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Autore: elenabastet    03/01/2024    1 recensioni
Una storia che nasce per celebrare il 230° anniversario della morte di Maria Antonietta, con alcuni momenti persi da manga ed anime.
Genere: Angst, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’AMICA RITROVATA

 

Rating: angst, lutto, un tocco di paranormale

Fandom: Lady Oscar.

Note: una storia scritta per celebrare il 230° anniversario della morte di Maria Antonietta, incentrata sul suo rapporto con Oscar.

 

Quando le avevano comunicato la sua morte, si era sentita mancare: aveva intuito che, due giorni prima, quando era venuta a salutarla era l’ultima volta che si vedevano, ma non si aspettava certo un simile epilogo.

Il modo in cui era morta era stato devastante per tutti e aveva suscitato commenti non proprio gentili alla corte di Versailles. Non solo aveva rifiutato di eseguire gli ordini di soffocare i tumulti a Parigi, ma si era unita al popolo in rivolta con i Soldati della Guardia: dopo, la situazione era precipitata, aveva perso il suo amante ed ex servo in una sparatoria e aveva guidato l’assalto alla Bastiglia, esponendosi e venendo colpita a morte.

Traditrice era stato l’epiteto che le era stato assegnato più spesso, anche da parte della contessa di Polignac, che l’aveva poi lasciata per mettersi in salvo, dicendole che era un desiderio di suo marito.

Sapeva che il padre della sua paladina si era ritirato nel suo palazzo, dopo aver acconsentito che la sua ex paladina venisse sepolta sulla collina di Arras accanto al suo amato, a rimpiangere e anche a rimproverare in cuor suo questa figlia perduta per sempre. Sapeva che tra i suoi fedelissimi a corte c’era un visconte da sempre innamorato di lei, che l’avrebbe pianta in silenzio fino alla fine dei suoi giorni.

Lei, la regina Maria Antonietta, non si capacitava di quel gesto da parte di quella che lei aveva sempre stimato come una persona unica, la sua più fedele servitrice, una sorta di sua paladina, una creatura quasi da leggenda.

Maria Antonietta aveva cercato di dimenticarla, di non pensare a lei, di non chiedere più niente sul suo conto perché soffriva a ricordarla, non si spiegava il suo tradimento, in contrasto con quello che era e che le aveva sempre dimostrato. Aveva cercato di dimenticare la sua lealtà, ma anche quando aveva cercato di dissuaderla da far attaccare il popolo a Parigi. E mentre cercava di dimenticarla, per non soffrire di più, tutto iniziò a precipitare.

La famiglia reale fu costretta a tornare a Parigi da Versailles, nel buio e sporco palazzo delle Tuilieries. I nobili fuggivano, c’erano scontri e linciaggi, mentre si approvavano nuove leggi, si abolivano i privilegi feudali, si promulgava la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che avrebbe fatto contenta lei, la sua madamigella, che avrebbe potuto allora sposare il suo amore liberamente. Già, ma era avvenuto troppo tardi.

Poi era tornato il conte di Fersen, il suo grande amore segreto e proibito, che cercò di farla fuggire con la famiglia e con l’aiuto del generale Bouillet e del padre di madamigella, ancora nel suo dolore, a cui si era aggiunta la perdita anche dell’adorata moglie.

Fersen le disse una cosa:

“Vorrei avere il coraggio e la determinazione di Oscar, vorrei saper affrontare le difficoltà come faceva lei, con quella forza d’animo.”

“Ma ci ha traditi.”

“Non riesco a vederla come una traditrice, era troppo pura per questo mondo e non credo che approverebbe come vi stanno trattando, mia amata.”

Maria Antonietta non ebbe molto tempo per ripensare a quelle parole, perché la fuga fallì, dovette dire addio a Fersen per sempre e diventò una prigioniera con la sua famiglia.

La monarchia era ormai odiata e il re fu deposto e messo sotto processo, mentre le potenze europee dichiaravano guerra alla Francia e i cosiddetti nemici della Rivoluzione venivano massacrati e giustiziati.

Suo marito, Luigi XVI, fu messo a morte il 21 gennaio del 1793: dopo alcuni mesi di isolamento con i suoi figli e la sua cognata al Tempio, dovette dire addio al piccolo nuovo re, il suo amato bambino, che le fu strappato. E poi fu trasferita alla Conciergerie e dovette separarsi anche da sua figlia e da sua cognata.

Le sembrò di entrare in un girone infernale quando mise piede dentro la cella che le era destinata. Si sedette sul giaciglio, prendendosi il volto tra le mani.

“Maestà?”

Chi aveva l’ardire di chiamarla così? Ormai Vedova Capeto era la cosa più gentile che si sentiva dire. Si girò verso la sua interlocutrice, cercando di metterla a fuoco, perché negli ultimi mesi le era anche andata giù la vista, ormai era quasi cieca.

C’era una giovane donna bionda, certo più giovane di lei, vestita modestamente, ma con un portamento distinto.

“Sono Rosalie Lamorlière Chatelet, ho chiesto di occuparmi di voi e mi è stato concesso.”

“Vi ringrazio”, rispose lei.

La giovane donna le si avvicinò e riuscì a metterla a fuoco ed aveva un aspetto familiare. Certo, forse lei la ricordava più giovane, ma era certa di averla già vista.

“Forse non vi ricordate di me, io ero la protetta di madamigella Oscar, mi portò anche ad un ballo a Versailles, una quindicina d’anni fa….”

Oh certo, Rosalie, la cugina di Oscar, però era vissuta per un po’ anche con madame de Polignac, se non ricordava male ed ora che ci pensava le somigliava pure, anche se aveva lo sguardo più limpido e sincero…

“Rosalie, mi ricordo bene di voi”, disse Maria Antonietta, commossa di trovare una presenza amica e gentile in quell’inferno.

“Come mai volete occuparvi di me?”, aggiunse l’ex sovrana di Francia. Aveva già sentito il nome di Chatelet e se non si sbagliava era quello di un giornalista rivoluzionario, autore di articoli spietati su di lei e la sua famiglia. Come poteva essere il marito di quella giovane restava un mistero.

“Lo devo alla memoria di una persona che abbiamo entrambe amato, la nostra Oscar”, rispose Rosalie, “e ora ditemi cosa posso fare per voi.”

Maria Antonietta guardò quella giovane donna determinata, di cui intuiva l’ottima educazione, e non poteva essere altrimenti. No, non voleva che le facesse da serva, non lo meritava certo, anche se Rosalie sembrava non spaventarsi di niente.

“Voi potete fare una cosa: raccontarmi tutto quello che sapete di madamigella Oscar.”

Rosalie si morse le labbra, cercando di non piangere. Ma sentiva anche di avere un grande onore sulle sue spalle.

“Conobbi Oscar una sera a Parigi, all’epoca ero in una situazione difficile, con la mia madre adottiva ammalata, e stavo per fare una stupidaggine. Lei mi aiutò. L’avevo notata tempo prima una volta vedendola a cavallo, ma credevo fosse un uomo, come ho potuto sbagliarmi...”

“Capitò anche a me da ragazzina quando la incontrai la prima volta. Poi, sapendolo, era chiaro che non poteva che essere una donna, la più bella e pura, una creatura da leggenda.”

“La rividi un’altra volta, quando quel vigliacco del duca di Germaine sparò per strada ad un mio piccolo vicino, Pierre, lei cercò di scagliarsi contro di lui e André la fermò.”

“André… lei lo ascoltava sempre… era il suo amore, vero?”

“Da sempre e per sempre, ma credo che purtroppo abbiano avuto troppo poco tempo per amarsi...”, rispose Rosalie.

“Ma poi voi andaste a vivere con lei...”

“Sì, mia madre morì investita da una carrozza” e Rosalie evitò di dire che era stata madame de Polignac ad investirla, come evitò di rivelarle il suo legame di sangue con la nobildonna, almeno per il momento.

“Io decisi di andare a Versailles in cerca di vendetta e per sbaglio arrivai a palazzo Jarjayes, dove incontrai madamigella Oscar, che mi prese sotto la sua ala protettrice insieme ad André. Mi fece studiare, non solo danza, buone maniere e portamento, ma anche Storia, Geografia, Letteratura, Latino, Italiano, Scienze e mi insegnò a usare sia la spada che la pistola. Con la seconda me la cavo discretamente, con la prima sono un disastro. Imparai anche a cavalcare. Vissi con lei anni bellissimi, conobbi anche tutte le sue sorelle con le loro famiglie, in particolare la simpaticissima Loulou, con la quale smascherammo una feroce assassina...”

“Ho sentito parlare di quella storia, orribile, madamigella rischiò di morire...”

“Anch’io, quella donna era davvero pazza e pericolosa. Ma oggi, vi stupirò sapere che penso con gioia a quell’avventura. Poi, dopo lo scandalo della collana mi dovetti allontanare da madamigella, ma rimanemmo comunque in contatto.”

“Rosalie, è vero quello che si diceva, che Jeanne de La Motte era vostra parente?”

Rosalie restò in silenzio, vergognandosi di quel legame, soprattutto alla luce delle cose ignobili che Jeanne aveva scritto sulla regina e su Oscar.

“Era la mia sorellastra”, disse alla fine, “ma si allontanò presto da me e da sua madre e non volle più vedermi. Non la perdono per come si è comportata con voi e con Oscar.”

Maria Antonietta annuì e poi aggiunse:

“Ma è vero anche che voi eravate una figlia naturale della contessa de Polignac o comunque sua parente?”

Rosalie decise di dirle la verità, o almeno una mezza verità:

“Così mi dissero, ma io non l’ho mai considerata legata a me. Per me, l’unica vera famiglia erano madamigella Oscar e André. E la mia madre adottiva, morta prematuramente.”

“Ma raccontatemi come era passare le vostre giornate con Oscar, vi invidiavamo tutte, lo sapevate?”

“In realtà, erano belle giornate, ma molto tranquille, tranne ogni tanto qualche avventura, come quella con la piccola Loulou. Madamigella era spesso a corte con André e quando questo succedeva io stavo in biblioteca a studiare, su espressa richiesta sua e comunque io adoravo farlo, oppure ogni tanto davo una mano a Marie, la governante nonna di André. Quando c’era madame de Jarjayes a casa, ricamavamo e parlavamo, a volte c’era Loulou e era una bricconcella, fissata con i fantasmi che c’erano in solaio. Ma quelle erano storie che le aveva messo in testa André… Quando Oscar era a casa, mi dava personalmente lezioni di scherma o di Storia e letteratura, mi ricordo che dedicavamo spesso parecchio tempo a leggere e commentare gli articoli più curiosi sugli almanacchi, in particolare quelli sulle scoperte geografiche e archeologiche, ci appassionarono molto i resoconti degli scavi fatti su ordine di vostra sorella Carlotta e di suo marito a Pompei e Ercolano.”

Maria Antonietta si illuminò sentendo il nome dell’amata sorella, ma poi di colpo le vennero le lacrime agli occhi.

“Altrimenti, adoravamo leggere romanzi d’avventura e poemi epici. Ce ne era uno italiano, la Gerusalemme liberata di Tasso e c’era il personaggio della vergine guerriera Clorinda, che mi colpì molto e che André adorava. Lui si commuoveva sempre quando leggevamo della sua morte, quando andammo a vedere l’opera del maestro Monteverdi si mise a piangere nella scena del duello fatale, chissà, forse presagiva lo stesso destino per la sua amata. Andavamo anche in giro per mercati e botteghe, con André che ci seguiva con pacchi di vestiti e libri, lui adorava vederci felici, o meglio vedere Oscar felice. E poi i Natali, con la Messa a mezzanotte, il pranzo e i banchetti che faceva Marie e i regali che ricevevo da Oscar, come questa collana...”

Rosalie mostrò a Maria Antonietta il suo ciondolo con un quarzo pallido, come fosse una rosa bianca.

Ad un tratto, la sovrana le chiese:

“Come mai madamigella Oscar tradì la sua famiglia e passò dalla parte dei rivoltosi, pagando questo con la vita?”

Rosalie si aspettava quella domanda e rispose:

“Lei odiava ogni ingiustizia e credeva davvero in un mondo migliore. E poi amava André, sognava un futuro con lui.” Non le disse quello che aveva saputo sulla malattia di Oscar, sperando che Maria Antonietta non sapesse niente di questo.

“Con mio marito saremmo stati felici di permettere ad André di sposarla, anzi aspettavamo da tempo che ce lo venisse chiedere”, disse Maria Antonietta, triste.

“Oscar non avrebbe mai accettato tutto questo che sta succedendo”, disse Rosalie, pensando per un attimo che avrebbe quasi certamente incontrato un tragico destino comunque insieme al suo André ribellandosi alla follia rivoluzionaria che ormai disgustava anche lei.

“Sapete, io credo che lei fosse una creatura ultraterrena, che è venuta a trovarci e poi se ne è andata via...”, disse Maria Antonietta e aggiunse, “io sono serena solo quando penso a lei e al suo coraggio.” Ora sentiva che Oscar era di nuovo vicino a lei, che non se ne era mai andata, che non era una traditrice, aveva un percorso da eroina leggendaria da compiere e un destino ineluttabile. Come le rose, la sua vita era stata meravigliosa, intensa, ma breve e tragica.

Maria Antonietta e Rosalie parlarono ancora molto di Oscar e di André, nei giorni successivi, mentre Maria Antonietta affrontava le ultime prove del processo e della condanna a morte.

Poi, un giorno, arrivò qualcuno che lei conosceva bene, disposto a farla fuggire: il padre di Oscar e fu Rosalie a farlo entrare.

“No, senza i miei figli non posso fuggire. Ve li raccomando, signor conte e generale. E raccomando anche a voi e a Rosalie di non dimenticare la nostra amata Oscar e di raccontare la sua storia...”

Il 16 ottobre 1793, giorno della sua esecuzione, Maria Antonietta diede a Rosalie una rosa bianca, fatta di pezzi di stoffa che aveva trovato in cella.

“Dipingetela del colore preferito di Oscar e portatela là dove riposa con il suo André”, disse, prima di andarsene.

Ci furono insulti, ma anche un silenzio rispettoso di fronte alla dignità della ex sovrana. Poi, fu tutto veloce, lei vide una farfalla, come quella che aveva inseguito in quel giorno lontano, nel parco di Schonbrunn, poco prima di doversi preparare per partire per la Francia e di colpo fu tutto buio, con uno strano freddo sul collo prima, improvviso e fugace..

Ora lei era in uno strano parco, c’era un labirinto, già, le sarebbe piaciuto costruirne uno al Trianon, e lei correva dietro alla farfalla, era di nuovo veloce, di nuovo agile e ci vedeva bene.

Ad un tratto cadde quasi rovinosamente addosso a qualcuno: alzò lo sguardo e Oscar era di fronte a lei, con la sua splendida uniforme rossa e i capelli biondi.

“Oh, Vostra Maestà, ben ritrovata, vi stavamo aspettando...” Poco lontano da lei c’era André che le sorrideva, bello come era stato nei giorni di Versailles.

“Madamigella, finalmente siamo di nuovo insieme. Stavolta non vi lascerò più e seguirò i vostri consigli. Vi ho perdonato, amavate André, lo amate ancora, avete agito in nome suo e io non posso che accettare questo e le vostre scelte.”

“Sarà un onore rimanere con voi...”, disse Oscar. Ora erano in un prato in mezzo ad aiuole di rose, più in là c’era un tempietto e pian piano si incamminarono. Maria Antonietta guardò la sua amica ritrovata, che si stringeva al suo André, e si sentì felice, di nuovo e per sempre. Ora niente e nessuno poteva davvero farle più male.

 

L’AMICA RITROVATA

 

Rating: angst, lutto, un tocco di paranormale

Fandom: Lady Oscar.

Note: una storia scritta per celebrare il 230° anniversario della morte di Maria Antonietta, incentrata sul suo rapporto con Oscar.

 

Quando le avevano comunicato la sua morte, si era sentita mancare: aveva intuito che, due giorni prima, quando era venuta a salutarla era l’ultima volta che si vedevano, ma non si aspettava certo un simile epilogo.

Il modo in cui era morta era stato devastante per tutti e aveva suscitato commenti non proprio gentili alla corte di Versailles. Non solo aveva rifiutato di eseguire gli ordini di soffocare i tumulti a Parigi, ma si era unita al popolo in rivolta con i Soldati della Guardia: dopo, la situazione era precipitata, aveva perso il suo amante ed ex servo in una sparatoria e aveva guidato l’assalto alla Bastiglia, esponendosi e venendo colpita a morte.

Traditrice era stato l’epiteto che le era stato assegnato più spesso, anche da parte della contessa di Polignac, che l’aveva poi lasciata per mettersi in salvo, dicendole che era un desiderio di suo marito.

Sapeva che il padre della sua paladina si era ritirato nel suo palazzo, dopo aver acconsentito che la sua ex paladina venisse sepolta sulla collina di Arras accanto al suo amato, a rimpiangere e anche a rimproverare in cuor suo questa figlia perduta per sempre. Sapeva che tra i suoi fedelissimi a corte c’era un visconte da sempre innamorato di lei, che l’avrebbe pianta in silenzio fino alla fine dei suoi giorni.

Lei, la regina Maria Antonietta, non si capacitava di quel gesto da parte di quella che lei aveva sempre stimato come una persona unica, la sua più fedele servitrice, una sorta di sua paladina, una creatura quasi da leggenda.

Maria Antonietta aveva cercato di dimenticarla, di non pensare a lei, di non chiedere più niente sul suo conto perché soffriva a ricordarla, non si spiegava il suo tradimento, in contrasto con quello che era e che le aveva sempre dimostrato. Aveva cercato di dimenticare la sua lealtà, ma anche quando aveva cercato di dissuaderla da far attaccare il popolo a Parigi. E mentre cercava di dimenticarla, per non soffrire di più, tutto iniziò a precipitare.

La famiglia reale fu costretta a tornare a Parigi da Versailles, nel buio e sporco palazzo delle Tuilieries. I nobili fuggivano, c’erano scontri e linciaggi, mentre si approvavano nuove leggi, si abolivano i privilegi feudali, si promulgava la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che avrebbe fatto contenta lei, la sua madamigella, che avrebbe potuto allora sposare il suo amore liberamente. Già, ma era avvenuto troppo tardi.

Poi era tornato il conte di Fersen, il suo grande amore segreto e proibito, che cercò di farla fuggire con la famiglia e con l’aiuto del generale Bouillet e del padre di madamigella, ancora nel suo dolore, a cui si era aggiunta la perdita anche dell’adorata moglie.

Fersen le disse una cosa:

“Vorrei avere il coraggio e la determinazione di Oscar, vorrei saper affrontare le difficoltà come faceva lei, con quella forza d’animo.”

“Ma ci ha traditi.”

“Non riesco a vederla come una traditrice, era troppo pura per questo mondo e non credo che approverebbe come vi stanno trattando, mia amata.”

Maria Antonietta non ebbe molto tempo per ripensare a quelle parole, perché la fuga fallì, dovette dire addio a Fersen per sempre e diventò una prigioniera con la sua famiglia.

La monarchia era ormai odiata e il re fu deposto e messo sotto processo, mentre le potenze europee dichiaravano guerra alla Francia e i cosiddetti nemici della Rivoluzione venivano massacrati e giustiziati.

Suo marito, Luigi XVI, fu messo a morte il 21 gennaio del 1793: dopo alcuni mesi di isolamento con i suoi figli e la sua cognata al Tempio, dovette dire addio al piccolo nuovo re, il suo amato bambino, che le fu strappato. E poi fu trasferita alla Conciergerie e dovette separarsi anche da sua figlia e da sua cognata.

Le sembrò di entrare in un girone infernale quando mise piede dentro la cella che le era destinata. Si sedette sul giaciglio, prendendosi il volto tra le mani.

“Maestà?”

Chi aveva l’ardire di chiamarla così? Ormai Vedova Capeto era la cosa più gentile che si sentiva dire. Si girò verso la sua interlocutrice, cercando di metterla a fuoco, perché negli ultimi mesi le era anche andata giù la vista, ormai era quasi cieca.

C’era una giovane donna bionda, certo più giovane di lei, vestita modestamente, ma con un portamento distinto.

“Sono Rosalie Lamorlière Chatelet, ho chiesto di occuparmi di voi e mi è stato concesso.”

“Vi ringrazio”, rispose lei.

La giovane donna le si avvicinò e riuscì a metterla a fuoco ed aveva un aspetto familiare. Certo, forse lei la ricordava più giovane, ma era certa di averla già vista.

“Forse non vi ricordate di me, io ero la protetta di madamigella Oscar, mi portò anche ad un ballo a Versailles, una quindicina d’anni fa….”

Oh certo, Rosalie, la cugina di Oscar, però era vissuta per un po’ anche con madame de Polignac, se non ricordava male ed ora che ci pensava le somigliava pure, anche se aveva lo sguardo più limpido e sincero…

“Rosalie, mi ricordo bene di voi”, disse Maria Antonietta, commossa di trovare una presenza amica e gentile in quell’inferno.

“Come mai volete occuparvi di me?”, aggiunse l’ex sovrana di Francia. Aveva già sentito il nome di Chatelet e se non si sbagliava era quello di un giornalista rivoluzionario, autore di articoli spietati su di lei e la sua famiglia. Come poteva essere il marito di quella giovane restava un mistero.

“Lo devo alla memoria di una persona che abbiamo entrambe amato, la nostra Oscar”, rispose Rosalie, “e ora ditemi cosa posso fare per voi.”

Maria Antonietta guardò quella giovane donna determinata, di cui intuiva l’ottima educazione, e non poteva essere altrimenti. No, non voleva che le facesse da serva, non lo meritava certo, anche se Rosalie sembrava non spaventarsi di niente.

“Voi potete fare una cosa: raccontarmi tutto quello che sapete di madamigella Oscar.”

Rosalie si morse le labbra, cercando di non piangere. Ma sentiva anche di avere un grande onore sulle sue spalle.

“Conobbi Oscar una sera a Parigi, all’epoca ero in una situazione difficile, con la mia madre adottiva ammalata, e stavo per fare una stupidaggine. Lei mi aiutò. L’avevo notata tempo prima una volta vedendola a cavallo, ma credevo fosse un uomo, come ho potuto sbagliarmi...”

“Capitò anche a me da ragazzina quando la incontrai la prima volta. Poi, sapendolo, era chiaro che non poteva che essere una donna, la più bella e pura, una creatura da leggenda.”

“La rividi un’altra volta, quando quel vigliacco del duca di Germaine sparò per strada ad un mio piccolo vicino, Pierre, lei cercò di scagliarsi contro di lui e André la fermò.”

“André… lei lo ascoltava sempre… era il suo amore, vero?”

“Da sempre e per sempre, ma credo che purtroppo abbiano avuto troppo poco tempo per amarsi...”, rispose Rosalie.

“Ma poi voi andaste a vivere con lei...”

“Sì, mia madre morì investita da una carrozza” e Rosalie evitò di dire che era stata madame de Polignac ad investirla, come evitò di rivelarle il suo legame di sangue con la nobildonna, almeno per il momento.

“Io decisi di andare a Versailles in cerca di vendetta e per sbaglio arrivai a palazzo Jarjayes, dove incontrai madamigella Oscar, che mi prese sotto la sua ala protettrice insieme ad André. Mi fece studiare, non solo danza, buone maniere e portamento, ma anche Storia, Geografia, Letteratura, Latino, Italiano, Scienze e mi insegnò a usare sia la spada che la pistola. Con la seconda me la cavo discretamente, con la prima sono un disastro. Imparai anche a cavalcare. Vissi con lei anni bellissimi, conobbi anche tutte le sue sorelle con le loro famiglie, in particolare la simpaticissima Loulou, con la quale smascherammo una feroce assassina...”

“Ho sentito parlare di quella storia, orribile, madamigella rischiò di morire...”

“Anch’io, quella donna era davvero pazza e pericolosa. Ma oggi, vi stupirò sapere che penso con gioia a quell’avventura. Poi, dopo lo scandalo della collana mi dovetti allontanare da madamigella, ma rimanemmo comunque in contatto.”

“Rosalie, è vero quello che si diceva, che Jeanne de La Motte era vostra parente?”

Rosalie restò in silenzio, vergognandosi di quel legame, soprattutto alla luce delle cose ignobili che Jeanne aveva scritto sulla regina e su Oscar.

“Era la mia sorellastra”, disse alla fine, “ma si allontanò presto da me e da sua madre e non volle più vedermi. Non la perdono per come si è comportata con voi e con Oscar.”

Maria Antonietta annuì e poi aggiunse:

“Ma è vero anche che voi eravate una figlia naturale della contessa de Polignac o comunque sua parente?”

Rosalie decise di dirle la verità, o almeno una mezza verità:

“Così mi dissero, ma io non l’ho mai considerata legata a me. Per me, l’unica vera famiglia erano madamigella Oscar e André. E la mia madre adottiva, morta prematuramente.”

“Ma raccontatemi come era passare le vostre giornate con Oscar, vi invidiavamo tutte, lo sapevate?”

“In realtà, erano belle giornate, ma molto tranquille, tranne ogni tanto qualche avventura, come quella con la piccola Loulou. Madamigella era spesso a corte con André e quando questo succedeva io stavo in biblioteca a studiare, su espressa richiesta sua e comunque io adoravo farlo, oppure ogni tanto davo una mano a Marie, la governante nonna di André. Quando c’era madame de Jarjayes a casa, ricamavamo e parlavamo, a volte c’era Loulou e era una bricconcella, fissata con i fantasmi che c’erano in solaio. Ma quelle erano storie che le aveva messo in testa André… Quando Oscar era a casa, mi dava personalmente lezioni di scherma o di Storia e letteratura, mi ricordo che dedicavamo spesso parecchio tempo a leggere e commentare gli articoli più curiosi sugli almanacchi, in particolare quelli sulle scoperte geografiche e archeologiche, ci appassionarono molto i resoconti degli scavi fatti su ordine di vostra sorella Carlotta e di suo marito a Pompei e Ercolano.”

Maria Antonietta si illuminò sentendo il nome dell’amata sorella, ma poi di colpo le vennero le lacrime agli occhi.

“Altrimenti, adoravamo leggere romanzi d’avventura e poemi epici. Ce ne era uno italiano, la Gerusalemme liberata di Tasso e c’era il personaggio della vergine guerriera Clorinda, che mi colpì molto e che André adorava. Lui si commuoveva sempre quando leggevamo della sua morte, quando andammo a vedere l’opera del maestro Monteverdi si mise a piangere nella scena del duello fatale, chissà, forse presagiva lo stesso destino per la sua amata. Andavamo anche in giro per mercati e botteghe, con André che ci seguiva con pacchi di vestiti e libri, lui adorava vederci felici, o meglio vedere Oscar felice. E poi i Natali, con la Messa a mezzanotte, il pranzo e i banchetti che faceva Marie e i regali che ricevevo da Oscar, come questa collana...”

Rosalie mostrò a Maria Antonietta il suo ciondolo con un quarzo pallido, come fosse una rosa bianca.

Ad un tratto, la sovrana le chiese:

“Come mai madamigella Oscar tradì la sua famiglia e passò dalla parte dei rivoltosi, pagando questo con la vita?”

Rosalie si aspettava quella domanda e rispose:

“Lei odiava ogni ingiustizia e credeva davvero in un mondo migliore. E poi amava André, sognava un futuro con lui.” Non le disse quello che aveva saputo sulla malattia di Oscar, sperando che Maria Antonietta non sapesse niente di questo.

“Con mio marito saremmo stati felici di permettere ad André di sposarla, anzi aspettavamo da tempo che ce lo venisse chiedere”, disse Maria Antonietta, triste.

“Oscar non avrebbe mai accettato tutto questo che sta succedendo”, disse Rosalie, pensando per un attimo che avrebbe quasi certamente incontrato un tragico destino comunque insieme al suo André ribellandosi alla follia rivoluzionaria che ormai disgustava anche lei.

“Sapete, io credo che lei fosse una creatura ultraterrena, che è venuta a trovarci e poi se ne è andata via...”, disse Maria Antonietta e aggiunse, “io sono serena solo quando penso a lei e al suo coraggio.” Ora sentiva che Oscar era di nuovo vicino a lei, che non se ne era mai andata, che non era una traditrice, aveva un percorso da eroina leggendaria da compiere e un destino ineluttabile. Come le rose, la sua vita era stata meravigliosa, intensa, ma breve e tragica.

Maria Antonietta e Rosalie parlarono ancora molto di Oscar e di André, nei giorni successivi, mentre Maria Antonietta affrontava le ultime prove del processo e della condanna a morte.

Poi, un giorno, arrivò qualcuno che lei conosceva bene, disposto a farla fuggire: il padre di Oscar e fu Rosalie a farlo entrare.

“No, senza i miei figli non posso fuggire. Ve li raccomando, signor conte e generale. E raccomando anche a voi e a Rosalie di non dimenticare la nostra amata Oscar e di raccontare la sua storia...”

Il 16 ottobre 1793, giorno della sua esecuzione, Maria Antonietta diede a Rosalie una rosa bianca, fatta di pezzi di stoffa che aveva trovato in cella.

“Dipingetela del colore preferito di Oscar e portatela là dove riposa con il suo André”, disse, prima di andarsene.

Ci furono insulti, ma anche un silenzio rispettoso di fronte alla dignità della ex sovrana. Poi, fu tutto veloce, lei vide una farfalla, come quella che aveva inseguito in quel giorno lontano, nel parco di Schonbrunn, poco prima di doversi preparare per partire per la Francia e di colpo fu tutto buio, con uno strano freddo sul collo prima, improvviso e fugace..

Ora lei era in uno strano parco, c’era un labirinto, già, le sarebbe piaciuto costruirne uno al Trianon, e lei correva dietro alla farfalla, era di nuovo veloce, di nuovo agile e ci vedeva bene.

Ad un tratto cadde quasi rovinosamente addosso a qualcuno: alzò lo sguardo e Oscar era di fronte a lei, con la sua splendida uniforme rossa e i capelli biondi.

“Oh, Vostra Maestà, ben ritrovata, vi stavamo aspettando...” Poco lontano da lei c’era André che le sorrideva, bello come era stato nei giorni di Versailles.

“Madamigella, finalmente siamo di nuovo insieme. Stavolta non vi lascerò più e seguirò i vostri consigli. Vi ho perdonato, amavate André, lo amate ancora, avete agito in nome suo e io non posso che accettare questo e le vostre scelte.”

“Sarà un onore rimanere con voi...”, disse Oscar. Ora erano in un prato in mezzo ad aiuole di rose, più in là c’era un tempietto e pian piano si incamminarono. Maria Antonietta guardò la sua amica ritrovata, che si stringeva al suo André, e si sentì felice, di nuovo e per sempre. Ora niente e nessuno poteva davvero farle più male.

 

  
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