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Autore: Miss1ice    01/01/2024    0 recensioni
Ci siamo fatti male a vicenda, ora non ci amiamo più.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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somebody nobody

I: Ricordo ancora il momento in cui per la prima volta ho fissato la tua schiena pensando che non ci fosse nulla di più bello, mi avresti protetto dai mali del mondo, sorreggendoli sulle tue spalle e mascherandomi le brutture che avrebbero potuto ferirmi.

K: Ricordo ancora come se fosse ieri il tuo sorriso che mi faceva dimenticare quella parte di me che era un male per tutti tranne che per noi, specchiandomi nei tuoi occhi e vedendo la mia immagine brillante e magnifica, cosa che non aveva mai sperato possibile.

I&K: Ti amavo così tanto, ma non sei più nessuno per me, solo qualcuno che una volta conoscevo.

K: Eri così bello mentre ti stringevo fra le mie braccia e mi guardavi come se non ci fosse niente di più bello al mondo, dicendomi che saresti potuto morire per la felicità, ma in qualche modo sentivo le menzogne che mi avevi celato dietro quelle poche parole, mascherate in verità dalle tue labbra sorridenti.

Perché alla fine ero io quello che moriva ogni volta che ti vedevo al mio fianco e sapevo che non eravamo veramente insieme, vicini nel fisico, ma lontani nell’anima.

Mi sono ripetuto fino allo sfinimento che eri la persona giusta per me, ma il dolore che mi hai fatto provare è stato peggio di tutte le ferite che mi sono procurato in battaglia. Mi hai fatto sentire solo nonostante fossimo insieme.

I: Si può diventare dipendenti dalla tristezza? Io ne so qualcosa dopo aver passato la mia intera vita ad inseguirti e ricevendo in risposta solo colpi che mi spezzavano il cuore e io ogni volta mi dicevo che era colpa mia se non ero abbastanza per te, convinto che dovessi cambiare per essere perfetto così da stare al tuo fianco.

I&K: Mi hai tagliato fuori dalla tua vita piuttosto che parlare dei problemi che avevamo, voltandomi le spalle quando avevo più bisogno di te, cancellando la tua presenza dalla mia vita come se non fossimo mai stati nulla l’uno per l’altro.

Izuku camminava lentamente per le via della città con il sole caldo che stava tramontando e illuminargli la schiena. L’ennesima giornata di lavoro portata a termine, la gente avrebbe potuto riposare in pace fino al giorno dopo si diceva ripensando ai volti sorridenti delle persone che aveva salvato.

Si sentiva così in pace fra la cacofonia dei suoni delle auto che transitavano accanto al marciapiede su cui passeggiava e le voci dei cittadini che gli passavano accanto salutandolo con la mano o semplicemente sorridendogli. Sentiva le risa e s’immaginava a unirsi a loro scherzando come non faceva da un po’.

Si era convinto che il dolore che si portava dietro da anni non se ne sarebbe mai andato, diventando parte di sé e lasciandolo assuefatto da quel riverbero che diffondeva nel suo cuore.

Si era abituato alla rassegnazione e che si era annidata in lui dopotutto era anche colpa sua se era arrivato a provare così tanta sofferenza, in fondo al suo cuore sapeva di aver permesso che accadesse non fermando l’inesorabilità di quello che si era scatenato.

Oppure fu solo il ricordo di quello che erano che lo continuava a spingere a pensarla in quel modo?

Non era solo colpa sua, erano in due in quella relazione, ma alle volte gli sembrava di essere stato il solo a viverla e a lottare per essa.

Katsuki era fermo a fissare la linea dell’orizzonte dopo quella giornata di lavoro che per lui era stata estenuante. Aveva dovuto partecipare ad una conferenza stampa organizzata dalla sua agenzia dopo l’errore che aveva commesso la settimana prima e che lo aveva ferito gravemente, dopo aver permesso al fuggitivo di scappare dalla sua custodia.

Si domandava se la sua vita non fosse solamente costellata di errori, non ricordava altro che quelli nel suo percorso, rammentando quel paio di occhi colmi di lacrime che lo fissavano inespressivi.

Si era dato la colpa di tutto, si era pentito di tutto quello che era successo, ma forse non era completamente colpa sua, non poteva essere che quel dolore che gli scavava nel petto fosse dipeso solo dalle sue azioni.

Quel giorno era ancora impresso come fuoco ardente nella sua mente, quando aprendo la porta lo aveva visto davanti a sé, nessuna espressione in volto che guardava al di là di lui.

Le parole che lo avevano ucciso scavavano solchi permanenti del suo animo, lacerandolo a tal punto che se provava aprire bocca per parlarne, gli sembrava di sentire il gusto del sangue sulla lingua.

Non aveva funzionato e ne era consapevole, ma mai si sarebbe aspettato di essere trattato come se fra loro non fosse mai successo niente.

Il crepuscolo ormai era agli sgoccioli, il viola dei raggi del sole già sparito al di là dell’orizzonte stava virando al blu della notte e si potevano già intravedere le prime stelle a illuminare il firmamento con il loro tenue e lontano bagliore.

Due anime però sembravano brillare con maggiore intensità nelle vie della città che lentamente si stava svuotando.

Come le stelle in cielo sembravano così vicine e simili, ma in realtà erano incredibilmente lontane separate fra loro da milioni di anni luce che non facevano altro che ricordare loro la solitudine che le accomunava.

Una costellazione fatta da loro due e unita da un semplice filo rosso che però si era spezzato.

Un destino avverso che li attirava e allontanava come se fossero due navi che si cercano, ma in balia delle onde di un mare in tempesta, si respingevano per ritrovarsi quando la calma regnava di nuovo sovrana.

E l’acqua in quel momento è placida mentre le due anime si avvicinano senza esserne consapevoli, vedendosi da distante quando ormai è troppo tardi per cambiare percorso e crogiolarsi nell’ignoranza di quello che quel incontro avrebbe portato.

Solo i loro occhi calamitati da una forza incontrovertibile, li aveva costretti a voltarsi per incontrare la figura dell’altro dall’altra parte della strada.

Un peso si formò al centro del loro petto e un groppo prese posto nella gola, impedendo ad ambedue di proferire parola, ma i loro sguardi comunicavano per loro, mentre quello che era stato il loro amore affollava con vecchi ricordo le loro mente.

Come il primo sole caldo di primavera che scaldava i loro corpi stesi sotto le fronde dell’albero vicino al dormitorio, dove erano soliti stendersi per staccare la spina dalle voci concitate dei loro amici e passare un po’ di tempo da soli a crogiolarsi nella compagnia reciproca.

Ricordo che mutò in fretta assumendo tinte nere e oscure quando i loro silenzi diventarono tutto il loro rapporto, non riuscendo più a comunicare, dimenticandosi che è con le parole che si risolvono i problemi e non con il silenzio.

«Deku.» disse uno dei due deglutendo quel grumo di saliva che lo stava soffocando per poi sollevare la mano in segno di saluto.

Solo allora l’altro ritrovò il suo autocontrollo e sollevare la mano in un saluto a sua volta.

«Ciao Kacchan.» rispose usando quel nomignolo che aveva usato per tutta la vita e che era stato solo loro, ma che ormai non aveva più alcun significato.

Il silenzio li avvolse di nuovo, anche se non vi era proprio dato che la città era ancora sveglia attorno a loro.

Le labbra del verdino provarono a sollevarsi in un sorriso che scatenò una nuova ondata di ricordi nell’altro che si rivide di nuovo ai tempi delle elementari, periodo in cui quel sorriso era una luce accecante fatta di meraviglia e speranza e che con il corso del tempo aveva segnato le loro vite, da prima quando quel sorriso si rivolgeva a tutti fuorché a lui e in seguito quando era diventato esclusivamente suo.

Per finire era diventato un simbolo di sconfitta e dolore, perché per quanto gli angoli di quelle labbra morbide erano rivolti verso l’altro, non vi era gioia negli occhi, solo una triste e amara rassegnazione.

Quel sorriso era stato l’inizio del tracollo del loro amore.

E come allora, il sorriso venne sostituito da una piega della bocca che gli fece fermare il cuore per il tempo di un battito. Un doloroso battito che si propagò in lui come il riverbero di una goccia caduta nell’acqua placida del suo animo.

Per quanto la vita della città continuasse frenetica attorno a loro, si sentivano intrappolati in una immobilità eterna, fatta di ricordi belli che conducevano solo a momenti dolorosi dove non vi era altro che il pensiero incessante di dimenticare tutti gli sbagli che avevano commesso.

«Ti...ti vedo bene.» tornò a parlare Izuku che rabbrividì nel freddo della notte anche se l’estate era ormai alle porte e il clima mite, la maglietta a maniche corte non lo scaldava mostrando la pelle sollevata dalla pelle d’oca.

«Anche tu.» rispose Katsuki sentendosi un inetto per non essere riuscito a trovare parole più adatte da pronunciare, ma in fondo si era sempre sentito inferiore a lui per tutto il periodo della loro relazione, rimirandolo correre davanti a sé, cercando di avvicinarlo e magari camminare al suo fianco, non riuscendoci mai per finire a crogiolarsi nell’inadeguatezza che quel ragazzo continuava a rimarcargli addosso con le sue azioni.

Forse non era mai stato destino il loro e l’amore che provavano era solo un eco del legame che li aveva fatti camminare insieme per troppo tempo portandoli a credere che solo insieme avrebbero potuto affrontare le brutture del mondo.

Ma dopotutto il destino è così volubile che non sempre porta al vero amore al primo colpo. Deve portarci la nostra sana e dolorosa dose di rimpianto prima che comprendiamo quello che ci fa bene o che invece ci fa male, ricordandoci tramite il cuore spezzato che una relazione si vive insieme e non da soli

«È stato bello rivederti.» disse alla fine il biondo sollevando solo per metà le labbra in un sorriso, mettendosi il cuore in pace, trovando finalmente il coraggio di andare avanti.

«Sì, stammi bene.» rispose sorridendo apertamente come un tempo e tornando a camminare dritto avanti a sé, lontano dal dolore che si era lasciato alle spalle e che non avrebbe più avuto possesso del suo cuore.

   
 
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