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Autore: Dylanation    30/12/2023    0 recensioni
Le maniche della camicia sottile sono arrotolate sugli avambracci solidi e muscolosi segnati da qualche vecchia cicatrice, le vene in rilievo abbracciano la carne e sembrano più gonfie del solito a causa del nodo che all'altezza dei polsi blocca i movimenti in una morsa perfetta.
È un altro uomo, tutto diverso da lui, quello in piedi contro una parete della stanza.
È un altro uomo, sì, ma non pare neanche esserlo.
"E quanto hai pagato oggi per avere il rivoltante Caesar tutto per te, Smokey?"
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Caesar Clown, Smoker
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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One Piece è la mia opera preferita EVER. 

Qui non siamo nel canon però, neanche lontanamente. È che mi innamoro dei personaggi, e mi piace trasportarli ovunque. 

Questa storia è piena. Piena di odori, elementi di design, di descrizioni, di dettagli. Voglio che li vediate come li ho visti io.

Se dopo tutte quelle parole riferite a merletti, carta da parati e conche del corpo vi sentite sfiniti... allora ho fatto bene il mio lavoro ;) 

 

-Dylan 



 

BLURRED



 

Fumo denso, bianco come nuvole ed impalpabile come un sogno, come un vizio, come l'oblio.

L'odore di olii essenziali è rimasto per la maggiore fuori dalla porta, ma penetra attraverso la serratura e sotto l'uscio, striscia sinuoso come un serpente, come una cattiva intenzione. 

 

È facile perdersi, lì dentro. 

 

Non nei corridoi rossastri pieni di quadri sfarzosi, non tra le sale semibuie affollate di una vasta clientela - più della metà ignara di cosa sia in realtà quel luogo -, non lungo le scalinate che collegano i bar ispirati agli hotel di lusso alle aree riservate solamente a certi soci.

 

È facile perdere se stessi, lì dentro. O ritrovarsi, dipende dai punti di vista.


Lui... non è molto avvezzo ai ragionamenti complessi. Non gli piace interrogarsi a lungo sui perché, sulle motivazioni, sul senso delle cose. È una persona estremamente semplice e lineare, ciecamente fedele ad un Credo ritagliato su misura per sé, pratico ed inquadrato.

 

Sapeva fin da quando era bambino di voler lavorare all'interno di quello sconfinato meccanismo che è la Giustizia, e quando è stato il momento di dover decidere su quale specializzazione buttarsi non è stato così difficile scegliere il mondo carcerario.

 

Non è fatto per prendere decisioni o per la dialettica, e questo escludeva le carriere giuridiche;

Non è fatto per menare le mani senza sapere cosa stia facendo, e questo escludeva la via militare.

In carcere, lui, sa tutto di tutti. È facile sapere come comportarsi in base al tipo di condannato che si ha davanti ed è appagante vedere le anime dei criminali marcire o cercare redenzione.

È l'unico luogo in cui la Giustizia sembra funzionare veramente. 


Ed eccolo lì, adesso: su una poltrona di cuscini viola e dagli intarsi d'oro. Non sono i suoi colori, ma risalta come un Dio. Ha la camicia bianca a righine verticali grigie sbottonata solamente fino alla conca della gola, le bretelle tese tese sul petto largo e gonfio, il taschino a sinistra sformato dal pacchetto di sigarette rigido e squadrato. Le sue cosce sono divaricate, il tessuto morbido dei pantaloni grigi tira anche lì.

 

La fronte lievemente sudata per il caldo, gli occhi ricoperti di leggero liquido lacrimale sbocciato a causa del fumo, degli odori pungenti del corridoio. Non di certo per qualcosa di riconducibile all'emozione. 

 

Le maniche della camicia sottile sono arrotolate sugli avambracci solidi e muscolosi segnati da qualche vecchia cicatrice, le vene in rilievo abbracciano la carne e sembrano più gonfie del solito a causa del nodo che all'altezza dei polsi blocca i movimenti in una morsa perfetta.

 

Le dita non hanno ancora perso sensibilità, i guanti neri arrivano a malapena oltre la nocca di base del nodoso pollice, sono a mezza mano, ma tengono al caldo ogni singola falange. Almeno il necessario.

 

Il respiro è quieto, tutto il contrario di chi di solito si trova nella sua posizione. 

 

Ha visto parecchia gente in carcere legata ad una sedia - non di certo ad una poltrona tanto sfarzosa -, ma non è proprio paragonabile alla sua situazione attuale. 

Lui vuole essere esattamente lì dov'è.


"Sssmokey..."

 

È un altro uomo, tutto diverso da lui, quello in piedi contro una parete della stanza. 

 

I muri sono ricoperti di carta da parati damascata, le sfumature sono opulente e piene, non c'è leggerezza per nessuno dei cinque sensi, lì dentro.

 

È un altro uomo, sì, ma non pare neanche esserlo. 

Ha lunghi capelli bluastri in perfetto tono con il rossetto spalmato sulle lunghe labbra sottili. Non le ingrandisce mai, lo trova volgare. Ha eyeliner che gli tira gli occhi sia verso l'esterno - in una virgola all'insù - sia verso l'interno - in una virgola all'ingiù -. Ha lenti a contatto colorate gialle, sembra un demone, un rapace, un mostro alieno. 

Le braccia lunghe e magre (ma non troppo) sono stese in alto, le mani ricoperte di guanti viola - stavolta sì, veri e propri guanti, non come i pezzetti di vera pelle che coprono a malapena le dita dell'altro - appoggiate alla parete, la carezzano, la vezzeggiano.

 

Ha una camiciola molto larga, è di un tessuto così leggero da essere trasparente, è violetto e non lascia niente all'immaginazione. Le ascelle sono depilate, i solchi del costato evidenti tanto quanto l'ombelico ed i capezzoli piccoli ed ovali, una rouche voluminosa dà movimento allo scollo a barchetta e le clavicole compresse creano altre ombre, altri incavi appetitosi. Lo sguardo scende ancora e ancora e la nudità continua fino alla peluria del pube, a pochi centimetri dal sesso, coperto da un pantalone a vita talmente bassa da non sembrare del tutto intatto. 

 

C'è un sesso lì sotto, sì, ma per come appare il resto della figura ci potrebbe essere qualunque cosa stretta tra quelle cosce magre.

 

Lo strato di cipria bianca bianca non copre il rossore dei suoi zigomi appuntiti, la schiena striscia contro il muro rimanendo inarcata, il corpo scende sempre di più ed i folti capelli si spargono tutti creando un'altra opera d'arte molto più astratta di quelle nei batik appesi qua e là.


"Sei rivoltante."

 

È l'uomo sulla poltrona a parlare e la sua voce è profonda e cavernosa, sembra provenire da chissà quale parte del nucleo terrestre.

 

In tutta risposta l'essere spalmato contro la parete geme, sporge il bacino, si inginocchia a terra.

 

Si fa chiamare Caesar Clown, la doppia C ricamata sui suoi indumenti pretende che nessuno lo dimentichi mai. 

 

Non riceveva una visita così gradita da quasi un mese ed è talmente entusiasta da decidere di non rispettare appieno il protocollo. L'impeccabile capo delle guardie carcerarie della capitale lo perdonerà, ne è certo.


È un mondo fatto di nomi in codice e notti segrete, desideri reconditi e mazzette di soldi più alte di una torta farcita. Sembrerebbe paradossale che uno così tanto affezionato e dedito alla Giustizia come lui si sia lasciato catturare da questo giro di vizi e peccati, ma il locale è su regolarmente ed i suoi soldi sono puliti. La fedina penale di Caesar o di chiunque altro in quel posto non è affar suo finché non se li ritrova dentro ad una delle celle, ammanettati e insacchettati dentro ad una divisa a strisce bianche e nere di cotone logoro. 


Certo, pensa adesso, sarebbe un peccato vedere il corpo di Caesar Clown rinchiuso dentro ad una di quelle casacche da quattro soldi. 

 

Quello gattona, adesso, affonda le ginocchia nella moquette soffice e profumata, gli va incontro e si ferma solo quando è abbastanza vicino da sfiorare i pantaloni grigi dell'uomo con la punta del mento.

 

"E quanto hai pagato, oggi, per avere il rivoltante Caesar tutto per te?"

 

È evidente che si conoscano da tanto tempo, che abbiano a che fare l'uno con l'altro da anni. Altrimenti non si spiegherebbe quel parlare senza remore del pagamento in questione, del tutto al di fuori del protocollo. 

 

Fanno tutti finta che non ci sia una forma di prostituzione legale alla base di solito, ma loro hanno troppa confidenza per recitare anche quella parte.

 

Chi è che ha voglia di sprecare una notte intera dietro a delle bugie, quando già si è costretti a farlo durante il giorno?


"Vali meno di quanto credi, sai? Sì e no quattro giorni di un mio stipendio."

 

La bocca larga larga si stira in un sorriso pitturato di bluette, il piede nudo dell'uomo si alza e gli si appoggia sulla guancia, gli sgualcisce il trucco, gli stropiccia la pelle.

 

"Quindi in una notte guadagno quanto te in quattro giorni? Deve piacerti davvero molto quella gattabuia per farti pagare così poco..."

 

Nel tediarlo gli accarezza le gambe con entrambe le mani, risale sulle cosce incastrando la linea aperta di indice e pollice nella piega dei suoi inguini, lo guarda negli occhi continuando a sfidarlo. 

 

Un altro gli avrebbe tirato una pedata in faccia tanto forte da farlo sanguinare per giorni. Quel cerone bianco in faccia serve anche per mascherare gli ematomi delle notti precedenti. 

 

"Con la differenza che la mia vita non ha un prezzo, mh?"

 

Il viso vagamente grottesco dell'altro si piega in un broncio triste, ha fatto leva sulle mani e fronteggia il petto largo largo del capitano.

 

"Come sei crudele, Smokey."


Smoker, dopotutto, è un uomo rispettabile e con una certa integrità.

 

Solo che gli piace proprio tanto - ma tanto - l'odore dolciastro del fiato di Caesar Clown. Gli piace che la sua pelle sia liscissima e fresca, gli piace la sua bocca enorme sempre bagnata, gli piace che il suo collo sia così sottile da stargli quasi totalmente dentro alla morsa di una mano sola. Il nodo che gli tiene immobili le grosse braccia è un capriccio, un gioco a cui si presta perché in fin dei conti c'è qualcosa che lo affascina nel modo in cui Caesar lo vezzeggia quando è libero di muoversi. 

 

Gli sale sopra a cavalcioni, le ginocchia affondate dentro ai cuscini morbidissimi della poltrona, i loro corpi adesi ed incastrati perfettamente.

 

"È per colpa della tua maleducazione se ti sei procurato questa brutta cicatrice?"


Non gli ha mai chiesto niente del genere.

 

Due anni fa Smoker è sparito per un pezzo, e quando una notte è tornato al locale aveva uno sfregio lungo il viso, una pettinatura diversa, molti muscoli in più. La marca di sigari nella sua bocca, però, era sempre la stessa.


"No, Caesar. Questa cicatrice è colpa di una puttana di basso borgo che ha cercato di incastrarmi."

 

La lingua lunga e rosa acceso gli si deposita sulla guancia, risale sullo zigomo, impiastriccia l'occhio, arriva fino alla fronte. 

 

"Brutta cosa, eh, le donne?"

 

Smoker lo guarda negli occhi ed i loro visi sono così vicini che sì, sente quel profumo dolciastro come se potesse berlo.

 

"Mh. Brutta cosa le puttane, se mai."


Caesar sorride sempre, ma quando lo fa per davvero ha un che di malato e rotto che dà la pelle d'oca.

 

E poi gli lecca le labbra, stringe le dita contro le spalle massicce, socchiude gli occhi, gusta appieno il ruvido della barba cortissima. Anche la lingua di Smoker però poi fuoriesce, e lei non assapora e non indugia. Entra direttamente oltre quel sorriso strano, riempie la bocca di Caesar di qualcosa che non è liquore e non è veleno, ma stordisce allo stesso modo.

 

Sa di fumo. Sa sempre di fumo. 

Tocca alcol a malapena, ed il tabacco è incorrotto in quella saliva densa, biancastra.

 

Caesar si drizza ancora di più, è come se volesse arrampicarsi su quella montagna che è il corpo del capitano. Unisce le dita dietro alla nuca spaziosa, dove i capelli sono cortissimi, rasati a macchinetta, e poi diventano sempre più lunghi salendo, fino ai ciuffi lunghi portati sempre impeccabilmente all'indietro. 

Sono bianchissimi quei capelli, e non ha mai capito se siano indizio dell'età di Smoker o se siano solo un dettaglio curioso. Sa solo che lo eccitano molto.

Moltissimo.

 

La sua lingua è lunghissima, riesce a riempirlo fino in gola, ed il capitano sembra apprezzare. Gli vibra in bocca, il petto si gonfia e si sgonfia in un respiro più affrettato del normale, il bacino su cui è seduto si muove appena e potrebbe giurare che dentro quei bei pantaloni eleganti stia prendendo forma un'erezione in piena regola. Una delle sue preferite, tra l'altro.

 

Abbassa le mani, lo tocca tutto quanto, lo bacia più a fondo, gli si preme di più addosso. 


Quando si stacca e lo guarda in faccia, lo trova con sfumature di rossetto violaceo sulle labbra e attorno alla bocca, il cipiglio serio leggermente corrotto dalla voglia, la pelle pallida macchiata di un rosso imperlato di sudore. 

 

E quegli occhi. 

Sono d'ambra, dal taglio piccolo e sempre in ombra al di sotto della fronte un po' sporgente. Le ciglia che li circondano sono cortissime e scure, tutto intorno alcune rughe - d'espressione e d'età - marcano ancora di più la serietà innata di quello sguardo. 

Eppure il riflesso vagamente giallastro riverbera nella superficie miele, e Caesar trova che si intoni benissimo con gli orpelli orientali ed etnici che ornano la stanza. È in tema persino con l'odore pungente degli incensi accesi in corridoio, degli olii conservati nelle ampolle preziose.


Le dita della mano sinistra accarezzano l'addome massiccio di Smoker, quella della destra risalgono e si appoggiano al petto gonfio. Sta mettendo a dura prova i bottoncini della camicia.

 

È abile, Caesar, nel tirare fuori il pacchetto di sigarette dal taschino teso teso e con solamente pollice ed indice estrarne una senza far cadere tutto il resto. La mette in bocca, fa finta di tirare una boccata e poi la infila tra le labbra di Smoker, che non si è perso neanche il più piccolo movimento di quella pseudo-esibizione. 

 

"Dove nascondi l'accendino, Smokey?"

 

Ripone il pacchetto nella tasca, ma è costretto a stropicciarlo un po'. La mano sinistra scende ancora abbandonando l'addome, si intrufola tra i loro corpi, si ferma solo una volta appoggiatasi sul cazzo del capitano. Che sì: tira da morire.

 

"Non lì" gli risponde stringendo le lettere per non far cadere la sigaretta.

 

Caesar sorride, ma un po' meno. Nemmeno lui è immune all'eccitazione sessuale, al desiderio innegabile ed alla chimica che scorre tra di loro. 

 

Armeggia per slacciare il bottone dei pantaloni di Smoker, per abbassargli la cerniera, per toccarlo da più vicino.

 

"Sei così caldo, qua in mezzo, che ho pensato potesse essere il posto ideale in cui conservare un accendino."

 

Pulsa piano, il sesso di Smoker. È solido e dritto, corposo e semplice: totalmente adatto alla sua persona.

 

"Stai dicendo una marea di cazzate. Persino per i tuoi standard."

 

L'altra mano di Caesar si sposta e sente la sporgenza inconfondibile di un accendino attraverso la tasca laterale di quei pantaloni ormai di troppo. Infila le dita, lo prende, lo solleva.

 

"È che mi mancavi, capitano."

 

Fa scattare la fiamma e Smoker aspira avido. Il suo volto circondato di fumo è nel suo habitat come non mai.


Non risponde a quella lusinga, non è nella sua natura fidarsi. Resta a guardare Caesar piegarsi, socchiude gli occhi quando gli succhia quel pezzo di pelle al di sotto del lobo. Nel frattempo la sinistra lo palpa appieno, gli fa raggiungere la massima durezza.

 

"Facciamo un gioco, Smokey..."

 

Si cosparge di pelle d'oca nonostante il caldo, nonostante la forza del suo spirito.

 

"Te lo succhio come piace a te, adesso... ma continuo solo per la durata di questa sigaretta."

 

Smette istantaneamente di aspirare, cerca di mettere a fuoco quanta cenere ha già consumato fin lì.

 

La risatina di Caesar è solo uno sfondo mentre scende dal suo grembo, mentre si lecca sfacciato le labbra già sbavate per il bacio di prima. 

E lo guarda incastrato tra le sue cosce ancora vestite, ad un soffio dal suo sesso. 

 

Quella bocca potrebbe farlo venire in due minuti scarsi, così come negargli l'orgasmo per tutta la notte. Smoker ha la testa così piena di brama e desiderio, ora, che non si rende conto della goccia che esce dalla punta del suo cazzo, non si rende conto che pagherebbe il doppio di quel che ha già fatto per assicurarsi mille notti con quell'essere rivoltante e meraviglioso.

 

"Va' all'inferno Caesar Clown."

 

Gli dà una leccata, gli fa esplodere quel vecchio cuore che gli batte nel petto allenato. 

 

Gli vuole entrare dentro. In tutti i modi, trascendendo ogni regola, ogni protocollo, ogni umana resistenza.

 

"Mmmh mmh... sta' sicuro che quando ci andrò ti porterò con me."


 
  
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