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Autore: ambertwo    24/01/2024    0 recensioni
Stralci di vita quotidiana.
Di un randagio che cerca di costruirsi una vita dalle macerie in un luogo sconosciuto, e di una marionetta che finisce per costruirsi una vita che non sarà mai veramente sua.
***
Storia complementare a Through These Eyes. Essenzialmente un lungo prologo, ambientato interamente nella città di Water Seven.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Franky, Iceburg, Kaku, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Naufrago

"Papà!"
Onde, onde, onde...
Una burrasca terrificante. Il cielo furibondo, forti venti che sembravano quasi muovere i fulmini di qua e di là. Il mare, una furia peggiore del cielo; onde altissime, che si infrangevano l'una contro l'altra con un rumore assordante. Nel mezzo a quell'inferno d'acqua, una robusta cassa di legno; e aggrappata a quella cassa, per qualche ragione, c'era una bambina.
"Papà! Papà!"
Onde, onde, e ancora onde...
Il buio, il freddo. L'acqua salata che le bruciava gli occhi. Che le gelava la pelle, che continuava nel suo tentativo di invadere le sue vie respiratorie, cercando di ostruirle, apparendo quasi senziente e guidata da un'istinto maligno.
La bambina continuava a venire sbattuta qua e là insieme alla cassa, cercando disperatamente di non farla ribaltare in maniera tale da non finire completamente sott'acqua.
"Papà..."
Quanto tempo aveva passato aggrappata là? Quanto tempo ancora sarebbe durato?
Aveva freddo. Gli occhi e la gola che bruciavano. Delle unghie incredibilmente appuntite erano letteralmente conficcate nel legno, nel disperato tentativo di non venire separata dall'unica cosa che le faceva da salvagente. La bambina pareva comprendere che se avesse perso l'appiglio, sarebbe stata la fine.
Era già la fine, forse? Era così stanca, aveva tanto freddo e voleva solo riposare. Una parte di lei però lottava con forza contro quella rassegnazione, la parte di lei che contrinuava a premere le unghie sul legno con tutta la forza che aveva in corpo - aveva paura, non voleva morire.
Vedeva sempre meno. Nonostante i suoi sforzi la cassa si ribaltava e la sommergeva ad intervalli regolari. Il freddo stava prendendo il sopravvento.
"Mati-"
Un ultimo filo di voce, inaudibile nel caos generato dall'infrangersi delle onde. Lentamente, nel mezzo di quel finimondo, la bambina chiuse gli occhi.

"Cough. Cough..."
La bambina incominciò a riprendere un minimo di conoscenza e lentamente riaprì gli occhi, tossendo e cercando di liberarsi dell'acqua che era riuscita a finirle in gola. Era riversa al di sopra della cassa, in qualche modo resistita alla furia della tempesta, in una posizione estremamente scomoda - le sue unghie erano ancora conficcate nel legno; così ben salde che ci volle almeno qualche minuto buono per riuscire a staccarle senza spezzarne qualcuna.
Vacillò un po' e finì seduta per terra, confusa, inzuppata di acqua marina da capo a piedi, e si guardò attorno. Si trovava in quella che pareva essere una sorta di spiaggia, dato che poteva vedere la riva del mare, che sembrava essersi calmato nel frattempo.
Non era sicura che 'spiaggia' fosse il termine corretto per descrivere quel luogo. Non c'era sabbia visibile; pareva più una sorta di discarica, con rottami e quelle che sembravano essere carcasse di vecchie navi disseminati un po' ovunque.
Finito di scrutare l'ambiente circostante, la bambina si guardò le braccia e le gambe, per controllare in che stato fossero. La sua manica destra si era strappata impigliandosi chissà dove, e qualsiasi cosa fosse responsabile di ciò pareva averle causato anche un lungo taglio sull'avambraccio, che fortunatamente non sanguinava; bruciava, si, ma la cosa era ampiamente diluita dal bruciore ad occhi e gola. La pelle della bambina, su braccia e gambe, era molto più scura del resto del corpo; il taglio non risaltava più di tanto.
I pantaloncini che indossava erano rimasti intatti, mentre i suoi sandali sembravano essere semplicemente essere scomparsi dalla faccia del pianeta, divorati dal mare.
Tastandosi i vestiti, si rese conto di avere qualcosa in una tasca.
Assurdo.
Quello stupido fischietto? Quello che ogni tanto si divertiva a rubare a suo fratello, per il solo gusto di scocciarlo?
Come avesse fatto quell'oggetto a rimanere con lei durante la burrasca, era difficile da dire. Fortuna, destino - o molto più probabilmente, puro caso.
La bambina rimase immobile per un secondo, poi procedette ad estrarre il fischietto dalla tasca e cominciare a soffiarci dentro. Continuò a farlo per chissà quanti minuti, prendendo fiato ad intervalli frequenti e interrompendosi più volte per tossire, prima che una voce all'improvviso chiamasse la sua attenzione, sovrastando il fischio sordo.
"Ehi, tu! Che diavolo stai facendo?!"
Lei si girò a guardare chi aveva appena parlato. Era un ragazzo con capelli azzurri sparati al cielo, che indossava una t-shirt e... un costume da bagno? Forse quella dove si trovava era effettivamente una spiaggia, allora. In ogni caso, quel tizio aveva un'aria davvero strana; quello fu il primo pensiero della bambina.
Il ragazzo aveva un'espressione infastidita quando l'aveva chiamata, ma quando le diede un'occhiata più da vicino, quell'espressione sembrò trasformarsi in una di preoccupazione.
"Ehi, ragazzino. Stai bene? Che stai combinando?"
Lei lo guardò stranita, forse ancora lievemente sotto shock per l'accaduto.
"Fischio" spiegò semplicemente, come se fosse evidente. "Scusa, papà dice che non posso parlare con gli sconosciuti".
"Tuo padre, uh? Dov'è, non è con te?"
"No! Non lo so!" strillò la bambina in risposta. "Li ho persi! Li ho persi in acqua! Quindi... quindi gli faccio sapere che sono qui".
Prese un respiro profondo e ricominciò a soffiare nel fischietto. Il ragazzo si pressò le mani sulle orecchie, apparendo nuovamente infastidito; dopo solo pochi secondi si avvicinò e iniziò a scuoterle un braccio per farmare quel suono assillante.
"E basta con 'sta roba! Che vuoi dire, li hai 'persi in acqua'?! Siete caduti da una barca o che?"
"Non caduti. Non proprio" la ragazzina dimenò un po' il braccio per liberarsi dalla stretta dello sconosciuto. "Eravamo in viaggio. Poi la barca si è rotta".
Ancora una volta, l'espressione infastidita del ragazzo mutò in una di preoccupazine, stavolta mista a sorpresa.
"Sei naufragato?"
"Nau... nufra... uhh..." lei parve incepparsi per un po' su quella parola. "Uhh... la barca si è rotta. A un certo punto c'è stato questo forte crack e poi acqua da tutte le parti. Una cassa di legno mi è venuta addosso e io ci sono rimasta attaccata fino a che il mare non ci ha buttati fuori. Ho smesso di vedere papà e Mati subito dopo il crack però".
"Si. Sei naufragato." il ragazzo sospirò e si grattò la testa. "Questo... è un bel problema. E' meglio portarti in città..."
"Non posso andarmene! Papà e Mati dovrebbero essere qui vicino" rimbeccò la bambina, voltandosi a guardare di nuovo il mare, stringendo il fischietto in mano. "Sicuro sono confusi e non sanno dove sono... Ma questo è di Mati. Lui lo conosce! Verrà a riprenderselo. Quando lo sente, capirà che sono qui e verrà a riprenderselo".
Il ragazzo non parve convinto delle argomentazioni, ancora immobile sul posto con uno sguardo corrucciato, apparentemente insicuro sul cosa fare con quello strano marmocchio smarrito. Alla fine si limitò a sospirare e sederlesi accanto, perso nei suoi pensieri.
"A casa magari... Forse gli altri sapranno cosa fare..."
Passarono alcuni minuti senza che nessuno dei due parlasse, con il suono del fischietto come unico sottofondo, interrotto ciclicamente dal bisogno della ragazzina di prendere fiato di tanto in tanto. Il suo bisogno di tossire pareva andare scemando.
"Dov'è 'qui', comunque?" buttò lì la bambina con aria innocente, tutto ad un tratto, nel mezzo di una di quelle pause.
Il ragazzo parve lievemente sorpreso.
"Non... non sei mai stato da queste parti? Vieni da molto lontano?"
Si voltò a guardarsi indietro, e la ragazzina fece lo stesso. Dietro di loro, la sagoma di una grande città costruita su dei livelli, con acqua che scorreva da una cascata sulla sua cima e andava a dividersi in varie cascate più piccole; una grande fontana fu la prima cosa che le saltò alla mente di fronte a quel panorama.
"Benvenuto a Water Seven." fece con semplicità il ragazzo con i capelli blu. "Puoi chiamarmi Franky. Tu come ti chiami, ragazzino?"
"Mirari"
"Capito. Piacere di conoscerti, Hikari"
  
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