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Autore: Lalani    17/09/2009    2 recensioni
“La ragazza si voltò di nuovo verso la tavolata, mentre le lacrime si dissolvevano, e tornò a guardare lo strano spettacolo delle luna spiona e dei fuochi d’artificio scintillanti. E, per l’ennesima volta, si sentì una prigioniera in una gabbia di cristallo. Proprio come lei, la principessa invisibile. In fondo, a Lavinia non è stato permesso scegliere.”
Fan fic su Hinata e sulla crudeltà della vita reale. Tributo a Lavinia, la principessa invisibile.
PRIMA CLASSIFICATA AL CONTEST "I CAN'T STAY WITHOUT MUSIC" DI ONLY_ME
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Atto Terzo: Because my life without you in it
is a life that's not worth living.
Two Days to Death



So while I'm sitting here
on the eve of my defeat
I write this letter
and hope it saves me


“Vi prego di concedermi la mano di vostra figlia”
Kiba aveva ripetuto il suo discorso ufficiale migliaia di volte, balbettando, sussurrando, con la sua voce rauca ma forte. L’aveva scritto a mano, sporcandosi le mani di inchiostro l’aveva scritto in una notte stellata, la mente che volava ad Hinata. Ancora e ancora.
Eppure Kiba balbettava di nuovo, e la sua richiesta divenne una preghiera sfumata in quella stanza troppo limpida. Troppo diversa dalla sua stanza buia e sicura, soffocante; quella stanza opaca e pallida sembrava riflettere migliaia di volte la sua timida richiesta.
Kiba alzò gli occhi vispi ma intimoriti per incontrare quelli impassibili e vitrei di Hiashi Hyuuga, che sembrava trasudare un’indifferenza sprezzante. Al suo fianco c’era la figlia fedele e scolpita nell’acciaio, Hanabi, quella bimba col ghigno da vecchia.
Hinata invece si era avvolta nell’enorme vestito candido e aveva abbassato lo sguardo pieno di lacrime.
Sbirciò il volto del ragazzo, il truce bullo che negli anni era diventato un ragazzo focoso e forte, con il volto magro e un sorriso forte, contagioso.
Quel ragazzo, Kiba, un giovane uomo ancora cosparso di scarsa peluria e di esagitati ormoni, che col tempo aveva conquistato la sua amicizia. Non era un rapporto straordinario o limpido come quello tra Ino e i suoi protettivi angeli custodi, ma Kiba sapeva infonderle allegria con un solo gesto, con una sola risata, che a sentirsi sembrava il latrato del suo fedele compagno canino, Akamaru.
La amava davvero? O era solo il disperato tentativo di una colomba di salvare il suo pulcino dalle spire del serpente, dalla stretta del demonio, dall’eventuale morte del suo amato pargolo?
Oppure Kiba aveva cominciato a respirare a fatica, a sentire le mani prudere e l’agitazione scorrergli nelle vene, ad ogni sguardo, ad ogni parola che si rivolgevano?
Perché l’amava? Per il suo nuovo fisico, che era esploso in un tempesta di ormoni, una crescita che ancora non aveva accettato e che a volte la spaventava? Era per i suoi nuovi centimetri, che la slanciavano verso le nuvole per i suoi setosi i capelli neri, era per il viso più sottile, più etereo, o per i seni cresciuti,  più morbidi e pesanti? Kiba era davvero così superficiale e freddo? Oppure l’aveva teneramente amata anche nell’epoca della timidezza e della giovinezza,quando il suo corpo ancora acerbo, come una mela non ancora nata dal fiore? Era stata così cieca da non accorgersi di nulla?
Due occhi ambrati e due di vetro si incrociarono e si trasmisero solo confusione e paura. Nessuno era sicuro dei propri sentimenti, ma in quel clima di angoscia e disperazione il senso del dovere di Kiba aveva sopraffatto la sua glaciale paura nei confronti della famiglia Hyuuga.
Hinata si strinse nei suoi scialli, come se volesse trattenere e ascoltare l’aiuto che le era giunto, la risposta al disperato e colorato SOS che ormai da giorni vagava nei suoi occhi stanchi. Ma, anche ora, sentiva che non avrebbe potuto approfittare di quel generoso aiuto. Possibile che non riuscisse ad appellarsi anche ai più miseri aiuti? Era destino che scivolasse sulle schiene che con tanta premura le stavano consentendo di salvarsi? Era destino che suo padre avesse sempre il sopravvento sui suoi desideri?
Kiba, un eroe ferito, eroso dalla stanchezza, divorato dalla paura, era riuscito a scrivere quel tremolante discorso, sull’orlo della rovina. Ci era riuscito. Aveva innalzato preghiere, dalla vetta della loro sconfitta.
E lei, invece, aveva fallito. Di nuovo. Ancora e ancora.
Hinata si sentì fremere quando sentì la voce elegante ma ferma del padre innalzarsi nella sala dei ricevimenti, la stanza degli echi.
“E in che modo, giovanotto, dovrei desumere che voi siate una candidato più adeguato a sposare mia figlia?”.
Il ghigno di Hanabi sembrava un diafano spicchio di luna.
Kiba alzò il capo e incrociò con timore reverenziale gli occhi gelati dell’uomo che lo separava da Hinata… amica e confidente, che doveva trarre dalle tenebre.
“Itachi Uchiha, come voi sapete, signore, è stato recentemente accusato di truffa e falsificazione di documenti. È emerso che ha sottratto considerevoli somme ai colleghi di suo padre, il senatore Fugaku Uchiha, ed è stato assolto per puro cavillo” sbottò Kiba stringendo i denti simili a Zanne, che fuoriuscivano come sangue candido dalle labbra “Come potete maritare la vostra primogenita con un criminale?”.
Hinata gemette, nel suo intimo dolore: Kiba aveva usato le parole sbagliate, aveva lievemente e involontariamente insultato la famiglia Hyuuga, la famiglia luminosa come vetro ma resistente come un diamante. Kiba non poteva sapere che Hiashi Hyuuga stesso aveva dovuto chiudere tutte e due gli occhi e accecare quelli di molti avvocati per liberare quel furfante deperito di Itachi Uchiha.
Era stato costretto a commettere quell’ingiustizia per lo scandalo commesso dalla figlia ormai sporca e contaminata da mani callose ed estranee.
“Io appartengo ad una famiglia borghese, ma economicamente meno ricca della vostra e della famiglia Uchiha” continuò con forza Kiba, senza sapere che già il fatto di avere un prestigio economico minore a quello della famiglia Hyuuga poteva diventare un motivo valido per essere sbattuto direttamente fuori dalla villa, “Eppure so di poter dare a vostra figlia amore e protezione, e tutto il resto di cui necessita una moglie”.
“E perché farebbe questo, signor Inuzuka?” chiese Hiashi Hyuuga, gli occhi glaciali e una velata minaccia nascosta nella voce sottile “Perché rinunciare prematuramente alla libertà e accettare a soli sedici anni un legame matrimoniale?”
Dopodiché, Hiashi, dopo settimane, scoccò alla figlia uno sguardo violento e omicida: possibile che quegli occhi di vetro avessero adescato anche quel giovane?
Hinata si nascose dietro la frangia per proteggersi dagli insulti paterni.
Possibile che anche Lavinia si sentisse così debole e inadeguata di fronte al padre, Latino, che, al contrario di Hiashi, l’amava e venerava come se fosse una stella inciampata e caduta dal cielo?  Forse era stato per assecondare l’amore paterno, e non l’odio, come invece faceva lei,  che si era ridotta a cercare l’amore in uno sconosciuto, prescelto dal destino.
Kiba assunse una sfumatura violacea e un’espressione confusa, mentre il sudore gli si annidava sotto i ciuffi eccezionalmente imbrattati di gel.
Hinata chiuse gli occhi, con un flash bianco che implodeva sotto le sue ciglia, un ronzio famelico che le perforò le orecchie: il senso del deja-vù era sempre stato fastidioso per lei, come un improvviso vuoto d’aria, quando i  polmoni raggiungevano la gola.
Gli occhi nocciola di Kiba si sostituirono per un istante a quelli perlacei di Neji, quelli seri e duri di quando erano venuti al corrente della decisione dello zio e delle condizioni della cugina. Ancora una volta Hinata, commossa e spezzata, aveva ricevuto un aiuto, il soccorso di due forti braccia che l’avevano stretta.
.Aveva sentito la salda morsa del rigido cugino, e la forza del suo soccorso. Il suo SOS era stato ascoltato.
Kiba sollevò di nuovo gli occhi( determinati come quelli di Neji), una scintilla di sfida gli attraversò come una fulgida stella cadente.
“Perché non potrei vivere senza Hinata” mormorò; la sincerità esplodeva dalle sue parole, come le lacrime mal celate di Hinata. Le stesse parole di Neji.
Hinata sentì i polmoni distendersi, con loro il suo stomaco attorcigliato, e anche i lineamenti che fin a quel momento erano contratti in una smorfia di agonia. Incrociò di nuovo lo sguardo di Kiba, coraggioso ed eroico, e comprese. Non era amore passionale quello che li univa, ma un filo intrecciato di amicizia, rispetto, fiducia; un legame a volte rosso di malizia, candido di amicizia, nero di preoccupazione. Ad occhi estranei quel legame poteva essere interpretato come volgare dipendenza, come semplice amore, come ingenua e ambigua tenerezza. Molte voci erano circolate sul loro particolare rapporto, ma non c’era amore tra di loro. Si erano donati la rispettiva intelligenza per affrontare la scuola, gli sguardi per dirsi “non ti preoccupare, va tutto bene, andrà tutto bene”, la rispettiva sincerità per litigare e poi riappacificarsi, le loro mani per asciugare lacrime mai versate, il loro odio per potersi arrabbiare con loro stessi, col mondo, con la famiglia, ed essere ascoltati il silenzio.
Si erano donati la loro amicizia per camminare mano nella mano senza vergogna o ambiguità. E alla fine, tutti quei piccoli, ancestrali gesti erano risultati inscindibili e insopportabilmente necessari. Hinata aveva costruito lo stesso rapporto tra lei e Kiba con il cugino. Chi aveva consolato Neji, quando teneva ancora il dito in bocca e i suoi genitori erano morti carbonizzati, strozzati dal relitto dell’auto che si era schiantata contro la loro? Era stato lo zio Hiashi, che l’aveva accolto come un militare appena giunto al fronte? Era stata la cugina Hanabi, viziata e supponente, che ancora adesso gli ricordava i “sacrifici economici” che dovevano sopportare per la sua superflua presenza? Hanabi, che negli occhi freddi aveva le stesse fiamme che anni prima avevano avvolto e strangolato la sua infanzia?
Per questo Neji, soltanto lui tra tutti gli Hyuuga, era venuto a salvarla, era accorso al suo terrorizzato SOS.
“Devi scappare, Hinata” le aveva imposto Neji, con una voce incerta che aveva la consistenza di un ordine.
“Ma non posso, Neji! Mio padre mi troverà, ribalterà il mondo per cercarmi!” aveva singhiozzato Hinata, senza celare le lacrime piene di angoscia.
“Ti nasconderai per pochissimo tempo!Cercherò un avvocato e lui porterà la causa in tribunale…tuo padre non può importi anche questo!” aveva mormorato Neji, con le labbra serrate dal nervosismo.
“Nessuno si metterebbe mai contro Hiashi Hyuuga! Neji, è una pessima idea, e tu rischi troppo…e poi come faremo a scappare??” aveva gridato Hinata, con le mani sul cuore, a difendere la sua vita.
“Chiamerò Rock Lee e Ten Ten, vedrai che con il loro aiuto usciremo dalla villa in un batter d’occhio” aveva esclamato il cugino mentre si aggrappava, concitato, al telefono. Rock Lee, il ragazzo imbranato con l’animo di un Guerriero, e Ten Ten la ragazzina che prima era Qua e in un attimo era La.
Hinata, attraverso lacrime di angoscia e gratitudine, aveva osservato Neji con il volto corrugato e ripiegato su se stesso, come un origami, che però manteneva il suo freddo autocontrollo. Anche le sue mani sottilissime sembravano lisce e curate come quelle di un bimbo.
Era incredibile che anche dopo le terribili privazioni affettive che aveva subito, almeno fisicamente si fosse mantenuto integro e perfetto: non una cicatrice, se non quella perennemente occultata sulla fronte, segnava il suo corpo giovane e virile, rilassato anche in quella sera infernale.
Le sciagure di Neji si erano avvitate su se stesse, in quell’anima ancora frastornata da tanto dolore; eppure Neji era la Vite, un fragile e minuscolo  pezzo di ferro che sosteneva palazzi e, con essi, vite e famiglie. Erano forse tutti quei dolori nascosti, avvitati nei suoi ricordi, ad averlo reso immune da ulteriori turbamenti?
Hinata non ebbe il tempo di chiederglielo, e c’erano tante domande che avrebbe voluto porgli, perché erano stati interrotti da un rumore alla porta. Hanabi era entrata, il ghigno deforme, gli occhi che esplodevano come petardi dall’eccitazione, mentre quasi si sfregava le mani. Hinata sospirò al ricordo: quella notte per Hanabi era stato un trionfo, la notte dove si era sbarazzata di quell’ingombrante e inetta sorella maggiore, una barriera di vetro che la divideva dalla direzione dell’industria di famiglia, e dell’ambizioso cugino, che aveva ricevuto fin troppi elogi per i suoi successi. Hinata e Neji erano sulla cima, sull’orlo della loro sconfitta, e Hanabi li aveva spinti giù, con un soffio.
Hinata non sapeva cosa provare nei confronti della sorellina, non sapeva trovare un nome all’odio di Hanabi: dopo anni a riverire quella bimba capricciosa, a riempirla di attenzioni, ad accompagnarla a scuola senza lasciarle mai, mai! la mano, chiedeva soltanto un minimo di misericordia e riconoscenza, in nome del loro eterno legame. Forse solo in quel momento, quando aveva visto Hanabi, trionfante come un Fuoco d’Artificio, bloccarle il passaggio e tarparle le ali della libertà, aveva capito quanto poco valessero i legami di sangue, rispetto alla generosità degli amici. Neji era stato punito e allontanato dalla villa per essere trasferito nella casa al mare, in attesa di un severo provvedimento, senza che lui e la cugina potessero scambiarsi un ultimo sguardo di speranza.
“Ho i miei motivi per ritenere Itachi Uchiha un candidato migliore di voi, signor Inuzuka. Ormai è ora di pranzo e la vostra presenza non è più gradita” concluse Hiashi Hyuuga, con un gesto appena visibile, stizzito. Solo il pallore e il terrore di Hinata convinsero Kiba a lasciare l’inarrivabile dimora Hyuuga. Ormai congedato, il ragazzo sparì dietro la villa, lasciando un buco nel cuore di Hinata e il discorso che aveva scritto per corrompere la decisione di Hiashi, una falsa dichiarazione per la salvezza della sua migliore amica( almeno Hinata aveva avuto la conferma di questo legame). Parole di poesia, parole perse.
Il ghigno di Hanabi era enorme. Riempiva tutta la stanza.





In questo atto ho messo in evidenza l’amicizia fra Hinata e Kiba e Hinata e Neji. Ho deciso di dare a Kiba una connotazione borghese perché nel manga fa comunque parte di un clan famoso, ma di certo non importante o ricco come il clan Hyuuga o Uchiha. Qui Neji è orfano e vive con Hinata, Hiashi e Hanabi. Quando Kiba e Neji dicono “perché non potrei vivere senza di lei” parlano di una rapporto di amicizia molto forte, e non sono innamorati di lei. Il nome del titolo è preso dalla canzone “Here I stand” dei Madina Lake. In questo atto c’è la figura di Latino, padre di Lavinia, che amava la figlia e la voleva dare in sposa all’uomo scelto dal fato, perché credeva che fosse il meglio per sua figlia, ma nell’Eneide non dice che ha chiesto il suo parere(ovviamente >­_<). In questo atto emerge la potenza degli Hyuuga: infatti possono corrompere la giustizia e pagare perché i loro misfatti vengano celati. D’altronde, succede anche qui da noi ù_ù.
Damis: scusa ancora per il nome cara^^’. Sei riuscita a leggere il capitolo due volte??Spero che tu non ti sia depressa troppo!Ecco, lo sapevo che si capiva troppo presto, ora ho rovinato tutta la sorpresaXD(me tapina._.)Allora alla prossima carissima!LaLa
Shatzy: è vero, questa fic è un minestrone, c’è troppa robaXD I tuoi commenti sono molto più toccanti della mia fic, carissima, sono sempre più commossaç_ç. Certo che al Cervo piacciono le palline, lo facciamo diventare un giocoliere??XD Guarda, a me il fatto che Hinata nello Shippuden portasse le zeppe mi è piaciuto moltissimo…non so, mi dà l’idea di essere già alta, eppure le porta, come un unico vezzo personale che le concede la sua timidezza. E senza di questo Hinata sembra veramente priva di qualsiasi forza…Attendo con ansia i tuoi bellissimi commenti!Bacioni,LaLa
  
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