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Autore: Alis_Weasley    18/01/2024    2 recensioni
“Senta…”
Sopraggiunse una quarta voce, timida ma decisa.
[...]
“Potete prendere questi posti, così lei e sua figlia potrete fare il viaggio vicine”
[...]
“Grazie davvero ragazzo” gli disse la donna con gratitudine “ma…tu?”
“Oh” il nerd ridacchiò in imbarazzo, lanciando un’occhiata di sfuggita a Bakugo per poi, di fronte al suo cipiglio infastidito, scorrere velocemente con gli occhi il resto del pullman, alla ricerca di un altro posto libero da occupare dopo il suo trasloco.
“Uhm… io… penso che- si, mi sembra che in ultima fila ci sia-
“Lo sanno tutti che in ultima fila si viaggia di merda. Gli unici a non saperlo sono i mocciosi delle medie, e tu, a quanto pare” lo interruppe Bakugo con un ghigno stampato in faccia.
Il ragazzo dai capelli verdi arrossì furiosamente e lanciò uno sguardo scioccato al biondo.
“Prego?!” disse, con voce strozzata.
Oppure: quel giorno della vigilia di Natale in cui Katsuki e Izuku si ritrovano accidentalmente (o quasi) a essere vicini di posto in un viaggio in pullman della durata di quattro ore.
Quindi, letteralmente, goditi il viaggio :)
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Bakugo Katsuki odiava l’inverno: in primo luogo, non era mai stato un grande amante dei dolci. Bastava un morso di qualsiasi cosa zuccherata per fargli pensare di non volerne ancora; l’unica eccezione era la cioccolata fondente dal 70% in su che, quel gruppo di idioti che si definivano suoi amici, non aveva il buon gusto di apprezzare. Una volta aveva lasciato in giro una barretta di cioccolato fondente al 90% e piccante al 10%, e quello scemo di Kaminari aveva strepitato e pianto come una bambina per un quarto d’ora dopo averla assaggiata. Senza permesso, tra l’altro. Katsuki si era limitato a sfoggiare il proprio ghigno inquietante e a dirgli “ben ti sta, merda per cervello”, e da quel momento in poi nessuno si era più azzardato a toccare la sua roba, vuoi per paura di Bakugo, vuoi per quella che incuteva il suo cibo che era stato etichettato come “troppo virile” persino da capelli a punta, alias Kirishima, il suo compagno di stanza e auto-proclamatosi suo migliore amico.
In secondo luogo, se Bakugo avesse potuto, avrebbe fatto in modo che il freddo assumesse sembianze umane (nella sua fantasia erano quelle di Todoroki Shouto, un suo collega, alias Bastardo metà e metà) per potergli fare esplodere la faccia. Lo faceva proprio incazzare il fatto di non riuscire a studiare, nei pomeriggi passati allo studentato, se non con la stufa a gas puntata addosso. Si rifiutava di girare con un plaid sempre con sé, come avrebbe fatto un vero sfigato, ma indossava sempre le felpe più calde che aveva, e guanti e cappello erano d’obbligo, specialmente quando si trovava fuori, esposto al freddo e al gelo del cazzo come in quel fottuto momento.
Infine, ultimo ma non per importanza, Bakugo Katsuki era il più fervido sostenitore della teoria secondo cui le festività natalizie erano una gigantesca rottura di palle. Anche perché più rottura di palle della solita rottura di palle ad opera di Bakugo Mitsuki, alis Vecchia strega, c’era solo il tritamento di palle natalizio della Vecchia strega. Come una tradizione familiare natalizia ma senza biscotti e glassa, solo una valanga di chiamate in cui gli venivano rivolte le più fantasiose minacce pur di farlo tornare a casa per le vacanze a trovare mamma e papà Bakugo.
Quindi si, insomma, questo ragazzo alto circa 182 cm, dai capelli color grano e gli occhi vermigli, con la bocca perennemente impegnata in un’imprecazione, non era proprio di ottimo umore mentre aspettava – battendo nervosamente i piedi a terra nella speranza di riscaldarsi- sul marciapiede che l’autista del maledetto autobus si decidesse ad aprirne le porte.
“Questi stronzi fanno sempre così…” abbaiò tra sé e sé. Non era la prima volta che faceva il viaggio di ritorno a casa in pullman, ma d’estate era diverso. A Bakugo piaceva l’estate. L’inverno era tutt’altra storia e quando un primo fiocco di neve si depositò sui suoi capelli irti, levò gli occhi al cielo così forte che per un attimo intravide il proprio cervello. Aveva appena deciso che sarebbe andato a prendere l’autista dai capelli personalmente se non fosse arrivato in 10 secondi; tanto era certo di trovare il bastardo al bar a sorseggiare un caffè, quando un piccolo sbuffo poco dietro di lui attirò la sua attenzione. Voltò lentamente la testa col suo solito cipiglio corrucciato e un ringhio silenzioso a deformargli la bocca, ma la vista che si trovò di fronte lo lasciò alquanto turbato, in più di un modo.
Un ragazzo. Forse della sua stessa età. Più basso di lui. Indossava un berretto di All Might - il protagonista di un anime di eroi che segretamente guardava anche Bakugo, ma col cazzo che si sarebbe mai fatto vedere in giro con quello in testa! Teneva il suo merchandise ben nascosto da occhi indiscreti – da cui spuntavano ciocche arruffate di capelli stupidamente verdi e decisamente bisognosi di un’accorciata.
La prima cosa che Bakugo notò, però, non fu quella, bensì degli occhi verdi, come smeraldi, verdi come una foresta uscita direttamente da quelle fiabe di fate e altre stronzate simili che sua mamma gli leggeva (con ben poca convinzione) quando era un moccioso. Si riscosse disgustato da quel pensiero ma, cazzo, sarebbe stato davvero difficile non notarli dato che quei maledetti occhi da cerbiatto erano spalancati e ricolmi di emozione genuina e bambinesca mentre seguivano la caduta dei fiocchi di neve che nel frattempo erano aumentati. Lentiggini. Il nerd – perché come altro si poteva chiamare uno con indosso quel berretto? - aveva le lentiggini. Tante. Carine. Cazzo cosa??? Il freddo doveva avergli congelato il cervello, cazzo. Fottuto autista.
E poi più giù labbra carnose e arricciate in un’espressione così imbarazzante da risultare fastidiosa si aprivano in un sorriso tutto denti e fossette.
Hai superato la maggiore età – avrebbe voluto urlargli – perché ti esalti così per questa sporca acqua ghiacciata che a breve ci inzupperà le calze?!
Non sapeva neppure lui il perché, ma era infastidito a morte da quello strano individuo che cercava di catturare i fiocchi di neve con i suoi stupidi guanti mozzati – ovviamente – verdi, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua figura.
A un tratto, i loro occhi si incontrarono e Katsuki non aveva idea di che aspetto avesse in quel momento, ma la bocca dello sconosciuto formò una O di sorpresa e le sue guance paffute arrossirono immediatamente. Eppure non distolse lo sguardo.
Come cazzo fai ad arrossire se io sto crepando dal freddo? Tutto quel calore è sprecato per te, fottuto nerd.
Stava quasi per dirglielo, per sbraitarglielo contro, quando il rumore di un motore che si accendeva lo riscosse dalla sua trance. Il bastardo, l’autista, era arrivato chissà quando e aveva già aperto il vano valigie e la porta passeggeri. Diede bruscamente le spalle all’altro ragazzo e rivolse, invece, il proprio sguardo stizzito all’autista mentre questi scansionava il suo titolo di viaggio.
“Grazie e benvenuto” disse il bastardo.
“Vaffanculo” masticò Bakugo tra i denti mentre cercava un posto dove farsi i fatti propri e trascorrere le prossime quattro ore in pace, possibilmente. Scaricò il proprio zaino con ben poca delicatezza sul sedile accanto al suo e indossò rabbiosamente le cuffiette prima di sparare la musica a tutto volume nelle proprie orecchie.
E così, il suo viaggio di merda verso casa aveva inizio.
 
***



Bakugo era indeciso se fossero peggio gli anziani o i bambini come compagni di viaggio.
I primi avevano delle suonerie maledettamente rumorose e ruttavano senza alcun tipo di ritegno in pubblico. I secondi… niente, no, erano peggio questi.
Ecco perché i suoi occhi si assottigliarono quando cominciò a registrare dei movimenti strani attorno a sé e finì col trovare le dannate manine di una mocciosa su una spalla del proprio zaino. La bambina lo guardava con sfida mentre cercava di smuovere la bestia che aveva tra le mani, ovviamente troppo pesante per lei.
“Che diavolo fai mocciosa?!” le abbaiò contro.
Ma quella con una faccia tosta incredibile – ma che hanno i bambini di oggi? – gli rispose facendogli la linguaccia e dicendogli “cerco di spostare questo zaino enorme, dato che qualche maleducato ha occupato due posti invece di uno su un pullman pieno!”
“AH?!”
Bakugo si guardò intorno e si rese conto che in quei pochi minuti in effetti era salita un bel po’ di gente a bordo e i posti cominciavano a scarseggiare. Guardò alle spalle della bambina e intravide quella che probabilmente doveva essere sua madre, mortificata.
“Ti chiedo scusa per l’impertinenza di mia figlia ma… potresti spostare il tuo zaino? Vedi, non ci sono più posti vicini per me e lei, quindi pensavo che potrebbe sedersi con te e io giusto qui accanto, farò in modo che non ti disturbi…”
Bakugo sentì subito una morsa al petto rendendosi conto della situazione. Si vergognò per essersi comportato così, occupando due posti invece di uno, su un pullman che attraversava la regione alla vigilia di Natale. Ovviamente sarebbe stato strapieno. La bambina intanto continuava a tirare e tirare la cinghia dello zaino, finchè lui non gliela strappò di mano.
I due si fissarono in cagnesco per qualche istante e la madre trattenne il fiato.
“Senta…”
Sopraggiunse una quarta voce, timida ma decisa.
I tre voltarono le teste simultaneamente e Bakugo si accorse solo in quel momento che dall’altro lato dell’autobus, nella fila parallela alla sua, era seduto nientemeno che il nerd della neve. D’altronde era salito dopo di lui e Bakugo non si era accorto di dove si fosse seduto perché aveva già le cuffiette alle orecchie e gli occhi chiusi. Anche lui era seduto da solo, però il sedile accanto al suo era rigorosamente e diligentemente libero. Fanculo.
“Potete prendere questi posti, così lei e sua figlia potrete fare il viaggio vicine”
La donna sorrise raggiante e con la parola GRATITUDINE scritta in fronte e anche la bambina, che fino a quel momento era stata davvero odiosa, sembrò perdere interesse per lo zaino di Katsuki e disse al nerd “davvero? Grazie onii-chan!”
Allora quando vuoi sai essere educata, pensò Bakugo.
“Grazie davvero ragazzo” gli disse la donna “ma…tu?”
“Oh” il nerd ridacchiò in imbarazzo, lanciando un’occhiata di sfuggita a Bakugo per poi, di fronte al suo cipiglio infastidito (era infastidito perché stava per proporre lui quella soluzione, fanculo l’eroe della neve!), scorrere velocemente con gli occhi il resto del pullman, alla ricerca di un altro posto libero da occupare dopo il suo trasloco.
“Uhm… io… penso che- si, mi sembra che in ultima fila ci sia-
“Lo sanno tutti che in ultima fila si viaggia di merda. Gli unici a non saperlo sono i mocciosi delle medie, e tu, a quanto pare” lo interruppe Bakugo con un ghigno stampato in faccia.
Il ragazzo dai capelli verdi (che aveva ancora il berretto in testa) arrossì furiosamente e lanciò uno sguardo scioccato a Bakugo.
“Prego?!” disse, con voce strozzata.
“Tch. Muoviti, prima che cambi idea” si limitò a dire Katsuki, mentre afferrava il suo zaino e lo sollevava senza alcuno sforzo per poi sistemarlo sopra la propria testa. Adesso il posto accanto a lui era libero. Il nerd borbottò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé mentre acciuffava le sue cose e lo raggiungeva.
I problemi subentrarono subito, nel momento in cui il nerd cercò di inserire anche il proprio zaino nella cappelliera sopra le loro teste. Ovviamente non ci entrava.
“Cristo, cos’hai lì dentro? Un fottuto comodino?” lo schernì Bakugo, al quinto tentativo dell’altro di spingere il proprio bagaglio in quello spazio troppo angusto.
“Cos-? No! Io… solo…Beh, immagino che dovrò tenerli in braccio per la durata del viaggio” rispose il nerd, sovrappensiero e sconsolato, grattandosi la testa.
“Tenere in braccio chi?! Ti avviso, se hai dei fottuti animali in quello zaino-
Una risata squillante bloccò Katsuki nel mezzo della frase.
La prima cosa che Bakugo pensò fu che era una bella risata, melodiosa. Poi però divenne ridicola nel momento in cui al nerd scappò un piccolo grugnito che - inutilmente - cercò di nascondere con una mano davanti alla bocca. Risata-grugnito ridicola e maledettamente carina.
“Sono solo biscotti tradizionali che ho preso a mia mamma, lei ne va pazza e non voglio rischiare che si rovinino” spiegò il nerd, cercando di ritrovare la compostezza.
“Anche mammone quindi” frecciò Katsuki, levando gli occhi al cielo.
“Mh?” domandò distrattamente il ragazzo, mentre cercava di sfilare i biscotti dallo zaino e, nello sforzo, sbatteva la testa contro il tettuccio del pullman con un sonoro “ahi!”
“Cristo, ti vuoi sedere?!” sbottò Katsuki, anche se era segretamente divertito piuttosto che infastidito di fronte a cotanta imbranataggine.
“S-si, scusa, ho quasi fatto!” ribatté l’altro tra il piccato e il mortificato.
Quando entrambi furono correttamente seduti, il ragazzo dai capelli verdi si tolse finalmente il berretto rivelando una zazzera di ricci ancora più stupida di quanto Bakugo avesse immaginato mentre erano sotto la neve. Erano molto verdi. Avrebbe voluto testarne la morbidezza.
Il pensiero che aveva appena fatto lo turbò e lo fece incazzare a un tempo. Ci mancava solo che arrossisse come una scolaretta del cazzo. Nel tentativo di darsi un tono si rimise le cuffiette e premette nuovamente play. Avrebbe fatto così per tutto il viaggio, si, lo avrebbe ignorato. D’altronde il fatto che fossero seduti vicini non significava che dovessero-
“…mio…nome..rya..ku”
Ovviamente. Ovviamente il nerd gli stava parlando. Ma lui sentiva tutto ovattato, vedeva solo le sue stupide labbra carnose che si muovevano imperterrite e i suoi grandi occhi verdi.
“Ah?” sbottò Katsuki, ma non si tolse le cuffie né mise pausa.
Il ragazzo se ne accorse e sembrò un po’ infastidito ma non si fece scoraggiare e avvicinò il viso all’orecchio sinistro di Katsuki per ripetersi.
Ma tu guarda questo…
“Il mio nome è Midoriya- ….ku”
Ma giusto in quel momento partì un pezzo particolarmente rumoroso, proprio il ritornello di ciò che stava ascoltando e che coprì parzialmente il suono.
“Ah? Cos’hai detto? Ti chiami Deku?”
“Cosa?! NO!” ribatté Deku indignato. E tolse la cuffia sinistra dall’orecchio di Bakugo.
“IZU-KU. Il mio nome. Midorya Izuku. Non che la cosa sembri interessarti comunque…”borbottò con un adorabile broncio.
“Cosa sei, un bambino che vuole farsi dei nuovi amici?” lo prese in giro Katsuki, guadagnandosi un’occhiataccia in risposta. “Come ti pare” aggiunse “Io sono Bakugo”.
L’altro però lo guardava ancora in attesa, anche se con un mezzo sorriso a increspargli le labbra.
“Cosa” domandò sulla difensiva il biondo.
“Il tuo nome” rispose Deku, formando un arco eloquente con le sopracciglia.
“Tch. Che te ne frega?” domandò con un ghigno malevolo “non permetto alle comparse di chiamarmi per nome”.
“Oh mio Dio, con te è sempre così? Tutto una sfida?” strillò esasperato con una mezza risata il nerd.
“Assolutamente si, cazzo” rispose l’altro, prima di aggiungere, con un sorrisetto  “Katsuki. Bakugo fottuto Katsuki”.
“Piacere di conoscerti” fece una pausa “Kacchan” disse sorridendo a 32 denti Deku.
Il biondo rimase interdetto per un attimo, domandandosi se avesse sentito bene, prima di sbottare attirando l’attenzione di tutti gli altri passeggeri:
“COME CAZZO MI HAI APPENA CHIAMATO?!”
La risata squillante del verde riempì nuovamente l’aria intorno a loro e, nonostante le cuffie, Katsuki non riusciva a percepire nient’altro che quella.


***



“Cosa stai ascoltando?”
“Riesco a sentire solo la tua irritante voce da nerd”
“Ehi! Sei scortese…” bofonchiò mettendo su il broncio il verdino. Ma Katsuki aveva ormai appreso quanto velocemente sparisse, sostituito dall’ennesimo sorrisetto fastidioso. Fastidioso e carino, dannazione. Infatti, dopo neanche due secondi, Izuku, alias Deku, sporse la sua testa tonda per sbirciare il display dello smartphone del biondo, e lui non fu abbastanza rapido nel coprirlo.
Deku emise un gridolino sorpreso e si coprì stupidamente la bocca con la mano destra, prima di guardarlo con enormi occhi colmi di divertimento e genuina felicità.
“Io… pensavo che stessi sentendo qualche gruppo metal o qualcosa di simile…” disse piano.
“Quello è sull’altra playlist. E allora?!” ribatté più scontroso del solito Katsuki, cercando di reprimere dentro di sé il senso di vergogna per quello che il nerd aveva appena scoperto. Qualcosa che aveva cercato di tenere nascosto a tutti i suoi amici fino ad ora riuscendoci dannatamente bene. Mantenne il contatto visivo per alcuni secondi con un cipiglio più accentuato del solito, prima di spostare lo sguardo fuori dal finestrino, sentendosi frustrato.
“N-niente solo… io trovo fantastico che guardi anime Kacchan” gli disse sinceramente Izuku, facendogli torcere inspiegabilmente qualcosa nel petto “quella è anche la mia opening preferita della serie!”
“Certo che si, le altre non possono dannatamente competere” borbottò il biondo, sentendosi leggermente sollevato per non essere giudicato.
“Posso ascoltarla con te?”
“AH?”
“… per favore…?”
Cazzo. Cazzo. Cazzo. Mentre passava di malavoglia una cuffietta a Deku, il quale la afferrava con un ampio sorriso gioioso, Bakugo Katsuki si domandava sinceramente come si fosse ridotto così. Poi, si pose la domanda con ancora più enfasi ed esasperazione quando - alla quinta canzone - la testa di Izuku ciondolò sulla sua spalla. Guardando il suo viso addormentato Katsuki scoprì che aveva delle lentiggini anche sulle palpebre. E che dormiva stupidamente con la bocca leggermente aperta.
Si irritò da morire quando una testolina si sporse verso di loro, guardandoli con un sorrisetto impertinente a incorniciargli il piccolo viso. Bakugo mostrò alla bambina il terzo dito, senza sentirsi in colpa quando la madre emise un verso indignato e le coprì gli occhi tirandola a sé.
Tentò di svegliare il nerd una o due volte, ma forse non ci mise abbastanza convinzione. Dopodiché si arrese con un sorrisetto esasperato a increspargli le labbra domandandosi quale razza di idiota può dormire così profondamente accanto a un completo estraneo.


***



Per qualche scherzo del destino, più o meno alla seconda ora di viaggio, si scoprì che i due abitavano nello stesso quartiere.
“Ora che ci penso mi sembra di ricordare un bambino piagnone con le lentiggini nel parco dove andavo a giocare da piccolo” ghignò malevolo Katsuki.
Izuku gonfiò le guance come ogni volta in cui si fingeva offeso dopo un commento cattivo del biondo, e la sua faccia sembrò molto simile a quella di un soffice e tenero coniglietto. Katsuki davvero non vedeva l’ora di scendere da quel dannato pullman.
“E a me sembra di ricordare un bambino con gli occhi rossi e un mantello da supereroe addosso che pronuncia fieramente tutte le migliori citazioni di All Might” rispose a tono Izuku.
“Tu- maledetto-
Ma le imprecazioni di Katsuki vennero interrotte dalla melodiosa risata del verde, che aveva già abbandonato il suo finto cipiglio irritato.
“Mi ricordo di aver pensato fosse davvero figo” aggiunse il ragazzo più basso con un sorriso mozzafiato.
“Stai zitto” abbaiò Katsuki, spostando velocemente il proprio sguardo di lato per nascondere un certo rossore che era certo gli si fosse diffuso sulle guance.



***



“Muoviti nerd, è la nostra fermata”
“S-si, solo un attimo! Mi scusi, è solo che mi si è incastrato lo zaino e non riesco proprio-
Bakugo sbuffò e alzò gli occhi al cielo ma - proprio quando stava per infierire ulteriormente -, si bloccò al sopraggiungere di un'altra voce.
“Muoviti ragazzo! Alcune persone qui hanno da fare, sai?” sbottò un uomo tarchiato che fino a quel momento era stato seduto due file davanti a loro e aveva malauguratamente deciso di usare la loro stessa uscita.
Izuku mortificato cominciò a balbettare freneticamente, scusandosi a profusione, ma senza riuscire ancora a liberare il proprio bagaglio. “Mi dispiace signore… mi dispiace-
“Senti, stronzo” ringhiò Katsuki, facendo sussultare gli altri due.
Izuku abbassò ulteriormente lo sguardo e si morse il labbro inferiore, temendo che il biondo ce l’avesse con lui per l’ingorgo che stava causando.
“Se hai tutta questa fretta, usa l’uscita davanti e non rompere il cazzo!”
A quel punto gli occhi di Izuku si spalancarono per la sorpresa e un rossore dannatamente soffice si espanse sulle sue guanciotte.
“N-non è necessario Kacchan…”
“Zitto, nerd. Tieni qua” replicò burbero il biondo, prima di schiaffare il proprio telefono nelle mani tremanti dell’altro e afferrare una delle cinghie del suo zaino per poi tirare. Due secondi dopo lo zaino era libero e sulle spalle di Izuku, il quale guardava Bakugo con un mix di ammirazione e qualcos’altro.
“G-grazie per avermi difeso e aiutato” balbettò Izuku quando l’aria pungente di Dicembre gli pizzicò la pelle.
“Tch. Quello era uno stronzo della peggior specie” borbottò Katsuki, calcandosi con forza il cappello in testa.
Lo stronzo in questione, uscito proprio dopo di loro, emise un verso di offesa nel sentire le parole del burbero biondo, ma venne zittito immediatamente da un’occhiataccia di Bakugo che fece ridacchiare Izuku.
Il verde sembrava voler dire qualcosa ma non trovare il coraggio per farlo, mentre si rigirava le mani in grembo e Katsuki cominciava a sentirsi stupido nel rimanere lì, perché, insomma, non aveva alcuna scusa per farlo.
“Beh, ci si vede nerd” disse col solito tono tagliente, allungando verso l’altro la mano.
Izuku lo guardò sorpreso, poi con uno strano luccichio negli occhi e un bel sorriso, la afferrò con la propria, stringendola dolcemente.
“Che cazzo?” esclamò Katsuki. E fu sicuro che la punta delle sue orecchie fosse completamente rossa nonostante il freddo.
Izuku rimase scioccato e spalancò la bocca alla ricerca di qualcosa da dire, ma il biondo decise di salvarli entrambi da questo imbarazzo.
“Il maledetto telefono, Deku”
“AH. S-si, ahah, certo, il telefono. Me ne ero dimenticato…si, ecco, tieni” balbettò freneticamente il nerd, completamente rosso in viso.
Katsuki emise una risatina esasperata scuotendo la testa. “Sei proprio imbranato” disse, per poi dare le spalle all’altro ragazzo e iniziare ad allontanarsi dalla fermata del bus.
“A-a presto, Kacchan!” lo salutò la vocina acuta di Deku da dietro di lui.
Si, come no. Pensò il biondo. Ne aveva avuto abbastanza di stupidi dolci sorrisi e di quella risata fin troppo melodiosa. Ne aveva visto fin troppo di verde per una vita, pensò. Non si sarebbero rivisti perché il biondo avrebbe passato quei giorni di vacanza nella propria stanza a leggere manga, a giocare ai videogiochi e a mangiare il cibo piccante cucinato dalla Vecchia strega. Non si sarebbero rivisti. No signore.

Tuttavia, una forte imprecazione risuonò per tutto il quartiere quando Bakugo Katsuki si ritrovò di fronte alla porta di casa, con in mano il cellulare sbagliato.

“Dannazione!” gemette isterico. Doveva essere uno scherzo, giusto?

“BAKUGO KATSUKI! TI SEMBRA QUESTO IL MODO DI ANNUNCIARE IL TUO ARRIVO? MOCCIOSO MALEDUCATO!” Si sentì sbraitare da dietro la porta, prima che questa venisse aperta e rivelasse capelli biondi e un profondo cipiglio a incorniciare occhi rossi identici ai suoi.
Fantastico. Pensò Katsuki, prima di entrare sconsolatamente in casa. Dannatamente fantastico.


***



“C-ciao?” rispose timidamente quella maledetta voce all’altro capo del telefono.

“Solo colpa tua, imbranato di un Deku” abbaiò Katsuki, sdraiato a pancia in su sul letto. Sulla parete di fronte il poster di All Might lo guardava con quell'ampio sorriso che ora sembrava prenderlo in giro per l’assurda situazione in cui si trovava.

“Kacchan!” esclamò il verde, felice. Katsuki poteva vedere nella sua testa il suo stupido sorriso allargarsi.
“Chi altri dovrebbe essere idiota” borbottò, anche se un piccolo sorriso gli increspò le labbra.
“G-giusto… "

Il silenzio tra loro si prolungò per alcuni secondi, durante i quali Katsuki pensò a qualcosa da dire sentendosi tremendamente idiota. Stava quasi per dare a Deku l’indirizzo del negozio di dischi di suo cugino per fare lo scambio dei telefoni senza bisogno di incontrarsi, quando l’altro interruppe i suoi pensieri.

“C’è questa nuova gelateria che pare abbia i gusti dei gelati ispirati ai personaggi degli anime” esordì il verde.

“Sembra una merda” ribatté l’altro senza perdere un colpo.

“Bene. Sapevo che ti sarebbe piaciuto” rispose altrettanto velocemente Deku, lasciando Katsuki a bocca aperta.

Prima che potesse insultarlo, una cristallina risata ormai familiare si insinuò nei suoi timpani come una dolce carezza e, poco dopo, anche il biondo non poté trattenersi dal ridacchiare.

“Sono libero domani” disse Izuku, quando ebbero smesso. Ma una pausa di troppo del biondo bastò a mandarlo in panico e farlo aggiungere freneticamente “ma se non puoi anche dopodomani va bene, oppur-
“Domani va bene” rispose Bakugo, interrompendo il farneticare dell’altro sul nascere. “Voglio riavere quanto prima il mio telefono” aggiunse subito dopo, in difesa.
“Oh, si, certo. Il telefono. Tranquillo Kacchan, è in buone mani” ridacchiò Izuku.

“Il tuo sfondo è maledettamente stupido, lo sai?”
“Io…credo sia carino”
“Cosa c’è di carino in una palla di pelo cicciona che mangia una stupida carota?”
“Kacchan!” strillò ridendo il verde.

 
Andarono avanti così, a punzecchiarsi e ridacchiare come due stupidi finché Katsuki non disse che era meglio andare a dormire. In realtà una parte di lui avrebbe voluto continuare a parlare col verde, ma proprio per questo aveva sentito lo stupido bisogno di darsi un tono e chiudere per primo.

Si diedero la buonanotte e Katsuki cercò di impedire al proprio stupido cuore di svolazzare quando gli venne detto “Buonanotte Kacchan” con un tono troppo, decisamente troppo, dolce.
“Notte…” bofonchiò prima di chiudere la chiamata. Poi lasciò cadere lo stupido telefono di Izuku accanto a sé sul materasso e, solo allora, nella privacy e nel buio della sua camera si permise di pronunciare quelle lettere che aveva avuto sulla punta della lingua nelle ultime ore “…Izuku”.
 

Nel frattempo, in una casa poco distante, un giovane ragazzo dai capelli verdi aveva la faccia affondata in un morbido cuscino con la federa di All Might. Cercava di calmare il senso di colpa per aver scambiato consapevolmente il cellulare suo e del burbero biondo con gli occhi color brace, il cui viso spigoloso e il cui corpo ben scolpito non riusciva proprio a togliersi dalla testa. Ma soprattutto cercava di calmare il battito frenetico del proprio cuore.
 
 
 
 
 
***
 
 

 
   
 
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