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Autore: GLaDYS_Vakarian    25/01/2024    0 recensioni
Un Sangue di Drago vaga per la Zona Contaminata... la sua presenza potrà fare la differenza?
Selina ha viaggiato in lungo e in largo nei territori di quelli che una volta erano gli Stati Uniti d’America, giungendo infine nel Commonwealth del Massachusetts, troneggiato dalle rovine della vecchia città di Boston, i cui palazzi e i grattacieli diroccati sembrano ancora bucare il cielo. Ma quando poi il suo cammino si intreccia con quello di John Hancock, dovrà fare i conti con i suoi sentimenti e la sua stessa natura.
"Rotta la tenebra, la leggenda è forte. Perché il Sangue di Drago non teme la morte!"
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, John Hancock, Nick Valentine, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Strinse i capelli fra le mani, cercando di far sgocciolare via il più possibile l’acqua. Era in piedi fuori dalla casa, sotto una piccola veranda recintata volta verso il lago che Nora e suo padre avevano costruito come camera appartata dove potersi lavare, disponendo di una vasca da bagno con tanto di cassettoni e mensole. Sel aveva una temperatura corporea un po’ più alta rispetto agli umani, per cui non risentiva dei brividi dovuti alle gocce d’acqua a contatto con la brezza e che lentamente si inabissavano sulla sua pelle. Inoltre l’aria era calda per gran parte dell’anno nel Commonwealth, con inverni quasi praticamente nulli. Per fortuna anche quel giorno aveva portato il sole con sé, e le acque del lago erano tranquille.
Dopo essersi vestita gettò l’asciugamano inumidito sul bordo della vasca e rientrò nel soggiorno, dove Hancock era intento a radunare le loro cose. Sorrise quando la vide. « Non dovremmo rimanere per un’altra notte? Per caso? A me non dispiacerebbe affatto, lo giuro. »
Sel gli sorrise di rimando. « Forse a te non dispiacerebbe, ma ho i miei dubbi su Fahrenheit. » Si girò verso di lui e gli lanciò un asciugamano pulito. « E inoltre… se Nick dovesse avere qualche notizia su Nora, voglio essere dove può trovarmi. »
Hancock annuì, poi la guardò più intensamente e le si avvicinò. La accarezzò sulla guancia, mutando il suo sorriso in uno più gentile. Lei girò di poco la testa e gli baciò il palmo. « Faresti meglio ad andare a darti una sciacquata anche tu, adesso. Così possiamo partire e prendercela comoda », gli suggerì. « Io nel frattempo riordino un po’ qui e scrivo un messaggio per Nora, in caso dovesse tornare. »
Quando Hancock tornò alcuni minuti più tardi, già rivestito di tutto punto e si apprestarono a partire, Sel lasciò il biglietto in bella vista sul tavolo della cucina, dove Nora sarebbe stata in grado di trovarlo subito quando sarebbe entrata nella casa; sapeva che avrebbe potuto leggerlo anche chiunque altro, ma era un rischio che erano disposti a correre. Aveva l’armatura di cuoio sistemata indosso, ed era pronta a fare ritorno a Goodneighbor.
« Sicura di voler tornare indietro? Non vuoi neanche passare dall’insediamento? » disse Hancock, questa volta con espressione seria.
Lei, che si era portata già a qualche passo più avanti, si voltò il tanto che bastava per poterlo guardare: « Sì. È inutile rimanere qui quando ci sono possibilità migliori di sentire qualche buona notizia a Goodneighbor » rispose, e appoggiò il fucile sulla spalla. Fecero in modo di chiudere il posto più che poterono, così che nessun animale errante avrebbe potuto penetrare all’interno.
Quella volta l’atmosfera era molto diversa: Hancock camminava proprio a fianco a Sel e ogni tanto le sfiorava la mano con la propria. E ogni volta Sel avvertiva un salto di gioia nel petto; guardandolo, non poté fare a meno di meravigliarsi del fatto che lei, o meglio, che loro condividessero la medesima emozione. Inoltre non poteva non pensare a cosa quell’amore avrebbe significato per loro e quali sorprese, piacevoli o spiacevoli che fossero, avrebbe portato con sé.
La zona rurale era silenziosa, c’erano dei minuscoli sciami di mosche mutanti e zanzare che ronzavano in lontananza, ma non ebbero nessun problema a evitarli. Fu quando stavano per raggiungere il centro urbano di Boston che incontrarono molta più attività: Hancock si occupò di alcuni topolini e insieme attirarono lontano un branco di bastardi feroci. I guai più grossi bussarono non appena rimasero sorpresi da una mandria di Ghoul Ferali che sbucarono dalla boscaglia incolta di un piccolo parco, altri si unirono strisciando da sotto un furgone, attirati dai richiami dei loro simili, che presero a correre anche loro verso i due intrusi. Erano rimasti nascosti nel fango e nella vegetazione talmente bene che Sel e Hancock non avevano potuto scorgerli per tempo sotto alla torbida melma, benché Sel avesse avuto un presentimento e si era fatta più guardinga. Hancock spinse la compagna al riparo dietro a una macchina parcheggiata e impugnò il fucile a canne mozze; erano ancora in periferia, per cui avrebbero potuto anche permettersi di sparare qualche colpo.
Sel capì subito che erano in troppi per lui da solo, così si apprestò a coprirlo da cecchino, utilizzando il cofano dell’auto come copertura e sostegno per il fucile di precisione. Hancock scoppiò un paio di proiettili in testa a due di essi quando questi si lanciarono nella sua direzione, con gli altri al seguito a qualche metro più in là.
« Alla tua sinistra! », gridò Sel a un certo punto, e Hancock si voltò in tempo per vederne uno giungere da un vicolo e atterrarlo in fretta.
Mentre lui si occupava di quel gruppetto che man mano si avvicinava sparpagliatamente, dandogli così modo di occuparsi di uno o due per volta, Sel mirò a un Ferale avvizzito che era appena emerso da sotto il furgone. Scuoteva un po’ la testa, e il colpo fermo e preciso di Sel lo prese al collo. Era la prima volta dopo molti mesi che sparava di nuovo a un bersaglio vivente che non fosse un ratto, e non si sentiva per niente insicura. O almeno non per quello, perché il problema si rivelò in bel altro.
Il Ferale strillò quando il sangue cominciò a scorrere veloce, e fu in quel momento che Sel fece la cosa peggiore che le potesse saltare in mente: bloccarsi. La strada e il furgone svanirono, davanti ai suoi occhi stavano solo il sangue, i Ghoul e i visi sfigurati di Tess e Gwen. Di sottofondo sentiva Hancock continuare a sparare contro gli altri mostri barcollanti, ma lei non sembrava trovarsi lì. Stava osservando ipnotizzata il Ghoul che si dimenava a terra e lei aveva una strana voglia nel petto. Cominciò ad avvertire un’insolita salivazione, leggermente più intensa, lo sguardo si fece più feroce e digrignò sommessamente i denti… non aveva bisogno delle armi, voleva sfogarsi, fargliela pagare ancora, non sarebbe mai stato abbastanza.
« Sel! Levati da lì! », gridò qualcuno.
Il Ferale si rimise in piedi benché con difficoltà e riprese a riavvicinarsi a lei, incurante del fatto di essere ferito. Stava ancora sanguinando, e Sel poteva sentirne l’odore. Puzzava di putrefazione e di ruggine.
« Sel! Per l’amor del Cielo, puoi farlo! »
Quella voce la confuse. Sicuramente sapeva a chi apparteneva… era qualcuno che amava. Qualcuno che era stato con lei nei giorni passati, aiutandola, vegliando su lei, e poi… “ ’Giorno, raggio di sole ”.
Strinse la presa del fucile, la nebbia si stava rapidamente ritirando, e il Ferale era a soli tre metri di distanza.

 
~


Il tempo sembrò scorrere a rilento. Non sapeva se era stato il colpo di adrenalina o altro, ma alzò il fucile in una frazione di secondo. Il Ferale era ormai a due passi di tiro quando premette il grilletto, non aveva avuto neanche bisogno di prendere la mira.
Fu come in uno di quegli horror americani di serie B. La testa della creatura esplose in mille pezzi, schizzando materia organica viscida e sanguinolenta ovunque; per un orribile breve attimo, a Sel parve che il Ferale stesse continuando a muoversi verso di lei, prima di crollare in avanti e picchiare contro il cofano rugginoso della macchina, dietro al quale lei si riparò prontamente per evitare che la macchiasse addosso.
Quando si rialzò e guardò in giro poté scorgere uno dei bulbi oculari gialli giacere sull’asfalto, rivolto verso il vuoto, la calotta cranica era frantumata e spalancata con gli interni ridotti in poltiglia. Non le erano mai piaciuti quegli spettacoli.
« Non è ancora finita », esclamò Hancock balzando accanto a lei. Aveva alcune strisce di sangue sul lato sinistro del viso, e anche la redingote ed i pantaloni erano schizzati.
Sel dovette fare uno sforzo immane per non soccombere sui propri istinti selvatici e sulla propria sete di vendetta; non poteva concederselo, non in quel momento. Un altro Ferale si stava precipitando verso di loro, proprio sulla medesima scia di quello precedente. Quella volta Sel non si fece annebbiare: puntò la canna del fucile di precisione e gli piantò un buco perfetto in mezzo alla fronte. Il Ghoul barcollò all’indietro e rovinò di schiena sulla strada, con le gambe goffamente oscillanti.
Hancock stava poco dietro a lei, a sparare proiettili che volavano a destra e a manca. Si fidava davvero di quella ragazza, a tal punto da affrontare qualunque cosa provenisse dalla sua direzione: lei lo capì, e la cosa la rese immensamente felice. Sparò ad altri due Ferali ancora, poi dovette ricaricare. Aveva una buona scorta di munizioni nella sua borsa appesa alla cintura: pescò un caricatore nuovo e lo sostituì con quello esaurito.
Un Ferale era ancora in piedi e stava avanzando zoppicante verso di loro. Videro che era già ferito, probabilmente da poco tempo prima che Sel e Hancock lo incontrassero: aveva del sangue secco su una gamba, fuoriuscito attraverso poche fibre muscolari del ginocchio. A vederlo bene sembrava che un tempo fosse una donna, ma i vestiti laceri erano talmente fangosi che Sel non poteva esserne pienamente sicura, ma credeva di poter scorgere dei tratti più sottili con un accenno di curve sul petto. Alzò il fucile ancora una volta, accostò l’occhio al mirino e spinse il grilletto. Ma…
“Eh?!”
Nessun botto echeggiò nell’aria. Probabilmente si era bloccato qualcosa nel meccanismo interno, e Sel non aveva tempo per capire di cosa si trattasse. “Fucile di merda…”
Il Ferale aveva accelerato il passo non appena l’aveva individuata, e anche se non poteva usare adeguatamente la gamba ferita si muoveva in una maniera innaturalmente rapida, senza curarsi del dolore che poteva causargli. Sel imprecò e lo stordì mollandogli un colpo caricato con l’impugnatura dell’arma, così che potesse fermarlo prima che la azzannasse alla spalla.
Lo colpì ancora, quella volta allo stomaco con il ginocchio, e il mostro si accasciò con un grottesco rantolo. Poi Sel alzò un’altra volta il piede e lo spinse via con un calcio. A quel punto comparve Hancock, che le stese il braccio sinistro sul petto cingendola per le spalle, l’altro braccio era serrato attorno al fucile a canne mozze che sbucava proprio accanto alla testa di Sel, e uno scoppio andò a scavarsi la strada nel cranio della creatura.
L’ultimo Ferale si accasciò con un tonfo disgustoso e umido, poi tutto ciò che Sel riuscì a sentire furono le proprie orecchie che risuonavano degli spari e del vento che tirava, facendo scomparire foglie morte e spazzatura. Lasciò andare un respiro per scaricarsi.
« Sei ancora con me? » fece Hancock, ancora alle sue spalle.
« Sì… mi dispiace. Ti ringrazio » rispose lei, e non poté fare a meno di sentirsi delusa dal proprio comportamento.
Pensava di essere ormai perfettamente in grado di poter controllare i propri bisogni più selvaggi e le proprie emozioni, ma almeno se si fosse trasformata sarebbe stato più facile salvare entrambi anziché rischiare di finire uccisi. E in realtà era vero: non passava giorno che Sel non fosse tentata di assecondare la propria natura. Ma se in qualche modo ne sentiva il bisogno, non era per fare del male a qualcuno. Era semplicemente una valvola di sfogo, un tratto comune per chiunque.
« Tu invece stai bene? » aggiunse, girandosi verso il Ghoul.
« Sto bene. »
Hancock aumentò la presa sulle sue spalle e si premette la schiena della ragazza contro il petto. Sel ascoltò ogni suo respiro sopra i capelli quando le parlò: « Ti passerà. Non sei sola. »
Era convinta che si fosse paralizzata solo per quel trauma. Si voltò verso di lui, lasciando cadere il fucile a terra e gli poggiò una mano dietro la nuca.
Quando premette le labbra sulle sue, Hancock le cinse la vita con l’altro braccio, rinfoderò il fucile e le afferrò delicatamente i capelli. I residui ancora freschi di sangue sulla sua guancia si copiarono sulla pelle alabastro di Sel.
Non gliene poteva importare di meno se si trovavano all’aperto, in mezzo alla strada, in pieno giorno e circondati dai corpi dei Ferali abbattuti; Sel si rese conto di essere quasi completamente immersa nell’abisso della propria psiche e cercò qualunque appiglio potesse aiutarla a tornare al presente.
Sorrise e le scostò alcune ciocche ribelli dal viso. « Tesoro, mi fai sentire come se potessi morire da uomo più felice del mondo, anche se un Supermutante dovesse saltarmi addosso e sventrarmi in questo preciso istante. Pensavo che solo il Jet potesse farlo, ma il nostro rapporto mi fa sentire meglio delle droghe... oh, forse sto un po’ esagerando. »
Sel esalò una risata breve ma divertita. « Oh Hancock, è una delle cose più romantiche che abbia mai sentito. »
A quel punto Sel percepì l’aria apprestarsi a cambiare e decise che era giunto il momento di rimettersi in moto. Senza dire un’altra parola si separò da Hancock ed esaminò il fucile di precisione dopo averlo raccolto da terra. Si assicurò che il caricatore fosse al proprio posto, tirò la leva di ricarica e la rilasciò. « Forse era inceppato », disse, mentre se lo rimetteva in spalla. « Adesso dovrebbe funzionare »
« Se non dovesse farlo e qualcosa ci viene contro, resta dietro di me, non usare il tuo potere. Mi sono spiegato? », disse Hancock. « Pronta per continuare? »
« Pronta »
« Sarebbe meglio se scegliessimo un percorso alternativo. Quei Ferali non erano lì quando ci siamo passati ieri, quindi è probabile che facciano parte di un gruppo molto più grande che si è diretto qui, o che si siano sparsi e stiano ancora nei paraggi. Non siamo lontani da Goodneighbor, ma è meglio prevenire che curare », osservò Hancock.
Sel annuì e si avvicinò a lui. « Va bene. Fai strada. »
Lui la guardò intensamente negli occhi e sorrise, ma sembrava triste. La fermò e le grattò via con cura un po’ sangue secco dalla guancia. Una volta rimasto contento del risultato, si chinò e la baciò. Ma invece del desiderio, la riempì di calore. Le labbra di Sel parevano fragili, in parte, in fondo, quello era l’effetto che aveva su di lei. Hancock lo notò e sorrise.
« Sapevo che il mio carisma avrebbe funzionato anche su di te, alla fine »
« Oh, davvero? », ridacchiò lei. « Nah, mi sono innamorata di te solo perché sei il Sindaco »
Il suo sorriso si accentuò. « Non dubitare mai del potere della divisa né dello status, amore »
« Mh, me ne ricorderò per quando sarò Matriarca. »
Gli fece l’occhiolino.
   
 
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