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Autore: AthenaD    24/12/2023    2 recensioni
Come sedurre un famoso libertino, smisuratamente ricco e corteggiato, se siete una fanciulla giovanissima e senza alcuna esperienza, per salvare le vostre sorelle da un matrimonio senza amore?
Un omaggio alla grande Georgette Heyer, indiscussa regina del regency. Una storia romantica (spero) deliziosa che vi regali un breve sogno ad occhi aperti.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Ippolita Carlyon Seriff riuscì per puro miracolo a prendere al volo il vaso di porcellana di Sevres che stava per precipitare al suolo. Aveva urtato il delicato comò francese sul quale era posato, nel tentativo di trovare un angolo con una vista privilegiata sull’ingresso e in effetti, pur se scarsamente comoda, la posizione raggiunta, le permetteva di vedere, dall’alto ballatoio, tutti gli invitati al ballo di debutto di sua sorella Allegra.
Era assolutamente furibonda che non le avessero consentito di partecipare. Dopotutto avrebbe compiuto sedici anni il mese prossimo e averla costretta nella nursery, come una lattante, era una violenza bella e buona!
Non che la preparazione del ballo non fosse stata emozionante. Lady Griselda Carlyon Seriff, a dispetto delle gravi ristrettezze economiche, aveva voluto fare le cose in grande. L’unica cosa che. sembrava, era stata davvero impossibile da acquistare, era un abito da ballo anche per la figlia minore.
“E’ semplicemente assurdo che io non possa partecipare!” si era lamentata Ippolita, con gli occhi lucidi di lacrime, già dal Tragico Pomeriggio di due mesi prima.
“Sei una bambina-aveva ribadito Lady Griselda esasperata, mentre madame Ivonne provava gli abiti alle sue sorelle. Una nuvola di crespo bianco con un ampio panier veniva appuntata intorno alla vita snella di Allegra, che debuttava in società, mentre per Charlotte, di un anno più giovane, si era scelta una seta rosa pallido, ma con deliziosi ricami di roselline in taffetà -E al momento sei totalmente inutile sul mercato matrimoniale. Non posso assolutamente spendere altro denaro per te. Siamo indebitati fino al collo!... Non che questo conterà qualcosa, quando la mia Allegra avrà sposato il marchese di Avedon...”
“Io non sposerò Avedon!” Sibilò Allegra volgendosi come una serpe, cosa ben poco in accordo con il suo aspetto da angelo rinascimentale, mentre madame Ivonne balzava indietro con gli spilli in mano.
Il Tragico Pomeriggio, infatti, aveva portato una lettera di sua signoria, con una proposta di matrimonio, per una delle giovani signorine, senza specificare quale, che aveva letteralmente sconvolto la famiglia Carlyon Seriff e portato più scompiglio in casa di quanto già non ve ne fosse.
“Zitta, sciocca. Certo che sposerai Avedon! A meno che, ovviamente sua signoria non preferisca Charlotte.” Charlotte sgranò gli occhioni blu volgendosi come una furia “Piuttosto che sposare un vecchio, a diciassette anni e prima ancora di avere avuto un vero debutto e una vera Stagione, mi impiccherò a una trave della torre!”
“A quale di preciso?” si informò Lady Griselda esasperata “Così mi accerterò che ti portino una scala.”
“Mamma siete senza cuore!” gridarono in coro le sorelle furibonde.
“Si. Davvero senza cuore!” Aveva ribadito Ippolita imbronciata.
“Oh, ma smettila- Allegra con gli occhi pieni di lacrime era scesa dal tavolino sul quale stava in piedi a provare l’abito e fronteggiava Ippolita, piena di risentimento -tu ti lamenti perché non puoi partecipare a un ballo, ma io e Charlotte rischiamo la vita! Ne va della nostra felicità futura! Come puoi essere così egoista? Credi che questo ballo non sarà una tortura? Quale piacere potrei mai ricavarne? La mamma mi mette sul mercato matrimoniale come...come se fossi una mucca!”
“Io non ti tratto affatto come una mucca!” Gridò lady Griselda strappando di mano alla figlia il ventaglio in avorio della bisnonna, che costava una fortuna, e che ella brandiva senza la minima considerazione. “Si invece! Una mucca!!! Volete darmi in sposa a un perfetto sconosciuto, mezzo francese e mezzo scozzese, oltretutto, praticamente un barbaro! E non potrò sposare il mio Archibald, se sarò costretta a immolarmi per il bene della famiglia e anche Charlotte non potrà mai trovare l’Amore, se quel libertino dovesse invece scegliere lei...”
“Allegra! Ti proibisco di parlare così! Libertino? Sua signoria ci ha fatto l’onore di chiedere una di voi in sposa, rispettando la promessa fatta a suo tempo a vostro padre, pace all’anima sua, anche se nulla al mondo avrebbe potuto costringerlo a sposare una ragazza senza dote! Il suo patrimonio è uno dei più ingenti di Inghilterra e sua signoria è un gentiluomo bello e galante! Avrebbe potuto scegliere chiunque! Tutte invidieranno la prescelta! Tutte! Non capisco di cosa mai vi lamentiate! Non lo avete neppure mai visto! -Detto questo fece per uscire trionfalmente dalla stanza, ma si fermò e si volse di nuovo a guardare la figlia- E comunque, quanto al tuo Archibald, tu non sposerai un figlio cadetto senz’arte né parte finché io avrò vita. E questo chiude la questione!” Così dicendo, la gentildonna se ne andò in un frusciare rabbioso di seta pervinca.
Ippolita, meditabonda, aveva guardato le sorelle in lacrime una nelle braccia dell’altra. Erano belle davvero. Due angeli da rinascimento italiano, bionde, flessuose, dai grandi occhi azzurri e anche di buon carattere, nonostante l’attuale umore ribelle. Certo era triste che una di loro dovesse sposare un uomo tanto più anziano e con una reputazione così terribile. Appena si parlava di Avedon tutti abbassavano il tono di voce e le dame nascondevano il volto dietro al ventaglio, arrossendo più o meno violentemente, però a quanto pareva, la buona società era ben lontana dal metterlo al bando. Oltretutto, la loro famiglia non aveva avuto un momento di pace, nell'anno seguito alla morte del padre, che le aveva lasciate in un lutto desolato e indebitatissimo. Erano quattro donne sole in un mondo in cui, per una qualche incomprensibile ragione, non vi era modo per una nobildonna di guadagnarsi da vivere. Così, i servi erano calati di mese in mese, mobili e gioielli erano stati venduti e intere stanze della grande casa su Grosvenor Square (sul lato meno elegante!) erano vuote. I debiti non cessavano di accumularsi pericolosamente.  Il loro lignaggio e una considerevole dose di bellezza era tutto ciò che avevano e l’arrivo della lettera del marchese era stata la prima volta in cui Ippolita aveva visto una luce di autentico sollievo accendersi nella faccia di sua madre, da quando le loro disavventure erano iniziate. 
Non c’era scelta. Una di loro doveva sposare il marchese.
Ma in fin dei conti, perché avrebbero essere le sue sorelle a sacrificarsi?
Forse Allegra aveva ragione e Ippolita pensò che avrebbe potuto fare qualcosa di più per la sua famiglia che piagnucolare per un ballo.
Frattanto tutto il bel mondo londinese, in un vortice colorato di cipria e sete, sciamava nell’atrio della loro dimora pesantemente ipotecata. Ippolita, dal ballatoio che fronteggiava l'ingresso, guardava a occhi sgranati le dame dalle acconciature impossibili, e i gentiluomini impettiti in marsine grondanti pizzi, che affollavano la casa, chiedendosi chi mai potesse essere, tra tutti quegli stupefacenti individui, sua signoria il marchese di Avedon.
Forse l'anziano dal volto troppo dipinto, in marsina color albicocca che si inchinava ad Allegra? O forse l'individuo robusto dalla carnagione grigiastra sotto al belletto, che guardava con aria truce il salone affrescato?
Fu dopo oltre un’ora di attenta osservazione che Ippolita vide invece Gustave, il gattino di Allegra, che sfrecciava attraverso le grandi porte finestre che davano sul giardino.
 
La sala da ballo era un locale di debordante opulenza, che un avo dei Carlyon Seriff, evidentemente in condizioni economiche decisamente migliori di quelle in cui versava la famiglia al momento, aveva fatto affrescare a un artista italiano, che non lesinava in trionfi di divinità pagane seminude e rubicondi putti. Miss Allegra e miss Charlotte, circondate da ammiratori, stavano riempiendo velocemente i loro carnet per le danze, che si sarebbero aperte di lì a poco. L’orchestra suonava ancora una musica di sottofondo e un gentiluomo di statura imponente, vestito di una sobria marsina di seta blu, i cui bottoni erano diamanti delle dimensioni di una nocciola, uscì dalla sala da ballo, dove il caldo si stava facendo opprimente per oziare nell’ampia terrazza, illuminata dalla luna.
La serata di fine giugno era squisitamente dolce e il gentiluomo si sentiva di umore bizzarro. Miss Allegra era indubbiamente molto bella. La fanciulla era arrossita violentemente quando si era chinato sulla sua mano, aveva balbettato un ringraziamento, quando le aveva chiesto un ballo e si era tormentata un boccolo con la manina bianca, apparentemente intimorita forse dalla prestanza fisica del gentiluomo o da quello sguardo che la soppesava. Il lignaggio era perfetto. La fanciulla era deliziosa. La dote inesistente era un problema irrilevante ai suoi occhi. Cos’altro si poteva desiderare? Dopotutto aveva dei doveri ed era decisamente tempo di prendere moglie.
Nel cortile però, una figuretta agile, vestita d’azzurro, si stava arrampicando su una quercia e pareva in qualche modo in difficoltà.
Il gentiluomo scese i pochi gradini che separavano la terrazza dal giardino. La musica laggiù quasi non si udiva, ma un miagolio insistente e lamentoso turbava il frinire dei grilli.
“Gustave! Stupida bestia! Sto cercando di aiutarti? Non vedi? Oh, come si può essere tanto sciocchi?” e così dicendo una fanciulla alta, dai lunghissimi capelli bruno-ramati, raccolti in una treccia scarimigliata, cercava un appiglio col piedino scalzo, per salire ancora e mettersi a cavalcioni di un ramo, mentre un gattino terrorizzato e rabbioso, ormai raggiunto, le graffiava la mano. “Oh, questa poi! Ora ti lascio qui!!!” protestò Ippolita irritata, ma allungando di nuovo la mano, riuscì ad afferrare l’animale.
“Passatelo a me, petite, o finirete per farvi scorticare viva”
Ippolita si volse in basso sorpresa e vide, un gentiluomo dai lineamenti arroganti i cui lunghi capelli incipriati, legati semplicemente con un nastro, rilucevano bianchi alla luce della luna.  Egli le tendeva una mano ed era così alto che la ragazza, sporgendosi dal ramo, riuscì a passargli il gattino che subito balzò a terra e scomparve con un miagolio di disappunto. Intanto la fanciulla cercò un appiglio per il piede, che non riuscì più a trovare e nel tentativo di scendere, perse la presa, finendo direttamente tra le braccia di lui. Egli l’afferrò senza sforzo apparente.
Ippolita si trovò per un istante avvinghiata all’uomo, che le affondò nello sguardo limpido, prima di porla delicatamente a terra.
“Che imbarazzo!-esclamò alzando su di lui i grandi occhi turchini-Non ero mai scivolata arrampicandomi su un albero, credetemi, non sono affatto così goffa, ma lo stupido gatto di Bella mi ha graffiata a sangue…”
“Si, indubbiamente è stato un salvataggio alquanto coraggioso -le sorrise lui di rimando -anche se, mi domando, quanto necessario…”
“Molto necessario, milord, ve lo giuro, solo la settimana scorsa, Gustave si era arrampicato così in alto che non riusciva più a scendere, non faceva che miagolare e se non ci fosse stato il nipote del maggiordomo, io non credo sarei riuscita a salire tanto in alto, se mai mia madre me lo avesse permesso…quindi, vedete, meglio avere evitato che la cosa si ripetesse, o sarebbe potuto rimanere a piangere in cima alla quercia per tutta la notte!”
“Vedo” Rispose lui “Volete farmi dare uno sguardo alla vostra mano?”
Ippolita nascose la mano nelle pieghe dell’abito ormai piuttosto lacero “Oh no, non è nulla…ma voi…voi, certo, dovreste essere alla festa... non dovreste essere qui…”
L’ampia bocca sensuale di lui sorrise appena e il bel viso severo si addolcì di colpo  “Petite, raramente io faccio ciò che devo…”
“Oh…mormorò lei…suppongo sia molto piacevole, poter essere padroni della propria vita fino a questo punto…”
“Suppongo lo sia. Ma stento a credere che una dama della vostra età possa avere doveri che la affliggono tanto. Mi sbaglio?”
“Oh, no, cioè, in verità sì, ho un dovere molto oneroso verso la mia famiglia, ma non so davvero come fare per poterlo compiere…”
Il gentiluomo si sedette su una panca di pietra ai piedi della quercia. “Davvero? Giuro che avete davvero stuzzicato la mia curiosità. Non volete dirmi di che oneroso dovere si tratta? Potrei forse venirvi in aiuto.”
“Milord…non credo! Inoltre, siamo in una situazione terribilmente sconveniente... non ci conosciamo e io sono impresentabile- Ippolita cercava di lisciarsi le pieghe dell’abito azzurro ormai irrimediabilmente sgualcito e troppo corto- e non so se dovrei confidare a un perfetto estraneo le mie pene…”
“Io vi trovo deliziosa. Molto...rinfrescante, mia cara e dopotutto, vi ho appena salvata da una rovinosa caduta, così come voi avete salvato Gustave, non pensate che questo ci renda meno estranei?”
Ippolita ci rifletté un istante e parve convenirne. “Vedete…il fatto è, appunto che io sono tutt'altro che libera di vivere come meglio credo. E so che vi parrà assai strano, ma mi trovo nella necessità di dovere assolutamente trovare il modo di sposare il marchese di Avedon e salvare le mie sorelle…Ma non ho idea di come potrei mai convincere un qualunque gentiluomo a scegliere me anziché Allegra o Charlotte, che sono delle Vere Bellezze, mentre io, secondo mia madre, sono poco più di una selvaggia! Anche se, dopotutto, pensavo, non sono poi così male, sono forse un po’ troppo alta…e certo i miei capelli sono tutt’altro che biondi, ma il mio naso non è brutto e i miei occhi sono esattamente dello stesso colore di quelli delle mie sorelle, non credete? E magari, pensavo, un nobiluomo di tale prestigio, potrebbe non essere tanto interessato alla bellezza di una moglie, ma al lignaggio e al fatto che possa essere una buona marchesa, non credete? E, inoltre, voi non preferireste avere una moglie consenziente?”
Il gentiluomo apparve interdetto e la fissò intensamente nella penombra del giardino “Oh, non vi è dubbio! Personalmente trovo il vostro naso e il colore di vostri occhi davvero adorabili e la vostra mi sembra un’analisi molto acuta” Il gentiluomo prese una tabacchiera smaltata e annusò una piccola presa di tabacco, offrendone a Ippolita. “Le dame non annusano tabacco!” Sgranò gli occhi lei incerta. “No? E perché mai?”
“Già…e perché mai?” Così dicendo ella prese una piccola quantità che pose sul dorso della mano e annusò delicatamente. Non era affatto male...
“Dunque mi dicevate, questo matrimonio con il povero Avedon, alle vostre sorelle, è tanto sgradito?”
“Oh, sì! Allegra è innamorata di uno spiantato e Charlotte sogna il Grande Amore, e a quanto pare, il marchese è un anziano libertino! Come potrebbero mai essere felici?”
Il sopracciglio bruno si inarcò appena mentre lo sguardo dorato del gentiluomo si levò di scatto in un lampo di sorpresa, per poi riabbassarsi sulla presa di tabacco. “Indubbiamente…come potrebbero? E voi desiderate ugualmente sacrificarvi al posto delle vostre sorelle, e mettervi in mano a un anziano libertino, mia piccola cara? Non sognate l’Amore?”
“L’Amore? Beh, io…Non è che non ci abbia proprio mai pensato, vedete…” Ippolita sedette sulla panca al fianco del gentiluomo e raccolse sotto di sé i piedi nudi guardando la luna. La presenza di lui la faceva sentire fuori dal tempo, come in un sogno e il suo profumo di fiori bianchi e tabacco, aveva qualcosa di stranamente ipnotico. “Il fatto è che io non ho ancora trovato un uomo che mi piacesse davvero…pertanto, suppongo sarebbe più facile per me forse anche affezionarmi al marchese, se non avesse proprio un carattere orribile…poi, certo, essere un libertino è molto disdicevole, ma io mi domando se un uomo con tanta esperienza di donne, debba essere poi così spiacevole…-
Il gentiluomo rise sommessamente a quella perla di saggezza mondana e Ippolita, avvedendosene, arrossì fino alla radice dei capelli - …voglio dire…non si può essere un libertino se non si sa come piacere alle donne…sbaglio? Sebbene, certo, debba avere almeno 35 anni ormai…”
Il gentiluomo non riuscì più a resistere. Buttò indietro la testa e scoppiò francamente a ridere “Trentaquattro, cherie”
“Trentaquattro? E voi come lo sapete, lo conoscete?”
“Oh si, molto bene, abbiamo la stessa età!”
Ippolita soppesò l’interlocutore con attenzione. Lui era davvero bellissimo, anche se, certo, non nel modo dolce e convenzionale dell’innamorato di Allegra. Il naso arrogante, il volto dai lineamenti cesellati di una gelida perfezione, reso sensuale da una bocca larga e voluttuosa, gli occhi di un colore che ricordavano lo champagne e una particolare grazia nei gesti che dava un’impressione di forza trattenuta. “Davvero? Oh, ma voi non siete vecchio! Sposare Avedon potrebbe non essere tanto male, allora! Certo è seccante non averlo mai visto, ma pare sia quasi sempre a Parigi, sua madre è francese, sapete…Dopotutto, credo mi piacerebbe vivere a Parigi! E a quanto mi dicono, sembra che il marchese sia assai bello…anche se non penso possa esserlo più di voi!” concluse candidamente abbassando gli occhi a terra “Quindi, vedete, potrebbe non essere proprio un grande sacrificio!”
Lui la guardava con quegli occhi di pallido oro e cercava di ricomporre il viso ad una certa gravità, sebbene da tempo non gli fosse capitato di divertirsi tanto. “La vostra saggezza mondana, mademoiselle, è pari soltanto alla vostra grazia.” Ma Ippolita dovette pensare che fosse ironico, perché abbassò gli occhi imbronciata.
“Milord, avete appena detto che posso fidarmi di voi e ridete delle mie confidenze? Vi sembra corretto?”
“No, petite, avete ragione...non riderò più. - nel frattempo, Gustave era tornato e si stava strusciando sulle calze in seta bianca del gentiluomo e sulle sue scarpe dalle fibbie tempestate di brillanti -vedete...mi auguro davvero di no. Cioè, mi auguro che non resterete delusa e che sposare Avedon si rivelerà un sacrificio tollerabile, quanto poi il marchese sia bello, starà a voi giudicarlo.”
“Sono certa che sarà così! Sposerò Avedon e sarà un perfetto matrimonio alla moda. Non interferirò nelle sue piccole liasons e sarò una marchesa il più possibile soddisfacente. E in cambio lui consentirà alle mie sorelle di avere una buona dote e suppongo che non mi lesinerà abiti da ballo, lasciandomi nascosta nella nursery quando c’è una festa, come stasera!”
“E’ dunque questo che è successo? Siete stata esclusa dal ballo perché non vi è stato comprato un abito? Oh…cherie…Beh, mia cara bambina, che una volta marchesa avrete innumerevoli abiti da ballo, gioielli a volontà e non verrete nascosta nella nursery quando c’è una festa, mi sento di garantirvelo a nome di Avedon.”
Ippolita sorrise. “Dunque, vedete, il solo problema è indurlo a sposare me!
Ma, in realtà, milord, ho un piano!!”
Il gentiluomo si prese il mento tra le dita. “Un piano per convincere il marchese a scegliere voi?”
“Esattamente! Mi sono informata e ho saputo che è una straordinaria frusta! E’ membro del four horses club e, a quanto pare, non c’è nulla che apprezzi più di una bella cavalcata. Quindi, vedete, io suono male e ricamo peggio, ma cavalco in modo eccellente. Mio padre diceva che ero un talento naturale, forse perché mi chiamo come la regina delle Amazzoni; per cui, pensavo, se riuscissi a sapere a che ora è solito recarsi a cavalcare al parco e trovassi il modo di incontrarlo, non pensate che potrebbe rimanere colpito dalla mia abilità? Le mie sorelle odiano cavalcare. Una moglie che cavalca bene e senza mai stancarsi, potrebbe forse essergli più gradita…”
“Non c’è dubbio. Un piano astutissimo!” convenne il gentiluomo.
“Si.-ammise lei orgogliosa alzando al cielo il piccolo naso ben disegnato-
Ma…milord, poiché lo conoscete, ditemi, lui è…è davvero un libertino?”
Egli si strinse appena nelle spalle e guardò le coppie danzanti che si intravedevano oltre le tende, nella sala “Si, petite, temo si possa dire che Avedon è un libertino ma, vedete…ci vuole tanto poco a scandalizzare la buona società, al giorno d’oggi… e sono più che certo che, quando vi conoscerà, non potrà che affezionarsi a voi. Inoltre, sono certo che sarà, a modo suo, un marito devoto per la donna che sceglierà di sposare.”
“Forse è davvero così…e se mi accettasse, pensate che sarei una marchesa all’altezza?”
Egli si chinò a sfiorare con le labbra la mano scorticata. “Mia cara, voi sarete una marchesa eccellente”
 
Ippolita cavalcò nel parco per i tre giorni successivi, nelle ore più affollate, ma di Avedon neppure l’ombra. Soltanto una mattina, alquanto nebbiosa, ella scorse un’alta figura che cavalcava con grazia negligente lungo un sentiero poco battuto. Ebbe l’impressione che la fissasse e fu tentata di cambiare strada, quando qualcosa le fece pensare che fosse appunto il gentiluomo da lei incontrato alla festa. Allora tentò di avvicinarsi, ma egli, dopo una breve pausa, sparì nella nebbia.
A quanto pareva il piano era fallito, tanto che, la quarta mattina la ragazza cominciò a scoraggiarsi e sedette nel bovindo a rimirare tristemente la pioggia, che aveva preso a cadere fitta su Grosvenor square. La piazza era deserta e perfino il tempo non sembrava disposto a favorirla.
Tuttavia, se Allegra comunque non demordeva nella sua passione per il suo cadetto privo di mezzi, Charlotte, che aveva incontrato il marchese al ballo, era rimasta alquanto colpita da quello sgradito corteggiatore e, abbandonati i propositi suicidi, pareva molto meno contrariata dal rischio di doverlo sposare. A quanto pareva, dopotutto, trentaquattro anni non facevano di un uomo un vecchio. Il marchese era davvero incredibilmente bello, vestiva con gusto squisito, aveva modi eccellenti e non si era mai visto un ballerino tanto abile. Inoltre, aveva una conversazione assai brillante e l’aveva fatta ridere fino alle lacrime. Pertanto, non si poteva affatto dire che ella non se ne potesse innamorare… Questo sollevava molto Ippolita, che, pur non riuscendo a togliersi dalla mente lo sconosciuto salvatore ed essersi più volte pentita di non avergli chiesto il nome, aveva comunque cercato con impegno Avedon, in modo da poter tenere fede ai suoi propositi, pur con scarso successo.
A questo punto, comunque, tutto sembrava sistemato. Probabilmente la scelta del marchese sarebbe caduta su Charlotte e la famiglia sarebbe stata comunque salva.
Le tre sorelle prendevano il tè in un salotto interamente tappezzato a cineserie, che erano tanto di moda e che loro madre aveva ritenuto abbastanza indispensabili da indebitarsi ulteriormente, per ristrutturare. Povera mamma, pensava Ippolita, il denaro le scorreva letteralmente a fiumi, attraverso le mani. Non c’era da stupirsi che fosse necessario un matrimonio di convenienza, per una di loro.
Tutte e tre insieme, le sorelle Carlyon Seriff in mussoline pastello, riunite intorno al tavolino da tè, rappresentavano un quadretto delizioso, Lady Griselda entrò precipitosamente con una lettera in mano, in uno stato di eccitazione incontenibile. “Piccole mie! Piccole mie! Non ci potrete mai credere! Mai!”
“Che cosa, mamma?” le fanciulle risposero in coro.
“Avedon! Una lettera di Avedon!”
“Si prende Charlotte? -domandò Allegra speranzosa- dopotutto Charlotte dice che non si impicca più…” Charlotte le fece la linguaccia da dietro le spalle della madre, ma alzò il volto, acceso di aspettativa.
“Oh, no, Avedon ha deciso irrevocabilmente che vuole Ippolita!”
“Ippolita???” Charlotte pareva che avesse inghiottito un limone e Allegra era sconcertata. “Ma non può, Ippolita è una bambina…”
“Beh, sarà una bambina ma Avedon dice che l’ha vista cavalcare nel parco e se ne è istantaneamente innamorato. Dice che vuole Ippolita, che se lei vorrà accettarlo, è disposto ad attendere i suoi diciassette anni, per celebrare le nozze, in modo da darle il tempo di conoscerlo, e indipendentemente dal fatto che ella accetti o meno, sarà suo piacere fornire le doti per i matrimoni delle sue sorelle maggiori, in quanto dice di comprendere il mio probabile disappunto nel vedere la sorella minore sposata prima delle due maggiori…”
“Le doti? Oddio! Ma è incredibile!” Allegra e Charlotte guardavano ad occhi sgranati Ippolita, che se ne stava attonita e immobile sulla poltrona. “Ippolita, dì qualcosa, su-la sollecitò la madre, versandole un’altra tazza di tè- sarai marchesa! Sarai una delle donne più ricche del regno! ...il buon dio mi fulmini se capisco come sia mai potuto succedere…un uomo come Avedon invaghirsi di una scolaretta solo perché cavalca bene, ma chi può mai dire cosa attragga un uomo? E le vostre doti? Oh, io mai, mai e poi mai avrei sognato una fortuna simile.
“Ippolita?”
Due grosse lacrime scivolavano sulle guance della fanciulla che rideva e piangeva insieme “Mia cara sei sconvolta-disse Allegra alzandosi di scatto-lascia che ti prenda i sali!”
“Oh, ma che sconvolta! Lui le lascia un anno di tempo, si conosceranno e sono certa che Ippolita sarà la più felice delle spose! Un castello enorme nelle Lowlands, un palazzo a Parigi, un castello nel sud della Francia, un panfilo, decine di cavalli e carrozze! -Lady Griselda si sventolava con la lettera come se il pensiero di quell’abbondanza fosse sul punto di farla esplodere-…Ippolita marchesa…”
Ippolita prese dalle mani della madre la lettera, scritta con una grafia elegantissima e angolosa
…e pertanto, verrò domani pomeriggio a prendere Ippolita per un giro in phaeton nel parco, in modo da chiedere a lei direttamente il suo consenso. Auspicando che le 16 siano un orario conveniente ed ella non sia impegnata a salvare alcun essere umano o animale che ritenga necessitare della sua protezione.
In fede
Alastair Greystar Douglas Marchese di Avedon
 
Ippolita si strinse la lettera al cuore.
 
 
  
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