Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Stria93    04/01/2024    1 recensioni
Dal testo:"Non capiva per quale motivo lo stesse facendo. Sapeva solo di doverlo fare.
Esercitando uno sforzo di volontà non indifferente, girò sui tacchi e si diresse verso la soglia della stanza, imponendosi di non guardarsi indietro. Ma prima di accomiatarsi, si volse di nuovo verso il letto, eresse la schiena con fierezza e si portò la mano destra chiusa a pugno sul cuore, la sinistra ripiegata sulle reni.
Era l'estremo saluto del Capitano del Corpo di Ricerca Levi Ackerman al suo Comandante. Gli offriva il suo cuore per l'ultima volta."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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requiem

Levi avanzava tra le macerie, circondato da decadenza e distruzione. L'aria satura di polvere e cenere gli bruciava la gola ad ogni inspiro.
Per la seconda volta, Shiganshina era stata devastata dai Giganti. Gli edifici che cinque anni prima erano sopravvissuti all'attacco seguito alla breccia nel Wall Maria, non avevano retto all'assalto del Colossale e ovunque si levavano colonne di fumo dai detriti che avevano preso fuoco sotto i colpi del nemico.
Le finestre erano per buona parte in frantumi e si poteva scorgere gli interni abbandonati delle case, lasciate in fretta e furia da coloro che durante quella prima incursione erano riusciti a mettersi in salvo, o che forse erano periti nel tentativo. Macchie di vegetazione infestante si avvolgevano alle facciate, pendevano dai davanzali e abbracciavano le grondaie. Le insegne delle botteghe lacerate dalla violenza dei mostri penzolavano dai sostegni, con i nomi degli esercizi ormai illeggibili.
Ogni tanto si udiva il rumore di qualche crollo nelle vicinanze, ma dopo i boati e le urla dello scontro di poco prima, dominava ora un silenzio surreale su tutto il distretto. Il silenzio immoto che sempre seguiva l'orrore dei massacri.
Il peso del corpo di Erwin che gli gravava sulle spalle era quasi confortante in mezzo a quella desolazione.
Levi aveva deciso che sarebbe toccato a lui scortare il Comandante nel suo ultimo viaggio e trovare il luogo più adatto per permettergli di riposare. In fondo, era stata una sua scelta quella di usare il siero sul giovane Armin e ora sentiva di dovere al suo superiore quantomeno un commiato.
Non l'avrebbe riportato entro i confini del Wall Sina, dove senza dubbio gli sarebbe stata tributata una sepoltura degna di un re. Erwin aveva sacrificato ogni cosa per il suo sogno di trovare risposte all'enigma dei Giganti e quelle stesse risposte giacevano da qualche parte proprio lì, in una cantina di Shiganshina. Levi non era mai stato il tipo da prestare attenzione a certe sfumature, ma aveva l'impressione che il luogo migliore perché lo spirito di Erwin potesse trovare pace, fosse il più vicino possibile al premio che aveva inseguito per tutta la vita. Ora che erano giunti fin lì, non gli sembrava giusto riportarlo indietro, condannandolo a essere costretto per sempre nel cuore della gabbia che per cento anni aveva imprigionato l'Umanità. Lui non l'avrebbe voluto.
Hanji si era offerta di accompagnarlo, ma Levi aveva rifiutato, invitandola a restare accanto al ragazzo privo di sensi che, suo malgrado, aveva appena ereditato il potere del Gigante Colossale.
Erano gli unici due veterani del Corpo di Ricerca ancora vivi ed era necessario che almeno uno dei due rimanesse con Eren, Armin e gli altri. Senza considerare che anche lei aveva subito una brutta ferita e un po' di riposo le avrebbe giovato.
Hanji l'aveva scrutato negli occhi intensamente, come a voler guardare oltre quelle scuse che, per quanto sensate, rimanevano tali.
Per favore, Hanji. Non insistere. Lasciami fare a modo mio. Glielo devo.
Alla fine, la donna aveva emesso un sospiro stanco e si era protesa verso il corpo senza vita di Erwin, steso sulla sommità delle Mura. Gli aveva sfiorato la guancia con il palmo della mano e aveva accostato la fronte a quella dell'uomo, sussurrando poche parole commosse.
- Addio, Erwin. Ti giuro che mi impegnerò con tutta me stessa per essere all'altezza del ruolo che mi hai affidato. -
Dopodiché, aveva rivolto un ultimo sguardo a Levi, annuendo. - Cerca di fare in fretta. Dobbiamo andare alla casa di Eren e scoprire cosa nasconde quella cantina. -
Il Capitano le aveva restituito il cenno e si era issato Erwin sulle spalle, calandosi giù dal Wall Maria.

Vagava tra le vie della città semidistrutta ormai da un po', incapace di trovare un posto in cui fermarsi e deporre il corpo del Comandante.
Non l'avrebbe certo abbandonato in un angolo della strada, in balia degli elementi. Ma gli edifici erano in condizioni talmente precarie da potergli collare addosso da un momento all'altro.
Levi si stava domandando se non fosse il caso di tornare sui propri passi quando una macchia di colore attirò il suo sguardo. Un piccolo riquadro di terra adiacente a una casa miracolosamente ancora intatta ospitava un tappeto di fiori variopinti.
S'innalzavano dal terreno stretti l'uno all'altro, come sorreggendosi a vicenda per raggiungere il cielo e ondeggiavano dolcemente nella brezza pesante di fumo e cenere. Eppure erano lì, spudorati e scandalosi, ad esibire i propri colori vibranti sul suolo impregnato di morte e sangue.
Levi si sorprese che nel bel mezzo di quell'inferno, qualcosa di vivo fosse riuscito a germogliare e crescere nonostante tutto. Era la Vita che seguiva il suo corso naturale e trovava la via per resistere indipendentemente da quanto la si calpestasse. Perfino l'odore pungente di cenere si era diradato per lasciar infiltrare il profumo dei boccioli.
All'improvviso, il Capitano seppe con certezza di aver trovato il posto che stava cercando.

La porta dell'abitazione, già mezza divelta, si spalancò dopo un singolo calcio e Levi entrò, ritrovandosi in quella che un tempo doveva essere stata la cucina.
Le pareti e il tetto parevano abbastanza solidi e anche le vetrate erano ancora tutte intere. Se Levi fosse stato ignaro dello scenario circostante, non avrebbe trovato poi molte differenze con una qualunque casa un po' trascurata di un distretto interno.
Era un buon inizio, ma il suo obiettivo era il piano di sopra.
Individuò le scale. I gradini protestarono scricchiolando e gemendo ad ogni suo passo ma quando arrivò al piano superiore, Levi si guardò intorno con un cenno d'approvazione.
La camera era arredata umilmente ma ordinata e provvista di ciò che gli occorreva: un letto in legno ancora intonso, come se il precedente occupante fosse in procinto di tornare a casa per coricarvisi quella sera stessa, accanto al quale era stato sistemato un comodino. Dalla finestra incrostata, si riversava la luce del giorno, rivelando le particelle di pulviscolo che volteggiavano placidamente nell'aria.
Levi si avvicinò al letto e distese delicatamente il corpo di Erwin sulla schiena. I piedi del Comandante per poco non sporgevano oltre il materasso.
Accidenti a questa tua statura ridicola.
Perfino nella morte, la sua struttura imponente non mancava di farsi notare.
Ora diamoci da fare.

Scese le scale e uscì dall'abitazione, s'inginocchiò tra i fiori che avevano attirato la sua attenzione e ne recise un paio. Alti e bianchi.
Di fianco alla porta della casa notò un secchio colmo d'acqua piovana. Riempì una bottiglia di vetro dal collo spezzato trovata lì accanto e la portò nella camera, posandola sul comodino accanto al letto e immergendovi i lunghi steli in un'improvvisata composizione floreale.
Sapeva che quell'umile omaggio non sarebbe durato e che i petali sarebbero appassiti e caduti nel giro di qualche giorno, ma non gli importava. Sentiva di doverlo fare. Per lui, e per se stesso. Già troppe volte non aveva potuto dire addio ai compagni che aveva perso né offrire loro un commiato dignitoso.
Il Capitano abbassò lo sguardo sulle spoglie del suo Comandante. Non c'era molto che potesse fare per ripulire la ferita all'addome e il bendaggio di fortuna ormai completamente insanguinato: non disponeva né degli strumenti adatti né tanto meno del tempo. La missione era tutt'altro che conclusa e Hanji e gli altri lo stavano aspettando. Lo spazio per il lutto era assai esiguo.
Si limitò a sistemargli la camicia e il colletto, ripiegò la manica vuota della giacca sul torace poi fece lo stesso con il braccio sinistro, che ormai andava irrigidendosi.
Cercò di essere più rispettoso che poté quando infilò le dita tra i capelli biondi scarmigliati per tentare di ordinarli nel modo impeccabile in cui Erwin era solito pettinarli. Aveva sempre tenuto in modo quasi maniacale alla cura del suo aspetto.
Scese poi con la mano sulla fronte fredda e la fece scivolare piano sugli occhi per chiudergli completamente le palpebre. Il suo palmo indugiò sul viso di Erwin un po' più a lungo del necessario ma quando ritirò la mano si accorse che l'espressione dell'uomo pareva ora più distesa e serena di quanto non fosse mai stata. Come se stesse dormendo un sonno agognato a lungo. Anche l'ultimo accenno di incertezza si diradò dinanzi a quella vista.
Salvare Armin era stata la scelta giusta. Anzi, così facendo, aveva salvato entrambi.
Hai offerto il tuo cuore. Adesso puoi riposare anche tu.

Una volta composto il corpo alla meno peggio, Levi sedette sul bordo del letto esalando un sospiro amaro.
- Sai, Erwin, non avrei mai pensato di sopravviverti. - cominciò, lasciando che i pensieri si mutassero in parole e gli rotolassero fuori dalle labbra prima ancora di accorgersene.
- Ci siamo avventurati fuori dalle Mura molte volte e abbiamo combattuto contro i Giganti evitando la morte per un soffio in più di un'occasione. Ma l'idea che fossi tu a crepare per primo non mi ha mai neanche sfiorato. Ero pronto a farmi ammazzare anche cento volte prima che i nemici potessero arrivare a te, e invece guarda qui che casino: ti sei lanciato in un piano suicida e, come sempre, io ti ho seguito. E anche quando si è presentata l'opportunità di riportarti da noi, ti ho voltato le spalle scegliendo la vita del giovane Arlert. Anche se, tutto sommato, mi domando se tu non avessi preferito così. Forse stavi solo aspettando che qualcuno ti desse il permesso di morire. Per questo mi hai ringraziato quando ti ho detto di rinunciare al tuo sogno e cavalcare verso la tua fine? -
Levi rivolse lo sguardo al viso di Erwin, come ad aspettarsi una conferma, un cenno d'assenso. Ovviamente non arrivò nulla.
- Be', sei stato proprio tu a insegnarmi a non rimpiangere le decisioni quindi no, non mi pentirò della mia scelta. Semmai, il mio rimpianto è quello di non essere riuscito a mantenere la promessa che ti ho fatto prima dell'attacco. -
Levi strinse i pugni, sentendo montare la collera. - Ti avevo promesso che avrei ucciso quel bastardo, ma me lo sono lasciato sfuggire tra le mani. Non sono stato in grado di onorare il tuo sacrificio e adesso quel maledetto è da qualche parte a ridere di noi e dei nostri morti. Merda! Merda! Merda! -
Il Capitano si colpì la coscia con violenza, piegandosi in avanti sulle ginocchia.
- Ti devo così tanto, Erwin. - proseguì a denti stretti. - Sei stato tu a tirarmi fuori da quel lurido sotterraneo. È grazie a te che ho visto il cielo per la prima volta ed è merito tuo se oggi sono l'uomo che sono. Il tuo uomo. Avevo deciso che ti avrei seguito ovunque, ma dove sei ora mi è impossibile. Mi dispiace. -
Levi si prese la testa tra le mani tremanti. Avrebbe voluto poter sfogare la pena che gli straziava il cuore. Avrebbe voluto poter piangere. Piangere per Erwin; per tutte le vite spezzate in quegli anni; per gli addii a cui non aveva mai potuto dare voce; e infine piangere per se stesso, che ancora una volta era rimasto su quella terra martoriata e senza neppure aver mantenuto l'ultima promessa fatta al suo Comandante.
Quanti anni erano passati dall'ultima volta che si era consentito il privilegio egoistico di soccombere al pianto? Probabilmente, non accadeva dalla morte di Furlan e Isabel, quando le sue lacrime si erano fuse con la pioggia e gli schizzi di sangue del Gigante che aveva trucidato in preda alla furia.
Ma forse uno come lui non aveva mai avuto abbastanza lacrime da versare e l'esposizione fin dalla più tenera età alla crudeltà del mondo, gli aveva precluso anche quella misera consolazione.
No, dalle sue ciglia non sarebbe sfuggita neanche una singola perla salata. Non ancora. Sarebbe giunto, prima o poi, il giorno in cui il dolore sarebbe straripato, rompendo gli argini del suo animo ed esondando dai suoi occhi. Ma non oggi.
Alla fine, Levi si sentì straordinariamente calmo e lucido. Capì di aver ritrovato il controllo ed emise un lungo espiro.
- Oh, ma non devi preoccuparti, Erwin. Prima o poi quel gran pezzo di merda vedrà la sua fine per mano mia. Lo giuro qui ed ora, sul tuo cadavere. Sarò io a uccidere il Gigante Bestia, dovesse costarmi la vita. -



Il sole si era fatto alto nel cielo. Ormai era giorno inoltrato e Levi non aveva dimenticato il compito che li attendeva. La cantina. Vi sarebbe entrato anche per Erwin. Si sarebbe fatto carico del suo sogno.
Era giunto il momento. Doveva lasciarlo andare e tornare dagli altri.
Levi si alzò e distese la mantella con lo stemma alato sul busto immobile del Comandante. Stava per sollevargli il cappuccio sul viso quando un baluginio verde gli ferì gli occhi. Un raggio di sole aveva colpito in pieno la gemma al collo di Erwin, rifrangendo il lampo smeraldino dritto verso di lui.
Levi si fermò, trattenendo il respiro. Non credeva nei segni... eppure...
Allungò una mano esitante verso il gioiello e ne toccò la superficie. Si stupì di trovarla inaspettatamente calda, come se la pietra preziosa avesse assorbito il tepore vitale del corpo di Erwin, convogliandolo al suo interno per preservarlo.
Sentì il cuore mancare un battito e la gola prosciugarsi all'improvviso. Era probabile che la sua mente, suggestionata dal contesto, gli avesse giocato un brutto scherzo, ma gli era parso di percepire sotto i polpastrelli come una pulsazione proveniente proprio dalla pietra.
Deglutì a vuoto e ubbidendo ad un impulso del tutto irrazionale, sciolse il gioiello dal collo del Comandante e se lo fece scivolare nella tasca interna della giacca.
Non capiva per quale motivo lo stesse facendo. Sapeva solo di doverlo fare.
Esercitando uno sforzo di volontà non indifferente, girò sui tacchi e si diresse verso la soglia della stanza, imponendosi di non guardarsi indietro. Ma prima di accomiatarsi, si volse di nuovo verso il letto, eresse la schiena con fierezza e si portò la mano destra chiusa a pugno sul cuore, la sinistra ripiegata sulle reni.
Era l'estremo saluto del Capitano del Corpo di Ricerca Levi Ackerman al suo Comandante. Gli offriva il suo cuore per l'ultima volta.
- Ci vediamo, Erwin. -



***



La cerimonia al cospetto della Regina Historia si era conclusa.
Levi rientrò nella sua stanza e si lasciò cadere sulla sedia dello scrittoio. Non aveva mai aspirato a medaglie e riconoscimenti formali. Essere tra i nove superstiti del Corpo di Ricerca che avevano fatto ritorno da Shiganshina non rappresentava un motivo di vanto personale, ma sapeva che le apparenze erano importanti. Lasciare che la sovrana, l'esercito e il popolo rendessero onore agli “eroi sopravvissuti” che avevano riconquistato il Wall Maria avrebbe alimentato i sogni di gloria dei futuri cadetti e favorito il reclutamento di nuovi membri tra le loro fila, indispensabili per ricostituire la legione esplorativa.
Un meccanismo subdolo ma quantomai efficace e necessario.
Tu lo sapevi meglio di chiunque altro.
Levi chiuse gli occhi e i lineamenti fieri del volto di Erwin si dipinsero sullo schermo nero della sua retina. Il futuro del Corpo di Ricerca, no, dell'intero Popolo delle Mura, era nelle loro mani. Le preziosissime informazioni di cui erano entrati in possesso nella cantina di Grisha Jaeger avevano cambiato ogni cosa per sempre.
Era questa la verità che speravi di ottenere, Erwin? Queste erano le risposte che ti avrebbero placato? Era questo il tuo sogno? E ora che cosa avresti fatto?
Levi sospirò. La realtà che avevano portato alla luce, lungi dal ridurre gli interrogativi e fornire delle soluzioni, aveva generato tutta una nuova sequela di domande e il mondo che per anni avevano creduto di conoscere si era appena fatto enormemente più vasto e complesso. Nonché decisamente più pericoloso.
L'intelletto, il carisma e le abilità analitiche di Erwin sarebbero tornate molto utili in quella delicatissima fase.
Ma in passato si erano affidati alle sue qualità anche troppo. Adesso sarebbe toccato a loro mettere in campo le risorse necessarie per fronteggiare il futuro incerto e spaventoso che li attendeva oltre le Mura.
Sperava solo che, ovunque si trovasse, Erwin potesse osservarli con orgoglio.
Mentre saltava da un pensiero all'altro, Levi giocherellava distrattamente con l'apertura di uno dei cassetti dello scrittoio. Quel cassetto.
Ah, giusto. L'avevo messo qui.
Il Capitano tirò verso di sé lo scomparto, rovistò tra un fascio di documenti e trovò sul fondo l'oggetto che stava cercando: una semplice scatola di legno.
Sollevò il coperchio. L'ornamento sembrava in tutto e per tutto identico a quello appena ricevuto, forse solo leggermente più consumato, con qualche graffio qua e là. Ma chi mai avrebbe potuto notare la differenza? Scintillava come se il fantasma di Erwin gli stesse facendo l'occhiolino.
Tsk, ma tu guarda! Stai ridendo di me, per caso? In effetti non ti biasimo. Quei mocciosi piagnucoloni mi hanno reso un patetico sentimentale.
Levi si sfilò il gioiello che la regina gli aveva appena conferito a riprova del valore dimostrato in battaglia, dopodiché lo sostituì con quello all'interno dello scrigno.
Regolò il laccio intorno al collo e sfiorando la pietra verde, avvertì nuovamente l'impressione di un calore pulsante.
Sta' a guardare, Erwin. Sarai fiero di noi.





N.d.A.: So che Isayama ha confermato che in un secondo momento i resti di Erwin sono stati prelevati da Shiganshina per rendere possibile il ripopolamento del distretto dopo la sconfitta di tutti i Giganti, quindi effettivamente non sarà quello il luogo dell'eterno riposo del Comandante, come invece sembrerebbe da questa storia, ma vi prego di fare ad una povera fanwriter una piccola concessione e di sorvolare su questo dettaglio.
Detto questo, ringrazio di cuore chiunque si sia soffermato su questo scritto e mi auguro davvero che vi sia piaciuto.

  
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