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Autore: DDaniele    24/12/2023    0 recensioni
[One Piece Live Action]
Dopo che Luffy viene condannato a morte dai Marines, Coby si ritrova costretto a scegliere: lasciare che la giustizia faccia il suo corso, oppure salvare Luffy e infrangere il giuramento di Marine?
L'opera è stata scritta per il Secret Santa 2023 del gruppo Facebook "Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom".
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kobi, Monkey D. Rufy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   “Puoi ancora risolvere la situazione” si disse Coby guardandosi nello specchio fissato contro il muro della sua camera in nera pietra grezza; le profonde occhiaie che segnavano il suo viso gli conferivano un aspetto inquieto. “Puoi ancora appellarti alla clemenza del governatore. Ora ti vestirai, ti recherai al suo ufficio prima che la sentenza venga eseguita e ti affiderai alla sua bontà, facendo leva sul fatto che Luffy è un ragazzo buono e innocuo. Condannarlo a morte, seguendo una procedura così contorta per di più, costituirebbe una pena eccessiva. Sì” esclamò Coby sempre rivolto allo specchio, sentendosi più sicuro di sé ora che aveva ripetuto la linea difensiva che voleva intentare per salvare Luffy “sì, può funzionare.”
   Detto questo, Coby si diede due rapidi colpetti sulle guance con i palmi delle mani nel tentativo di scuotersi dal torpore che lo aveva colto dopo la notte passata insonne. Si lavò quindi il viso con l’acqua gelida contenuta nel recipiente della sua toeletta, un’operazione che lo aiutò a ritrovare il vigore mentale di cui avrebbe avuto dar prova fra poco, si lavò il resto del corpo a pezzi, si profumò e indossò la sua divisa da Marine nuova. Il tessuto bianco con inserti verde acqua aderì perfettamente al suo corpo e ai suoi arti come se fosse stata una seconda pelle. A onor del vero, Coby non si sarebbe preoccupato così tanto del suo aspetto fisico in circostanze normali. Non che fosse trasandato, al contrario, ma egli curava in genere il suo corpo quel tanto che bastava per tenerlo funzionale ai fini del suo lavoro di Marine e in questo senso l’uso del profumo sarebbe potuto risultare stravagante al punto che i colleghi più anziani e rudi avrebbero potuto ridere di lui, ritenendo il profumarsi un segno di mollezza fisica e morale. Coby era ben consapevole che sarebbe incorso in critiche di fronte a un uditorio più carente nelle buone maniere; tuttavia, egli sapeva altrettanto bene che il governatore, rampollo di una casata nobiliare, badava molto all’etichetta e un abbigliamento consono lo avrebbe certamente impressionato in positivo.
   Terminato di vestirsi, Coby indossò sul fianco sinistro uno spadino cerimoniale e, scossa rapidamente la testa dai folti capelli rosa per scacciare i cattivi pensieri, lasciò la sua camera diretto all’ultimo piano della caserma in cui si trovava. Dopo aver attraversato numerosi corridoi nella stessa pietra nerastra di cui era ricavato anche il suo alloggio ed essere passato davanti a innumerevoli porte di uffici, ognuna delle quali recante una piastra in metallo dorato a indicare il rango e la funzione dei burocrati che occupavano ciascuna stanza, egli giunse finalmente alla porta dell’ufficio del governatore. Nei pressi dell’ingresso era disteso a terra uno spesso tappeto rosso, un modo per ingentilire l’ambiente per il resto spartanamente militare, mentre di fronte alla porta si apriva un’ampia finestra rettangolare la cui vista si stendeva sul mare circostante l’isola in cui era stata eretta la caserma. Coby tese le orecchie per cercare di captare le voci di eventuali visitatori che avrebbero potuto trovarsi all’interno dell’ufficio, quindi decise di attendere qualche minuto per accertarsi di non stare per interrompere alcun incontro o riunione. La sua decisione rivelò forse un eccesso di zelo, dato che il governatore aveva posticipato ogni impegno della mattina per soprassedere personalmente all’esecuzione della sentenza di Luffy. Ad ogni modo, Coby preferì non correre alcun rischio di indisporre il governatore, così attese un paio di minuti, durante i quali si affacciò alla finestra sul corridoio.
   Non appena egli sporse il viso, un refolo di brezza marina gli accarezzò gentilmente le gote in una maniera che gli ricordò le carezze che Luffy gli prodigava quando erano insieme. A questo pensiero, Coby deglutì e aguzzò lo sguardo verso il panorama che si stendeva davanti ai suoi occhi. Al suolo si apriva un ampio spiazzo realizzato nella stessa pietra nera che era stata usata per erigere la caserma. La piazzola era delimitata ai fianchi da due alte mura sormontate da passaggi in cui dei soldati montavano la guardia armati di fucili. Al centro di entrambe le mura erano stati ricavati due cancelli, i quali costituivano le uniche vie di accesso e di uscita alla struttura, ed essi potevano essere alzati solamente dalle guardie in cima. Il lato centrale dello spiazzo si allungava invece per una ventina di metri sino a lambire il mare che si apriva là dove terminava la piazzola. In questo punto di congiunzione, i Marines avevano ricavato numerosi moli in cui attraccare le navi. Proprio come la caserma, il mare stesso era recintato ai due lati da scogliere alte e ripide, le quali costituivano per i navigatori un serio pericolo e ciò permetteva ai Marines di controllare da vicino il flusso delle navi e di impedire ad eventuali malintenzionati di avvicinarsi alla caserma. L’unica via d’accesso ai moli, e per converso la sola via d’uscita per chi volesse abbandonare l’isola, era offerta dal tratto centrale che si apriva alla fine delle due scogliere parallele. La navigazione era resa ancor più difficoltosa dalle forti correnti che agitavano le acque, in grado di far perdere ai navigatori il controllo delle imbarcazioni oppure, nei casi peggiori, di risucchiare queste ultime nei mulinelli che alle volte si formavano per poi scagliarle contro gli scogli con una violenza quasi deliberata. Coby diede un’ultima occhiata a questo quadro per rivedere le informazioni in suo possesso – quel tratto di mare sarebbe stato il teatro della sentenza di Luffy se il colloquio con il governatore non fosse andato a buon fine – e si allontanò dalla finestra per raggiungere l’ufficio del suo superiore.
   Aperta la porta del locale, Coby vide il governatore seduto dietro la sua scrivania, la testa china su una serie di pergamene di documenti. Il funzionario, che di nome faceva Lloyd Siegfried, era un uomo di statura media dall’aspetto tarchiato, i folti baffi grigi un’indicazione dei suoi cinquant’anni d’età e della sua esperienza e saggezza nello svolgimento del suo mestiere, che praticava da almeno trent’anni. Coby aveva sempre provato una forte ammirazione verso di lui per il modo deciso con cui amministrava la giustizia. Coby abbassò la testa in segno di deferenza, attendendo che il governatore gli desse il permesso di parlare:
   “Oh, Coby, ti attendevo. Saresti disposto a condurre il condannato al molo? Il tempo di timbrare questi incartamenti e arrivo.”
   “Potrei avere una parola al riguardo con lei, signore?”
   “Certo, figliolo. Dimmi pure.”
   “Lei sa bene come io condivida appieno il suo modo di amministrare la giustizia. Lei possiede una profonda conoscenza della legge nautica e la rispetta in ogni suo aspetto, appellandosi sempre al provvedimento più opportuno nonché ai cavilli e ai precedenti che più si addicono ad ogni singolo caso. Premesso questo, signore, mi chiedevo se non potesse tornare sui suoi passi circa la sentenza comminata al prigioniero Monkey D. Luffy. La condanna da lei emessa nei suoi confronti è certamente più che appropriata per un autentico pirata, un criminale che saccheggi e uccida seminando il panico nella popolazione. La punizione capitale fungerebbe da munito per gli altri filibustieri e offrirebbe sollievo alle persone comuni, vendicandole nei torti subiti e rincuorandole sul fatto che i Marines le proteggono con prontezza ed efficacia.”
   “Vieni al punto” tagliò corto il governatore assumendo di colpo un tono infastidito. Coby interpretò questo brusco cambio d’atteggiamento come un segnale d’allarme, ma riprese a parlare.
   “Signore, Monkey D. Luffy non è un vero pirata. Ambisce a divenirlo perché è un ragazzo credulo, che si è lasciato traviare dalle epopee che i pirati costruiscono ad arte per tessere le loro stesse lodi. A parte questo, egli non ha nulla da spartire con la pirateria. Non ha mai torto un capello a un civile come pure a un Marine. Non ha mai sottratto nulla che non gli appartenesse. Non sa nemmeno pilotare una scialuppa” qui Coby si permise un breve risolino per sottolineare come non saper comandare una barca dimostrasse quanto inadatto Luffy fosse per diventare un pirata. “Il crimine di cui si è macchiato, introdursi nella caserma, è stato frutto del caso: si è addormentato dentro un barile sistemato in porto e un Marine lo ha caricato in una delle nostre navi e lo ha portato qui senza che Luffy nemmeno se ne rendesse conto.”
   “E questo dimostrerebbe la sua innocenza? La legge non ammette ignoranza. Ha commesso il crimine di intrufolarsi nella caserma e per questo va punito.”
   “Ma la condanna che avete emesso contro di lui potrebbe essere esagerata” proseguì Coby non consentendo al governatore di interromperlo nuovamente. “Se assumessimo misure così draconiane per una colpa tutto sommato minore, creeremmo un precedente che porterebbe a inasprire oltre misura le punizioni per reati ben più gravi. Inoltre, Monkey D. Luffy è un giovane molto benvoluto presso tutti i villaggi di pescatori dei dintorni. Se lo giustiziamo per un motivo così triviale, la popolazione sarebbe scontenta. Ci percepirebbe come tiranni.”
   “La popolazione ama il condannato, oppure sei tu a farlo?”
   Coby impallidì. Non immaginava che il governatore conoscesse i sentimenti che lo legavano a Luffy.
   “So bene dell’affetto che c’è fra voi due” continuò il governatore Siegfried come leggendogli nel pensiero. “I tuoi colleghi mi hanno riferito del tempo che trascorrete insieme ogni qual volta sei in licenza e perfino adesso, quando sei andato a trovarlo in cella.”
   “I sentimenti che provo per il prigioniero non hanno nulla a che vedere…”
   “Hanno tutto” rispose il governatore alzando la voce “a che vedere con le difese che stai prendendo per Monkey D. Luffy. Non avresti mai l’ardire di discutere il mio giudizio qualora si fosse trattato di qualsiasi altra persona. Sai” continuò l’ufficiale accarezzandosi i baffi “mi sono sentito in colpa quando ti ho affidato il compito di eseguire tu la prima parte della sentenza. L’ho fatto seguendo il protocollo, il quale mi suggerisce di assegnare l’incarico a turno fra i miei sottoposti, e il caso ha voluto che stavolta toccasse proprio a te. Mi è sembrato crudele e più volte ho pensato di sostituirti con un altro. Poco fa, quando sei entrato, volevo domandarti se te la sentissi di affrontare questo compito. Ma dopo l’insolenza che hai usato nei miei confronti mettendo in discussione il mio giudizio e negando che tu voglia riservare al condannato un trattamento di riguardo” giunto a questo punto, il governatore fece una pausa enfatica squadrando Coby dall’alto in basso con occhi iniettati di sangue; in circostanze normali, Coby avrebbe sostenuto il suo sguardo, ma abbassò il capo per timore di indisporre ulteriormente il suo superiore nei confronti di Luffy “ritengo un bene che tocchi a te fare il boia” riprese l’uomo di legge. “Fino a poco fa la condanna di Monkey D. Luffy serviva unicamente a punire la sua colpa. Ora, si è trasformata in un’occasione per testare la tua lealtà verso la divisa che indossi e tutto ciò che essa rappresenta. Opponiti al tuo dovere, e ti espellerò dai Marines, quel corpo a cui hai sempre ambito di appartenere, vanificando ogni sforzo che hai compiuto sinora.”
   Il governatore emise un profondo sospiro.
   “Va’ a prendere il prigioniero nella sua cella e conducilo ai moli. Sei ancora in possesso dalla chiave della sua prigione, presumo.”
   “Sì, signore” rispose Coby in tono funereo.
   “Bene. Come ti dicevo, vi raggiungerò fra poco.”
   Fatto un breve inchino, Coby lasciò la stanza e scese nel piano seminterrato della caserma. I suoi passi veloci risuonarono cupi contro la pietra nera della costruzione.
   Giunto nelle segrete, Coby si fece identificare dal secondino. Mentre questi apriva un’inferriata, Coby trasse dalla tasca posteriore della divisa la chiave della cella di Luffy. La guardò brevemente ricordando di averla usata di nascosto appena poche ore prima. Ricevuto dal secondino il permesso di passare, Coby si avviò per il corridoio.
   Prima di raggiungere la cella di Luffy, Coby rallentò il passo per prepararsi emotivamente allo stato in cui avrebbe trovato il suo innamorato. Immaginava quest’ultimo fuori di sé dalla paura, con l’essenziale mobilio della cella ridotto a pezzi contro i muri e Luffy arrampicato alla finestrella sbarrata che dava sul cortile interno della caserma, urlando la sua innocenza a chiunque fosse stato a portata della sua voce. Invece, la scena che gli si parò davanti fu ben diversa.
   Al centro della stanza, Luffy dormiva beato nel giaciglio improvvisato che lui e Coby avevano realizzato la notte precedente usando la paglia sporca riposta agli angoli della cella. Il giovane pirata dormiva supino con il braccio sinistro dietro la testa a mo’ di cuscino e il sole del mattino che gli colpiva dritto il viso. Luffy teneva il braccio destro sul petto nudo, il quale si sollevava ogni volta che il ragazzo respirava, e aveva il ginocchio della gamba destra inarcato, una posizione che lasciava intravedere il pene a chiunque passasse per il corridoio della prigione. I suoi vestiti – il cappello di paglia, la giacca rossa, i pantaloncini blu, i semplici slip bianchi e le sue scarpe giallognole – penzolavano dall’asse di legno usata come letto, nella stessa posizione in cui Coby li aveva lasciati quando li aveva tirati alla rinfusa prima di fare l’amore con Luffy.
   Di fronte a questo spettacolo, Coby sbuffò divertito. Rigiratasi la chiave tra le mani, aprì la porta della cella ed entrò. Raccolse i panni di Luffy e tenendoli in una pila su di una mano svegliò l’altro.
   “Luffy” lo chiamò a bassa voce mentre lo scuoteva per la spalla.
   “Come ho dormito bene” disse Luffy stiracchiandosi dopo essersi svegliato. Come a volerlo dimostrare, sbadigliò allargando tantissimo la bocca con un’ampiezza resa possibile dai poteri di elasticità del suo corpo. Muovendosi, Luffy fece scivolare la paglia dal suo petto rimanendo completamente nudo sul pavimento della cella.
   “Rivestiti” gli disse Coby porgendogli gli abiti.
   “Perdonami” continuò mentre Luffy si vestiva in tutta calma. “Ho provato a far ragionare il governatore, ma non c’è stato verso.”
   “Ehi non ti preoccupare” gli disse Luffy poggiandogli una mano su un fianco. “C’è sempre una soluzione a tutto. E stavolta il governatore stesso ce ne ha offerta una su un vassoio d’argento.”
   “Sai bene che è difficilissimo” obiettò Coby.
   Luffy, terminato di vestirsi, lo cinse a sé e lo guardò dritto negli occhi. Lo sguardo ridente e la fiducia che si scorgeva negli occhi di Luffy fecero sentire Coby un po’ meglio.
   “Non sai nemmeno comandare una barca così piccola. Come credi che…” ricominciò Coby poco dopo, quando l’ansia lo ebbe assalito di nuovo.
   “Ssssshhh” lo calmò Luffy e lo baciò sulle labbra per non farlo perdere in una serie di congetture catastrofiste come era suo solito.
   “Andrà tutto bene” lo rassicurò passandogli il pollice lungo il collo. Luffy fece per uscire dalla cella, ma Coby lo prese per il braccio trattenendolo. Non dava segno di volersi muovere.
   “Se andiamo…” cominciò a parlare Coby.
   “Se non andiamo verranno le altre guardie e forse mi uccideranno qui. Se invece saliamo, ho una possibilità di scampo.”
   Coby aprì la bocca per replicare, ma non trovò motivo di farlo: ciò che aveva detto Luffy era vero. Il cuore in gola, Coby andò all’armadietto posizionato contro il muro del corridoio e ne prese delle rozze manette che mise ai polsi di Luffy. Dopodiché, essi uscirono dalla cella e procedettero per le segrete camminando Luffy davanti e Coby dietro, quest’ultimo con una mano sulla catena delle manette e l’altra che sospingeva delicatamente la schiena dell’amato. Quando raggiunsero la piazzola al piano terra della caserma, il governatore era già lì ad attenderli, accompagnato da un soldato munito di tamburino al collo. Dall’alto dei camminatoi, le guardie armate osservarono ogni mossa dei due. Coby si fermò sui suoi passi, quindi toccò a Luffy continuare a camminare imprimendo forza nelle gambe per trascinare dietro di sé Coby.
   “Monkey D. Luffy” esordì il governatore Lloyd Siegfried con voce grave, manifestazione dell’autorità sua e della legge “come rientra nei suoi diritti, le riepilogo la condanna che le è stata comminata.” Ciò detto, l’uomo si voltò in direzione del mare, indicandolo con un ampio gesto del braccio. “Per essersi introdotto in maniera illecita nella caserma dei Marines, custodi del mondo marino e del suo ordine, la legge la obbliga a riparare al danno subito: con la decapitazione” qui il governatore fece un cenno della testa verso uno dei Marines in cima ai passatoi, il quale portava in mano un’enorme ascia da boia e un ceppo di legno in cui deporre il capo del condannato a morte “se” riprese il governatore dopo una pausa significativa, volta a far comprendere a Luffy la gravità della condanna “non darà al mare la riparazione che esso cerca: lei e Coby salirete ciascuno su di una scialuppa” il governatore indicò con un gesto della mano due piccole barche, attraccate ai due lati del molo più piccolo e più vicino alla riva, ognuna dotata di una vela dalla forma a triangolo scaleno e un timone “e lei darà prova della sua perizia nella navigazione: se riuscirà a superare la scogliera e a raggiungere il mare aperto, sarà libero; se però Coby la agguanterà prima, allora verrà ricondotto qua e il boia avrà la sua testa.”
   Terminata la spiegazione, il governatore Siegfried squadrò da capo a piedi Luffy e Coby, in attesa che questi sollevassero domande o obiezioni. Non ve ne furono.
   “Coby, libera le mani del prigioniero.” Ricevuto l’ordine, Coby trasse dal taschino anteriore della divisa la piccola chiave delle manette. Tuttavia, le sue dita ebbero un tremito e la chiave cadde a terra. Coby si chinò a raccoglierla. Il governatore ne approfittò per dirgli: “Mi aspetto che tu svolga il tuo dovere al meglio. Non deludermi.” Coby ignorò il tono minaccioso usato dal suo superiore e aprì le manette. Luffy emise un sospiro di sollievo e scosse le braccia per sciogliere i muscoli.
   Il gruppetto composto dal governatore, il tamburino, Coby e Luffy si mosse verso le banchine, osservati attentamente dalle guardie sopra le mura. Mentre si avvicinavano alle barche, il tamburino cominciò a suonare il suo strumento dapprima con un ritmo lento, sbattendo le bacchette sul tessuto rigido del tamburo con dei colpi secchi che produssero un suono grave e vibrato per poi incalzare il ritmo mano a mano che Luffy e Coby marciavano. Giunti alle barche, Coby salì sulla scialuppa attraccata alla destra del molo, mentre Luffy quella alla sinistra. Un’enorme nave della flotta dei Marines trainò le scialuppe per un tratto, dopodiché le funi che avevano sospinto le imbarcazioni vennero tranciate e la nave rientrò in porto. Coby e Luffy, divisi da una decina di metri d’acqua, si guardarono l’un l’altro, quindi si voltarono verso il governatore e il tamburino rimasti a riva. Sebbene il vento ululasse forte e sollevasse alti spruzzi di acqua marina e schiuma impedendo di vedere e sentire bene in lontananza, Coby e Luffy videro il governatore estrarre una piccola pistola da una tasca interna della sua divisa. L’uomo caricò un colpo, puntò l’arma verso il cielo e sparò, decretando l’inizio della competizione nautica.
   Senza perder tempo, Coby e Luffy si lanciarono ad aprire la vela e orientarla verso ovest, la direzione dalla quale soffiava il vento. Le vele si gonfiarono e le scialuppe si mossero. Coby e Luffy presero quindi il timone. Entrambi procedettero diritti in direzione dell’apertura della scogliera, decisi a seguire la via più lineare per raggiungerla. Dopo aver coperto una cinquantina di metri, Coby si accorse che la sua imbarcazione opponeva una certa resistenza per via di una corrente che scivolava da destra a sinistra sotto il pelo dell’acqua. Resosi conto di questo, Coby virò verso sinistra in modo da non lottare contro tale corrente, ma anzi da sfruttarla a suo vantaggio. Infatti, la scialuppa riprese ad avanzare fluida lungo la superficie del mare. Con la coda dell’occhio, Coby notò che a ridosso degli scogli alla sua sinistra si erano formati dei mulinelli. Per non rischiare di venirne risucchiato, virò la prua leggermente verso destra, in maniera da resistere ad eventuali correnti contrarie che avrebbero potuto sospingerlo in quella direzione. Presa questa precauzione, Coby proseguì.
   Percorso un altro centinaio di metri, Coby si osservò intorno alla ricerca di Luffy, ma non lo vide né accanto né davanti a sé, dunque si voltò all’indietro. Un brivido lo attraversò: Luffy aveva imboccato la corrente e, la vela gonfiata dal vento quasi fino a strapparsi, la sua scialuppa marciava dritta verso i mulinelli e gli scogli. Se non avesse modificato la rotta in breve tempo, Luffy sarebbe stato risucchiato da un vortice o si sarebbe schiantato contro le rocce. Coby, il corpo irrigidito dal nervosismo, si rigirò verso il timone.
   “Devo salvarlo, o morirà. Rischia la vita già affrontando il mare senza saper navigare, e seppure sopravvivesse alla prova non potrà vincere ormai e verrà giustiziato. Se lo salvo, infrangerò il giuramento di Marine; se non lo salvo, morirà.”
   Coby ricordò la conversazione che aveva avuto con Luffy la sera prima. Sdraiati sul pavimento della cella, Coby teneva la testa poggiata sul petto nudo di Luffy.
   “Perché vuoi diventare un pirata?” gli domandò.
   “I pirati possono fare quello che vogliono: esplorano il mondo, conoscono persone nuove, mangiano dove, quando e cosa vogliono… Sono liberi. Voglio esserlo anch’io e permettere a tutti di essere liberi.”
   “Se tutti fossero liberi” disse Coby “i più forti ne approfitterebbero per imporre la loro volontà sui più deboli. La libertà verrebbe sostituita dalla legge del più forte. Ho vissuto tanti momenti brutti a causa di questo” osservò Coby rabbuiandosi in volto “e non voglio che si ripeta. Né per me, né per nessun altro. Per questa ragione mi sono arruolato nei Marines: l’ordine che creano garantisce stabilità e sicurezza.”
   “Queste che chiami stabilità e sicurezza” gli rispose Luffy “non sono che un altro nome con cui chiamare la legge del più forte. Guarda noi: io sono rinchiuso in una cella, in attesa di essere ucciso o in mare o decapitato, semplicemente perché sono entrato in un luogo in cui i Marines hanno proibito l’ingresso ai civili; allo stesso modo, tu rischi di perdere una persona cara e per vedermi devi infrangere un’altra legge. Questo è il contrario della libertà. La legge del più forte crea limitazioni: la libertà dona l’opportunità a tutti di essere felici.”
   Luffy aveva ragione, si disse ora Coby: la stabilità e la sicurezza imposte dai Marines erano una legge del più forte malamente mascherata. Egli aveva esitato a infrangere il giuramento per non rinnegare i suoi ideali, ma questi ideali lo avevano spinto in una situazione in cui mai avrebbe voluto trovarsi, quella di perdere la persona che più amava al mondo. Coby girò il timone di centottanta gradi e la scialuppa virò la prua in direzione di Luffy.
   “Luffy” gridò Coby una volta avvicinatosi all’altro. Nel frattempo che Coby aveva cambiato rotta, Luffy era andato ormai a ridosso dei mulinelli. La sua scialuppa cominciava a subire dei violenti scossoni dovuti all’acqua che si muoveva rapida in cerchi concentrici.
   “Ce la fai a trasbordare sulla mia barca?”
   Alle parole di Coby, Luffy lasciò all’istante il timone, tanta era la fiducia che riponeva nel fidanzato, e allungò le braccia grazie ai suoi poteri sino ad afferrare la cima dell’albero dell’altra scialuppa, quindi si tirò dentro la barca di Coby mentre la propria veniva catturata dal mulinello. Luffy piegò le ginocchia, sollevato per lo scampato pericolo. Dal canto suo, Coby manovrò per riprendere la rotta verso l’uscita della scogliera. Dovette concentrarsi molto per effettuare questo cambio di direzione, ma non appena poté scoccò un sorriso sgargiante a Luffy. Questi gli saltò al collo felice e prese a baciarlo su tutta la superficie del viso. Coby rise divertito.
   “È questa la libertà di cui mi parlavi?”
   “Sì. È stupenda, vero? Dopo che l’hai assaggiata la prima volta, non puoi più farne a meno.”
   Coby sorrise alla metafora mangereccia di Luffy. Avrebbe voluto abbracciarlo di rimando, ma non poté lasciare il timone.
   “Controlla cosa fanno le guardie” chiese a Luffy.
   “Signorsì, capitano.”
   L’aspirante pirata, mollata la stretta attorno al collo di Coby, si slanciò a prora. Il furore del vento spazzò via ogni suono quindi non sentì cosa le persone a riva si dicessero, ma il governatore urlava rivolto verso di loro, la faccia completamente paonazza, mentre il tamburino farfugliava qualcosa alle guardie scese sullo spiazzo, ma queste facevano di no con la testa: probabilmente avevano ricevuto l’ordine di sparare ai fuggiaschi, ma il vento avrebbe deviato la traiettoria delle pallottole.
   “Credo che il governatore ti stia lanciando una bella sequela di insulti. Oh, e probabilmente sei radiato dai Marines.”
   “Tanti saluti” rispose Coby gettando in acqua lo spadino cerimoniale. La libertà lo aveva già conquistato.
   “Manovra la vela. Facciamo rotta per il più vicino villaggio. Da lì cercheremo un posto in cui stare” disse a Luffy una volta raggiunta l’uscita della scogliera.
   “Signorsì, capitano” quest’ultimo rispose ridendo.
   
 
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