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Autore: RKM    20/01/2024    6 recensioni
C'è fermento nella residenza londinese dei Dowling: i coniugi americani ospitano un sontuoso ricevimento e tutto dev'essere perfetto.
Tata Ashtoreth è presente, per badare a Warlock e impedirgli di combinare dei guai.
Nel frattempo, qualcuno li osserva da lontano...
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brother Francis, Harriet Dowling, Nanny Ashtoreth, Thaddeus Dowling, Warlock Dowling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note:

Riporto alcune delle ispirazioni per questa storia:
_l'abito indossato da tata Ashtoreth: https://twitter.com/VENETIANVIOLET/status/1746957167159300521
_la sua acqua di colonia: https://www.fragrantica.it/perfume/Borsari/Black-Calla-19258.html
_la canzone protagonista del finale: https://www.youtube.com/watch?v=K-lr-lNOUgs
 

La residenza londinese dei Dowling questa sera è illuminata a festa: a breve inizierà un ricevimento.

Il viale di ingresso è rischiarato da lampade a terra, fin sotto il grande portico con quattro colonne bianchissime. Dalle finestre aperte sul salone risuona in tutto il giardino la musica che il quartetto d’archi sta provando dal vivo.

 

Fratello Francis è in piedi, vicino a una siepe, nel suo punto d’osservazione preferito: da lì si ha un’ottima visuale di tutta la dimora dei Dowling. Aguzzando un po’ la vista, si possono vedere bene anche le camere al piano di sopra.

In particolare, una è la stanza che interessa di più al giardiniere...

La luce si spegne in camera di Warlock. Il ragazzo sta lasciando la stanza e non da solo: con lui sicuramente ci sarà la sua tata, la signorina Ashtoreth.

Fratello Francis si agita e segue con lo sguardo il percorso delle luci, lungo il corridoio del piano di sopra, giù per le scale e infine nel grande ingresso.

 

Gli invitati non sono ancora arrivati e il signorino Warlock sta ricevendo accurate istruzioni sul comportamento da seguire per la serata: non dovrà pulirsi il naso nelle maniche della giacca; non dovrà lanciare cibo addosso agli invitati; soprattutto, per nessunissimo motivo dovrà andare a prendere l’accendino di suo padre e dare fuoco alla tovaglia.

 

Warlock sbuffa, seduto su una sedia; i piedi gli ciondolano ad un paio di spanne da terra. Sa già che si annoierà da morire.

Tata Ashtoreth gli si avvicina e gli fa una carezza sulla testa: “Non sarai solo: ci sarò io di fianco a te. Vedrai che ci divertiremo!” gli sussurra complice.

Il bambino sembra rincuorarsi un attimo a quelle parole: “Possiamo prendere a calci qualche vecchio grassone da sotto il tavolo!”.

Tata Ashtoreth fatica a trattenere un moto d’orgoglio: “Caro, credo che non sia possibile...ma troveremo qualcosa da fare.”

 

La signorina Ashtoreth si alza e muove pochi passi, giusto fino al buffet, dove allunga una mano per prendere una bottiglia di champagne da un secchiello con il ghiaccio. Protende con delicatezza le labbra tinte di bordeaux scuro in un soffio delicato: il tappo salta via e si schianta sull’intonaco del soffitto, facendone cadere qualche pezzo. Procede a versarsi il primo di un’infinita serie di bicchieri che berrà stasera.

 

La tata è bellissima questa sera, ancora più del solito: ha scelto con cura gli accessori da indossare e soprattutto l’abito; la sua silhouette magra è avvolta in un meraviglioso abito di chiffon nero, dal taglio a sirena: foglie e steli ricamati in nero si avventurano per tutta la lunghezza dell’abito, che termina in una serie di balze dal taglio asimmetrico.

Le spalline, sottilissime, non possono fare nulla per nascondere le spalle magre e perfette della tata.

Lo scollo è evidenziato da una balza che scende lungo le ascelle e termina, da entrambi i lati, con dei riccioli di tessuto, che ondeggiano di qua e di là mentre la tata ancheggia sulle sue Louboutin.

I capelli rossi sono pettinati alla schiaffo e morbide onde ricadono su un solo lato del suo viso, nascondendo il tatuaggio a forma di serpente dietro al suo zigomo destro.

Occhiali neri adagiati sul suo naso nascondono all’insolente vista degli ospiti più curiosi gli occhi dorati con la pupilla verticale della tata.

Uno spruzzo della sua acqua di colonia italiana e un paio di guanti di seta, neri e lucidi, lunghi fino a metà avambraccio, completano il suo outfit per la serata.

 

Warlock salta dalla sedia e si avvicina alle finestre, per spiare il giardino: gli piace osservare la grande fontana nel terrapieno illuminata dalle luci notturne, perché sembra quasi che gli spruzzi d’acqua siano infuocati. Si alza sulle punte dei piedi per spiare fuori e vede un movimento con la coda dell’occhio: si allunga per guardare meglio ed è allora che si accorge che qualcuno li sta osservando, da sotto la scalinata centrale.

“Tata Ashtoreth! C’è qualcuno lì sotto!”, inizia a gridare il bambino.

Dove?”. La voce della tata si fa ombrosa come un ringhio mentre si avvicina al bambino con fare protettivo: per quanto non voglia ammetterlo, prova un sincero affetto per Warlock e il pensiero che qualcuno possa volergli fare del male risveglia la sua indole demoniaca.

“Lì sotto! Dove c’è la scala!” grida Warlock eccitato: sa che quando la tata si arrabbia, qualcosa di divertente sta per succedere.

 

La signorina Ashtoreth aguzza la vista dietro alle lenti scure e le labbra bordeaux si tendono, scoprendo due file di denti bianchissimi e aguzzi, tra i quali la punta della sua lingua saetta appena. Se si accorge di qualcosa di anomalo là fuori, non ne fa mostra. Cinge con un braccio le spalle di Warlock: “Non ti preoccupare caro – la sua voce è tornata ad essere il soffio sensuale di sempre – sarà solo un coniglietto curioso”.

I due si allontanano dalla finestra. Warlock sbuffa, deluso, poi abbozza: “I coniglietti sono carini…”.

“Certo, caro, lo sono. Come tutti gli altri animali su cui eserciterai il tuo dominio, tra qualche anno”.

Warlock alza lo sguardo verso la tata, che sorride sorniona: non capisce tutte le cose strane che lei gli dice sul dominio della Terra, sulla schiavitù dei popoli e sulla distruzione totale, ma gli sembra che abbiano senso.

 

“Signorina Ashtoreth! Warlock!”. La signora Dowling va incontro ai due, con un sorriso tirato: sarà un ricevimento importante, con molte celebrità del jet set e della politica; gli invitati arriveranno a breve e suo marito ancora non si trova da nessuna parte.

Almeno non dovrà pensare a Warlock, finché la tata sarà con lui. Si china a fare una carezza sulla guancia del bambino, che scuote la testa e si scosta un poco, vergognandosi.

Tata Ashtoreth sorride appena: “Non si preoccupi, signora Dowling: la serata sarà magnifica”.

“Me lo auguro, signorina Ashtoreth” le sorride grata di rimando la signora Dowling. “Inizierà ad andare bene quando Thaddeus sarà qui”.

L’assistente della signora Dowling entra nel salone e comunica che i primi invitati stanno entrando dal cancello principale. La signora si congeda dalla tata e dal figlio con un altro sorriso: la signorina Ashtoreth ha sempre il magico effetto di farla calmare. Respira a fondo, chiude gli occhi e indossa il suo sorriso migliore, molto marcato ma anche un po’ falso, ben diverso dai sorrisi rilassati di poco prima. “Portiamo a casa la serata” si esorta.

 

La festa procede, piena di musica, risate e chiacchiere rilassate.

Contrariamente ai timori della signora Dowling, tutto sta andando bene e persino suo marito è tornato a casa, assieme ai primi invitati, come per miracolo.

Quando la moglie gli chiede dove sia stato, il console risponde che fino a un attimo prima lui e i suoi uomini erano nella sua auto blindata, bloccati sulla M25 e un attimo dopo...stavano imboccando il viale d’ingresso!

La moglie fa un sorriso tirato e lo trascina subito nel giro di presentazioni, annotandosi mentalmente di andare più tardi a frugare nelle tasche del marito per cercare qualche indizio sul suo comportamento così elusivo, sperando di trovarci qualche sostanza stupefacente.

Warlock, in preda alla noia, sguscia tra le gambe degli adulti ed esce di soppiatto dal salone; scende le scale che qualche ora prima stava indicando alla tata e fa qualche passo in giardino.

“Oh! Signorino Warlock! Non dovrebbe essere qui!”: Fratello Francis lo rimprovera bonariamente da dietro un cespuglio, la voce un mezzo sussurro.

“Fratello Francis!” il bambino è sempre contento di vedere il giardiniere perché gli racconta tante cose entusiasmanti sugli animali e le piante; gli corre incontro fino al cespuglio. “Perché sei qui?” gli chiede curioso.

“Stavo...ehm...spolverando queste foglie!” improvvisa il giardiniere, troppo rubizzo in viso di suo perché si noti il rossore che colora le sue guance.

“Vieni dentro con noi? C’è anche tata Ashtoreth!”.

Il giardiniere arrossisce ancora più violentemente: “Ehm...no no caro, questa è una festa speciale che i tuoi genitori hanno organizzato e ci possono andare solo le persone importanti”.

“Tu non sei importante?” chiede ingenuamente il bambino.

Il giardiniere sorride intenerito: “Non sono quel tipo di importante, no”.

“Ma tu mi racconti tante storie! Ti preeeeegoooo”.

“Mi dispiace caro, non posso proprio restare...ma ti prometto che domani ti porterò a fare un bel giro delle aiuole e ti mostrerò… - la sua voce si abbassa in un sussurro cospiratorio – un nido di merli che ho scoperto giusto oggi!”.

“Siii!”: Warlock ha già dimenticato la delusione per il rifiuto del giardiniere.

“Su, coraggio, torna dentro ora! Non far preoccupare tata Asht...cioè tua madre”.

“Va bene! Ciao Fratello Francis!”.

“Ciao Warlock” sussurra piano Fratello Francis.

 

Dalla finestra aperta poco più su, tata Ashtoreth osserva il giardiniere incamminarsi piano piano verso la sua dependance. Warlock torna correndo da lei, schivando gambe grassocce e trampoli ossuti: “Ho visto Fratello Francis in giardino!”.

“Lo so”, ammette la tata in un soffio. “Si sta facendo tardi per te, caro. E’ quasi ora di andare a letto”.

Il bambino non si oppone nemmeno, da tanto che si sta annoiando tra gli adulti: “Mi leggi una storia?”.

La tata gli sorride: “Certamente”.

 

Fratello Francis entra nella propria dependance e si richiude piano la porta di legno bianco alle spalle. Si guarda intorno con una smorfia di disappunto, espirando forte dalle narici. Alza la mano destra e schiocca le dita: in un attimo, i pulciosi mobili di legno tarlato del bungalow spariscono e al loro posto compaiono: un salottino inglese con due poltroncine imbottite; uno scrittoio con ribalta; un mobile con ripiani, pieni di libri e quaderni da disegno.

Il letto non è presente: chi calca quel pavimento di solito non dorme mai.

Ora è il suo turno: Fratello Francis chiude gli occhi e con un sospiro di sollievo, unisce le dita della mano destra; in un movimento di polso elegante e fermo, alza e abbassa il braccio, creando un’onda che compie il miracolo. Ora al posto del giardiniere c’è Aziraphale, che muove il collo a destra e sinistra e stiracchia braccia e gambe, morbido come un gatto.

 

Aziraphale si versa un bicchiere di vino e si siede allo scrittoio; apre un cassettino e ne estrae un quaderno da disegno; lo apre e scorre le pagine: uno dopo l’altro, diversi disegni danno bella mostra di sé sulle pagine dalla grana irregolare; in tutte, lo stesso soggetto: tata Ashtoreth.

Aziraphale ha altri quaderni che ama riempire di cose che nota tutti i giorni: le piante che cura, gli uccelli variopinti che visitano il giardino, le persone intorno a lui. Questo quaderno però, come numerosi altri, è dedicato solo ed esclusivamente a lei.

La signorina Ashtoreth era così bella stasera che Aziraphale aveva provato l’urgenza di disegnarla. Avrebbe voluto rimanere ad osservarla più a lungo, ma l’occasione non era propizia. Peccato. Fissare su carta ciò che ha visto riuscirà però a sanare il suo languore, almeno per un po’.

 

Il ticchettio lento e regolare dei tacchi a spillo sul vialetto a sanpietrini che conduce all’ingresso del bungalow fende l’aria come una serie di spari: fin qui, la musica che sta risuonando nella villa non arriva.

Aziraphale è così intento a disegnare che non se ne accorge: ha già riempito delle pagine di schizzi, alcuni dei quali riprenderà più avanti, mentre altri gli piacciono così come sono. Dettagli di ricci, labbra, mani che portano calici alla bocca, spalle nude crescono su quelle pagine come rampicanti che si avvolgono intorno ai tronchi degli alberi.

A riportarlo alla realtà sono dei colpi alla porta: pesanti e leggeri allo stesso tempo. Aziraphale trasalisce e si chiede chi stia bussando alla sua porta di sera, durante un ricevimento che dovrebbe tenere tutti impegnati ben lontano da lì.

“A-a-arrivo!” balbetta, mentre con uno schiocco di dita fa sparire tutto il mobilio. Ha dimenticato di camuffare la voce e spera che dall’altra parte della porta non se ne siano accorti. Con un vago su e giù della mano, si miracola addosso le carni di Fratello Francis e si getta con slancio sulla porta, pronto a scacciare l’interlocutore indesiderato che turba il suo momento di riposo.

 

Fratello Francis apre la porta e la visione davanti ai suoi occhi gli ruba il fiato dalle labbra: tata Ashtoreth è lì, in piedi, davanti a lui.

Alla luce della luna è ancora più bella.

“Cro...si...signorina Ashtoreth…”.

“Buonasera Fratello Francis”: la sua voce è un sussurro sensuale che profuma di vaniglia nera.

I due sanno che ci sono occhi e orecchie ovunque in casa Dowling e che, per salvare le apparenze, la cosa migliore da fare è rimanere costantemente nei ruoli che si sono scelti. E’ un tacito accordo e Fratello Francis vi contravviene solo nel chiuso della sua dependance, abbastanza lontana dal resto del complesso da essere relativamente sicura.

“Buonasera a lei”, risponde, lo sguardo forzato a rimanere fisso sulle lenti scure per non vagare sulle curve di lei, fasciate nel tessuto nero che lascia davvero poco spazio all’immaginazione.

“Posso entrare?” chiede la signorina Ashtoreth, inclinando un poco la testa a sinistra e sorridendo. Fa quasi venire in mente il muso di un serpente.

“C-c-c-certamente” si fa subito da parte Fratello Francis e la lascia entrare. Chiude la porta e non ha il coraggio di voltarsi a guardarla: lei bellissima in una stanza così tetra e spoglia...il cuore gli si serra in una stretta, tra la vergogna e la mortificazione di non poterle offrire niente di meglio. Non osa miracolare nulla in sua presenza, per timore di smuovere le acque con i suoi e con la loro controparte demoniaca: sa che sono ben sorvegliati.

Soprattutto, il suo aspetto lo fa sentire se possibile ancora più miserabile: ha scelto volutamente un’apparenza rustica e poco curata che gli sembrava fosse acconcia alla vita di un giardiniere che passa tante ore sotto il sole a tagliare, potare e rastrellare. Non aveva idea di come si sarebbe sentito di fronte a Cro...a tata Ashtoreth, ogni volta che per qualche motivo dovevano interagire: orribile e ripugnante.

 

Tata Ashtoreth si guarda intorno: i suoi occhi si posano su ogni dettaglio polveroso e scarno, dalle sedie tarlate ai pensili storti. Prova un moto di pietà per l’ang...per Fratello Francis, che in altre circostanze ama circondarsi di cose belle e confortevoli. Si ripromette di fare qualcosa per permettergli una permanenza più agiata – d’altronde, dovranno stare lì ancora diversi anni.

La signorina Ashtoreth nota il bicchiere di vino lasciato con nocuranza davanti a una finestra: “Vino rosso, Fratello Francis? Avrei detto che foste più tipo da liquori” sussurra con voce dolce e invitante.

Fratello Francis si sente all’improvviso le gambe molli e si regge ai battenti della porta con mani strette fino a diventare livide. Strizza gli occhi e si lecca le labbra: non sa neanche cosa dire. Tutto si sarebbe potuto aspettare, tranne che la signorina Ashtoreth si presentasse alla sua porta, bella e infinita come un’alba sull’oceano.

 

Tata Ashtoreth si gira verso il giardiniere e si rende conto che è in difficoltà: forse venire a casa sua non era stata un’idea così saggia. Non poteva resistere però: sapeva che era stato lì quasi tutta sera, nascosto dietro a quel cespuglio, a spiare il ricevimento; la scusa era quella di sorvegliare Warlock, ma la signorina Ashtoreth aveva il dubbio che le sue attenzioni fossero rivolte anche...a lei.

La tentazione era stata troppo forte per non cedervi: non appena messo a letto Warlock, si era subito dileguata dal noiosissimo ricevimento che le aveva concesso solo occhiate lascive e innumerevoli bicchieri di champagne; si era diretta senza esitazioni verso la dimora del giardiniere, desiderosa di trascorrere del tempo con lui. Sapeva che non avrebbero potuto sicuramente lasciarsi andare come facevano in passato e che avrebbero dovuto continuare a recitare le parti che si erano assegnati; ciò nonostante, la sola idea di essere nella stessa stanza con lui la faceva sorridere e le riempiva il petto di un calore morbido ed eccitante al tempo stesso.

 

La signorina Ashtoreth si toglie gli occhiali scuri, ne chiude le astine e li appoggia sul davanzale della finestra, di fianco al bicchiere di vino. Guarda la schiena del giardiniere e sta valutando se appoggiargli o meno una mano sulla spalla per invitarlo a voltarsi verso di lei, quando lui prende coraggio e si gira, strizzando gli occhi.

Un secondo, due secondi, tre secondi...lentamente lui trova il coraggio di aprire gli occhi e affrontare lo sguardo – sicuramente pieno di biasimo, magari anche di commiserazione – della tata.

 

I suoi occhi però incontrano solo due gocce d’oro in una cornice di kajal e mascara, limpide e dolci.

 

I due sostengono l’uno lo sguardo dell’altra per qualche secondo, senza parlare e sembrano ritrovarsi: alleati da sempre, quasi complici, perennemente a seguire l’una le orme dell’altro.

Fratello Francis muove un paio di passi verso la signorina Ashtoreth: “Posso offrirle qualcosa da bere?”.

“Volentieri, grazie” risponde lei con quel suo tipico arricciare di labbra che scopre i denti perennemente stretti.

Fratello Francis le porge un bicchiere di vino e le fa cenno di sedersi. Lei individua la sedia che le sembra meno tarlata e vi si appoggia con delicatezza. Lui non può fare a meno di percorrere con lo sguardo le sue gambe lunghe, fin dove si intravedono sotto all’abito trasparente, indossato dalla signorina Ashtoreth senza sottoveste.

“Come mai siete...venuta fin qui?” chiede lui in un moto di spavalderia. Non si aspettava di poter porre una domanda così diretta. Forse il fatto di interpretare un alias aiuta.

Tata Ashtoreth non è da meno: “Pensavo di ricambiare il favore della sua visita di cortesia” dice sorridendo e portandosi il bicchiere alle labbra, guardando altrove.

Una bomba lanciata nel bungalow avrebbe fatto mano rumore di quelle parole nel cuore del giardiniere. Fa per aprire la bocca, ma la richiude senza dire niente: ogni commento è superfluo.

 

Fratello Francis si sente a disagio e sta iniziando ad arrabbiarsi: non è da lui non avere il controllo della situazione e la creatura demoniaca che ha di fronte si sta prendendo gioco di lui e lo tiene al guinzaglio. Si versa senza parlare un altro bicchiere di vino e i due stanno in silenzio di nuovo.

 

Ad un tratto la signorina Ashtoreth nota qualcosa di interessante: “Ah! Magnifico! E’ proprio quello che ci vuole!”. Si alza dalla sedia con un movimento fluido e in pochi passi raggiunge l’altro lato della stanza, dove ha addocchiato, tra pochi, miseri effetti personali del precedente inquilino del bungalow, un giradischi. Da qualche parte, lì vicino, ci sono pure dei dischi. “Le dispiace se metto su un po’ di musica?” la sua voce si è vestita di velluto nero per porre questa domanda.

Fratello Francis sgrana gli occhi e il desiderio sboccia dentro di lui come un fiore, protendendo i propri petali lungo tutto il suo corpo. Incapace di respirare, fa un vago cenno di assenso verso la tata, che sorride in risposta e spulcia il ripiano polveroso in cerca di qualche disco.

 

Qualche infinito minuto dopo, una puntina si adagia docile su un disco e un rumore ruvido riempie l’aria, seguito da qualche stridio e un paio di schiocchi e infine dalla musica. Un fruscio accompagna la tromba che disperde le proprie note, prima sommessamente e poi sempre più decisa. E’ un disco del 1945: “It’s been a long, long time”.

La signorina Ashtoreth si osserva le punte dei guanti piene di polvere e poi alza gli occhi verso Fratello Francis, che non ha mai smesso per un istante di guardarla. Sempre sostenendo il suo sguardo, la tata si sfila il guanto destro, dito dopo dito, e lo appoggia con noncuranza su un tavolino macilento lì a fianco. Poi ancora, con il guanto sinistro, che fa la stessa fine del gemello. Muove un paio di passi verso il giardiniere e gli allunga una mano aperta, in una richiesta semplice quanto intensa: “Balliamo?”.

 

Il giardiniere deglutisce, per poi distogliere lo sguardo: “Gli angeli non ballano” sussurra con una punta di risentimento. Come osa fargli una proposta del genere? Lo sanno tutti che gli angeli non ballano! Che lui abbia imparato a ballare la Gavotta è un altro discorso ed è stato molto ma molto tempo fa.

“Io non vedo angeli, qui” sussurra lei di rimando “Solo una tata ed un giardiniere”.

Fratello Francis torna a guardarla e non trova traccia di malizia nei suoi occhi, solo un sincero desiderio di condividere un momento con lui.

 

Inspirando forte, Fratello Francis prende la mano della signorina Ashtoreth e le si fa vicino, mentre la voce di Kitty Kallen riempie il bungalow.

 

Kiss me once, then kiss me twice

Then kiss me once again

It's been a long, long time

Haven't felt like this, my dear


Since I can't remember when

It's been a long, long time

You'll never know how many dreams

I've dreamed about you


Or just how empty they all seemed without you

So kiss me once, then kiss me twice

Then kiss me once again

It's been a long, long time

Baciami una volta, poi baciami due volte

Poi baciami ancora una volta

E’ passato molto, molto tempo

Da quando mi sono sentita così, mio caro

 

Da non ricordo più nemmeno quando

E’ passato molto, molto tempo

Non saprai mai quante volte

Ho sognato di te

 

O anche solo quanto sia sembrato tutto vuoto senza te

Cosi baciami una volta, poi baciami due volte

Poi baciami ancora una volta

E’ passato molto, molto tempo


La mano destra del giardiniere si appoggia leggerissima alla schiena della tata, la mano sinistra della tata accarezza la spalla destra del giardiniere. Le mani libere si cercano e si stringono. I due si guardano negli occhi mentre muovono i primi passi, timidi.

La signorina Ashtoreth profuma di vaniglia, di muschio e di calla; il sentore talcato e legnoso è invitante, fresco e caldo allo stesso tempo. I ricami in rilievo dell’abito solleticano le dita del giardiniere, che non osa cedere alla tentazione di percorrerli in lungo e in largo e si limita ad ammirare la tata in silenzio. Non avrebbe potuto chiedere di più: sta ballando e lo sta facendo con la persona che da sempre occupa i suoi pensieri. Persino il desiderio ha ceduto il posto alla meraviglia e si ritrova lì, grato, a respirare il suo profumo e a godere del solletico dello chiffon.

 

Il disco sta finendo e anche loro smetteranno di ballare; berranno insieme qualche bicchiere di vino, chiacchierando piano di cose senza importanza.

Si congederanno amichevolmente e l’indomani torneranno ad ignorarsi reciprocamente, almeno all’apparenza: nel pomeriggio infatti, un furgone parcheggerà davanti al bungalow; quando al giardiniere verrà richiesto di firmare per una consegna di mobili nuovi, lucidi, perfetti e soprattutto comodi, egli non potrà non pensare a chi ci sia, dietro a quel piccolo miracolo (demoniaco).

Ora però, i due sono stretti l’una tra le braccia dell’altro, senza ruoli, senza fazioni a frapporsi tra loro, senza Apocalisse da sventare.

 

Ci sono solo loro e tutto il resto può aspettare domani.

   
 
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