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Autore: Sofifi    25/01/2024    1 recensioni
[DA REVISIONARE]
Una storia sull'amicizia, narrata dal punto di vista di Molly Weasley Jr.
"«Nontiscordardimé,» mi aveva detto una volta rientrate a Villa Conchiglia, allungandomi la coroncina di fiori. «Così non mi dimentichi.»
Avevo accettato a braccia aperte la mia condanna, un sorriso riconoscente sul viso."
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Molly Weasley, Molly Weasley Jr
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Magia Veela'
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Nontiscordardimé
 


In quella giornata estiva il grigiore aveva lasciato spazio all’azzurro. Io e Dominique camminavamo a piedi nudi sull’erba, poco lontane dalla costa. Alle nostre spalle il mare limpido, calmo, diventava tutt’uno col cielo. Anche la brughiera partecipava a quella sinfonia di colori. Tanti minuscoli fiori celesti spuntavano a sprazzi dal verde, come schizzi dal pennello di un pittore.

Era una giornata limpida, che stonava col mio umore malinconico. Il giorno seguente Dominique sarebbe partita per la Francia, per andare a trovare il resto della sua famiglia, e io non l’avrei rivista sino al nostro primo giorno di scuola.

A volte Dominique interrompeva la nostra processione, si fermava e strappava dei fiori. Per farmi ridere provava a farlo con le dita dei piedi. Poi si metteva a torcerne i gambi, a spezzarli a piegarli a intrecciarli, e io la osservavo incantata. «Nontiscordardimé,» mi avrebbe detto una volta rientrate a Villa Conchiglia, allungandomi la coroncina di fiori. «Così non mi dimentichi.»
 


Rivivo questa scena, ogni volta, a rallentatore. Il cuore che batte veloce, gli occhi che pizzicano – ora come allora, anche se per motivi diversi. Affondo le mani fredde nelle tasche sfondate del giubbotto e mi stringo nelle spalle. La lana grezza della sciarpa mi graffia il mento gelido.

Non mi piace fare il turno di mattina, staccare quando il sole è ancora alto. Non sul finire dell’inverno. I miei piedi doloranti si muovo veloci lungo la strada che taglia in due il Parco dei Tre Fratelli, dove l’ultima neve sta facendo spazio a infinite macchie di colore.

Provo a non far caso alle primule bionde e alle viole del pensiero. Nascono a grappoli su questo prato brizzolato. Ci provo ma fallisco, perché le primule hanno lo stesso colore dei capelli di Domi, e i nontiscordardimé sono come lentiggini azzurre.

Un brivido mi percuote nonostante gli strati di tessuto: è solo colpa del tempo. E allora corro, per crollare da sola nel mio appartamento e non davanti a tutto il mondo.
 


Domi era partita, quell’estate, per fare il giro del mondo. Alla faccia di tutte le nostre promesse infantili, dopo gli esami aveva preso ed era partita, da sola. Da sola.

Da mesi, ormai, mi ero rassegnata al fatto che l’amicizia non potesse competere con l’amore romantico – non per noi due –, eppure il fatto che alla mia compagnia venisse preferito addirittura il nulla cosmico mi stava facendo soffrire più di quanto sono disposta ad ammettere.

La coroncina di fiori, ormai secca, mi fissava dal comodino. Minuscoli occhi rinsecchiti mi fissavano dal pavimento di camera mia, a tutte le ore del giorno. Quando trovavo la forza di alzarmi dal letto li raccoglievo con dita tremanti. Mi prendevo cura di Domi nell’unico modo che credevo possibile: prendendomi cura di ciò che mi era rimasto di noi. Ancora e ancora e ancora. Inutilmente. E gli occhi mi fissavano senza vedere sapere capire. E Dominique viaggiava da sola, per scelta. E io, stesa sul letto a rimproverarmi ogni singola parola e ogni singolo gesto, pagavo le conseguenze di una maledizione che non ero ancora riuscita a riconoscere.
 


«Nontiscordardimé,» mi aveva detto una volta rientrate a Villa Conchiglia, allungandomi la coroncina di fiori. «Così non mi dimentichi.»

Avevo accettato a braccia aperte la mia condanna, un sorriso riconoscente sul viso.

Ora riesco soltanto a piegare le labbra in una smorfia di dolore, ogni volta che sento la sua mancanza. Gli adulti sono sempre pronti ad ammonire chi scherza col fuoco, ma poi si dimenticano di avvertire del potere, altrettanto distruttivo, delle parole.

Mi accascio contro la porta del bagno e stringo forte la coroncina ingiallita contro al mio petto. La cullo con rabbia. Lacrime amare solcano rughe sulle mie guance.

 

«Nontiscordardimé,» mi aveva detto, allungandomi una coroncina di fiori. Avevo provato a bruciarla, una volta, ma le fiamme si erano spente da sole.










 

  
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