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Autore: Fuuma    25/01/2024    7 recensioni
Il demone ridacchia – cosa che normalmente strapperebbe ad Aziraphale un sospiro minuscolo e un’occhiata un po’ troppo insistente alle sue labbra, ai suoi canini appena pronunciati e al modo deliziato con cui non teme mai d’essere se stesso.
Ma ora, arrotolato tra i cuscini, c’è un serpente che ride, un serpente dalle scaglie nere e le sfumature rosso inferno, ché quei colori ormai fan parte del vessillo Crowley.
{ ineffable husbands, hint ineffable bureaucracy | scritta per Due ore, quattro prompt (gennaio 2024) @Ferisce la penna }
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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pairing

warnings: what if - post eventuale season 3; slash; established relationship;

 

I personaggi appartengono a chi di diritto

 


 

Winter's tale 

______________________________

 

Ogni commerciante di Whickber Street sa che gli inverni si affacciano a Soho solo quando la vetrina d’angolo della libreria di A. Z. Fell & Co. cambia veste. Le vecchie cassettiere che la occupavano spariscono e il pavimento si copre di un antico tappeto persiano dai colori sbiaditi, decorato da fenici color porpora e arabeschi dorati; non che rimanga molto da vedere sotto alla ridicola ammucchiata di cuscini colorati che lo riempie. Ce ne sono di ogni tipo: squadrati, rotondi, a forma di luna e stelle, cuscini morbidi e panciuti in piuma d’oca o termici e profumati, riempiti di noccioli di ciliegia riscaldati al microonde – che, nel caso di Aziraphale, è un modo come un altro per chiamare il suo miracolo mattutino. Sarebbe strano, in fondo, avere un microonde nel bel mezzo di una libreria dove il tempo è fermo a un secolo prima, quando i telefoni funzionavano a dischi, le macchine da scrivere sostituivano i computer e il wi-fi era un’idea da libri di fantascienza.

Con il Solstizio d’inverno, quando la neve ricopre le strade – o, come in ogni altra stagione, piove e piove e piove, manco il meteo inglese si fosse bloccato su un unico bagnatissimo canale – Crowley si trasferisce in pianta stabile tra i cuscini di quella vetrina e ne fa il proprio nido.

Alle volte qualche cliente si accorge di lui; perlopiù la prole degli sfortunati che entrano per comprare un libro e puntualmente ne escono a mani vuote. D'altronde si sa, i bambini hanno più naso degli adulti, la loro è una curiosità che non conosce guinzaglio, e alla fine si ritrovano sempre a invadere spazi che sarebbe carino non venissero invasi.

Dopo un momento di confusione passato a fissarlo, tutti finiscono per volerlo pungolare, giusto per assicurarsi che quell’affare sia vero e vivo e wàààaiutomammailserpentesièmossoevuolemangiarmi!

E grazie a Satana che si muove!, o invece della mamma toccherebbe chiamare il becchino. O un veterinario. O trovare una scatola abbastanza larga per infilarcelo – quale che sia la soluzione più comoda in casi come questo.

Senza contare tutte le maledette scartoffie che ci sarebbero da compilare.

No, meglio vivo e vegeto, con i mocciosi che starnazzano trottando via in tutta fretta e Aziraphale già pronto a correre ai ripari. Anche se, forse, correre è un termine esagerato, più adatto a un angelo come Gabriel, che i pochi giorni sulla Terra li passava a fare jogging per i sentieri di St. James’s Park, quando ancora non aveva mosche per la testa e farfalle nello stomaco. Quello di Aziraphale invece è una paciosa camminata, o ancor meglio, un elegante cenno del braccio che cancella ogni spavento e brutto ricordo, lasciando agli umani solo un senso di dolce calma trascendentale che per qualche ora li farà camminare a mezzo metro da terra.

E Crowley è pronto a scommettere fino all’ultima pianta che ancora possiede (e che ancora non ha terrorizzato a morte) che il sublime Gabriel non saprebbe nemmeno dove cominciare per realizzare un miracolo del genere.

Alla chiusura, Aziraphale lo raggiunge; in una mano una tazza di cioccolata calda (per sé), nell’altra un bicchiere di vin brulé (per lui) e sottobraccio un libro appena recuperato da uno degli scaffali.

«Quella bambina è stata davvero rude, non c’era bisogno di urlare a quel modo. E poi, dire che volevi mangiarla… che assurdità.»

Sorride mentre adocchia Crowley che, oltre a essere demone, è anche serpente. O almeno lo è nei giorni in cui le basse temperature gli ricordano i tempi in cui era una bestia a sangue freddo, e che l’inverno non lo ha mai sopportato – senza contare che ospita l’unica festa in cui si è tutti più buoni. E se questo non è un calcio là dove non batte il sole, alla sua natura di terribile-terribile-ohpersatanaquantoècattivo demone, allora non sa proprio cosa sia.

Non che Crowley voglia tornare agli inverni da medioevo; quelli li ha passati tutti in letargo, a dormire nei covoni di paglia secca di qualche stalla abbandonata o tra le pecore di qualche povero pastore del sud della Scozia.

Prima poteva permettersi di dormire per ere intere senza preoccupazione alcuna, e al suo risveglio gli piaceva lasciarsi stupire dalle nuove creazioni degli umani, da quanti passi avanti fossero riusciti a fare ed eppure quanto poco fossero cambiati. Ma prima, il suo rapporto con Aziraphale era diverso; e allora adesso tanto vale far la muta, cambiar pelle e strisciarsene contento tra i cuscini riscaldati della libreria.

Al suo silenzio, Aziraphale si fa avanti preoccupato.

«Perché non avevi intenzione di mangiarla, vero?» domanda, col tono di chi sa di aver chiesto qualcosa di profondamente stupido – ma, in fondo in fondo, non meno legittimo.

Crowley solleva un occhio dorato su di lui, schiude le fauci e tira fuori la lingua biforcuta.

«Oh, smettila! Lo sappiamo tutti e due che puoi parlare. E anche se così non fosse, devo ricordarti che conosco la lingua di tutti gli animali e so riconoscere una pernacchia quando la vedo?»

Il demone ridacchia – cosa che normalmente strapperebbe ad Aziraphale un sospiro minuscolo e un’occhiata un po’ troppo insistente alle sue labbra, ai suoi canini appena pronunciati e al modo deliziato con cui non teme mai d’essere se stesso.

Ma ora, arrotolato tra i cuscini, c’è un serpente che ride, un serpente dalle scaglie nere e le sfumature rosso inferno, ché quei colori ormai fan parte del vessillo Crowley.

«Sssuvvia angelo, la colpa è tua che mi fai domande offensssive» sibila, strascicando all’inverosimile ogni “s”.

Aziraphale china il capo mortificato. Appoggia sul primo ripiano disponibile cioccolata, vino e libro, e si sistema le pieghe di un panciotto perfettamente stirato, che forse una piega non l’ha mai vista in nessuno dei quasi quattrocento lunghi anni d’utilizzo.

Crowley lo blocca prima che apra di nuovo bocca.

«Ngk!»

Ruota la testa, un gesto esagerato che non avrebbe problemi a ripetere nemmeno nella sua veste usuale – dopotutto perché preoccuparsi di come funziona la colonna vertebrale negli esseri umani, se tanto sei nato angelo e morirai demone? «Sssse fai quella faccia mi uccidi, Azsssiraphale! Ti sssstavo prendendo in giro, angelo credulone.»

«Crowley!» lo rimprovera l’angelo. Gonfia le guance, in un broncetto che ha del ridicolo su quel volto da uomo di mezz’età che Aziraphale si è scelto migliaia di anni fa, e a cui entrambi si sono affezionati.

«Angelo~»

Soddisfatto, Crowley riappoggia la testa tra i cuscini, si lascia avvolgere dal calore con un versetto tenero poco da demone e più da peluche – ed è facile capire perché riesca a fare colpo su grandi e piccini: affascinante diavolo tentatore da umano e adorabile serpente nella sua versione a scaglie e spire.

Aziraphale sospira, vinto.

«Ero venuto a chiederti se desiderassi un po’ di compagnia» gli dice, anche se non ha davvero bisogno di una risposta; in seimila anni, non è mai accaduto che Crowley lo rifiutasse. Nemmeno quando lui vestiva i panni dell’Arcangelo Supremo. È stato arrabbiato, gli ha messo il muso come un bambino capriccioso o tirato frecciatine dolorose che si sono conficcate nel petto, lasciando cicatrici a forma di cuore spezzato, ma non l’ha mai rifiutato.

«Mhm. Cossss’hai portato quesssta volta?»

«Emily Brontë? Se non ricordo male eravamo arrivati a buon punto.»

Tra le fauci di Crowley si dipinge quella che Aziraphale crede sia una smorfia pensierosa; non risponde, ma nemmeno si lamenta e l’angelo lo prende come un quieto consenso.

Prende posto tra i cuscini, inforca gli occhiali da lettura e, davanti a sé, una prima edizione originale di Wuthering Heights[1] si schiude delicata, per tossire fuori le parole stampate e incollarle sulle finestre della vetrina.

Non dovrebbe abusare dei miracoli; il cassetto della scrivania è pieno delle lettere di reclamo dal Paradiso – e delle polaroid demoniache che Beelzebub invia loro da Alpha Centauri, per far invidia a Crowley o forse per ricordare ad Aziraphale che l’amore è amore, anche quando è tra un demone e un angelo zuccone. Il punto è che non dovrebbe, lo sa bene, ma le mani gli servono libere, e allora cos’altro può fare?

Apre a coppa le dita davanti al volto e vi alita sopra, a lungo, respiri angelici così caldi da renderle bollenti.

«Sono pronto» annuncia tutto fiero, una volta completato il suo rito.

Crowley gli regala un’occhiata indolente.

Si prende il suo dolce tempo. Gli piace pensare che sia per vendicarsi di tutte le volte che Aziraphale lo ha lasciato a mollo nell’attesa – Seimila anni, angelo! Un bacio sul ciglio della disperazione, angelo! Un viaggio in Paradiso per diventare Arcangelo Supremo mentre io me ne stavo qui a cuocere nel mio patetico dolore, angelo! – ma la verità è che l’unico a esserne torturato alla fine è solo Crowley, che conosce una marcia sola ed è quella a tutto gas.

E allora rinuncia alle sue stupide vendette e serpeggia tra le cosce dell’angelo. Scivola tra le pieghe dei calzoni, percependo sul ventre la morbida trama del tessuto d’alta sartoria; si arrotola intorno ai suoi fianchi teneri, dribbla i bottoni del panciotto e striscia sul papillon di tartan. Solo quando la testa trova la guancia di Aziraphale, finalmente si ferma, con il suo respiro a vezzeggiargli le squame.

Comodo tra le sue braccia, Crowley si riappropria di un corpo umano con cui può stringerlo e stargli a cavalcioni sulle gambe. L’angelo lo abbraccia a sua volta e con mani così calde da farlo avvampare gli accarezza la schiena, la nuca, il retro del collo.

Tiene il freddo lontano da lui, Aziraphale, ed è come avere una cometa incendiata a portata di mano.

Crowley affonda il volto nell’incavo del suo collo, respira il profumo della nuova acqua di colonia che il barbiere gli ha consigliato (c’è una nota legnosa e una punta di liquirizia), assapora il profumo della sua grazia e del suo amore angelico, fino a farne indigestione. Solo poi si ricorda del bicchiere di vin brulé appoggiato lì vicino, quando ormai sembra quasi superfluo.

«Mhmmm… ora puoi cominciare, angelo» mormora a occhi socchiusi.

Aziraphale gli stampa un bacio sotto l’orecchio, là dove il tatuaggio si sta pigramente risistemando, risalendo la mandibola del demone.

«Dunque, dov’eravamo arrivati?» chiede, sfogliando i vetri.

Crowley finge di doverci pensare.

Quando risponde, il sibilo delle “s” si sta lentamente ritirando: «Zingaro orfano protagonisssta numero uno—»

«Heathcliff…»

«Ha scoperto che l’amore della sua vita protagonista numero due—»

«Cathrine…»

«È morta dando alla luce la figlia.»

«Oh, giusto, giusto. Ora ricordo, mio caro.»

Aziraphale ritrova il segno, non che l’avesse perso davvero, ma gli piace sapere che Crowley presta attenzione le volte che legge per lui, che lo ascolta e condivide con lui il suo hobby, anche solo per avere una scusa per stare insieme.

Alza lo sguardo alle parole che inchiostrano i vetri, si schiarisce la gola e inizia a leggere. O questo è quello che avrebbe voluto fare; invece quando gli occhi azzurri accarezzano le prime parole, Aziraphale sente la lingua annodarsi e non ricorda più come si pronuncino.

Il suo cuore grida all’ammutinamento e veleggia verso lo stomaco, dove lento affonda con la pesantezza di un sacco riempito a pietre.

«Tutto bene, angelo?» Crowley lo chiama piano, ne osserva il profilo e il tremore leggero delle labbra.

«Ma certo, caro. È… è solo il mio tedesco; è un po’ arrugginito, ma ora ci sono» gli risponde, con un sorriso tiepido – e se è vero che gli angeli sono incapaci di mentire, è anche vero che Aziraphale non è mai stato il migliore tra i cori celesti (seppur non per mancanza di impegno).

Si schiarisce di nuovo la gola e quando finalmente comincia a leggere, lo fa con un fervore che non sapeva di possedere. C’è la passione prepotente di Heathcliff in quelle parole, ma tra gli spazi s’infilano anche i mesi passati in Paradiso a sbattere contro muri d’ignoranza e combattere contro la lama di una giustizia spietata e implacabile. Da solo.

«Sii sempre con me, assumi qualsiasi forma, fammi impazzire! Solo non lasciarmi in questo abisso dove non riesco a trovarti! Oh Dio! Non ci sono parole per dirlo! Non posso vivere senza la mia vita! Non… Non posso vivere senza la mia anima…»

Deglutisce, anche se gli sembra di ingoiare sabbia e sale.

Crowley si tira indietro con la testa, il suo volto spigoloso a occupare la visuale di Aziraphale, mentre affonda dita lunghe e affusolate tra riccioli che hanno il colore della neve ma profumano di sole.

Lo bacia piano; prima sulla fronte, coccolando ogni ruga finché non la sente distendersi sotto le labbra. Poi ne bacia le palpebre, le ciglia chiare che sfarfallano accarezzate dal respiro lento – ché in fondo anche lui ha imparato a rallentare qualche volta, a godersi ogni singolo momento e poi a cercarlo sulla pelle del suo angelo.

Quando finalmente arriva alla sua bocca, la trova già schiusa per lui e le alitate d’impazienza di Aziraphale gli scivolano sulla lingua mentre la spinge tra le sue labbra, affondando in un calore che sa di panna e cioccolata, ma anche di miracoli e arcobaleni e di tutte quelle cose meravigliose (e forse un po’ stupide, ma non troppo) che gli vengono in mente quando pensa all’angelo.

«Sono qui, angelo. Non vado da nessuna parte» mormora in un sussurro che è appena un po’ più forte di un fiocco di neve caduto a terra.

Le guance di Aziraphale si tingono della stessa sfumatura di rosso dei capelli del demone, il colore della tentazione su un volto da Paradiso.  

«S-stavo leggendo, Crowley.»

«Lo so, angelo. Lo so.»

«Oh» borbotta pianissimo, spogliato di ogni scusa. «In questo caso, magari, potresti…»

«Mhm?»

«Un altro bacio sarebbe molto gradito.»

Crowley ridacchia, ma non si tira indietro.

Seimila anni passati ai lati opposti di un campo da gioco grande quanto l’universo e mai una volta che abbia rifiutato qualcosa ad Aziraphale. E di certo non comincerà ora.

«Angelo viziato» bisbiglia divertito tornando a baciarlo, lento, assaporando meticoloso ogni centimetro della sua bocca, come se avessero tutto il tempo del mondo davanti a loro – e dopo un Apocalisse mancato e una Seconda Venuta scongiurata, si potrebbe dire che sia esattamente così.

Oltre una vetrina su cui si stampa l’intera opera della Brontë, la neve ha iniziato a scendere copiosa imbiancando le strade di Londra; ma nella libreria di Aziraphale l’inverno non arriva mai.

 

[ 2.369w ]



[1] Cime Tempestose


 

È da un po' che cercavo l'ispirazione per scrivere questa storia, che non è davvero niente di che ma mi faceva simpatia e sono secoli che desidero scrivere su snake!Crowley (perché sì, tutti dovrebbero avere un Crowley in versione serpente domestico o peluche squittente <3). Avrei voluto farlo per Natale, ma alla fine per mancanza di voglia ho messo da parte l'idea e mi sono decisa a riprenderla in mano soltanto ora, grazie all'ennesima challenge – perché evidentemente senza prompt sono incapace di scrivere, sob. Tra l'altro il modo in cui ho sviluppato il prompt è... uhm... diciamo che di solito non mi piace quando una citazione viene semplicemente sbattuta da qualche parte nella fic and call it a day, ma in questo caso penso di poter chiudere un occhio e fare finta di niente, che uno scopo comunque ce l'ha.

I più attenti probabilmente lo sapranno che a fare da angolo della libreria di Aziraphale non c'è una vetrina, ma c'è invece l'ingresso... e me ne sono allegramente fregata; anche perché nella mia testa lo spazio che immaginavo era rotondo (od ottagonale...) ma tutte le vetrine della libreria sono piatte e quindi alla fine ho deciso di prendermi la libertà di fare come mi pare, che ormai è cosa consolidata nelle mie fic. XD

Come al solito, grazie di cuore a chiunque sia arrivato fino a qui, a chi ha letto in silenzio e a chi vorrà lasciare un commento. Vi apprezzo davvero. You da best

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Scritta per l'iniziativa Due ore, quattro prompt (Gennaio 2024) @Ferisce la penna
prompt: "Be with me always—take any form—drive me mad! only do not leave me in this abyss, where I cannot find you! Oh, God! it is unutterable! I can not live without my life! I can not live without my soul!" — Emily Brontë, “Wuthering Heights" (prompt di Bellaluna)

   
 
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