso qualcosa di importante, ma senza comunque perdere quella sua fierezza statica. Aveva ribattuto troppo in fretta su una cosa del genere, stupendola, e anche stupendo sé stesso. 
Lei lo vide cambiare leggermente posizione, forse resosi conto di essere stato impulsivo, toccato in qualcosa di così inusuale per uno come lui, e che lo aveva toccato anche troppo. Con coraggio, però, aveva mantenuto lo sguardo sul viso di lei, rimasto sinceramente ancora imbambolato in quella risposta repentina. 
“Davvero? Lo avevi capito per davvero?”
“Me lo ha detto Robin.” 
“Ti sembra normale che tu non sia arrivato da solo ad una conclusione così semplice ed esplicita?” 
Nami scuoteva la testa, incredula. I suoi presentimenti erano stati giusti, allora. Ma poi, anche lei aveva fatto qualcosa che aveva stupito entrambi, sul viso le era nato ingenuamente da sorridere.
Aveva già provato troppa tristezza, senso di vuoto, malessere prorogato nel corpo e nella mente e non voleva dunque arrabbiarsi, non voleva privarsi di gioire del fatto che loro erano lì, in quel momento, insieme. 
“Non fa niente”, 
aveva replicato a sé stessa, sempre grazie a quella spontaneità, accennando all’esterno quel sorriso rilassato imbevuto in una forte sensazione di conforto, che era partito dall’interno, mentre aveva rilasciato in aria un respiro sollevato e liberato da una gabbia di inquietudine
“l’importante é che siamo vivi.” 
Tutto così semplice, così giusto. Ma quel piccolo rumore era stato un boato interiore in entrambi. Poche parole pronunciate piano ma che esplodevano a contatto con l’aria per via della loro energia e verità. 
Zoro aveva trattenuto il respiro, rendendosi conto della forza di quella puntualizzazione, obiettività, che dentro di lui tuonava come un’eco. 
L’aveva allora raggiunta, sentendosi salvo dall’imbarazzo che avrebbe potuto provare se quel discorso avesse continuato, affiancandosi a lei come gesto abitudinario al quale difficilmente avrebbe mai rinunciato, affacciandosi verso il mare. 
Sembrava aver acconsentito anche senza aver proferito parola, eppure Nami aveva avuto come la sensazione di averla sentita la risposta a voce, ma evidentemente quel gesto era stato così significativo e quel sentimento così tanto condiviso, da averne avuto solo una percezione nonostante quel suo concordare con solito mutismo. 
 
Quel preannuncio che aleggiava sulle loro teste lo sentivano entrambi così poderoso adesso. Lei tanto frastornata da ciò che ancora non sapeva, ma colpita da uno strano presagio che vedeva Zoro coinvolto. E lui invece era come più instabile, perso del controllo che spesso riusciva ad avere, e più di quanto cercasse di dare a vedere. 
Erano rimasti in silenzio, non distaccandosi. E quei minuti, erano stati attimi in cui entrambi avevano respirato la verità di quella frase. 
Erano vivi. Ed erano insieme. Una fortuna che Bartholomew kuma e Ginny non avevano potuto avere. 
 
Si sfioravano, spalla contro spalla, e anche le mani, poggiate sul cornicione, si toccavano all’estremità della lunghezza di un dito. 
C’era qualcosa di tremendamente pericoloso nell’aria quella sera. C’era una verità intimamente brutale chiusa in quell’atmosfera insolita per loro, che premeva per venire fuori, di essere sputata in un’immediatezza urgente. 
 

“Quindi, cosa sta succedendo stasera?” 
Nami lo guardava di profilo, in attesa di capire se quella testa verde, a cui teneva in un modo tutto particolare, stesse anche lui crogiolandosi in qualcosa. Era convinta che lui non fosse rimasto bloccato come lei su quell’amore sofferto, su quel “ti amo” lasciato in sospeso e mai arrivato alle orecchie del pirata loro salvatore, ma, ciononostante, gli appigli di quella storia che un po’ li riguardava tutti, erano i più 
svariati. Sapere che non avrebbe probabilmente avuto delle risposte da lui un po’ iniziava a preoccuparla. Si chiedeva se per la prima volta volesse sapere se si celasse qualcosa di segreto in Zoro, rispetto a quello che lei era abituata a vedere e a conoscere, ma ancora di più, la preoccupava questo impellente e nuovo bisogno di volerlo sapere. 
“Pensare che quello che ci è successo a Sabaody è stato quasi come programmato…o meglio, che quell’uomo avesse avuto l’intento, si di salvarci, ma anche di cambiare il nostro destino credo mi abbia…” le tremava la voce in modo nuovo, e non si trattava solo di una semplice e genuina paura, ma tanti nodi oscuri e complicati stavano salendo in superficie, insieme alla confusione, al senso di smarrimento…
E Zoro la avvertiva tutta quella fragilità momentanea che condivideva anche lui, sentendosi ancora ridicolo ma sincero, e la avvertiva anche nel corpo, in un brivido che partiva dalle dita di Nami e che lo aveva coinvolto. 
“Non è detto che abbia cambiato il nostro destino” non lo dice per rassicurarla ma perché lo pensa, eppure, ci riesce lo stesso.
“Cosa intendi?”
“Pensare che qualcuno possa avere il potere di cambiarlo oltre noi stessi rende tutto insensato e irragionevole. Lui é semplicemente parte della nostra storia.”
Nami sa che quel “nostro” riguarda tutta la ciurma, ma non riesce a non fare un pensiero sul fatto che potesse anche riguardare solamente loro due. Sentendosi immediatamente stupida. 
“E noi lo siamo della sua, perciò.”
“É così.”
“Doveva andare in questo modo, allora?”
“L’hai detto prima, siamo vivi.” 
Nami aveva annuito, continuando a guardarlo, mentre lui era rimasto immobile nella sua posizione, fisso sull’orizzonte nero, con le loro mani che per quella scossa tremante erano state costrette a distaccarsi; ancora stranita dalla scoperta di aver avuto bisogno di un contatto fisico simile, quella sera. E mentre ci pensava, a quel calore, tanti ricordi dolorosi le si arrovellarono uno sull’altro nella mente e nel cuore. 
“Quel distacco…” non lo aveva mai detto a nessuno quanto lo aveva sofferto. E nemmeno adesso credeva di doverlo fare, mentre malediceva quella sua spontaneità, che se avesse avuto una forma, o forza, sarebbe stata quella di un'onda molto alta capace di travolgere un’isola. 
“Siamo tornati più forti.” 
Lui l’aveva subito interrotta, probabilmente capendo da solo il resto della frase. Con la coda dell’occhio però l’aveva vista sbuffare, delusa, non scocciata ma forse troppo abituata a quelle risposte un po’ troppo severe. Così, per una volta, Zoro si era sentito di dover lasciare un po’ indietro sé stesso e liberarsi dai macigni colmi di responsabilità e doveri.  
“Siamo tornati e basta.” 
Lo aveva aggiunto al momento giusto, rafforzando il concetto che avevano entrambi già espresso prima e sul quale naturalmente concordavano. Cosa che comunque non era poi così scontata, dal momento che - e Nami ci stava riflettendo su – per Zoro non sempre la vita era al primo posto come per lei, perché lui sarebbe morto anche in più occasioni, seguendo sé stesso, i suoi sogni, i suoi codici. Aveva annuito allora, in automatico, e aveva continuato a guardarlo, rassegnandosi al fatto che avrebbe avuto solo quello da Zoro. 
Nami, per la prima volta da quando lo conosceva, vi colse una strana emozione in lui, se non che per un solo attimo, anche un senso di irrequietezza, mentre dichiarava quelle parole come un monito che quella sera assumeva l’unica importanza su ogni altra questione. Stupendola ancora.
Si sentiva nuovamente così strana, ritrovandosi a chiedersi se, nonostante fosse così orgoglioso di quanto avesse appreso in quei due anni, anche lui avesse sofferto la separazione.
Non glielo aveva mai chiesto. 
Questo squarcio improvviso nel suo petto le suggeriva che forse non sapeva niente di Zoro perché lei non gli chiedeva mai niente. Che desse per scontato che lui non ne avrebbe parlato. Che lui fosse semplicemente così come si presentava.
Ma la verità era che in realtà non poteva esserne sicura. Ma, pur avendone i dubbi, arrivati in quel modo tagliente, non riusciva lo stesso ad aprire bocca e chiedere, addirittura facendo per separarsi dalla balaustra che li vedeva ancora affacciati insieme, come gesto che suggeriva una fuga. 
 
“Non é vero” 
si era velocemente schiarito la voce, fermandola in tempo nella sua ritirata, che forse lui aveva intuito, 
“che non ha avuto nessun effetto su di me, la storia di quell’uomo.” 
Nami si era voltata ad osservarlo, sorpresa, col viso rivolto nella sua direzione, scrutando il suo profilo, quello che poteva vedere. Il suo stupore però non era riferito alla rivelazione di per sé, quello lo sapeva già, bensì, al fatto che lo stava ammettendo.  
Era rimasta in silenzio, aspettava di saperne qualcosa in più, e per quanto volesse mettergli fretta, aveva paura che parlando lei poi lui non avrebbe continuato. Aveva tremato ancora, perché l’ansia aveva iniziato violentemente ad impossessarsi di lei. 
Qualcosa stava per essere sprigionata. Qualcosa che li aveva scombussolati in profondità, grande quanto l’abisso di quel mare scuro che avevano intorno. Qualcosa che era stata nell’aria tutto il tempo fin da subito, e …infatti,
“Sento addosso il peso di sapere cosa significa provare quello che ha provato lui. E non posso affrontare questa cosa adesso.”

Nami era rimasta ammutolita. 
Il gelo nelle ossa, l’insensibilità alle mani e una terribile sensazione di panico ad impossessarsi della sua coscienza. 
Non capiva il significato di quelle parole. 
Non sapeva cosa dire, anzi, rispondere. Iniziava addirittura a pentirsi di non essere andata via, non capendone nemmeno il motivo reale di quella paura. Ma poi si era resa conto di un’altra verità, una ancora più semplice sappur problematica, ovvero che quel momento era arrivato, lei non avrebbe dovuto rispondere, ma avrebbe dovuto chiedere. 
“Zoro”
credeva di non stare più respirando, mentre, per la prima volta, faceva quella domanda che non gli aveva mai posto prima “tu hai perso qualcuno, non è così?”
Lui la stupì ancora una volta, quella sera, rispondendole subito con sincerità e schiettezza, senza darle il tempo per metabolizzare nemmeno il perché di avergli chiesto per davvero quella cosa.

“Ho perso un’amica anche io, tanto tempo fa.”
 
Zoro, lo stesso che spesso non riesce a dire di più di “sto bene” quando deve parlare di sé stesso o di cosa prova, dei suoi sentimenti, adesso le aveva addirittura confidato una verità così importante. Il gelo le stava paralizzando il corpo. Sentiva le labbra incollate, immobili, come contratte. Quelle parole non la stavano emozionando, ma paralizzando fin dentro al cuore. 
Perché si sentiva così?
All’improvviso era bloccata dentro quella confessione che lei un po’ aveva contributo ad estorcere. Eppure, per una volta, una soltanto, Zoro stava confidando a lei qualcosa di così personale. 
Sentiva la necessità di spostarsi, ma senza riuscire a farlo. Tutto era congelato nella stessa posizione. Tutto aveva smesso di esistere. E in quell’istante iniziava a capirlo, il perché. E sapeva di dover rispondere o lui magari avrebbe smesso di condividere con lei, qualunque altra cosa, per sempre. 
Ascoltare e soffrire o mettere fine a quella confessione? Non sapeva scegliere. Lei era abituata ai silenzi, a Zoro che non le raccontava niente di personale, e le era sempre andata bene così. E adesso ne capiva anche il motivo, forse, indagare troppo su di lui avrebbe potuto farle del male. A volte ne aveva paura di non sapere niente, altre invece si sentiva sollevata. A lei bastava lo Zoro che conosceva, un po’ scorbutico, a volte anche noioso, ma affidabile, forte, leale, protettivo ed estremamente importante nella sua vita, che amava così com’era, così come lo conosceva. Ma quella storia, la storia di quell’uomo, le aveva anche insegnato che le storie personali di ognuno sono fondamentali per capirne in profondità l’anima. Forse non per forza necessarie per voler bene, ma significative per imparare. 

Le mani le tremavano. 
Sentiva le lacrime scendere e non poteva impedirlo. Tutto quel marasma di sentimenti che aveva già vissuto in giornata non aiutava al suo autocontrollo. Non poteva davvero riuscir a farcela a dominarsi dopo un pugno come quello.
Si era allora allontanata dal parapetto, con ancora la paralisi a rallentarle i movimenti. Era esterrefatta da sé stessa, dal sentirsi improvvisamente così…stordita. 
“Oh, andiamo!” quella di Zoro adesso sembrava più un’ammonizione “non piangere per lei, adesso. Non é necessario.” 
“Ma come fai a dire una cosa del genere?”
“Non la conoscevi, non sai niente di lei!” 
“Non posso essere triste per te?”
“È passato tanto tempo…”
Anche lui si era staccato dal parapetto per guardarla, mentre lei gli dava le spalle, cercando di gestire una strana e nuova commozione, anche se non troppo lontana a ciò che già provava. 
“Non te l’ho detto per farti avere pena.” 
Lei si era voltata verso di lui, avvicinandosi abbastanza per tirarlo per gli estremi dello yukata all’altezza del collo.
“Ma quale pena, stupido. È naturale che mi faccia male sapere che hai sofferto.” 
Lui aveva messo il broncio, e si era liberato dalla presa prendendole il braccio senza fatica, in una stretta debole che voleva solamente avvisarla.
“Guarda che non era questa la mia intenzione!”
Nami sentiva avere le guance in fiamme, con ancora le mani e il corpo rigidi, ancor più se lui le teneva il polso bloccato, seppure senza uso di forza, in quel contatto che voleva, ma che però ancora non riusciva a scioglierla, liberarla dal ghiaccio immaginario che l’aveva sopraffatta. 
 
Com’é che quel suo voler sapere, avere una razione da Zoro, le si era appena rivoltato contro?  
Non voleva essere lei a cedere, a dover sempre interpretarlo, anche se poi, mentre ci ripensava, lo faceva di rado. Ad un certo punto sembrava proprio che Zoro non l’avesse raggiunta lì per caso, riflettendo su quel significato dell’aver scelto proprio la parola “intenzione.” Aveva appena capito che lui stava avendo bisogno di lei. Quella storia aveva davvero avuto effetto su di lui, lo aveva turbato in qualche modo, destabilizzato anche, al tal punto da farlo avvicinare a lei non solo come atto in sé, come faceva sempre, ma scegliendola proprio come sua confidente. Nami, allora, conscia di quella rivelazione avvenuta tutta nella sua testa, aveva fatto cadere la presa sul suo polso, guardandolo con occhi doloranti. 
“È tutto così chiaro adesso”
gli aveva detto, non riuscendo a nascondere quella sofferenza che stava provando con improvvisa chiarezza
“ti sei immedesimato nella storia di Bartholomew…e di Ginny.” 
Lui non aveva risposto, e Nami così aveva interpretato il suo silenzio come segno per lei di stare avendo ragione, sentendosi libera di continuare il discorso. 
“È qualcosa di estremamente difficile da digerire. Quel pover’uomo non è riuscito in tempo a dirle che l’aveva sempre amata.” 
Nami parlava con difficoltà, cercando di non smettere di guardarlo, sentendo il cuore spezzarsi all’idea di un Zoro innamorato della sua amica, di uno come lui impaurito dalla perdita della donna amata, di non essere riuscito anche lui a dichiararsi in tempo. Ma il cuore che le si spezza era egoisticamente più legato a lei che si ammala all’istante a causa di quell’idea.
“Ginny era la sua amica di sempre, dell’infanzia, la donna che amava…lei era per lui quello che la tua amica é stata per te. E le avete perse entrambe.”
Era pronta a sentirlo confermare, era pronta a soffrirne. Tanto ormai le cose quella giornata erano già state notevolmente devastanti, perché avrebbe dovuto smettere proprio in quel momento. Ma, nel tempo di quel pensiero, vide immediatamente il volto di Zoro mutare, quasi contorcersi in una smorfia che non gli aveva mai visto prima sulla faccia.
“Ma dico sei scema o cosa?”
Sembrava quasi vedesse uscirgli l’occhio dalla palpebra, talmente era sbigottito. “Ma come fa la tua testa a vagare così lontano? Come cavolo fai a pensare a diavolerie simili?”
“Eh?”
Non capiva più. E tutto mentre ancora il corpo rimaneva gelato e la mente stordita, abbandonata da sola da entrambi. 
“Vuoi dire che non é così?”
“Certo che no!”
“Ma allora che…”
“Sei stata tu a chiedermi di lei!”
“Certo, perché…era così palese”
“Sei una stupida scema che fa i castelli in aria!”
“Ma tu hai detto…hai detto che conosci quel dolore e ch”
“Si, ma adesso non lo intendevo per lei!”
Nami sentiva il cuore implodere. 
Ma che stava succedendo? 
Non riusciva proprio a seguirlo, per quanto ci stesse provando.
“Io non capis – “ gli puntava improvvisamente il dito contro, innervosita da quel ginepraio di eventi e sentimenti, equiparabili all’effetto di un pandemonio, che tra l’altro la facevano sentire troppo vulnerabile
“Allora vuoi spiegarti tu!” 
“Ho detto solo che non posso permettermi di vivere quel dolore”
“Nessuno potrebbe, Zoro!”
“No…tu non capisci” 
“Spiegamelo allora! E non fare il misterioso!” 
“Dannazione Nami! Ma perché, perché mi costringi a dire certe cose?” 
Zoro era infastidito più da sé stesso che da lei, per essere stato così sciocco e debole dal lasciarsi andare.
“Ma veramente io non ti costringo a dire proprio un bel niente. Hai iniziato tu! E adesso dannazione parli!” 
Nami non aveva perso la paura di volerlo conoscere più in profondità, ma quell’improvviso interesse per lui aveva, in qualche modo, acceso entrambi.
Zoro l’aveva guardata per un attimo, mentre lei era rimasta in attesa, impaziente come al solito di sapere. E vederla così desiderosa di conoscere la verità, di sapere di lui con quel trasporto, gli rendeva più semplice trasformare quel broncio in un sorriso che gli s’increspava leggero sulle labbra. Sapeva che era stato in qualche modo manipolato; tra quella dannata storia d’amore e lo scambio di vedute con Robin, aveva perso del tutto la ragione. Ma più che altro sapeva che era stata la paura, quella maledetta paura di perdere chi amava nel presente, che era così dannatamente devastante e insopportabile anche solo da pensare. 

“Ho sentito il dolore divorarmi, mentre venivo inghiottito nuovamente in un buco nero…ma ancora più grande, e ancora più nero di quello che già conosco” 
“Zoro” 
lei annegava nella sua incomprensione,
“non capisco…volevo sentirti reagire, ma non avevo idea che…ma come ha fatto questa storia a ridurre così uno come te?”
“Non mi senti?” 
ribatté in un sospiro, annientato dalla sua impulsività che continuava a cercare di fermare ma senza successo. 
Vedeva Nami stare quasi per iniziare a singhiozzare, come se quella perdita l’avesse subita lei. E sentiva le sue lacrime invisibili caderle sulla pelle del viso, sconvolto, invaso da emozioni più diversificate, con il cuore che le martellava nel petto con una prepotenza tale che quasi pareva volerle scoppiare.
Cosa aveva appena fatto con quella confessione? O meglio, cosa stava per fare? Se avesse lasciato perdere tutto l’avrebbe lasciata per sempre fraintendere il suo rapporto con la sua amica d’infanzia. Ma, per scagionarsi da questo, avrebbe dovuto dirle qual era la verità. 
Dopo un altro sbuffo, si era affacciato nuovamente alla balaustra, non guardandola in volto, bisognoso di un momento.

“Ti ho paragonata a lei, a quella Ginny…”
 

Il gelo immaginario che le rendeva immobile il corpo si era appena frantumato in mille pezzi.
Il boato erano diventati due boati. 
All’improvviso quel “ti amo” rimasto per sempre scolpito nell’aria, rivelato troppo tardi per essere ascoltato in tempo dal diretto interessato le tuonava in testa, chiedendosi se invece era stato troppo frettoloso quell’uomo nelle sue azioni, perdendo la fine della chiamata per sempre. Quel tempismo che è così fondamentale nella vita. Ed é quel tempo a cui non si può più rimediare che scompare e segna per sempre che la devasta.

“se ti succedesse qualcosa…”,
non sapeva più se continuare o se fermarsi, rendendosi conto che in realtà non sapeva nemmeno cosa dire di preciso, tranne che…
“ho sentito tutto diventare nero…” 
 
Nero come il mare che li circondava. 
Nero come la perdita. 
Nero come quell’iride che adesso la guardava.
 
E lei la percepì, quella scossa che partiva dal suo cuore e che si irradiava immediatamente in tutto il suo corpo. Una scossa che non poteva ignorare più, perché per quanto ci provasse a non ascoltarla, la portata di quella forza interiore era tale da farla librare in aria pur stando paralizzata a terra. Se il mondo attorno a lei fosse sparito neanche se ne sarebbe accorta in quell’attimo di tutto, mentre si perdeva in quell’occhio fermo, stabile, profondo, in un buio che non l’aveva mai spaventata. 
 
 
“É stata un’esperienza complicata” 
aveva replicato lei, in balia dei boati che le risuonavano dentro,
 “e siamo ancora tutti così turbati…” 
aveva aggiunto, quasi sillabandolo, parlando a stento. 
Lui emanava la sensazione di voler come scomparire. E vedere Nami non reagire, immobile, con gli occhi fuori controllo, forse assente, distante, sconvolta, non lo aiutava a pensar diversamente. 
“È senz’altro così” 
Lui solitamente sempre all’attacco, con lei poteva stare solo pronto alla difesa. Dopo averla guardata ancora una volta, Zoro aveva fatto dietrofront, sempre seguendo l’istinto, pronto a reagire, pronto a lasciare il campo, dirigendosi il più lontano possibile da lei. Con quel rumore di spade che si scontravano una con l’altra. Quel rumore che irrompeva nei boati che Nami ancora sentiva esploderle nel cuore.
 
Appena arrivato davanti alla prima porta di una stanza a caso di cui non ricordava nemmeno di chi fosse, sentì prima un respiro affannoso e poi due mani che lo afferravano per la veste, trascinandolo dentro a quella stessa stanza.
 
Respirava forte, Nami, ancora sconcertata, ma con un qualcosa di nuovo e fresco negli occhi che la rendeva improvvisamente determinata e più accesa di prima. 
Quella strana confessione l’aveva presa talmente alla sprovvista che mista alle sue paure, l’aveva prima fatta reagire nel modo più sbagliato possibile e poi fatta risvegliare da tutto quella accozzaglia emotiva intricata. Ma lo guardava così intensamente adesso, senza mai aver provato vergogna con lui, notando un qualcosa di così profondo e bello, potente e sensibile, lacerante e sacrificante, tutto dentro quell’unica e preziosa anima che vedeva così limpidamente adesso. 
 
“Sei un idiota!” 
 
Aveva continuato a spingerlo verso il muro, guardandolo in quel suo viso confuso e offeso, indecisa sul se e sul come rivelare la sua importante confessione che aveva tenuto per sé.
Aveva scosso la testa stupita di lui ma più di sé stessa, con un’espressione difficile addosso, devastata, spaventata anche, ma cosa più importante, sollevata.  
 
 
“Tu eri lui!!! Per me, tu eri lui!” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice_______________________
SI, c’è anche la parte terza!!! Terza ed ultima! 
Ma dovrete aspettare a dopo tutte le feste, sorry! Ma magari invece non ve ne può fregar de meno, e quindi il problema non sussisterebbe!
Che dire? È troppo romantico e sdolcinato? beh, un po’ l’intenzione c’era, ovviamente, dal momento che sono sulla scia del bellissimo flashback di Kuma, ma con sempre l’intenzione di non esagerare…, ci sono riuscita oppure è troppo? Ditemelo voi!
 
Ci risentiamo alla chiusura. 
(È una mezza cit da Harry Potter? Può darsi!)
 
 
   
 
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