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Autore: AthenaD    24/12/2023    1 recensioni
Quanto sarebbe bello (o terribile) poter tornare indietro nel tempo e cambiare la storia? Cosa sarebbe successo se fosse intervenuta una mano esterna a salvare un personaggio storico chiave, come Giulio Cesare, dalla morte? Come sarebbe cambiato il nostro mondo? what if..
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità
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Sono relativamente poche le gentildonne nubili di mezza età che possono affermare, senza timore di smentite, di avere cambiato la storia.
La più misconosciuta di tutte è certamente miss Molly Pettigrew, di professione docente di storia romana alla London Royal University.
Inossidabilmente single, cinquantenne, autrice di alcuni saggi stimatissimi nel mondo accademico e di una biografia di Caio Giulio Cesare, apprezzata anche dal grande pubblico, Miss Molly, storica e fine latinista, non si distingueva in alcun modo per l’aspetto fisico. Di altezza media, magra, senza un accenno di seno, capelli color topo e occhi di un azzurro slavato, Miss Molly passava, sostanzialmente, del tutto inosservata.
Era solita trattenersi fino a tardi a lavorare, nel suo studio alla London University. La sua figura quasi scompariva, seduta alla grande scrivania in mogano, posta sotto ad un quadro raffigurante una madonna del trecento, particolarmente orrendo, che per essere stato assai caro al suo defunto mentore, ella non si era mai sentita di rimuovere, pur essendo fortemente avversa al cattolicesimo. Consultava spesso, accarezzandoli con mano amorevole, il De bello gallico e il De bello civile, rilegati in marocchino azzurro e caratteri oro, che teneva sempre a portata di mano, proprio alla sua destra. Leggeva invece con supremo fastidio i quotidiani che le venivano, suo malgrado, recapitati in studio: terrorismo islamico, le opinioni del papa, la brexit (orrore degli orrori!) e insomma tutte le pessime cose di pessimo gusto, che affliggevano un mondo in cui Molly si trovava ben poco a suo agio.
Fu una di queste sere che, forse perché, presa dalla stesura del suo nuovo saggio sulla caduta dell’impero romano, da sempre suo cocente e costante cruccio che i millecinquecento anni trascorsi non erano valsi a mitigare, si era scordata di pranzare; Miss Molly si sentì male e cadde battendo la testa sul pavimento.
Era il 14 marzo.
“Oh per Diana-ebbe il tempo di pensare, mentre sveniva- è venerdì sera! Mi troveranno qui morta lunedi…spero solo che il mio corpo non cominci a puzzare e che la gonna non mi scopra in modo indecente le gambe!” L’ultima cosa che vide furono gli occhi in pasta di vetro del busto di Giulio Cesare che, da una nicchia nel muro, la fissavano con quel che le parve affetto.
Ma quasi subito si sentì chiamare, come se la voce provenisse da lontano e poi, di colpo più vicina. Qualcuno le tamponò la fronte con un panno umido e freddo “Domina! Domina! Svegliati, ti prego! Richiamate il dominus! Presto! La padrona è svenuta!”
Passi concitati. Molta, molta gente. Erano studentesse? E perché parlavano latino? Come erano diventate, di colpo, così brave in quella lingua che definivano, nel migliore dei casi, ostica?
Si risvegliò distesa su un pavimento a mosaici, il capo sostenuto da una giovane donna, elegantemente acconciata, che la chiamava padrona. Tutto intorno, una piccola folla di donne in tuniche a colori vivaci, che sciamavano qui e là come farfalle agitate. Chi portava un bacile d’acqua fresca, chi le porgeva da bere un vino speziato e dolcissimo che poteva essere solo mulsum, chi la sosteneva, chi le faceva aria con un ventaglio in piume di pavone.
“Dove sono?” mormorò debolmente in inglese, lasciando correre lo sguardo su un compluvium circondato da grondaie bronzee in forma di chimere. Il soffitto era a cassettoni in legno con decorazioni dorate, tutto intorno, si apriva l’atrio di una domus romana, di un lusso imponente, ma dagli affreschi geometrici e arcaici, forse di età repubblicana. Tende bianche ondeggiavano a una brezza primaverile e lame di un pallido sole illuminavano le pareti decorate a riquadri rossi e azzurri. Ovunque suppellettili preziose.
Miss Molly era senza fiato.
“Cos’ha detto la padrona?” Si domandavano le ancelle sconvolte l’un l’altra. “Domina, il dominus sta tornando, lo hanno avvisato che ti sei sentita male e desidera vedere come ti senti, prima di andare in Senato!”
“Dominus?-balbettò Molly-Senato?”
“Oh…per Vesta! La padrona sta davvero male!” Si angosciò la giovane che le tamponava il viso, facendo cenno all’altra col ventaglio di sventolare più forte.
In quel momento, i passi di calzari chiodati fecero tremare il pavimento. Decine di concitate voci maschili. L’atrio fu invaso dai littori. Molly sgranò gli occhi. Erano loro! Con i fasci sulla spalla, i visi concentrati, i muscoli del collo gonfi, al punto che non li si sarebbe detti in grado di volgere il capo. Marciarono all’interno dell’atrio, disponendosi ai lati dell’ingresso e da lì, seguito da clientes e da una vasta folla di alleati e sostenitori, o presunti tali, si fece strada un’alta, inconfondibile figura.
Caio Giulio Cesare, Dittatore a vita e Pontefice Massimo di Roma, era ancora, a oltre cinquant’anni, bello di una bellezza arrogante e strana. Molly, che era solita riconoscere il suo grande amore nelle statue che di lui restavano ai musei,  quando vide Cesare, vivo e vegeto, in tutta la gloria della sua toga praetexta, una luce preoccupata nello sguardo azzurro, che scansava un’altra poderosa figura, (Marco Antonio?) per precipitarsi a prenderle la mano, seppe che doveva di certo essere morta.
E pensò di essere finita in un suo personale paradiso.
“Moglie, che ti accade? Come stai? Possibile che il sogno che hai fatto questa notte ti abbia sconvolta a tal punto? Prima piangi disperata, mentre mi vesto per andare in senato, neanche stessi per tornare in guerra e ora perdi conoscenza? Non è da te! Riuscirai davvero a trattenermi a casa, questa mattina, signora!”
Un brusio di protesta si alzò tra gli uomini che lo accompagnavano. Miss Molly, di colpo, mise insieme i pezzi nella sua testa. Morta o meno, quel momento aveva un senso di già vissuto.
Riconosceva la storia. Riconosceva i visi.
Marco Antonio, enorme, cupo, dal naso grifagno, era agitato e confabulava con altri. Ma era forse Decimo Bruto Albino, l’uomo alto e pallido, dall’aria tesissima, che si torceva le mani e si guardava intorno, frenetico, tentando di richiamare l’attenzione di Cesare e a rischio di essere inaccettabilmente inopportuno? 
Oh per Diana! Per Diana! Lei lo sapeva che giorno era quello!
Cercò freneticamente i termini latini nella sua testa, tentando di imitare l’accento udito. Parlavano con tutte le c dure! Cosi com’era stata la sua teoria proprio nel saggio di laurea! Altro che la pronuncia latina imbastardita dal cattolicesimo con tutte le c dolci! Questo latino era diversissimo, da quello ecclesiastico!
Ma che cosa andava a pensare in un momento come quello? In un momento in cui si faceva la Storia…
 “Mio signore-balbettò, coprendo con la sua piccola mano bianca la grande mano dura di lui, inginocchiato al suo fianco-che giorno è questo? Sono forse le Idi di marzo?”
Se parlava in modo strano, o con accento insolito, nessuno parve farci caso. Giulio Cesare non rispose.
La prese tra le braccia, la sollevò dal pavimento come fosse una piuma e la fece distendere su un divano nel tablinio.
Un raggio di sole le riscaldò il volto, dal cortile interno il cinguettare degli uccelli e un vento tiepido. “Moglie, certo, non ricordi? Sono le Idi di marzo. E’ una seduta importante, quella di oggi, in senato, si, ma perché tanta agitazione? E’ per la guerra contro i Parti? Tu sai che è inevitabile, mia cara…Devo andare a recuperare le insegne che Crasso vi perse. Roma ha bisogno di questa guerra.” Lo disse con il tono che avrebbe usato per parlare a una bambina e un piccolo lampo di rabbia attraversò la mente di Molly.
“Certo che Roma ha bisogno di questa guerra! -pensò lei irritata- Sai quanto cambierebbe il mondo, tutto il perpetuo disastro in medioriente, ma che dico? Quanto cambierebbe l’intera storia, se solo tu non stessi andando a farti ammazzare in senato, ma riuscissi a marciare sulla Partia e vincessi questa guerra? Di storia romana ne so più di te, bello mio, cosa credi? Ma tu guarda se devi amare per tutta la vita uno, oltretutto morto da duemila anni, e quando finalmente lo incontri, ti parla in questo modo paternalistico!”  Il suo vivo femminismo si riaccese e fu lì per dare al Dittatore una risposta acidissima, come non di rado le accadeva. Poi ricordò che Calpurnia, quarta moglie di Caio Giulio, nel cui corpo ella era misteriosamente venuta a trovarsi, era giovane e che, probabilmente, lui era esasperato da quella scena davanti ai suoi sostenitori e magari anche preoccupato per la sua salute.
“Marito, non è questo. –Molly vide, riflesso in uno specchio d’argento, il dolce volto un poco anonimo di Calpurnia, estremamente simile al proprio in gioventù, mentre il profilo di lui le si stagliava accanto, a linee eleganti e dure. - Avevi forse incontrato un indovino sulla via, che ti ha detto di guardarti dalle Idi di marzo?” Il volto di lui si rabbuiò ulteriormente “Le notizie corrono svelte…e comunque, le Idi di marzo sono arrivate”. Miss Molly pensò freneticamente. Sapeva bene che Calpurnia, in quel giorno sventurato, aveva cercato disperatamente, fallendo, di trattenere il marito dal recarsi a quella fatale seduta in senato, dove avrebbe trovato la morte.
Cosa poteva dirgli, lei, che ella non gli avesse detto, per impedirgli di andare?
Cosa poteva dirgli, che non la facesse sembrare solo una donna isterica che vaneggiava? Che sapeva che sarebbe stato assassinato? Che c’era un congiura?  E come avrebbe potuto sapere qualcosa di cui lui, con la sua rete di spie, era all’oscuro? Ci volevano prove!
Ebbe un lampo di genio, doveva dargli una notizia che lo interessasse più della seduta in senato. Più di tutto il resto. “Si, marito mio, le idi di marzo sono arrivate. Ma non sono ancora finite.
-Gli prese il volto tra le mani e guardò negli occhi ferrigni di lui come se ci si volesse annegare, accarezzò con la punta delle dita quelle rughe verticali ai lati delle labbra e gli zigomi altissimi, taglienti. E sorrise.- E io sono incinta.”
Tutti ammutolirono. Incinta? Calpurnia? Finalmente un erede legittimo, che non fosse il figlio di quella puttana egiziana?
“ si, sono incinta e bisogna che tu abbia pazienza con i timori di una donna gravida e mi accontenti!”
Cesare aveva l’aria perplessa e pareva convenirne, se questa gravidanza fosse stata portata a termine, sarebbe stato stupendo.
Nello sconcerto generale, Calpurnia tentò di alzarsi in piedi e si volse a Decimo Bruto Albino che confabulava con altri.
“Littori-disse con il tono più perentorio che riuscì a racimolare - perquisite Decimo Bruto Albino, è in casa mia ed è armato!”
Decimo Bruto sussultò come se le avessero bruciato.
“Marito, so che c’è una congiura e non compirei il mio dovere, se non tentassi di proteggerti dal pericolo. So che Marco Giunio Bruto, e Cassio e Casca ti attendono in senato per ucciderti. In senato armati! Fai perquisire tutti e se così non fosse, mi scuserò e tu potrai ripudiarmi, per avere tenuto un comportamento ingiurioso nei confronti dei tuoi alleati. Ma accontentami, ti supplico. Altrimenti sono certa che l’angoscia per la tua sicurezza, mi farà perdere nostro figlio.”
Quello era il colpo di genio. Quel che le avrebbe concesso di ottenere tutto.
 “Ebbene, così si faccia!” Disse Caio Giulio Cesare volgendosi verso i littori e poi tornando ad abbracciare la moglie.
In quell’abbraccio perfetto, le labbra calde di lui premute sulla fronte, Molly, che aveva mentito sulla gravidanza, di nuovo, svenne.
Doveva essere veramente lunedì.
Ma non era morta e il suo cadavere non puzzava, sebbene dovesse avere la gonna sollevata sulle cosce in modo alquanto indecente. Miss Molly si risvegliò nel suo studio mentre la segretaria gridava a squarciagola. Con la mano, debolissima, le fece cenno di tacere. Sentiva un tale dolore alla testa che temette le si stesse spaccando in due come una mela. “Acqua” balbettò in inglese. La segretaria urlò di nuovo. “ti prego, un po’ d’acqua!”
“Domina!- strillò la segretaria in latino- che cosa dici? Che lingua parli? Da quanto tempo sei qui? Chiamo subito un medico!”
Perché la segretaria parlava latino? E perché così bene? Debolmente Molly si guardò intorno. Il suo studio era completamente differente. Il vecchio ambiente neogotico era scomparso. La stanza era in una sorta di stile neoclassico con declinazioni barocche e al posto della brutta madonna, troneggiava la statua bronzea di un imperatore sconosciuto, ma chiaramente romano. “Che giorno è-balbettò Molly- in latino, mentre la segretaria che, ad un certo punto era riuscita autonomamente a prenderle un bicchiere d’acqua, si chinava per  aiutarla a bere.”
“Idi di Marzo, anno 2773 ab urbe condita, signora…stai così male?” Balbettò la giovane, perplessa.
“Optime…”disse Molly, “Optime…e dove siamo, qui, qual è il mio nome?”
Gli occhi della segretaria si riempirono di lacrime. “
“Ma…siamo in Britannia, signora, a Lundinum e ti chiami Medullina! Sei la magistra Medullina e insegni Storia romana all’Imperiale Università di Lundinum. Non ti ricordi?”
“Si…si, certo, ora ricordo…Medullina…che altro? E…mia cara…che fine ha fatto il quadro della Madonna?”
“La Madonna dici?”- La segretaria era sempre più smarrita.
Molly capiva e sentiva una gioia incredula e perfetta nascerle in petto. “Oh, non badare alle sciocchezze che dico…naturalmente, non vi è mai stata nessuna Madonna. Nessun Cristo, nessun Maometto. Niente. Gli antichi Dei siedono ancora sui loro troni! Ora mi sento meglio. Davvero. Molto meglio. Devo solo…riordinare un poco le idee. Dimmi solo un’ultima cosa. Abbiamo mica scoperto una terra al di là del mare…ad un certo punto?”
“Ma, signora, certo! Sei stata a Nuova Roma anche pochi mesi fa, prima dei Saturnalia, per un convegno!”
Molly si alzò e guardò il busto di Giulio Cesare, unica cosa rimasta perfettamente identica della stanza.
Accanto alle copie rilegate in azzurro e oro del De bello gallico e del De bello civile, era posata una copia, ugualmente ben rilegata del De bello partico. Che descriveva la conquista dell’Asia minore da parte di Caio Giulio Cesare, fino alle rive dell’Indo.
La pax romana estesa a tutto il medio oriente.
L’ultima opera del primo Imperatore.
 
 
 
  
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